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Excursus normativo: l’evoluzione della disciplina del trasferimento della residenza fiscale

Nel documento La exit tax (pagine 60-63)

3. La exit tax prevista dall’ordinamento italiano

3.1 Excursus normativo: l’evoluzione della disciplina del trasferimento della residenza fiscale

La fattispecie del trasferimento della residenza all’estero trovò una prima collocazione normativa all’interno dall’art. 20-bis del t.u.i.r., introdotto con il DL n. 41 del 23 febbraio 1995. L’istituzione di tale previsione aveva un duplice intento: da un lato adeguarsi ad un’ormai consolidata legislazione internazionale formatasi in materia e, dall’altro, chiarire la posizione del legislatore italiano in merito alla natura non necessariamente liquidatoria del trasferimento della residenza. 64

A mente dell’art. 20-bis t.u.i.r. ratione temporis vigente, ossia prima della riforma del diritto societario del 2004,“Il trasferimento all'estero della residenza o della sede dei

soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero. Per le imprese individuali si applica l'articolo 16, comma 1, lettera g)”.

Peraltro, l’introduzione della disciplina de qua colmava una lacuna normativa che poteva essere risolta tramite un rinvio all’ordinamento comunitario, la cui competenza era stata affermata dalla Direttiva 90/434/CEE ogni qual volta, pur non trovando diretta

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L'intento perseguito dal legislatore, però, non si esaurisce qui. Infatti, ha voluto inserire uno strumento di contrasto all’elusione che il contribuente poteva porre in essere eliminando i collegamenti con lo stato impositore. Inoltre, la previsione normativa de qua nasce dall’esigenza di dirimere i casi di doppia imposizione internazionale, risultato della «sovrapposizione delle pretese impositive degli Stati, che sono

per loro natura concorrenti». In questo senso vd. RIPA G., La fiscalità d’impresa, Padova, 2011, pag. 69.

64 Con l’introduzione della manovra Dini si era posto l’accento sulla natura squisitamente tributaria della

fattispecie de quo, eliminando ogni dubbio sugli effetti civilistici del trasferimento della sede. Vedi MONTECAMOZZO L., Trasferimento della residenza all’estero: la manovra Dini risolve dubbi in merito

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applicazione alla fattispecie oggetto della controversia, ne fosse fatto espresso richiamo od anche recepimento, da parte della norma nazionale. Ma la soluzione prevista dal legislatore italiano trovava primaria giustificazione nelle divergenze d’opinione fra la dottrina nazionale e quella comunitaria, circa la natura delle vicende traslative e l’utilizzo della neutralità fiscale come strumento di incentivazione, piuttosto che come strumento per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del mercato comune. 65

Inoltre, la ratio di siffatta scelta legislativa emerge dal contesto in cui tale disciplina era inserita. In particolare, nel DL 41/1995, la disposizione era collocata nella sezione IV, rubricata “norme antielusive”, le cui finalità erano enucleate dalla relazione governativa al decreto legge, in termini di impedimento alla realizzazione di indebiti vantaggi d’imposta ottenibili per il tramite del mutamento della residenza. 66

Meritevole di menzione è l’effetto che codesta previsione normativa ha avuto in seno alla trattazione delle plusvalenze realizzate nell’esercizio dell’attività d’impresa. In particolare sulla mens legis di prevedere una norma che introduca il principio dell’emersione a tassazione dei valori maturati sui beni “ogni qualvolta essi ne perdano,

con carattere di certezza e definitività, il collegamento con l’ambito normativo sul quale si esercita la potestà impositiva”67. Se, infatti, da un lato è giusto attribuire una rilevanza ai valori maturati nel sistema impresa, nel quale la capacità contributiva si fonda sulle variazioni di valore realizzate “sfruttando l’economicità” dell’investimento iniziale, dall’altro, è necessario valutare gli effetti di un'impostazione normativa che dia rilevanza a valori latenti dei quali il realizzo o meno ha, per definizione, valenza equiprobabile. In tale prospettiva, la tassazione delle plusvalenze latenti apponeva un concreto ostacolo agli sforzi imprenditoriali, penalizzando le scelte localizzative e ponendo dubbi in merito

65 Cfr. FEDELE A., Riorganizzazione delle attività produttive e imposizione tributaria, in Riv. Dir. Trib.,

2000, p. 493 e FANTOZZI A., Le operazioni straordinarie d’impresa, in Il diritto tributario, Torino, 2003, p. 905.

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Nella relazione governativa al D.L. 41/1995 si legge " ... la disposizione tende a consolidare i rapporti tributari inerenti ai presupposti verificatesi nel territorio dello Stato in capo ai soggetti che, a seguito del trasferimento all'estero della residenza fiscale, non sono più assoggettabili alle imposte italiane; ... tale operazione può, infatti, determinare, a prescindere dall'intento elusivo della stessa, la perdita implicita nei plusvalori o nei potenziali maggiori ricavi risultanti dalla differenza fra valori e costi fiscalmente riconosciuti e valore normale dei beni facenti parte dell'azienda. È, infatti, evidente che il mutamento della residenza fiscale non deve consentire il conseguimento di indebiti vantaggi, come del resto è previsto da altri ordinamenti fiscali e, in particolare, da quelli comunitari ... ".

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alla costituzionalità di una previsione impositiva fondata unicamente sul concetto di maturazione piuttosto che su quello del realizzo.

Invero, l’art. 20-bis si poneva in stretto contrasto con i requisiti di effettività ed attualità della pretesa fiscale, corollari al principio costituzionale della capacità contributiva, talchè, anche a fronte di un’analisi squisitamente domestica, si dovette concludere per la necessaria riforma del testo di legge.

Sennonché, neppure il D.lgs. n. 344/2003, recante la riforma del sistema delle imposte sul reddito delle società, apportò particolari modifiche al testo previgente dell'art. 20-bis del t.u.i.r., se non per la trasfusione della norma nell’art. 166 del t.u.i.r. e per la revisione del primo periodo precisandone l’ambito soggettivo di applicazione. 68

Di converso, elementi innovativi sono stati introdotti in risposta alla procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea, n. 4141/2010, al fine di evitare la defezione alla Corte di Giustizia del Lussemburgo.

Secondo la denuncia dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti del marzo 2009, l'imposizione delle plusvalenze latenti, non realizzate (anche concernenti una stabile organizzazione situata in un altro Stato della Comunità europea) era misura idonea a ostacolare, dissuadere o, quanto meno, a rendere meno attraente, per gli imprenditori italiani, l'esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato, posto che nessuna imposizione “anticipata” era, invece, prevista per i trasferimenti di residenza all'interno del territorio italiano. 69

68 Il testo in vigore a decorrere dai periodi d’imposta successivi al primo gennaio 2004 sanciva “ il

trasferimento all’estero della residenza dei soggetti di cui all’art. 2 ed all’art. 73, co. 1, lett. a) e b), che comporti (…)”.

Tale formulazione è rimasta invariata anche a seguito delle riforme operate dal D.lgs. del 18 novembre, n.247 e dal D.lgs. del 6 novembre 2007, n. 199.

Con la riforma Tremonti, rientrano nell'attuale art. 166 anche soggetti non imprenditori quali società semplici, società di fatto, "privati" in possesso di aziende. MONTUORI N. e PALMA P., Il trasferimento

di residenza all'estero tra presunte restrizioni alla libertà di stabilimento ed effettive esigenze di chiusura del sistema, in "il fisco", 2005, pag. 1-4700, premono nell’evidenziare che «la stessa riforma Tremonti, pur rivisitando la norma, non ha scalfito la connessione della imposizione in uscita con il regime del reddito d'impresa. Benché, sotto il profilo soggettivo, il suo raggio d'azione non sia più circoscritto a soggetti che rivestono la qualifica di imprenditori, essa postula pur sempre l'esistenza di un'azienda, vale a dire di un complesso organizzato di beni che sia stato posto in rapporto di mezzo a fine rispetto all'esercizio dell'attività d'impresa».

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La Commissione, al riguardo, asserì che la norma prevista dall’art. 166 t.u.i.r., relativa all’imposizione delle plusvalenze latenti al momento del trasferimento all’estero della sede della società, era una misura eccessiva rispetto allo scopo di contrastare le pratiche elusive e rispetto allo scopo di dare efficacia ai controlli fiscali. Inoltre, appariva sproporzionata nella misura in cui preveda la tassazione immediata delle plusvalenze, in quanto non teneva conto né del gravoso onere finanziario cui deve andare incontro l’impresa, né della elevata incertezza sottesa a plusvalori “iscritti solo sulla carta”. Inoltre, la denuncia, si inseriva nel più autorevole orientamento della Corte di Giustizia europea che fin dal 2006 aveva disapplicato le norme degli Stati membri che ponevano effettivi ostacoli alla libertà di stabilimento con la previsione di una tassazione immediata delle plusvalenze latenti. 70

Considerando che il punctum pruriens è il momento in cui avviene il pagamento dell'imposta dovuta, il legislatore nazionale con l’art. 91, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, ha da ultimo inserito nel quadro giuridico previgente i commi 2-quater e 2-quinques dell’art. 166 t.u.i.r., che, richiamando direttamente la sentenza C-371/10, introducono il regime di sospensione opzionale.

Nel documento La exit tax (pagine 60-63)