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CAPITOLO IV. Golden Shares e cause di giustificazione addotte dagli Stati.

4.4 Le Golden Shares “virtuose”.

Nel corso dell’analisi si è finora fatto riferimento ai profili di illegittimità della Golden Share, ma, come si è anche avuto

modo di anticipare, in un caso

200

la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha valutato positivamente le azioni dorate giudicandole compatibili con la normativa dei Trattati: si tratta della normativa belga valutata all’interno di uno dei procedimenti promossi dalla Commissione nel 2002. Il Regno del Belgio introdusse la Golden Shares con due regi decreti, del 10 e del 16 Giugno, con i quali riconosceva allo Stato poteri speciali in due diverse società: la SNTC, che si occupava della gestione delle canalizzazione, e la Distrigaz, che si occupava della distribuzione di gas.

I poteri che erano riconosciuti allo stato erano due, da una parte, a fronte di un obbligo di notifica per l’impresa della decisione presa in seno al c.d.a, era riconosciuto in capo al Ministro competente il diritto di opposizione in caso di cessioni, assegnazioni a titolo di sicurezza o cambio di destinazione delle canalizzazioni (per quanto riguarda la golden share in SNTC) o degli attivi strategici (per quanto riguarda la golden share in Distrigaz), nel caso in cui tali cambiamenti siano suscettibili di recare pregiudizio agli interessi nazionali nel settore dell'energia.

Dall’altra, era poi riconosciuto il potere di nomina di due rappresentanti del Governo federale nel consiglio di amministrazione societario, i quali possono proporre al Ministro l’annullamento di qualsiasi decisione del consiglio

200 Commissione dell’Unione Europea c. Regno del Belgio, 4 Giugno 2002, C.503/99, Raccolta I-04809

d'amministrazione che a loro parere contrasti con gli orientamenti della politica energetica del paese.

Partendo dal presupposto che, come già approfondito, la compatibilità delle Golden Shares ai Trattati passava dal rispetto del four-prog test, è opportuno, a questo punto, analizzare le caratteristiche ed i meccanismi di funzionamento della Golden Share belga, al fine di capire perché la stessa sia stata considerata in linea col Trattato e da tale analisi trarre generali criteri di legittimità.

Il primo elemento, rispettato anche dagli altri paesi coinvolti nei procedimenti a tema Golden Shares, è quello della applicazione non discriminatoria dei poteri speciali da parte delle autorità ai cui vengono riconosciute tali prerogative. Un secondo elemento importante di cui la Corte ha tenuto conto nella sua valutazione, e dal quale discende il rispetto del criterio di certezza del diritto, è rappresentato dalla diversità tra il potere di annullamento o di opposizione riconosciuto dalla normativa belga allo Stato ed il potere di veto previsto negli altri ordinamenti: mentre il primo interveniva solo nella fase successiva alla decisione aziendale relativa alla cessione od al cambiamento di destinazione, il secondo, interveniva nella fase di formazione di tale decisione.

Oltretutto il termine per esercitare tali poteri era individuato a priori ed era molto ristretto: ventuno giorni dalla notifica affinché il Ministro esercitasse il potere di opposizione,

quattro giorni affinché i rappresentanti statali proponessero l’annullamento di una decisione.

201

Il terzo elemento che dispone a favore della compatibilità al Trattato della normativa belga, anch’esso oggetto di discussione approfondita negli altri processi aventi ad oggetto i poteri speciali (cfr.supra), è rappresentato dalla tutela di un interesse generale.

Come già avuto modo di approfondire, l’esercizio di poteri speciali che limitassero la portata della normativa del Trattato in tema di libera circolazione, era giustificabile solo sulla base di motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica o per motivi di interesse generale.

Il Belgio, sostenendo che i poteri speciali riconosciuti avevano lo scopo di assicurate un’autonomia energetica allo Stato garantendo l’approvvigionamento anche in momenti di crisi, richiamò una motivazione che la Corte, nel contestuale procedimento contro la Francia, aveva ritenuto pienamente integrante detto motivo di interesse generale.

Il quarto ed ultimo elemento, dal quale invece si determinano il rispetto del criterio di proporzionalità e di idoneità di cui alla Comunicazione del 1997, è dato dalla motivazione di cui viene corredata l’opposizione o l’annullamento proposti dalle autorità pubbliche.

201 Il termine decorreva dal giorno in cui era avvenuta la riunione in cui era stata presa la decisione oggetto di contestazione o dal giorno in cui i soggetti incaricati alla stessa ne avevano avuto conoscenza.

Nella normativa belga era infatti previsto, non solo che si dovesse adeguatamente motivare il procedimento che bloccasse o frustrasse le decisioni prese nell’ambito del consiglio di amministrazione, ma anche che avverso tali decisioni si potesse proporre un ricorso all’autorità giudiziaria che avrebbe preso una decisione in tempi ragionevoli essendo previsto un rito sommario.

202

Dunque laddove si ritenesse che l’esercizio dei due poteri in parola, non fosse idoneo al raggiungimento del risultato di garantire l’autosufficienza energetica oppure andasse oltre tale obiettivo, si poteva rimettere la decisione in tal senso all’autorità giudiziaria che dunque ne avrebbe vagliata idoneità e proporzionalità.

Anche se esaminato nell’ottica della libertà di circolazione dei capitali

203

, il caso Belgio riveste un importante ruolo: in questa sentenza, infatti, la Corte assicura alle Golden Shares uno spazio di legittimità nel diritto europeo.

Da tale sentenza, e dall’apertura dalla stessa prospettata, parte della dottrina

204

ha sostenuto il concetto di Golden Shares Virtuosa ossia azioni dorate che, rispettando alcune

202 Nel caso della giurisdizione belga si fa riferimento al Conseil D’Etat.

203 Evitando dunque l’angolazione del diritto di stabilimento che visto l’esito della controversia, positivo per uno stato membro, avrebbe finito col giustificare anche le altre golden shares

204 A coniare la felice espressione, poi ripresa da altri, sono stati T. BALLARINO e L. BELLODI, Op.Cit. pg.33;

Per il tema della Golden Share Virtuosa: L. SCIPIONE, L’arma della Golden Shares tra giurisprudenza comunitaria ed evoluzione normativa interna. in Innovazione e Di- ritto,2008, pp.103-104;

condizioni procedurali e formali, sono compatibili con le norme del Trattato e dunque conferiscono legittimità ai poteri che dalle stesse scaturiscono.

La prima di tali condizioni è rappresentata dall’esistenza di un preciso testo normativo che disciplini l’esercizio dei poteri speciali riconosciuti nei confronti degli stati.

Questo fa sì che il possibile acquirente di un pacchetto azionario possa conoscere con certezza l’eventuale esistenza, e le conseguenti modalità di esercizio, di poteri speciali riconosciuti allo Stato, prima della proposizione dell’offerta. Il secondo requisito richiesto, che emerge proprio dalla sentenza contro il Belgio, è dato dal conferimento agli Stati non di potere preventivo bensì di un controllo pubblico successivo.

Pertanto si richiede che le prerogative degli Stati non limitino le funzionalità proprie degli organi societari.

Il terzo criterio è dato dall’obbligo di motivazione: in altre parole affinché possa essere considerato legittimo il potere speciale conferito da un’azione dorata deve essere subordinato all’indicazione della motivazione che ne giustificherebbe l’utilizzo.

E’ questo un altro modo per ribadire che la validità delle Golden Shares è sempre subordinata al perseguimento di un interesse generale o di uno dei motivi tassativi elencati dal Trattato.

L’ultima condizione richiesta è la previsione di un controllo giurisdizionale, da parte dell’apparato giudiziario del paese

membro, atto a certificare la sussistenza di tutti gli altri requisiti, uno tra tutti, la presenza di una motivazione, sia essa riferita al concetto di interesse pubblico, sia essa in linea con i casi tassativi previsti dal Trattato, idonea a giustificare una restrizione dei principi del Trattato.

Il riconoscimento della compatibilità della normativa belga al Trattato, e la successiva teorizzazione di criteri di legalità per i poteri speciali, rappresenta un’importante apertura operata dalla Corte nei confronti delle Azioni Dorate.

Con questa sentenza, infatti, si riconosce che, nell’ambito dell’ordinamento europeo, vi è spazio per l’istituto Golden Shares che dunque non può essere ritenuto illegittimo a priori.

Nonostante che negli anni successivi la Corte si sia pronunciata sempre a sfavore delle Azioni Dorate, la sentenza contro il Belgio può identificare, dunque, una base sulla quale costruire il futuro di un istituto sotto certi versi fondamentale: come già anticipato i poteri speciali riconosciuti agli Stati tramite le Azioni D’oro rappresentano uno strumento per garantire da parte degli stati stessi e dell’Unione Europea il perseguimento, non solo di ragioni economiche, ma anche di interessi superiori che esulino da pure logiche di mercato.

Proprio per questo, forse, sono state spesso sacrificate in virtù della creazione di un

CONCLUSIONI.

Giunti al termine di questo lavoro cerchiamo di formulare alcune conclusioni circa il rapporto tra politica, diritto ed economia, a livello europeo, nell’ambito delle public utili- ties.

La Corte, a conclusione dei procedimenti riguardanti le Gol- den Shares, ha risolto, in favore della tesi sostenuta dalla Commissione, la diatriba tra le due differenti posizioni espresse.

Infatti, tra la possibilità di giustificare i poteri speciali previ- sti dagli Stati, al fine di tutelare interessi superiori, e la nega- zione di tale possibilità, al fine di non limitare l’ampiezza delle privatizzazioni funzionali allo sviluppo del mercato eu- ropeo, la Corte di Giustizia ha optato per la seconda tesi. Nel farlo, il giudice di Lussemburgo, ha “vanificato” il con- tenuto di alcune norme fondamentali del Trattato, fornendo- ne spesso, come sostenuto da parte della dottrina (Cfr. supra Capitoli II e III), un’interpretazione ad hoc, utile allo scopo di negare validità alle Golden Shares.

Da una parte, infatti, ha ristretto la portata dell’articolo 345 TFUE sino ad escluderne l’applicazione a società che aves- sero una struttura ibrida tra pubblico e privato.

Come si è visto, contrariamente all’interpretazione dell’articolo in questione, prospettata dall’Avvocato Genera- le Colomer, il giudice Europeo ha negato che la scelta da parte degli Stati di intervenire nella vita di società privatizza-

te al fine di tutelare degli interessi generali, possa rientrare in una libera scelta in tema di proprietà operata dai governi na- zionali.

E non si capisce il perché, ciò che vale per società privatiz- zate, non possa valere anche per società privatizzate ma a gestione, controllo o partecipazione statale, se non quello di non estendere alle stesse l’esimente di cui all’articolo 345. Dall’altra, la Corte non ha (quasi) mai preso in considerazio- ne la possibilità di valutare le Azioni Dorate, nel quadro del- la disciplina sul Diritto di Stabilimento e non della libertà di circolazione dei capitali.

Anche qui risulta chiaro il perché la Corte abbia sostenuto tale posizione: utilizzare le norme sul diritto di stabilimento come parametro per valutare la legittimità delle Golden Shares avrebbe finito col giustificarle.

Anche qui risulta chiaro il perché la Corte abbia sostenuto tale posizione: porre le Golden Shares nella lente del Diritto di Stabilimento avrebbe finito col giustificarle.

Questo perché, come già anticipato, se per la libertà di circo- lazione dei capitali era sufficiente dimostrare che fosse limi- tato l’accesso al mercato, nell’ambito dello stabilimento la Corte avrebbe dovuto dimostrare anche un ostacolo all’esercizio dei diritti in seno al c.d.a.

In altre parole, la Corte si sarebbe trovata nella difficile po- sizione di provare che i poteri speciali riconosciuti agli Stati in una data società, non solo diminuivano l’appetibilità degli investimenti, bensì impedivano agli altri soci di esercitare in

seno agli organi amministrativi i poteri che la partecipazione azionaria conferiva loro.

Il fine ultimo di questa ricerca, dunque, era quello di dimo- strare che le norme del Diritto dell’Unione europea sono sta- te, prima dalla Commissione poi dalla stessa Corte di Giusti- zia, oggetto di un’interpretazione finalizzata al sostegno allo sviluppo del mercato interno.

In altri termini, le Istituzioni europee negando (se non nel caso del Belgio) validità alle Golden Shares, limitano l’interventismo statale in ambito economico favorendo una (completa) liberalizzazione anche in ambito di commerci transfrontalieri.

Sulla base di questi elementi, e sulla base della vicenda sto- rico-giuridica delle Golden Shares, si può forse fare un’ultima riflessione.

Nell’evoluzione storica delle società moderne si era assistito, soprattutto grazie alle varie esperienze costituzionali, al ri- conoscimento di una dignità superiore del potere politico e del conseguente potere normativo, rispetto alle istanze pu- ramente economiche.

Tenendo da parte le derive totalitarie, gli stati moderni rico- noscevano al potere politico una posizione centrale nella vita della comunità e facevano dipendere dallo stesso, il contenu- to delle normazioni nazionali, anche in tema economico. L’avvento di un’economia diversa, di stampo liberal- capitalistico, negli ultimi decenni del novecento, ha cambia- to molto gli equilibri interni agli Stati.

Quasi a perseguire il principio della mano invisibile di Adam Smith, si è contemporaneamente assistito ad una progressiva autoregolamentazione dei mercati ed a una erosione della posizione del potere politico.

Si è passati da una società in cui l’economia era soggetta alla regolamentazione proveniente dai governi e da scelte politi- co-amministrative, ad una società in cui i mercati, e le loro necessità, “suggeriscono” al legislatore ed agli organi giudi- ziari gli interventi normativi e giurisprudenziali.

Il fallimento del comunismo, con il forte accentramento sta- talista che lo incarnava, e la crisi economica perdurante, che agli occhi di molti giustifica una deregolamentazione ancora più profonda, non fanno altro che motivare ancora di più tale passaggio.

E l’esistenza di nuove priorità e nuovi equilibri è forse pro- prio ciò che si evince dalla risoluzione delle controversie a tema Golden Shares: l’“ossessione” per la creazione di un li- bero spazio economico tra i paesi europei, che colmasse i fallimenti a livello squisitamente politico, ha fatto sì che le Istituzioni Europee si “asservissero” ai mercati abbandonan- do la tutela di istanze di altro tipo.

Quale che siano le reali e concrete conseguenze di tale (quasi completa) liberalizzazione, e di tale spostamento, lo si sco- prirà negli anni a venire ma, tra crisi dei mercati finanziari, indebitamento pubblico, perdita di potere di acquisto, diffi- coltà del ceto medio, che già si sono palesati, le stesse non sono difficili da immaginare.

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