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Test per la stima del rango di cointegrazione

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 71-76)

2.7 Procedura di Johansen

2.7.1 Test per la stima del rango di cointegrazione

Passando ai test per il rango ridotto – il processo di stima appena descritto ipotizza che il rango di cointegrazione sia noto -, si tratta di discernere gli autovalori corrispondenti a relazioni stazionarie da quelli che non soddisfano questa condizione. Johansen (1995), a cui si rimanda, illustra due test a questo proposito: il test della traccia ed il test del massimo autovalore.

Il primo test, il test della traccia (trace test), verifica l‟ipotesi nulla congiunta con – ossia rango – contro un‟alternativa con :

∑ ( ̂ )

Altrimenti, tramite il test del massimo autovalore (maximum eigenvalue test), si verifica separatamente per ogni autovalore l‟ipotesi nulla che vi siano al più vettori di cointegrazione contro l‟alternativa che ve ne siano ; per verificare tale ipotesi, si utilizza un consueto rapporto di verosomiglianza, seppur con distribuzione non standard:

( ̂ )

Il trace test misura il costo di omettere le combinazioni lineari delle variabili in livelli implicate dagli estimated eigenvectors associati agli ultimi estimated eigenvalues (ovvero ai più piccoli autovalori stimati). Mentre il maximum eigenvalue test, misura il costo di omettere la ( )-esima combinazione lineare delle variabili in livelli implicata dall‟autovalore stimato associato al ( )-esimo autovalore stimato in ordine di grandezza.

In sintesi, con il trace test sottoponiamo a verifica l‟ipotesi nulla ( ) contro l‟ipotesi ( ) , mentre con il maximum eigenvalue test sottoponiamo a verifica l‟ipotesi nulla ( ) contro l‟ipotesi

( )

3 ANALISI EMPIRICA

In questa terza ed ultima parte applicheremo le metodologie econometriche che abbiamo presentato nel Capitolo 2, da un lato, per verificare se l‟andamento degli earning yield e interest yield è caratterizzato da un equilibrio di lungo periodo, ossia se esiste una relazione di cointegrazione tra utili attesi, prezzi e tassi di interesse che rispetta quanto espresso dal Fed model e, dall‟altro, per capire se tale dinamica è presente in modo stabile nei mercati oppure caratterizza una finestra temporale ben precisa, che possiamo pensare coincidente con la fase comunemente nota come Great Moderation - in coerenza con le politiche monetarie dell‟era Greenspan.

Per quanto riguarda la struttura del capitolo, il lavoro procederà nel seguente modo. Prima di applicare il modello Vector Autoregressive, presenteremo una descrizione di ciascuna delle serie storiche che saranno oggetto del nostro studio e proporremo alcuni tests per verificare se tali serie sono caratterizzate da non stazionarietà, ovvero se sono la realizzazione di un processo stocastico con radice unitaria. Dopodiché passeremo alla stima del VAR model determinando il numero di ritardi che è opportuno includervi affinché la capacità inferenziale di tale modello sia mantenuta. Una volta appurata la non stazionarietà del VAR

model, sarà necessario verificare se tale modello è cointegrato o meno: nel primo

caso opteremo per una riparametrizzazione Vector Error Correction Model che abbia la matrice di lungo periodo a rango ridotto. Arrivati questo punto saremo interessati a verificare se questa relazione di cointegrazione (che descrive l‟equilibrio statico tra le tre serie storiche, ossia prezzi, utili attesi e tassi di interesse) rispetta quanto espresso dal Fed model o se una o più variabili è debolmente esogena rispetto alla relazione di lungo periodo.

Infine, allo scopo di porre in evidenza i passaggi e la logica dei metodi di analisi forniremo in ogni fase un breve commento di natura tecnica, e lasciando alla parte delle conclusioni la funzione di riepilogare ed interpretare i risultati della

3.1 I dati

Partiamo dunque con il descrivere sinteticamente le variabili utilizzate nell‟analisi empirica svolta di seguito. Innanzitutto il dataset si sostanzia di tre serie storiche: lo S&P500 Composite Price Index, i 12 Month Forward Weighted

Earning per Shares (12 MTH FWD WDT EPS) – si tratta di una stima degli utili

aggregati prospettici calcolati sul medesimo indice, lo S&P500 - ed i 10 Year

Treasury Bond Yield. Con riguardo alle prime due serie storiche, esse sono state

scaricate da Thomson Financial Datastream, mentre con riferimento ai tassi di interesse abbiamo usufruito del sito web – opensource - di Robert J. Shiller

(http://www.econ.yale.edu/~shiller/). Tuttavia le lunghezze delle serie storiche

non risultano omogenee, in particolare i dati relativi alle stime di consenso degli utili sono disponibili a partire dall‟anno 1985, pertanto abbiamo scelto tale data comune come punto di partenza per l‟analisi di tutte le time series: i dati scaricati hanno periodicità mensile e un range temporale che va dal febbraio 1985 a dicembre 2012 con un campione pari a 335 osservazioni.

Per fare chiarezza sulla base di dati utilizzata, riportiamo qui di seguito qualche dettaglio sulle serie suddette, specificando il nome che viene dato loro nell‟analisi econometrica svolta nei paragrafi successivi.

 S&P500 Composite Price Index

L‟indice S&P500 viene calcolato come una media degli andamenti borsistici di 500 tra le più importanti aziende statunitensi35. La media è ponderata con il peso di ogni azienda, in funzione non solo del numero di azioni in circolazione ma anche delle contrattazioni giornaliere. La complessa procedura matematico- statistica che ne è alla base prevede anche delle correzioni tendenti ad eliminare gli effetti di oscillazioni anomale. Sebbene storicamente siano nati prima gli indici Dow Jones, questo paniere ha assunto maggiore importanza presso gli investitori. È infatti il principale benchmark azionario relativo ai titoli quotati a

35 Attualmente contiene 500 titoli di altrettante società quotate a New York e selezionate da un apposito

comitato; sebbene la maggior parte di questi titoli siano relativi ad aziende statunitensi, il criterio non è discriminante.

Wall Street ed è il sottostante per un incredibilmente ampio ventaglio di prodotti derivati.

 12 Month Forward Weighted Earning per Shares

Earnings per Share (EPS), o nella denominazione italiana "utile per azione",

sono gli utili che un'azienda ha generato parametrati al numero di azioni emesse dall'azienda stessa; tuttavia, nel nostro caso, essendo calcolati sullo S&P500 Index, il numero di azioni di riferimento è quello che compone l‟indice stesso. Si parla di "trailing EPS" se si considerano gli utili realmente conseguiti dall'emittente e risultanti dall'ultimo bilancio di esercizio; vivecersa, si parla di "forward EPS" (o EPS anticipato) quando si considerano gli utili attesi stimati dagli analisti per il primo anno – ossia, 12 Month - successivo al momento della stima.

 10-Year Trasury Bond Yield

La terza ed ultima serie storica è costituita dai rendimenti dei titoli del tesoro statunitense con scadenza dieci anni; essendo supportati da "full faith and credit" (piena fiducia e credito) del governo statunitense - e pertanto dalla sua capacità di ottenere gettito fiscale e stampare moneta - i titoli del Tesoro USA sono considerati gli investimenti più sicuri in assoluto. Dato questo livello di sicurezza, i 10-Year Trasury Bond Yield sono generalmente utilizzati come proxy per i tassi di mercato privi di rischio.

Infine, per quel che concerne l‟analisi econometrica, tali variabili sono state definite rispettivamente come P (S&P500 Composite Price Index), FwE (Forward Earning) e Y (10-Year Treasury Bond Yield); la loro trasformazione in logaritmi, resa necessaria dall‟analisi, prevede che esse vengono etichettate mediante l‟aggiunta del prefisso “Ln”36 al nome originario. La successiva

differenziazione applicata ai logaritmi porta a ridefinire tali variabili anteponendo al loro nome una lettera “D”37. Inoltre, per una maggiore chiarezza, i grafici

avranno colori diversi: quelli relativi alle variabili in livelli saranno di colore rosso, mentre quelli relativi alle variabili in differenze saranno di colore blu, infine quelli relativi ai residui del VAR model saranno di colore rosa.

Nel documento Il Fed model: un'analisi empirica (pagine 71-76)