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Evidenze empiriche

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 35-38)

Si procede ora ad una breve ricapitolazione dei risultati ottenuti nella previsione dei rendimenti azionari attraverso l‟utilizzo del Fed model.

Il primo lavoro è quello di Lander et all. (1997), nel quale gli autori stimano un

error-correction model che prevede l‟aggiustamento dei rendimenti azionari al

suo valore di equilibrio sulla base della relazione tra forward earning yield e

interest yield;, le deviazioni dalla relazione di lungo periodo sono risultate

efficaci nell‟attuazione di una strategia di trading applicata all‟indice S&P 500, e tale strategia sovraperforma una “buy and hold” in termini di rendimento aggiustato per il rischio.

Edward Yardeni, come precedentemente accennato, è stato il primo autore a ufficializzare il cosiddetto Fed model. Nel suo primo articolo, Yardeni (1997) afferma che la relazione tra il price earning ratio (più correttamente il suo inverso, l‟earning yield) e i rendimenti dei titoli di stato americani a dieci anni (interest yield) costituisce un efficace strumento di valutazione del mercato, capace di individuare le principali bolle finanziarie succedutesi a partire dalla fine degli anni settanta; l‟autore stima, in media, una caduta dell‟ 8,7 per cento nell‟anno successivo a quando il mercato - in base al Fed model - risulta sopravvalutato di oltre il 15 cento. In un successivo articolo, Yardeni (2002) sviluppa differenti strategie di asset allocation individuando la composizione di un portafoglio, tra azioni e bonds, in base al grado di sopravvalutazione (sottovalutazione) del mercato, così individuato dal modello; l‟autore evidenzia come il Fed model sia uno strumento efficace per il time di mercato e rappresenti un buon indicatore per l‟economicità dei titoli azionari relativamente a quelli obbligazionari.

Asness (2003) afferma che il Fed model non ha nessuna capacità esplicativa nella previsione dei rendimenti azionari a lungo termine, sostenendo che le carenze sotto il profilo teorico costituiscono la principale causa della sua debolezza. L‟autore mostra come gli earnig yields, senza l‟ausilio dei bonds, abbiano un potere previsionale migliore del Fed model su diversi orizzonti temporali di medio e lungo periodo.

Salomons (2004) utilizza lo stesso campione di Asness (2003) e sceglie di servirsi del Fed model per impostare diverse strategie di investimento su più

orizzonti temporali. La capacità previsionale è sottoposta a verifica su un mese, tre mesi, uno, cinque e dieci anni. Il supporto al Fed model è stato trovato solamente in un orizzonte di breve periodo ed inoltre con una significatività statisticamente modesta. L‟autore corregge quindi il modello usando la volatilità storica come in Asness (2003) e il nuovo modello perfezionato supera il Fed

model per tutti i periodi. I risultati sono stata poi utilizzat1i per costruire una

strategia di allocazione del portafoglio (TAA, Tactical Asset Allocation), dimostrando la capacità di far ottenere extrarendimenti nel breve periodo. Gwilym et al. (2004) utilizza un approccio simile e dimostra che il Fed model può essere considerato una strategia di investimento a breve termine ma non applicabile al lungo periodo.

Harris e Sanchez-Valle (2000) considerano una variante del Fed model, il gilt- equity yield ratio (GEYR), definito come il rapporto tra il rendimento cedolare sui titolo di stato a lungo termine e il dividend yield del mercato azionario. Essi ritengono che la bontà del modello, sia negli Stati Uniti sia nel Regno Unito, varia in relazione a all‟obiettivo sottostante, ossia: potere esplicativo, accuratezza nelle previsioni, redditività delle negoziazioni.

Durré e Giot (2004) indagano la validità del Fed model per mezzo di un modello VAR cointegrato studiando la relazione tra rendimenti, prezzi azionari e rendimenti obbligazionari, testando la sua validità su un campione di 13 paesi. Giungono alla conclusione che esiste una relazione di lungo periodo tra le variabili ad esclusione dei rendimenti obbligazionari; identificano, tuttavia, un impatto significativo dei bonds yield sulla dinamica di breve periodo dei rendimenti di mercato dei titoli azionari.

Un altro articolo che si concentra sul potere previsionale del Fed model è quello di Jansen e Wang (2006), il quale perviene a risultati che contraddicono quelli di Durré e Giot; secondo Jansen e Wang il modello migliora le loro previsioni dei rendimenti azionari nel lungo periodo ma allo stesso tempo non trovano conferma nelle dinamiche di breve.

L‟analisi di cointegrazione svolta da da Koivu et al. (2005) è molto simile alla specificazione econometrica utilizzata Durré e Giot; anche in questo caso si vuole testare la capacità esplicativa del modello attraverso un modello VECM (Vector Equilibrium Correction model) per condurre previsioni nei mercati di Usa, Regno Unito e Germania. Koivu et al. (2005) argomentano che il Fed model ha un maggiore potere di previsione nel mercato statunitense e concludono che il modello performa meglio nella previsione delle crisi piuttosto che nei periodi di mercato in ascesa.

Aubert e Giot (2007) analizzano l‟abilità previsionale su vari orizzonti temporali in nove differenti paesi. Gli autori concludono che il Fed model è inadatto a fare previsioni sui rendimenti reali in tutti i paesi eccetto gli Usa e trovano che l‟earning yield costituisce da solo una misura migliore per la previsione dei rendimenti. Una base internazionale di analisi la possiamo ritrovare anche in Estrada (2009), il quale argomenta come la specificazione del Fed model sia viziata sotto il profilo teorico e mette in dubbio le qualità empiriche del modello con un‟analisi cross-sectional. L‟autore trova che l’earning yield ratio costituisce una migliore misura di previsione del Fed model in 18 dei 20 paesi oggetti di studio.

Maio (2008) nel suo articolo descrive quelle che secondo l‟autore sono le basi empiriche del Fed model sia nel lungo che nel breve termine. Utilizzando un‟analisi basata sui dati Usa afferma che una strategia di investimento basata sul Fed model garantisce Sharpe ratios più elevati rispetto ad una strategia passiva.

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 35-38)