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3.3 “L’evoluzione” delle decisioni della Cor te di Giustizia dell’Unione Europea.

La posizione espressa dall’Avvocato Generale Colomer fece sì che sin dalle prime sentenze del 2002 la Corte si trovasse ad affrontare la questione della qualificazione giuridica in cui valutare le Golden Shares.

Ed è questo, insieme a quello relativo al regime di proprietà di cui sopra, uno dei temi in cui, almeno in un primo mo- mento e contrariamente a quanto normalmente avviene, vi è stata una divergenza tra la Corte e l’Avvocato Generale. Sia nelle sentenze del 2002 che in quelle del 2003, infatti, il Giudice Comunitario, mise in relazione le Azioni Dorate con la sola Libertà di circolazione dei Capitali.

Al punto 56 della sentenza del 2002 la Corte sottolineò da una parte che laddove […]la disciplina controversa compor-

ti delle restrizioni alla libertà di Stabilimento, tali restrizioni costituiscono la conseguenza diretta degli ostacoli alla libe- ra circolazione dei capitali[…] da cui esse sono inscindibili,

dall’altra come la conseguenza di ciò sia che [… ]essendo

accertata la violazione dell’articolo 73

132

, non è necessario esaminare i procedimenti controversi separatamente, alla

luce delle norme del Trattato relative alla libertà di Stabili- mento.

133

Come si vede, dunque, la Corte, in continuità con la “teoria dell’esclusione” espressa dall’Avvocato Baars (vedi supra) ed in contrasto con le opinioni espresse nelle proprie conclu- sioni da Colomer, non approfondì e non esaminò la questio- ne sotto l’aspetto della libertà di Stabilimento.

134

Stessa conclusione, e medesima formula utilizzata

135

, si tro- va poi, nelle sentenze del 2003 contro Regno Unito e Spa- gna, dove ancora una volta la Corte giudicò le Azioni Dorate solamente in rapporto alla libertà di circolazione dei capitali. Escludendo la controversia intentata contro l’Italia nel 2004,

136

nella quale la questione non venne analizzata, in quanto la Commissione, nella fase precontenziosa,

137

conte- stò solo una restrizione della libertà di circolazione dei capi- tali (ammessa dal nostro Paese ma dallo stesso giustificata sulla base dell’esigenza di tutelare la concorrenza

138

) si vede

133 Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica di Portogallo, C. 367/98, 4 Giugno 2002 Raccolta P-I 04731, punto 56;

134 Colomer rafforzerà la propria posizione anche nelle conclusioni espresse nella C.112/05 contro la Germania.

135 Cfr. Punto 86 della sentenza del 2003 nel quale la corte utilizza le medesime pa- role usate nella sentenza contro il Portogallo per rigettare un qualsiasi esame della lesione della Libertà di Stabilimento.

136 Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica Italiana, C.176/04; Raccolta I- 137 Fa riferimento a tale avvenimento anche l’Avvocato Generale Kokott ai punti 21 e 22 delle conclusioni al procedimento in parola.

138 Il procedimento in questione verteva sul rispetto della normativa in tema di libe- ra circolazione dei capitali del decreto 192/2001 convertito in legge n.301/2001 con il quale si stabiliva che si sospendevano automaticamente i diritti di voto ( di cui dun-

come nel corso degli anni la Corte ha avuto modo di reitera- re la propria posizione

L’indirizzo inaugurato dalla Corte dell’applicazione esclusi- va della libertà di circolazione dei capitali lo si ritrova anche nelle procedure successive promosse contro l’Italia

139 , la Germania, 140 l’Olanda 141 e la Spagna. 142

Di particolare rilievo sotto questo aspetto è il procedimento intentato dalla Commissione contro la l’Olanda nel 2004.

143

Infatti, in tale occasione, per la prima volta, contrariamente ai processi precedenti, la volontà di escludere l’esame di le- gittimità delle normative nazionali in riferimento alla libertà di stabilimento venne fatta propria anche dall’Avvocato Ge- nerale Poiares Maduro in una sorta di comunione di intenti con la Corte.

L’avvocato Portoghese al punto 41

144

delle conclusioni pre- sentate al procedimento asserì che l’analisi effettuata in base

que non si doveva tenere conto ai fini del quorum assembleare deliberativo) collegati a partecipazioni azionarie superiori al 2 % detenute in imprese controllate diretta- mente o indirettamente dallo Stato e che operavano in posizione dominante nei setto- ri dell’approvvigionamento energetico e di gas.

La corte trovo che le giustificazioni addotte dall’Italia non legittimavano una restri- zione alla circolazione dei capitali.

139 . Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica Italiana, 6 Dicembre 2007C.463-464/04, Raccolta P-I 10419;

140 Commissione dell’Unione Europea c. Germania, 23 Ottobre 2007, C.112/05, Raccolta P-I 08895;

141 Commissione dell’Unione Europea c. Regno dei Paesi Bassi,28 Settembre 2006 C.282/04 Raccolta P-I 09141;

142 Commissione dell’Unione Europea c. Regno dei Paesi Bassi,28 Settembre 2006 C.282/04 Raccolta P-I 09141;

143 Commissione dell’Unione Europea c. Regno dei Paesi Bassi, 28 Settembre 2006 C.282/04, Raccolta P-I 09141;

all’art.43 darebbe gli stessi risultati di un’analisi effettuata sulla base dell’art.56 suggerendo alla Corte di rifarsi alla sua

precedente giurisprudenza prendendo in considerazione solo la libertà di circolazione di capitali e considerando un even- tuale lesione del diritto di stabilimento solo come conse- guenza diretta di una restrizione della prima.

Quindi, da una parte, l’avvocato generale ammise la possibi- lità di una sovrapposizione tra le due normative, in quanto l’investimento, che di per sè è un movimento di capitali, è anche tale da permettere un’influenza in sede societaria. Dall’altra, sostenne che non vi era una necessità di promuo- vere un’analisi della normativa in tema di stabilimento in quanto, contrariamente a quanto sostenuto da Colomer, la stessa non solo non avrebbe carattere principale ma non avrebbe neppure aggiunto niente all’analisi promossa sotto l’egida della circolazione dei capitali.

Pertanto le posizioni di Colomer e di Maduro sono, nell’ottica di una possibile sovrapposizione, diametralmente opposte in tema di centralità dell’uno e dell’altro principio. Soltanto con la decisione del 2009 nell’ambito della C.326/07 (vedi supra), promossa contro l’Italia

145

, si ebbe un significativo revirement giurisprudenziale della Corte e per la prima volta si considerarono illegittimi dei poteri speciali in relazione alla libertà di stabilimento e non alla libertà di

144 Commissione dell’Unione Europea c. Regno dei Paesi Bassi, 28 Settembre2006, C.282/04, Raccolta P-I 0941, punto 41;

145 Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica Italiana, 26 Marzo 2009, C.326/07, Raccolta P-I 02291;

circolazione dei capitali, invertendo così il rapporto lesione principale/lesione conseguente.

146

Il ragionamento della Corte prese le mosse dal ribadire che “una normativa nazionale che non è destinata ad applicarsi

esclusivamente alle partecipazioni tali da conferire una si- cura influenza sulle decisioni di una società e da consentire di indirizzarne le attività, ma che si applichi indipendente- mente dall’entità della partecipazione detenuta da un azio- nista in una società, può rientrare nell’ambito di applicazio- ne sia dell’art [49 TFUE], sia dell’art [63TFUE].

147

La prima disposizione che venne poi presa in considerazione dal Giudice Comunitario del D.Lg 332/1994 oggetto della controversia fu quella relativa al conferimento allo Stato di un potere di opposizione dello Stato all’acquisto di quote azionarie pari al 5 % (o diversa quota stabilita dal Ministero competente, vedi supra).

Secondo la Corte tale quota rappresenterebbe un pacchetto azionario tale sia di permettere una mera partecipazione e quindi rientrare nell’ambito della libertà di circolazione di capitali, sia di influenzare le decisioni societarie, soprattutto in società con azionariato diffuso, e quindi essere, a diffe- renza dei casi precedenti, censurato sotto l’egida della Liber- tà di Stabilimento con un esame in via principale.

148

146 LUPO Op. Cit. 147 LUPO Op. Cit. pg.80.

Si capisce dunque che per la prima volta la Corte arrivò a ri- conoscere un’applicazione non sussidiaria della Libertà di Stabilimento ma bensì complementare a quella di circolazio- ne di capitali.

La seconda disposizione del decreto legge in parola, che venne analizzata dalla Corte, è quella che conferiva allo Sta- to il potere di veto in relazione ad importanti decisioni socie- tarie.

In questo caso la Corte ribadì in maniera ancor più netta l’applicazione della libertà di Stabilimento sostenendo che “è giocoforza constatare che tale potere riguarda decisioni

rientranti nella gestione della società e, pertanto, concerne soltanto azionisti in grado di esercitare un’influenza sicura sulle società considerate, cosicché i criteri relativi all’esercizio di siffatto potere devono essere esaminati sotto il profilo della libertà di stabilimento”, ed aggiunse che

“ammesso che tali criteri producano effetti restrittivi sulla

libera circolazione dei capitali, questi sarebbero

l’inevitabile conseguenza di un possibile ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificherebbero un esame autonomo alla luce dell’art” 63 TFUE, e la fattispecie va

quindi analizzata unicamente ai sensi dell’art 49 TFUE

149

. Quindi anche in questo secondo passaggio la Corte di Giustizia arrivò a riconoscere un’applicazione esclusiva della Libertà di Stabilimento ed una esclusione di quella di circolazione dei Capitali.

Importante a questo punto è capire se frutto di tale diversificazione rispetto alle sentenze precedenti sia dovuto ad una differenza dell’oggetto della controversia o piuttosto se sia dovuto ad un cambio di indirizzo giurisprudenziale del giudice di Bruxelles.

149 Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica Italiana, 26 Marzo 2009, C.326/07, Raccolta I-02291;

Osservando bene il contenuto dei poteri speciali riconosciuti dalla normativa italiana ci si accorge che non vi erano delle grandi differenze rispetto a quelli riconosciuti dagli altri ordinamenti ed affrontati nelle controversie precedenti.

Vi era un’analogia ad esempio con i poteri speciali riconosciuti allo Stato Britannico di cui alla C.98/01, sia per quanto riguarda il potere di veto su di alcune decisioni inerenti alle società, sia per quanto riguarda la massima quota di pacchetto azionario detenibile, e ciò nonostante che la legge inglese rispetto a quella italiana istituisse un divieto assoluto di superamento di detta soglia.

Non solo, il potere di opporsi a decisioni inerenti le Società, riconosciuto in Italia allo Stato, era molto simile al potere medesimo riconosciuto al Portogallo nella C.503/99, alla Francia nella C. 483/93 ed alla Spagna nella causa 367/98 sebbene in quel caso si parlasse di un potere di previa autorizzazione.

Raggiunta la consapevolezza che non è stata una diversità dei poteri speciali riconosciuti a veicolare una decisione diversa dalle precedenti, occorre vagliare l’esistenza di un cambio nell’indirizzo giurisprudenziale della Corte.

E per farlo è necessario analizzare il modo in cui la stessa ha deciso nelle pronunce con oggetto una Golden shares successive a quella contro il nostro paese, ossia quelle contro Portogallo, Polonia e Grecia.

Oggetto delle cause 171/08, 543/08 e 212/09, intentate dalla Commissione contro il Portogallo, fu il Decreto Legge 22

febbraio 1995, detto anche Legge Quadro sulle Privatizzazioni (Lei Quadro das Privatizacoes), in riferimento alla normativa che permetteva l’istituzione di azioni speciali

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definite di categoria A che potevano essere detenute da soli soggetti pubblici ed alle quali si legava un sostanziale potere di veto in riferimento a decisioni fondamentali alla vita della Società

151

.

Rispetto al caso italiano, di cui sopra, si vede come la Corte tornò sui suoi passi.

In prima battuta

152

sostenne che le disposizioni di legge oggetto della controversia potevano riguardare tutti gli investitori e non solo quelli che potevano esercitare una sicura influenza nelle decisioni societarie sostenendo dunque che si poteva applicare tanto la normativa in tema di circolazione di capitali quanto quella in tema di stabilimento. Da tale premessa poi la Corte giunse ad un Restatement del proprio indirizzo giurisprudenziale, sostenendo che solo la violazione della libera circolazione dei capitali era meritevole di un esame diretto mentre quella della libertà di stabilimento avrebbe potuto essere configurata solo come una conseguenza della prima.

150 Nel primo caso all’interno della Società Portugal Telecom, nel secondo nella so- cietà EDP- Energia De Portugal nel terzo nella Società GALP- Petroleos e Gas de Portugal.

151 Si fa riferimento segnatamente agli articoli 5, 15 comma 3 e 20 comma 1. 152 Commissione dell’Unione Eurepea c. Repubblica Portoghese, 10 Novembre 2011, C. 212/09, Raccolta I-0889, punto 45;

Da qui si capisce come, nella sentenza contro il Portogallo, non si ebbe una conferma del cambio di indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalla Corte con la sentenza contro il nostro Paese.

La causa

153

intentata contro la Polonia non può esser utile a confermare o smentire il nuovo indirizzo giurisprudenziale in tema di Diritto di Stabilimento in quanto la contestazione mossa dalla Commissione si riferì solamente alla libertà di circolazione dei capitali che dunque è l’unica sottoposta ad esame.

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E’ piuttosto la C. 244/11 intentata contro la Grecia (vedi supra) che dà la conferma del nuovo indirizzo giurisprudenziale intrapreso dal giudice comunitario.

Come si vede vi era un forte parallelismo tra tale autorizzazione preventiva e potere di veto riconosciuti allo Stato greco e quelli riconosciuti dalla legge allo stato italiano, ed è infatti sulla base di tale similitudine che la Corte con questa sentenza confermò l’indirizzo giurisprudenziale inaugurato contro il nostro paese.

Per quanto riguarda la previa autorizzazione richiesta per l’acquisto delle azioni, va sottolineato come la Corte, in questo caso, riuscì ad applicare la sola libertà di stabilimento con maggiore certezza.

153 Commissione dell’Unione Europea c. Repubblica di Polonia, 21 Dicembre 2011, C. 271/09, Raccolta P-I 13613;

154 Oggetto della Controversia era la normativa in tema di Fondi Pensione di cui agli articoli in combinato disposto 143, 136.3 e 133.3, laddove limitavano l’entità e la na- tura degli investimenti consentiti all’estero ravvisando la Commissione in questo una limitazione della circolazione di Capitali.

Se, infatti, il 5 % di azioni previste dalla normativa italiana non sempre poteva assicurare una sicura influenza sulle scelte societarie, la soglia del 20 % della normativa portoghese è tale che nei confronti di qualsiasi società si possa parlare di un’operazione che permetterebbe all’acquirente di influire nella gestione della stessa.

Neanche nei confronti della previsione che riconosce allo Stato ellenico un potere di veto nei confronti delle decisioni societarie, la Corte ebbe difficoltà a ritenere applicabile solamente la libertà di stabilimento sostenendo piuttosto che tale potere si riferisce solamente a decisioni che sono inerenti alla gestione della società e che quindi consentono

di esercitare un’influenza sicura su quest’ultima.

Da questa sentenza dunque si capisce che vi è un’effettiva inversione nella giurisprudenza della Corte.

Non è però da escludersi che, trovandosi nel futuro a decide- re nuovamente in tema di Golden Shares, la Corte possa nuovamente tornare sui suoi passi e fare marcia indietro e ciò soprattutto se si pensa che il tema del fondamento giuri- dico da dare alle azioni dorate non è, come anticipato, è sulla individuazione della libertà che costituisce il fondamento giuridico delle Golden shares che si basa la legittimità o me- no delle stesse.

155

Occorre a questo punto chiedersi che cosa abbia spinto la Corte a privilegiare, in un primo momento, un’analisi della materia delle Golden Shares nel solco delle libertà di circo- lazione dei capitali, per poi aprirsi, solo in anni recenti, an- che al Diritto di Stabilimento.

E’ forse possibile sostenere, ancora una volta (vedi supra), che la riconduzione delle Azioni Dorate nell’alveo della libe- ra circolazione di capitali, così palesemente distante dalla posizione espressa da Colomer, avesse alla base la volontà di sostenere e non ostacolare la creazione di un regime di libero mercato interno.

Questo è ciò che sostengono anche vari studiosi

156

, due su tutti Tito Ballarino e Luca Bellodi

157

, che infatti su tale tema sottolineano come sia probabile che una valutazione delle

actions specifique e delle Golden Shares sotto l’angolo della libertà di stabilimento avrebbe portato a legittimarle, consi- stendo questa libertà essenzialmente nel divieto delle misure suscettibili di porre i cittadini degli altri Stati membri in una situazione di diritto o di fatto sfavorevole rispetto a quello dei cittadini dello stato di stabilimento, ed essendo prescritto che le attività finalizzare alle costituzione di imprese e di so- cietà devono svolgersi “ alle condizioni definite dalla legi-

156 G. TESAURO, in Diritto Dell’Unione Europea, Ed. Cedam, Padova,2012,Pg 312-313; S. DE VIDO, Op. Cit;

F.DAL POZZO, Op.Cit, T.BALLARINO, L.BELLODI, Le Golden Shares nel diritto comunitario, In Rivista delle Società, Milano,2004;

157 T. BALLARINO, L. BELLODI, Le Golden Shares nel diritto comunitario, in Rivista delle Società, Milano, 2004, pp. 28-29;

slazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini ( art.43 comma 2).

In altre parole, in quest’ottica bisognerebbe dimostrare, e la

strada sarebbe alquanto più difficile rispetto alla scorciatoia della libertà di capitali, che i poteri esercitati dallo Stato con l’intervento nell’azionariato possono rendere meno inte- ressante lo stabilimento, sia direttamente (quando si tratta dell’accesso al capitale sociale) sia indirettamente a causa delle limitazioni imposte al potere di disposizione degli or- gani societari.

Un ulteriore motivo che ha spinto la Corte a vagliare i poteri speciali concessi agli stati dalle Azioni Dorate, sotto l’egida della libera circolazione dei capitali e non del diritto di stabi- limento, lo si può individuare nel contenuto dell’articolo 65.2 TFUE che prevede che le disposizioni relative alla libe- ra circolazione dei capitali […] non pregiudicano l'applica-

bilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento com- patibili con i trattati.

Dalla lettura di tale norma si evince che una misura naziona- le non conforme alla libera circolazione dei capitali potrebbe tuttavia risultare compatibile con il diritto europeo se giusti- ficabile in base alle norme sulla libertà di stabilimento. Tale disposizione ha insite in sé due diverse conseguenze. Una, teorica, è quella di poter suffragare la tesi, sostenuta anche dall’Avvocato generale Tesauro, della funzionalità della libertà di circolazione dei capitali rispetto alle altre.

L’altra conseguenza, sul piano pratico e per ciò che interessa in tema di azioni dorate, è quella di imporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea un doppio livello di controllo: per condannare gli Stati non sarebbe stato sufficiente dimo- strare che una misura nazionale è contraria alle norme in te- ma di circolazione di capitali, piuttosto sarebbe stato oltre- modo necessario dimostrare che tale violazione non può es- sere giustificata sul piano del Diritto di Stabilimento.

Proprio sulla base di tali motivi, parte della Dottrina sostiene che l’analisi delle Golden Shares sotto l’egida della libertà di capitali sia dovuta al fatto che se si fossero analizzate nell’angolazione del diritto di stabilimento, la Corte avrebbe finito con considerarle legittime, consentendo così agli stati membri di influenzare l’andamento delle società interessate ed ostacolando la creazione del libero mercato che, come vi- sto sopra, costituiva “un’estremo” tentativo di unificazione a livello europeo.

Questo perché il giudice comunitario, in tal caso, avrebbe dovuto dimostrare che i poteri speciali riconosciuti agli stati, una volta esercitati per influenzare l’andamento e la vita del- la società, venivano a creare una situazione di disparità tra chi è cittadino di un dato paese e chi invece ci stabiliva un’attività, mentre nel caso dei capitali era sufficiente dimo- strare una minore appetibilità dell’investimento.

Nell’ottica della libertà di circolazione dei capitali sarebbe stato dunque sufficiente dimostrare che la presenza di poteri speciali conferiti agli stati, disincentivava l’acquisto di azio-

ni: sarebbe dunque sufficiente dimostrare che le golden shares scoraggiano gli investimenti transfrontalieri.

Nell’ottica della libertà di stabilimento, il giudice europeo avrebbe dovuto dimostrare che l’investitore estero, a causa della presenza dei poteri speciali, non poteva partecipare pienamente, ma soprattutto alla pari con gli altri azionisti, al- la gestione della società di cui ha acquisito le azioni.

Tale tesi troverebbe conferma anche nelle parziali aperture che la Corte ha riconosciuto nelle ultime sentenze: nel mo- mento in cui lo spazio economico comune è diventato una realtà si è potuto integrare il giudizio basato sui capitali an- che con gli elementi provenienti dal diritto di stabilimento. Come già anticipato, infatti, si può forse sostenere che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea abbia inteso, negli anni immediatamente successivi alla nascita dell’Unione stessa, dare una lettura al tema delle azioni dorate tale da consentire il progredire del percorso di unificazione econo- mica, prima ancora che politica, tra gli stati membri.

Nel far ciò la Corte, “forzando” l’interpretazione del Trattato in tema di libertà di circolazione, al fine di sancire l’illegittimità dei poteri speciali riconosciuti nei confronti degli stati membri, in un primo momento ha impedito che con le Golden Shares gli stati creassero dei meccanismi di