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L’operatore sociale, confrontandosi con vittime minorenni aventi famiglie temporaneamente inidonee, è tenuto a ricercare e selezionare una nuova dimensione familiare integrativa capace di poter offrire un adeguato supporto affettivo e una relazione idonea. Lo scopo è quello di fornire al minore l’opportunità di poter rielaborare la percezione della propria persona, anche integrando il vissuto con la famiglia originaria, affinché possa identificarsi come attore protagonista della propria vita.

Si pensa che il modo migliore per reperire e valutare le famiglie affidatarie sia quello di reclutarle attraverso appelli per casi concreti di minori in stato di necessità. Questo permette di avviare un processo di autovalutazione delle proprie concrete risorse e possibilità ed evita di farle sentire come conditati ad un esame220.

Gli operatori e il tribunale sono chiamati a valutare la tipologia di intervento più adeguata per il bambino. Occorre, innanzitutto, ragionare sulla tipologia di affido più idonea, tenendo conto dell’età e del sesso del minore, la durata prevista, la sua condizione esistenziale e psicologica legata alle esperienze familiari vissute, le sue risorse, caratteristiche e competenze che la famiglia affidataria dovrebbe possedere. Inoltre occorre attivare, il comune di residenza della famiglia affidataria, preferibilmente vicino alla famiglia di origine, valutare l’età e il sesso degli eventuali figli degli affidatari, e infine, il contesto relazionale e sociale della famiglia affidataria.

219 Giamundo V., op. cit. pag. 145. 220 Ichino F., Zevola M., op. cit. pag. 57.

78 Si è fatta strada tra gli operatori l’idea che la selezione sia come un processo all’interno del quale gli stimoli, sempre più specifici sono preziosi per raggiungere una maggiore comprensione della famiglia e ciò è importante anche per calibrare l’ipotesi di abbinamento con un minore221.

Emerge, dunque, la complessità nel trovare il giusto equilibrio tra bisogni e caratteristiche del minore e le risorse e caratteristiche della famiglia affidataria. Un buon abbinamento deve essere, come afferma Cirillo, “bi-dimensionale”222

, attraverso il quale minore e famiglia affidataria debbano trarre vantaggio evolutivo da tale esperienza.

Una buona analisi va fatta rispetto alla configurazione dei ruoli e delle funzioni distribuite nella famiglia affidataria, in quanto ciò permette di valutare preventivamente in quale contesto il minore è potenzialmente inserito e quale ruolo e funzioni andrà a ricoprire. Si tratta di formulare, per ogni famiglia aspirante, una specifica ipotesi, come sostiene Cirillo, sul “gioco sano”223

in atto, che consenta di procedere ad un abbinamento mirato tra quella famiglia e quel minore con una prognosi il più favorevole possibile. È fondamentale che gli operatori non commettano l’errore di attuare l’abbinamento considerando unicamente le aspettative del minore224

, soprattutto per non creare situazioni che possono generare ulteriori danni di quelli già esistenti.

Per tanto è opportuno valutare, in modo approfondito, le motivazioni che spingono una famiglia o persona singola verso l’affido familiare225

, perché dietro motivazioni apparenti si nascondono, spesso, richieste psicologiche diverse.

Le famiglie che si candidano all’affido appartengono solitamente a gruppi o movimenti fortemente caratterizzati in senso ideologico, con motivazioni solidaristiche di tipo religioso o politico. Il motivo che viene ritenuto come determinante, comune

221 Ichino F., Zevola M., op. cit. pag. 58. 222 CAM (a cura di), op. cit. pag. 140.

223 Cirillo S., Famiglie in crisi e affido familiare, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1987, pag. 48. 224

Associazione Progetto Famiglia, Fondazione Affido, Gesco, op. cit. pag. 91.

225 Affidataria può essere una coppia legalmente coniugata con o senza figli, una famiglia di fatto

solidamente unita da vari anni di convivenza o una persona singola, oltre che una comunità di tipo familiare.

79 nella totalità dei richiedenti, è il desiderio di fare qualcosa di utile per i bambini abbandonati o privi di un’assistenza adeguata226.

Diverse, invece, possono essere le ragioni personali, c’è chi arriva all’affido per una presa di coscienza avvenuta naturalmente e razionalmente o perché si è imbattuto in un bisogno. Possiamo trovare, dunque, una coppia senza figli che ha del tempo libero da dedicare ad un bambino, che, magari, ha già tentato la strada dell’adozione; altre volte, invece, una coppia con figli che pensa di essere in grado di offrire aiuto a chi è in condizioni disperate; oppure, ancora, coppie con figli grandi che vedono nell’affido uno strumento per colmare un vuoto; infine famiglie che hanno subito un lutto. Quest’ultima categoria va valutata attentamente in quanto, se non adeguatamente elaborata e superata l’esperienza di lutto, può portare al fallimento dell’affido227

.

La coppia che richiede un affido, come ogni coppia che intraprende una qualsiasi attività modificante apparentemente la vita familiare, esprime con questa richiesta l’esistenza di un bisogno. Un esame più attento rivela che vi è, invece, la ricerca di qualcosa capace di ristabilire un equilibrio messo in crisi. Il problema che si pone l’operatore è, quindi, quello di riuscire a valutare questo bisogno chiedendosi se quest’ultimo sia tale da sollecitare una soluzione creativa, evolutiva e vantaggiosa, per il minore e per la famiglia affidataria, oppure al contrario possa portare al fallimento dell’affido.

Qualora si proceda all’inserimento del minore senza aver accuratamente esplorato, la dimensione interattiva-relazionale della famiglia affidataria, durante il colloquio di selezione, è possibile andare incontro a dei rischi. Può accadere, infatti, che l’operatore non riesca ad inquadrare la forte tendenza della famiglia ad un’appropriazione del minore con conseguente indebolimento del legame tra bambino stesso e famiglia naturale; a volte l’operatore stesso non si accorge che l’affido viene utilizzato come strumento di aggancio in una crisi di coppia, il ché non è un bene per il minore in affido. Una delle esperienze di fallimento più frustranti per l’operatore è rappresentata dal

226 CAM (a cura di), op. cit. pag. 108. 227 Ichino P. F. (a cura di), op. cit. pag. 328.

80 costatare che durante l’affido i disturbi del minore, anziché risolversi, vanno incontro ad un progressivo aggravamento.228.

Il percorso di valutazione è articolato in sette aree, e ci permette di operare un bilancio tra risorse e limiti. La valutazione viene effettuata su: il profilo di personalità dei due partener; le motivazioni genitoriali; la relazione di coppia; la relazione con le famiglie estese e il contesto di vita; la motivazione all’affido; la preparazione all’affido; la presenza di figli.

Bisogna tenere accuratamente conto che, l’arrivo di un nuovo componente in un sistema familiare ne trasforma radicalmente le modalità di funzionamento. La famiglia che si candida per l’affido viene vista come totalità ed è proprio la totalità del sistema che si rimodella. La famiglia, quindi, deve riuscire ad avere la capacità di mantenere un equilibrio interno nonostante il variare delle condizioni esterne. Un sistema flessibile sarà capace di, in condizioni di disequilibrio, abbandonare le modalità di funzionamento precedenti, per avventurarsi su un nuovo terreno e cercare nuove soluzioni. Secondo questo principio si può ipotizzare che l’inserimento del minore in affido serva a ricalibrare il sistema, introducendo una variazione tale da conservare la stabilità229.

Molta importanza è data alle relazioni precocissime, proprie dell’individuo, costituenti parte fondamentale della sua persona. Quanto migliori saranno state le relazioni precoci tanto più sereno sarà il suo mondo interno. Questo si manifesta nella capacità di mettersi in contatto con i propri bisogni e quelli altrui e in un’identificazione empatica. Quanto più questa capacità di contatto è evidente, tanto più è probabile che l’affido abbia un risultato positivo.

La raccolta di informazioni, che costituisce la guida teorica, fondamentale nel colloquio, si basa, quindi, sulla considerazione del nucleo familiare come sistema. Solitamente l’attenzione dell’équipe si sofferma sulle interazioni reciproche, con cui ciascuno reagisce ai comportamenti dell’altro.

228 Cirillo S., Famiglie in crisi e affido familiare, op, cit. pag. 49 e ss. 229 Ichino P. F. (a cura di), op. cit. pag. 242.

81 I problemi più grossi sorgono riguardo alla selezione degli aspiranti affidatari, quando la situazione giuridica e di fatto del minore è tale da non permettere di quantizzare i tempi del progetto di affido tanto da obbligare ad un affido sine die230.

La caratteristica principale per diventare affidatari di un minore è quella di essere in grado di “assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”231. Uno dei compiti fondamentali del genitore affidatario è quello di dare un messaggio di rassicurazione a ragazzi che, nella loro breve esistenza di vita, hanno sperimentato solo instabilità232.

Nessuna famiglia affidataria può essere considerata idonea in astratto, ma deve essere idonea per quel minore, poiché il tipo di intervento varia molto in funzione delle caratteristiche proprie del bambino, della sua famiglia di origine e del percorso di affidamento. L’idoneità va sempre verificata alla luce del singolo caso e pertanto si preferisce parlare di maggiore o minore abbinabilità della famiglia con il minore233.

Affinché una coppia sia pronta ad iniziare il percorso di affido familiare, deve “accettare l’idea che si possa accogliere nella propria casa un minore estraneo, senza poter vantare su di lui quei diritti che invece consente l’adozione; dovendo dargli l’affetto dovuto a un figlio per un tempo anche lungo, ma dovendo, contemporaneamente, riavvicinarlo alla sua famiglia naturale e prendersi anche, in qualche misura, carico di questa”234.

Le famiglie selezionate come idonee ad accogliere un minore hanno la possibilità di essere sostenute e appoggiate da un gruppo di discussione sulle problematiche di affido. La prima esigenza è quella di fornire un sostegno alle famiglie affidatarie, le quali vengono caricate di responsabilità, di sconvolgimenti organizzativi e soprattutto emotivi, di scelte e di interventi. Lo scopo è quello di esercitare una funzione di stimolo alle coppie perché richiedano forme di appoggio, analoghe o differenti, alle strutture

230

Ichino P. F. (a cura di), op. cit. pag. 237 e ss.

231 Art 2, comma 1, legge 184/83: “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo,

nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposto ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con gigli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.

232 Ichino F., Zevola M., op. cit. pag. 62.

233 Associazione progetto famiglia, fondazione affido ONLUS, op. cit. pag. 25. 234 Ichino P. F. (a cura di), op. cit. 105.

82 territoriali. Il gruppo consente loro, inoltre, di reperire preziose informazioni sull’andamento dell’affido. Tutto ciò consente alle famiglie affidatarie di avere a disposizione un ambito nel quale scaricare le proprie tensioni e sfogare le proprie delusioni, e un luogo nel quale costruire la loro difficile e oscura verità di “genitori affidatari”235

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