• Non ci sono risultati.

L‟analisi di cointegrazione

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 103-115)

3.3 Stima del VAR

3.4.2 L‟analisi di cointegrazione

Andiamo allora a svolgere la Johansen procedure per stimare i coefficienti di lungo periodo appartenenti ai vettori e . I risultati sono riportati nella Tabella 12, dove sotto ogni stima è possibile trovare il corrispettivo

standard error. Come possiamo osservare, i coefficienti (beta) e sono prossimi rispettivamente a -1 e 1, tuttavia pare statisticamente non significativo. L‟intercetta è negativa e significativamente diversa da zero: essa rappresenta il premio per il rischio, ossia l‟extra rendimento che gli investitori richiedono per compensare la maggiore incertezza associata all‟investimento azionario rispetto ai titoli a reddito fisso; poiché è , il segno risulta coerente con la relazione espressa dal Fed model.

Tabella 12- Stime della relazione di cointegrazione e dei corrispettivi coefficienti di aggiustamento

Relativamente ai coefficienti di aggiustamento, la prima cosa che osserviamo è il segno del coefficiente , allora, la condizione necessaria affinché LnP si

LnP LnFwE LnY Costant

beta 1.000 -0.885571 0.869609 -5.141574

st. err. 0.39956 0.62285 2.5176

alpha -0.020657 -0.005072 0.00569 st. err. 0.008610 0.001550 0.00764

poiché abbiamo , le condizioni necessarie affinché LnFeW e LnY si aggiustino correttamente all‟equilibrio di lungo periodo sono rispettivamente e . Tutti i coefficienti presentano il segno

corretto e, allo stesso tempo, risultano statisticamente diversi da zero.

Per avere una maggiore sicurezza, sottoponiamo a verifica le diverse ipotesi. La procedura di verifica è un Likelihood Ratio test: esso si calcola sulla base della

log-likelihood function del modello restricted, soggetto ai vincoli che si vogliono

verificare (ipotesi nulla ), e sulla base della log-likelihood function del modello unrestricted, privo dei vincoli che si vogliono verificare (ipotesi alternativa ). La test statistic è così computata:

[ ( ) ( )]

La distribuzione da cui estrarre i critical values è una ( ), dove è il numero di restrictions che si impongono.

Dalla Tabella 13 è possibile osservare la batteria di ipotesi sottoposte a verifica: le righe da H(1) a H(7) indicano i vincoli imposti ai coefficienti della relazione di equilibrio ed ai rispettivi coefficienti di aggiustamento, riportati nella seconda e quarta colonna della tabella; nella terza colonna troviamo i valori assunti dalla costante restricted nella relazione di cointegrazione; nell‟ultima riportiamo i valori dei LR tests per ciascun modello stimato, dove i valori nelle parentesi quadre rappresentano le probabilità associate a ciascun likelihood ratio tests. In prima analisi possiamo subito notare come l‟ipotesi nulla di sia

rifiutata in tutti i casi: in particolare, vediamo come da H(4) ad H(7) i risultati – evidenziati in grassetto - portano a confermare la validità del Fed model: ossia, il tasso di interesse entra nello spazio di cointegrazione con prezzi e utili attesi, laddove la loro relazione di steady state risulta stazionaria.

Tabella 13 - Likelihood Ratio tests per la verifica dei vincoli sui coefficienti della relazione di cointegrazione.e sui rispettivi coefficienti di aggiustamento H(1) 1 -1 0.676774 -4.347417 -0.022428 -0.005263 0.007754 0.018773 [0.891018] 0.30406 0.56864 0.00916 0.00166 0.00813 H(2) 1 -1 1 -4.993699 -0.01749 -0.004885 -0.004141 0.766933 [0.681] 0.11706 0.00612 0.00146 0.00719 H(3) 1 -1 1 -4.938045 -0.019701 -0.00534 0 1.051288 [0.7888] 0.10632 0.008 0.00162 H(4) 1 -1.356454 0 -0.772382 -0.024547 -0.00483 0.016101 0.460249 [0.0497] 0.18313 1.67779 0.00989 0.0028 0.00872 H(5) 1 -1.344812 0 -0.866714 0.02096 0.000339 0 4.045562 [0.004] 0.23004 1.18513 0.00883 0.00214 H(6) 1 -1 0 -3.419571 0.011323 -0.002599 0.007701 1.728655 [0.042] 0.19066 0.00514 0.0093 0.00453 H(7) 1 -1 0 -3.514858 -0.009679 0.002321 0 4.784783 [0.018] 0.23658 0.0046 0.0043 LR-test costant (2)= (2)= (1)= (3)= (2)= (1)= (3)=

Contemporaneamente, le stesse ipotesi portano a rifiutare la base teorica che vede il traditional valuation ratio42, ossia il rapporto tra utili attesi e prezzo – comunemente noto come earning yield – uno strumento efficace nella valutazione del fair value dei titoli azionari.

Passando invece alla prime due ipotesi, viceversa, possiamo vedere che le nostre supposizioni sono per lo più confermate: i LR tests convalidano una relazione di lungo periodo tra prezzi, utili attesi e tassi di interesse. In entrambi i sistemi l‟intercetta della relazione di cointegrazione è statisticamente diversa da zero ed i valori assunti confermano la configurazione precedente – quella non soggetta a vincoli – mostrando un valore (in modulo) prossimo a 5. Per quanto riguarda i coefficienti di aggiustamento, presentano tutti il segno corretto, ad eccezione di

che pare reagire in modo inaspettato rispetto a quanto ipotizzato;

diversamente, i prezzi sembrano svolgere la funzione guida nel meccanismo di aggiustamento all‟equilibrio di lungo periodo. Inoltre, notiamo che cambia segno passando da H(1) a H(2) che però sembra non essere significativamente diverso da zero in entrambi i casi. Tale ipotesi è avallata da H(3), dove il test di

weak exogenity sul coefficiente di caricamento conferma la stretta esogenità del

tasso di interesse. Anche in quest‟ultimo caso quindi, si ribadisce l‟idea di massima che i prezzi azionari svolgano un ruolo predominante nel meccanismo di aggiustamento all‟equilibrio.

In sintesi, i risultati hanno verificato che tra prezzi, utili attesi e tassi di interesse esiste una relazione di cointegrazione stabile rappresentata da , a cui si aggiunge una costante in funzione del premio per il rischio, che possiamo trovare espressa graficamente nella Figura 14. In essa, trova conferma quanto detto finora: in particolare, notiamo come le deviazioni dalla media più pronunciate si siano verificate nel corso rispettivamente delle crisi 87 e 2000-2001, dove la sopravvalutazione del mercato ha portato la dinamica del processo ad allontanarsi dal valore di equilibrio di lungo periodo.

42 Naturalmente stiamo considerando l‟ipotesi che tale indice, alla pari dal Fed model da noi considerato,

utilizzi come variabili di input rispettivamente i prezzi dell‟indice S&P 500 ed i forward earning,ossia gli utili attesi.

Figura 14- Relazione di cointegrazione tra prezzi, utili attesi e tassi di interesse

Tuttavia, alla luce degli ultimi risultati presentati dobbiamo ricordare che la nostra analisi si è svolta su un campione di dati fino all‟anno 2005; oltre tale data, le analisi condotte – che abbiamo deciso di non riportare, data la loro non significatività – smentiscono quanto finora detto: nessuna relazione di lungo periodo tra le dinamiche delle serie storiche di prezzi, utili attesi e tassi di interesse è stata trovata significativa. Alla luce di tale considerazione, risulta possibile dare nuova interpretazione all‟analisi fin qui condotta. L‟ultima parte di questa tesi avrà quindi, il compito di riepilogare i risultati dell‟analisi empirica e, l‟obiettivo di conciliare quest‟ultimi con un‟interpretazione estesa al contesto storico ed economico oggetto di valutazione.

-.4 -.2 .0 .2 .4 .6 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004

CONCLUSIONI

In questo elaborato abbiamo analizzato la relazione di lungo periodo tra utili attesi, prezzi e tassi di interesse, nota comunemente come Fed model. L‟idea che la differenza tra earning e interest yield quantifichi una relazione di lungo termine, individuando un “fair value” del mercato azionario, è stata sottoposta a verifica per mezzo di un‟analisi di cointegrazione. I risultati ci hanno portato ad accettare la validità di tale modello, laddove i tassi di interesse risultano rientrare nello spazio di cointegrazione con prezzi e utili attesi. Nondimeno, l‟evidenza empirica ha mostrato che i rendimenti dei titoli di stato americani a 10 anni non hanno un impatto significativo sulle dinamiche di prezzi dell‟indice S&P 500. I test di weak exogenity sul coefficiente di aggiustamento del Vector Error

Correction Model stimato conducono a rifiutare l‟ipotesi che il tasso di interesse

si aggiusti all‟equilibrio di lungo periodo, dove il ruolo guida nel meccanismo di aggiustamento sembra essere svolto tramite la variazione dei prezzi. Pertanto, sulla base di quanto finora detto, pare che questo lavoro si schieri con la teoria che vede il Fed model uno strumento efficace di valutazione del mercato azionario. Tuttavia, i test successivi che abbiamo condotto ci portano a rivedere tale affermazione, nel momento in cui la relazione di cointegrazione tra prezzi , utili attesi e tassi di interesse svanisce se si considera osservazioni oltre dicembre 2005. In merito a tale incongrenza, riteniamo che la politica monetaria della

Federal Reserve abbia avuto un ruolo determinante sul sostegno offerto a tale

modello. In questa ottica possiamo leggere il periodo di grande stabilità, fase nota come Great Moderation, - che negli Stati Uniti d‟America si estende dalla metà degli anni ottanta ai primi anni del nuovo millennio – come la causa alla base della relazione tra earning e interest yield. In particolare è possibile che la forte credibilità antinflazionistica della Greenspan’s policy abbia avuto effetti sulla stabilità delle aspettative d‟inflazione e sulla generalizzata riduzione dei premi per il rischio degli investitori, scesi su valori eccezionalmente bassi e

sussista una relazione positiva tra earning e interest yield –. Questo ci lascia presumere che durante i periodi di bassa inflazione e bassa volatilità dei mercati, una politica monetaria accomodante che agevoli la stabilità macroeconomica può portare ad una correlazione positiva tra earning e interest yield. Tuttavia, è altrettanto vero che in un contesto dove tali condizioni mutano, allora la relazione svanisce, e quelle discontinuità ne mettono in discussione un utilizzo a fini estrapolativi essenzialmente meccanico.

L‟incapacità dei modelli di far fronte a modifiche nei sistemi che essi descrivono riflette, in buona misura, le stesse modalità di rappresentazione dei fenomeni economici, basate sull‟impiego di tecniche statistico-econometriche adeguate a riprodurre, sulla base di un numero necessariamente limitato di parametri, relazioni sufficientemente stabili nel tempo. Eventuali osservazioni anomale, non coerenti coi meccanismi prevalentemente all‟opera nel periodo storico impiegato per la stima econometrica, vengono spesso trascurate: il loro contenuto informativo viene neutralizzato e il modello non può pertanto tenerne conto. Proprio quelle deviazioni dalla norma potrebbero invece fornire indicazioni preziose sul comportamento dell‟economia in condizioni diverse da quelle usualmente prevalenti. D‟altra parte, l‟episodica osservazione di fenomeni eccezionali non può consentire di cogliere le interrelazioni, spesso complesse, che legano tra loro le variabili economiche; solo l‟accumulazione di un numero sufficientemente ampio di rilevazioni permette di ottenere una stima statisticamente affidabile dei parametri di un modello. Questa limitazione riflette una caratteristica più generale dell‟analisi quantitativa dei fenomeni economici: la difficoltà di condurre inferenza statistica su dati che non sono frutto di esperimenti disegnati e direttamente controllati dal ricercatore. Condizioni eccezionali non possono venire ricreate a piacimento, in laboratorio, per finalità conoscitive; la nostra esperienza a tale riguardo rimane necessariamente limitata, parziale ed episodica. È quindi indispensabile ricorrere a informazioni esterne al modello, riferirsi ove possibile all‟esperienza storica, intervenire sulla base della teoria e del buon senso. La via maestra per far fronte ai problemi generati dal manifestarsi di discontinuità non può che consistere in una migliore

comprensione della natura di quest‟ultima e quindi nella elaborazione analitica e nella specificazione di modelli le cui relazioni si fondino su parametri stabili nel tempo. L‟obiettivo della ricerca deve quindi mirare a individuare meccanismi sufficientemente profondi, ragionevolmente reputabili invarianti nel tempo.

Bibliografia

Asness, C. S. (2000). Stocks versus bonds: explaining the equity risk premium.

Financial Analysts Journal, 96-113.

Asness, C. S. (2003). Fight the Fed Model. Journal of Portfolio Management, 11-24.

Bekaert, G., & Engstrom, E. (2010). Inflation and the stock market:

Understanding the “Fed Model". Journal of Monetary Economics 57.3, 278-294.

Binotti, A. M. (2006). Non stazionarietà delle serie storiche e metodologia dei

VAR cointegrati. Tratto da http://annabinotti.ec.unipi.it/hom/Binotti.htm.

Brooks, C. (2008). Introductory econometrics for finance. Cambridge: Cambridge University Press.

Campbell, J. Y., & Vuolteenaho, T. (2004). Inflation illusion and stock prices.

American Economic Review, 19-23.

Cochrane, J. (2005). Time series for macroeconomics and finance. Tratto da http://faculty.chicagobooth.edu/john.cochrane/research/Papers/time_series _book.pdf.

Dickey, D. A., & Fuller, W. A. (1979). Distribution of the Estimators for Autoregressive Time Series with a Unit Root. Journal of the American

Statistical Association, 74, 427-431.

Durré, A., & Giot, P. (2007). An international analysis of earnings, stock prices and bond yields. Journal of Business Finance & Accounting 34.34, 613-

641.

Engle, R. F., & Granger, C. W. (1987). Cointegration and Error Correction: Representation, Estimation and Testing. Econometrica 55, 251-271. Engle, R. F., Hendry, D. F., & Richard, J. F. (1983). Exogeneity. Econometrica

51, 277-304.

Estrada, J. (2006). The Fed model: A note. Finance Research Letters 3.1, 14-22. Estrada, J. (2009). The fed model: The bad, the worse, and the ugly. The

Feinman, J. N. (2005). Inflation illusion and the (mis) pricing of assets and liabilities. The Journal of Investing 14.2, 29-36.

Giot, P., & Petitjean, M. (2007). The information content of the Bond–Equity Yield Ratio: Better than a random walk? International Journal of

Forecasting 23.2 , 289-305.

Gordon, M. J. (1959). Dividends, earnings, and stock prices. The Review of

Economics and Statistics, 99-105.

Gordon, M. J. (1962). The investment, financing, and valuation of the

corporation. Irwin.

Gordon, M. J., & Shapiro, E. (1956). Capital equipment analysis: the required rate of profit. Management Science 3.1, 102-110.

Granger, C. W. (1983). Co-Integrated Variables and Error-Correcting Models. San Diego,University of California.

Hamilton, J. D. (1994). Time Series Analysis. Princeton: Princeton University Press.

Harris, R. (1995). Using cointegration analysis in econometric modelling. Harlow: Prentice Hall.

Harris, R. D., & Sanchez‐Valle, R. (2000). The Gilt‐Equity Yield Ratio and the Predictability of UK and US Equity Returns. Journal of Business Finance

& Accounting 27.34, 333-357.

Jansen, D. W., & Wang, Z. (2006). Evaluating the „Fed Model‟of Stock Price Valuation: An out-of-sample forecasting perspective. Advances in

Econometrics 20, 179-204.

Johansen, S. (1995). Likelihood-based inference in cointegrated vector auto-

regressive models. Oxford: Oxford University Press.

Juselius, K. (2006). The Cointegrated VAR Model: Methodology and

Applications. Oxford,: Oxford University Press.

Koivu, M., Pennen, T., & Ziemba, W. T. (2005). Cointegration analysis of the Fed model. Financial Research Letters 2.4, 248-259.

Kwiatkowski, D., Phillips, P. C., S. P., & Shin, Y. (1992). Testing the null hypothesis of stationarity against the alternative of a unit root: How sure are we that economic time series have a unit root? Journal of

Lander, J., Orphanides, A., & Douvogiannis, M. (1997). Earnings forecasts and the predictability of stock returns: evidence from trading the S&P. The

Journal of Portfolio Management 23.4, 24-35.

Lucchetti, R. (s.d.). Appunti di analisi delle serie storiche. Tratto da

http://www.econ.univpm.it/lucchetti/didattica/matvario/procstoc.pdf. Maio, P. (2013). "Fed Model” and the predictability of stock returns. Review of

Finance 17.4, 1489-1533.

Mills, T. C. (1991). Equity prices, dividends and gilt yields in the UK: cointegration, error correction and „confidence‟. Scottish Journal of

Political Economy 38.3, 242-245.

Modigliani, F., & Cohn, R. A. (1979). Inflation, rational valuation and the market. Financial Analysts Journal , 24-44.

Phillips, P. C., & Perron, P. (1988). Testing for a unit root in time series regression. Biometrica, 75, 335-346.

Ritter, J. R., & Warr, R. W. (2002). The decline of inflation and the bull market of 1982–1999. Journal of Financial and Quantitative Analysis 37.01, 29- 61.

Salomons, R. (2006). A tactical implication of predictability: Fighting the fed model. The Journal of Investing 15.2, 87-98.

Thomas, J. (2005). Price equals forward earnings scaled by the risk-free rate: The implications of this remarkable empirical regularity. Yale University

School of Management, Working Paper.

Thomas, J. (2007). Accounting rules and the relation between earnings yields and inflation. Yale University School of Management, Working Paper.

Thomas, J., & Zhang, F. (2007). Inflation illusion and stock prices: Comment.

Yale University School of Management Working Paper .

Thomas, J., & Zhang, F. (2008). Don‟t fight the Fed model. Yale University

School of Management, Working Paper.

Weigand, R. A., & Irons, R. (2006). Does the market P/E ratio revert back to “average”. Investment Management and Financial Innovations 3.3, 30-39. Wetherilt, A. V., & Weeken, O. (2002). Equity valuation measures: what can

Williams, J. B. (1938). The theory of investment value. North-Holland Publishing Company.

Yardeni, E. (1997). Fed’s Stock Market Model Finds Overvaluation. Topical Study #38, US Equity Research, Deutsche Morgan Grenfell.

Yardeni, E. (2002). Asset Valuation & Allocation Models. Prudential Financial Research.

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 103-115)