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Gli elementi “incisi” dalle scelte di valorizzazione

Nel documento La exit tax (pagine 175-177)

Analizzati gli orientamenti dottrinali in merito al trattamento fiscale del soggetto esercente impresa commerciale che voglia acquisire la residenza in Italia e, posto che, sulla questione, ad oggi alcun intervento normativo è stato introdotto, non resta che analizzare le problematiche scaturenti dall’uno o l’altro criterio di valorizzazione adottabile, in termini di impatto sul reddito prodotto nel territorio dello Stato a seguito del trasferimento.

Sostanzialmente, le divergenze fra i due criteri incidono su quelle poste [recte operazioni] che devono essere parametrate sulla base del costo fiscalmente riconosciuto, ossia quote di ammortamento, plusvalenze o minusvalenze derivanti dall’utilizzazione dei beni, atti di disposizione, plafond relativo alle spese di manutenzione e via di seguito.

3.1 Gli effetti prodotti sulla determinazione dell’ammortamento

Vista la sostanziale coincidenza delle problematiche afferenti gli elementi sopraelencati e la maggior peculiarità della questio ammortamento, si concentrerà l’attenzione su quest’ultimo aspetto.

Per quanto riguarda l’ammortamento, il recepimento del costo storico dei cespiti ammortizzabili potrebbe porre il Fisco italiano in una situazione di netto sfavore. Infatti, qualora l’ordinamento d’origine prevedesse una diversa predisposizione del piano di ammortamento, come ad esempio la presenza o meno di un piano di ammortamento anticipato, l’ordinamento interno otterrebbe l’effetto di far sottostare le proprie previsioni ai condizionamenti esterni. D’altro canto, il recepimento a valori correnti indipendentemente dall’applicazione della exit tax, produrrebbe un vantaggio per il contribuente, incrementato nel caso in cui lo Stato di origine non applichi la tassazione all’uscita: potrebbe, infatti, dedursi le quote di ammortamento riducendo il costo fiscale rivalutato, non subire una tassazione al momento del trasferimento e, al momento dell’effettivo realizzo della plusvalenza, veder determinato il proprio debito d’imposta in ottemperanza alle regole d’imposizione interne, ossia sulla differenza fra il prezzo

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spuntato ed il valore contabile al netto delle “rivalutate” quote di ammortamento fino a quel momento dedotte. Anche sotto quest’ulteriore angolo visuale, la soluzione migliore rimane dunque quella di recepire i valori correnti solamente nel caso in cui vi sia una corrispondente tassazione all’uscita194, ossia in applicazione del cd. step-up method. Altro elemento da considerare, tuttavia, sono le modalità in cui viene recepito il cespite trasferito, se a saldi aperti o saldi chiusi. Aderendo alla soluzione prospettata dall’Agenzia delle entrate, nel caso in cui non sia prevista una exit tax dallo Stato di origine, il trasferimento dovrebbe avvenire a saldi aperti. Però, se al contrario, è prevista l’applicazione della exit tax, non necessariamente si dovrà propendere per l’ingresso dei valori a saldi chiusi, in quanto, entrambe le modalità non intaccano il perseguimento dell’eliminazione della doppia imposizione, differenziandosi solo nella più o meno celerità della riscossione.

Per le implicazioni connesse alle scelte di valorizzazione dei beni in ingresso, la soluzione più consona potrebbe essere quella di utilizzare un costo fiscalmente riconosciuto diverso a seconda che si tratti della valorizzazione del bene al momento dell’effettivo realizzo del bene, oppure, della determinazione delle quote di ammortamento. In tal modo si eviterebbero gli effetti distorsivi connessi all’applicazione dell’uno o dell’altro metodo senza intaccare la coerenza fiscale in sede di ammortamento. 195

194 E quindi vi sia stata una valutazione al valore corrente al momento del trasferimento. 195

Particolarmente interessante è il contributo di Andrea Iannaccone di cui si riportano le conclusioni: «il primo – il costo fiscalmente rilevante ai fini della determinazione della plusvalenza al momento dell’effettivo realizzo – dovrebbe essere il valore normale al momento dell’acquisto della residenza fiscale, indipendentemente dal fatto che lo Stato estero preveda o meno una normativa exit tax. Ciò permetterebbe di assoggettare a tassazione solo i plusvalori generati dalla presenza di un collegamento territoriale con l’Italia e, allo stesso tempo, di disinteressarsi delle scelte dello Stato d’origine, attribuendo così alla disposizione un’indubbia valenza sistematica.

Per la deduzione degli ammortamenti, invece, si dovrebbe mantenere il costo storico e consentire la prosecuzione del piano di ammortamento avendo a mente, da un lato, il residuo costo fiscale ammortizzabile e, dall’altro, l’aliquota di ammortamento fiscalmente ammessa dalla normativa nazionale, prescindendo, anche in questo caso, dalla presenza o meno della normativa exit tax, oppure che ne preveda il differimento incondizionato fino al realizzo; allo stesso tempo, in caso di riscossione immediata della

exit tax non si ritiene che competa all’erario il compito di assicurare un “indennizzo” al contribuente “neo-

residente”, ingiustamente penalizzato da parte dell’altro Stato, mediante la riduzione del reddito imponibile che questi (si presume) produrrà nel territorio dello Stato» Vd. IANNACCONE A., La

relazione tra valore normale ed exit tax nel caso di trasferimento dell’impresa in Italia: profili di criticità e questioni irrisolte, in Rivista di Diritto Tributario, 2009, pag. 29.

170 3.2 I beni immateriali e l’avviamento

Nella disamina dell’art. 166 t.u.i.r., nonché nell’analisi delle novità introdotte dal DM 2 agosto 2013, è stata assodata l’assoggettabilità a tassazione, in ipotesi di realizzo virtuale, anche per quei beni che, pur non essendo iscritti nel bilancio del soggetto emigrante, fanno parte dell’azienda o del complesso aziendale trasferito.

Ebbene, la pretesa impositiva rivendicata dallo Stato italiano al momento del trasferimento della residenza all’estero su avviamento ed intangible assets maturati nella vigenza della Sua potestà impositiva, deve trovare necessaria corrispondenza anche nella fattispecie del trasferimento della residenza in Italia.

Per cui, qualora un soggetto non residente decida di acquisire la residenza fiscale in Italia, al momento del trasferimento lo Stato italiano, dovrà procedere alla valorizzazione dell’azienda o del complesso aziendale trasferito, includendovi il valore corrente dell’avviamento e dei beni immateriali196.

In tal caso è indubbio l’utilizzo del valore corrente non essendovi alternative di valorizzazione. D’altronde, l’avviamento ed i beni intangibili, non trovando adeguata iscrizione in contabilità, non presentano, parimenti, un costo storico cui fare riferimento.

Nel documento La exit tax (pagine 175-177)