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Modello vettoriale autoregressivo

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 56-62)

2.6 Modelli multivariati

2.6.1 Modello vettoriale autoregressivo

I modelli autoregressivi vettoriali (VAR model) si inseriscono all‟interno della teoria delle equazioni simultanee, tuttavia, a differenza di questi ultimi, basati su relazioni strutturali, si contraddistinguono per il loro carattere di “a- teoricità”, essendo la loro specificazione econometrica dettata solo in parte da ragioni di tipo economico; infatti, possono essere visti come la forma ridotta di un modello strutturale.

Le conseguenze sono molteplici. In primo luogo, trattandosi di modelli in forma ridotta, non è possibile assegnare ai parametri stimati una chiara interpretazione economica. In secondo luogo, visto che tutte le variabili sono considerate endogene, non è richiesto individuare le variabili esogene ai fini dell‟identificazione del modello; ciò discende dal fatto che i VAR si propongono unicamente di descrivere un certo fenomeno, non di inquadrarlo all‟interno di una teoria economica. Infine, non essendovi regressori contemporanei, si ha che questi al tempo sono noti, consentendo così di utilizzare gli stimatori OLS, i quali forniranno stime consistenti28. La suddetta a-teoricità dei VAR li rende particolarmente indicati ai fini dello studio del fenomeno affrontato in questo

28 In realtà per stimare i parametri di un VAR model stazionario è possibile utilizzare due metodi,

rispettivamente il metodo Full Information Maximum Likelihood e il metodo Ordinary Least Squares a equazioni separate; in entrambi i casi le stime ottenute coincidono.

lavoro, un fenomeno ancora lungi dall‟essere compreso affondo, in cui numerosi fattori, spesso non direttamente osservabili, interagiscono, ostacolando la comprensione delle relazioni economiche sottostanti.

Fondamentalmente, tali modelli costituiscono una generalizzazione dei modelli autoregressivi univariati: ogni variabile è spiegata sia dai propri valori precedenti che dai valori precedenti delle altre variabili di interesse più un‟eventuale componente deterministica: in particolare, un modello VAR ( ) a k variabili spiega la dinamica attuale delle k variabili di interesse attraverso i loro p valori precedenti: ⏟ ⏟ ⏟ ⏟ ⏟ ∑ * + ∑ [* +] * + [ ]

dove le , sono le matrici di dimensione ( ) dei coefficienti, con il coefficiente della matrice associato alla variabile nell‟equazione relativa alla variabile ; [ ] il vettore di dimensione ( ) dei residui (solitamente indicati con il termine di innovazioni) aleatori al tempo t, che per ipotesi supponiamo essere indipendenti e identicamente distribuiti (i.i.d.) come una normale ( ), ossia come una Gaussiana con media zero e matrice di varianze-covarianze 29.

È possibile, inoltre, utilizzare l‟operatore ritardo L, che consente di semplificare la notazione precedente data del VAR model. Tale operatore è già stato definito nel seguente modo: , ovvero la sua applicazione all‟elemento di un

processo stocastico consente di ottenere lo stesso elemento, ritardato di un periodo. Per cui è possibile riscrivere le precedenti equazioni tramite questo operatore come:

( )

Il termine tra parentesi non è altro che un polinomio in L che è possibile indicare con A( ) giungendo così alla seguente dicitura:

( )

alla matrice A(L) è quindi associato il polinomio caratteristico del processo vettoriale, pari a ( ) ∑ con determinate | ( )|.

Per quanto riguarda le ipotesi sottostanti al modello possiamo riassumerle nel seguente modo:

 Linearità nei parametri

 Costanza dei parametri

 ( )

In generale, l‟inferenza statistica è valida nella misura in cui le ipotesi sottostanti al modello siano rispettate. In molte applicazioni empiriche, però, l‟assunzione che sia ( ) non è soddisfatta. Sulla base di simulazioni sperimentali si dimostra che la validità dell‟inferenza statistica è robusta a un eccesso di curtosi nella distribuzione dei residui e alla loro eteroschedasticità. Viceversa, la non costanza dei parametri, l‟asimmetria dei residui e, soprattutto, la loro autocorrelazione minano la capacità inferenziale del VAR model.

Vediamo, ora, come questi parametri devono essere vincolati per definire un processo vettoriale autoregressivo stazionario. In modo analogo a quanto fatto per il caso univariato (AR) è possibile calcolare le radici del processo e verificare l‟invertibilità della componente autoregressiva. In particolare si dimostra che un modello autoregressivo vettoriale di ordine p, o VAR ( ) è stazionario se il suo

modello a media mobile vettoriale (VMA, Vector Moving Average model) di ordine infinito:

Affinché ciò sia possibile è necessario che il polinomio matriciale ( ) sia invertibile; questo accade se tutti gli autovalori di A (ossia i valori di che rendono vera l‟espressione | | ) sono minori di 1 in valore assoluto; se il lag polynomial è invertibile, allora il VAR model è stazionario e tutte le variabili sono integrate di ordine 0, ossia sono processi stocastici stazionari. Se, invece, almeno un eigenvalue roots è uguale ad 1, ossia un autovalore giace sul cerchio unitario, allora il processo non è stazionario; infine, se qualche

eigenvalue root è maggiore di uno, allora il processo è di tipo esplosivo.

Di seguito illustriamo analiticamente le nozioni proposte con il più semplice dei modelli VAR: quello di ordine uno. Questo studio presenta anche un particolare vantaggio: poiché ogni modello VAR di ordine può essere trasformato in uno equivalente di ordine uno, risulta conveniente studiare le proprietà di un modello VAR ( ) sulla base di quelle di un VAR ( ) , che sono di più facile determinazione. Consideriamo, dunque, quest‟ultimo. Posto otteniamo un VAR ( )

che può essere scritto nella forma

( ) e iterando la sostituzione j volte si ottiene

Questa relazione può essere interpretata nel senso di considerare generato (da un modello VAR (1)) a partire dal tempo t-j-1. Passando al limite per si ha che esiste finito, se e soltanto se ogni autovalore di ha modulo minore di 1:

| |

Inoltre poiché è , alla fine, risulta

cioè, il modello VAR ( ) da cui eravamo partiti, viene trasformato in un altro, sempre vettoriale, a media mobile infinita (VMA ( )). Lo stesso risultato poteva essere ottenuto anche in un altro modo, dato che potevamo scrivere

nella forma

utilizzando l‟operatore L. Considerando che ( ⁄ ) può essere inteso come la somma degli infiniti termini di una progressione geometrica di ragione

( )

si ottiene di nuovo la rappresentazione VMA ( ). Affinché il modello VAR ( ) presentato sia stabile occorre e basta che le radici dell‟equazione | | cadano tutte al di fuori del cerchio unitario complesso, cioè

| |

Queste condizioni di stabilità equivalgono alla condizione che pone gli autovalori della matrice tutti in modulo inferiori di uno: se si considera la condizione di invertibilità (| | ) si può affermare che se un modello VAR ( ) è stabile, allora, vale la sua rappresentazione a media mobile infinita, e viceversa.

Rispetto al processo autoregressivo univariato – che spiega la dinamica attuale della variabile d‟interesse esclusivamente con i suoi valori ritardati – il VAR

model ha il vantaggio di considerare più variabili contemporaneamente,

accrescendo così il set in-formativo disponibile per spiegare la dinamica attuale delle variabili. Questo dovrebbe produrre un modello più parsimonioso, che include un minor numero di lags, e con una capacità previsiva più accurata. Risulta quindi essere buona prassi cercare di evitare di aggiungere troppi ritardi, in quanto che, all‟aumentare del loro numero, anche la complessità del modello cresce, a causa del crescere del numero di parametri da stimare (se si aggiunge, ad esempio, un ritardo, devono essere stimati ulteriormente parametri nella matrice ).

D‟altra parte la condizione di bianchezza dell‟errore, da cui non si può prescindere per una corretta modellizzazione, ci spinge a non trascurare alcuna ipotesi sul numero di ritardi, quand‟anche esso fosse elevato. Poiché la teoria in seguito sviluppata ha come uno dei suoi punti cardine l‟indipendenza degli errori, allora una metodologia usata per determinarlo è data dalla verifica di incorrelazione delle innovazioni. Il modo più semplice per andare a verificarla consiste nel plottare le funzioni di autocorrelazione e cross-correlazione per le serie dei residui. Un altra tecnica si basa sull‟esecuzione di test sequenziali: partendo da un modello con un gran numero di ritardi, la procedura consiste nell‟andare a testare in “cascata” che l‟ultimo ritardo abbia coefficiente nullo. Ad esempio, si può applicare il test del rapporto di verosimiglianza per l‟ipotesi nulla che è asintoticamente distribuito come una con gradi di libertà30.

30

Ad ogni modo, qualora il numero di ritardi sembri essere eccessivo, la soluzione più intelligente risulta essere quella di rivedere il modello ed in particolare i nessi causali considerati per supportare l‟introduzione di certe variabili piuttosto che altre: a livello modellistico, talvolta risulta più efficace

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