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L‟analisi descrittiva

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 76-83)

3.2 L‟analisi preliminare

3.2.1 L‟analisi descrittiva

Nelle Figure 5 e 6 sono riportati gli andamenti delle tre serie storiche rispettivamente nei livelli logaritmi (Ln) e nelle differenze logaritmiche (DLn) di prezzi (P), utili attesi (FwE) e tassi di interesse (Y). Già da una prima osservazione di questi grafici possiamo notare alcune caratteristiche. Anzitutto, riguardo alla Figura 5 è possibile vedere come sia i prezzi (LnP) sia gli utili attesi (LnFwE) seguono un andamento simile: in tutto il periodo in esame mostrano un tendenza genericamente ascendente, alternata da fasi di decrescita più o meno pronunciate, ma pressoché coincidenti nella scansione temporale per tutte le scadenze in esame. Particolarmente evidenti sono gli effetti delle ultime due recenti crisi finanziarie: la prima, la bolla tecnologica nei primi anni 2000, e la seconda, la recente crisi finanziaria dei mututi subprime, che hanno portato in entrambe le serie –prezzi e utili attesi –ad una caduta pronunciata del corso delle serie. Per quanto riguarda invece il grafico (si veda sempre Fig. 5) relativo ai logaritmi dei tassi di interesse (LnY), esso mostra un andamento tendenzialmente opposto a quello dei primi due; dal 1985 in poi si assiste ad una decrescita pressoché continua (sempre alternando fasi ascendenti e discendenti di diversa

entità) fino ai livelli molto bassi degli anni più recenti. In sintesi, tutte e tre le serie in livelli non sembrano avere un comportamento mean reverting. Riguardo all‟ipotesi di trend deterministici lineari, sebbene l‟evidenza possa suggerire la presenza di quest‟ultimi, riteniamo che un‟analisi con un orizzonte temporale maggiore potrebe portare a considerazioni diverse sul DGP (data generating

process) delle serie in esame38. Per cui prima di dare un giudizio su questo aspetto, attendiamo i risultati degli unit root tests. Tuttavia, la prima osservazione – l‟assenza di mean reversion – è sufficiente per affermare che le serie siano soggette (almeno) a una non stazionarietà di tipo stocastico.

Figura 5- Grafici delle variabili in livelli logaritmici di prezzi (P), utili attesi (FwE) e tassi di interesse (Y).

Passando adesso all‟osservazione della Figura 6, notiamo invece come tutte e tre le serie sembrano essere stazionarie attorno ad una media prossima allo zero

38 Stiamo facendo riferimento ad un analisi di più ampio raggio, che consideri anche periodi antecedenti il

1985 1990 1995 2000 2005 2010 6 7 LnP 1985 1990 1995 2000 2005 2010 3.0 3.5 4.0 4.5 LnFwE 1985 1990 1995 2000 2005 2010 1 2 LnY

(come è possibile vedere anche da Tab. 1). In questi grafici è ancora più evidente l‟impatto della recente crisi finanziaria, che ha determinato brusche variazioni nelle differenze logaritmiche di prezzi, utili attesi e tassi di interesse negli anni 2008 e 2009.

Figura 6 - Grafici delle variabili in differenze logaritmiche di prezzi (P), utili attesi (FwE) e tassi di interesse (Y).

Consideriamo ora le distribuzioni delle serie oggetto di valutazione, facendo riferimento ai valori di skewness e kurtosis riportati in Tabella 1. In generale, le definizioni di skewness e kurtosis sono le seguenti:

∑ ( ̅)

∑ ( ̅)

dove ̅ ∑ ⁄ e √∑ ( ̅) ( ). Riguardo alla skewness, se la distribuzione è simmetrica, allora ; invece, se risulta , abbiamo

1985 1990 1995 2000 2005 2010 -0.2 0.0 0.2 DLnP 1985 1990 1995 2000 2005 2010 -0.05 0.00 0.05 DLnFwE 1985 1990 1995 2000 2005 2010 -0.25 0.00 DLnY

un‟asimmetria positiva (e quindi una distribuzione con una coda più lunga a destra), mentre se , abbiamo un‟asimmetria negativa (ossia una distribuzione con una coda più lunga a sinistra). Relativamente alla kurtosis, se la distribuzione è normale, allora . Invece, se risulta , abbiamo una distribuzione leptocurtica (più appiattita della normale e con code più pesanti), mentre se risulta , abbiamo una distribuzione platicurtica (più appiattita della normale)

Tabella 1- Statistiche descrittive delle variabili rispettivamente in livelli logaritmici (Ln) e differenze logaritmiche (DLn) di prezzi (P), utili attesi (FwE) e tassi di interesse (Y).

Dall‟osservazione della Tabella 1 si nota come tutte le serie risultano non distribuite normalmente. Le distribuzione di prezzi e utili attesi nei livelli presentano asimmetrie negative e distribuzioni platicurtiche; invece, relativamente alla serie in livelli dei tassi di interesse abbiamo una kurtosis maggiore di tre, indice di distribuzione leptocurtica con asimmetria, sempre

LnP LnFwE LnY DLnP DLnFwE DLnY

Mean 6.556431 3.882228 1.683571 0.006192 0.005235 -0.005691 Median 6.820758 3.971668 1.743969 0.011752 0.007272 -0.007596 Maximum 7.348851 4.722011 2.473171 0.171786 0.045366 0.17831 Minimum 5.186212 2.972259 0.425268 -0.328611 -0.094968 -0.37753 Std. Dev. 0.641261 0.528373 0.408909 0.0477 0.01525 0.053374 Skewness -0.538494 -0.112878 -0.743095 -1.514193 -2.566563 -1.007012 Kurtosis 1.84005 1.805132 3.437319 12.48394 16.18288 11.39484 Jarque-Bera 34.971 20.63985 33.5001 1379.367 2785.244 1037.204 Probability 0.000000 0.000033 0.000000 0.000000 0.000000 0.000000 Observation 335 335 335 334 334 334

distribuzioni delle variabili in differenze, abbiamo per tutte e tre le serie un eccesso di curtosi notevole , sebbene anche l‟asimmetria nel complesso aumenta nel confronto con le distribuzioni in livelli. Tutto ciò trova conferma nella rappresentazione grafica di Figura 7 e dal test di Jarque-Bera che rifiuta sempre l‟ipotesi nulla di normalità ad un livello di confidenza dell‟1%.

Figura 7- istogrammi delle distribuzioni delle variabili rispettivamente in livelli logaritmici (Ln) e differenze logaritmiche (DLn) di prezzi (P), utili attesi (FwE) e tassi di interesse (Y).

Prima di passare ai test di radice unitaria vogliamo adesso avere un‟idea più chiara sul fatto che la persistenza delle innovazioni possa essere talmente elevata al punto da rendere plausibile l‟ipotesi della presenza di un trend stocastico all‟interno del data generating process. Per fare ciò utilizziamo il correlogramma o autocorrelation function, che descrive il livello del coefficiente di autocorrelazione (in ordinate) in funzione dei ritardi (in ascisse). Per disegnare l‟autocorrelation function relativa ad un campione di osservazione ci serviamo

5.0 5.5 6.0 6.5 7.0 7.5 8.0 0.5 1.0 Density LnP 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0 0.5 1.0 Density LnFwE 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 0.5 1.0 Density LnY -0.3 -0.2 -0.1 0.0 0.1 0.2 5 10 Density DLnP -0.100 -0.075 -0.050 -0.025 0.000 0.025 0.050 20 40 Density DLnFwE -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 0.1 0.2 5 10 Density DLnY

del coefficiente campionario39 di autocorrelazione, anziché di quello teorico, ossia:

̂ ∑ ( ̅)( ̅) ( ) ∑ ( ̅)

dove T è il numero di osservazioni e ̅ è la media campionaria. Per avere un‟idea di come dovrebbe apparire il correlogramma, si consideri che un processo autoregressivo del primo ordine presenta una autocorrelation function che, all‟aumentare del ritardo, decresce tanto più velocemente quanto più piccolo è il coefficiente di autocorrelazione; viceversa, se esso è prossimo all‟unità, il correlogramma resterà elevato per un gran numero di ritardi, fino al limite, di un processo random walk – ossia con coefficiente coincidente all‟unità – dove il correlogramma non si azzererà mai neanche dopo un numero molto elevato di ritardi. Un altro coefficiente che affiancheremo al primo, è il correlogramma parziale o partial autocorrelation function. Esso descrive l‟andamento del coefficiente di autocorrelazione parziale in funzione del numero dei ritardi, ossia misura l‟autocorrelazione tra e , dopo aver eliminato l‟effetto di tutti i

ritardi intermedi . Nel caso di un processo autoregressivo, il correlogramma parziale sarà diverso da zero fino al ritardo corrispondente all‟ordine del processo, dopo di che tenderà ad annullarsi.

In Figura 8 sono riportate le autocorrelation functions e le partial autocorrela-

tion functions delle variabili in livelli relative a prezzi, utili attesi e tassi di

interesse. Come possiamo vedere, tutte le serie storiche presentano una considerevole persistenza delle innovazioni, poiché il correlogramma decresce molto lentamente. Questo induce a sospettare che esse possano essere generate da un processo con radice unitaria. Le partial autocorrelation functions confermano questa ipotesi, dove il primo coefficiente è positivo e prossimo all‟unità, mentre i rimanenti non sono significativamente diverso da zero.

Figura 8- Autocorrelation functions (ACF) e partial autocorrelation functions(PACF) delle variabili in livelli: prezzi (P), utili attesi (Fwe) e tassi di interesse (Y).

Figura 9- Autocorrelation functions (ACF) e partial autocorrelation functions(PACF) delle variabili in differenze: prezzi (P), utili attesi (Fwe) e tassi di interesse (Y).

Passando alle autocorrelation functions delle variabili in differenze, riportate in Figura 9 assieme alle partial autocorrelation functions – si osserva una situazione del tutto diversa. Qui i coefficienti di autocorrelazione tendono ad

0 5 10 0.5 1.0 ACF-LnP 0 5 10 0 1 PACF-LnP 0 5 10 0.5 1.0 ACF-LnFwE 0 5 10 0 1 PACF-LnFwE 0 5 10 0.5 1.0 ACF-LnY 0 5 10 0 1 PACF-LnY 0 5 10 0 1 ACF-DLnP 0 5 10 0 1 PACF-DLnP 0 5 10 0 1 ACF-DLnFwE 0 5 10 0 1 PACF-DLnFwE 0 5 10 0 1 ACF-DLnY 0 5 10 0 1 PACF-DLnY

annullarsi fin dai primi ritardi, sintomo del fatto che queste serie storiche siano generate da un processo stocastico stazionario. Oltre al primo coefficiente di autocorrelazione ve ne sono altri che risultano essere significativamente diversi da zero, più pronunciati nelle variazioni degli utili attesi (DLFwE), ma comunque diventano non statisticamente diversi da zero dal sesto ritardo in poi e risultano tutti inferiore all‟unità. Guardando alle partial autocorrelation functions, osserviamo che, per le variazioni degli utili attesi, l‟unico coefficiente di autocorrelazione parziale significativamente diverso da zero e positivo è il primo, mentre per le altre due serie storiche i coefficienti si annullano fin da subito. In conclusione, per quanto riguarda le variabili oggetto di valutazione – prezzi, utili attesi e tassi di interesse-, questa prima analisi grafica fornisce delle evidenze sul fatto che i data generating processes siano processi stocastici integrati di ordine uno, perché le variabili in livelli non sembrano essere stazionarie, al contrario delle loro differenze prime.

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 76-83)