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La tutela dell’abuso sessuale intrafamiliare nella normativa vigente

L’articolo 564 del codice penale si è rivelato assolutamente inadeguato a tutelare le reali vittime dell’incesto: rischia, infatti, di colpire il rapporto tra adulti consenzienti, che da molte parti si ritiene utile depenalizzare, lasciando invece impunita la violenza sul minore compiuta tra le mura domestiche, come se la violenza non conosciuta non fosse tale115.

“Nel reato di incesto il minore non è qualificabile tecnicamente come vittima e ciò a causa della naturale plurisoggettività del reato: se uno dei due subisce, con violenza o minaccia, il fatto dell’altro, non si ha incesto ma violenza sessuale; così pure se uno dei due non è capace di prestare un consenso valido.

Il reato di incesto, quindi, viene compiuto esclusivamente quando l’ascendente, oppure la sorella o il fratello convivente, compiono atti sessuali con il discendente di età superiore ai sedici anni e consenziente; oppure quando il fratello, la sorella o l’affine in

113 Crisafi M., Trunfio E., Bellissimo L., op. cit. pag. 27-28. 114Http://www.psicologiagiuridica.com 26.02.2015. 115 Ivi 26.02.2015.

44 linea retta, non conviventi, compiono tali atti con il familiare di età superiore a quattordici anni.

Di conseguenza, si applicano le norme sulla violenza sessuale tutte le volte che una delle due persone deve essere considerata soggetto passivo del fatto dell’altra, anziché concorrente nel fatto stesso”.116

La tutela del minore vittima di abuso sessuale intrafamiliare è dunque perseguita facendo ricorso alla normativa della Legge 15 febbraio 1996 n° 66, “Norme contro la violenza sessuale”, che ha apportato profonde modifiche alla normativa preesistente. Essa si caratterizza per la nuova configurazione della fattispecie di reato, per i profili che attengono alla tutela della riservatezza e per alcune innovative disposizioni di carattere processuale e di tutela per i minorenni.

Pur riconoscendo la rilevanza dei contributi contenuti nella legge 66/1996, va sottolineato che nel nostro ordinamento soltanto con la legge n. 269 del 3 agosto 1998, “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danni di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, modificata dalla legge del 6 febbraio n. 38 del 2006, “Dichiarazioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo internet”, (pubblicata nella gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 2006), ci si è posti lo specifico obiettivo di individuare nuove fattispecie di reato, nell’intento di punire l’attività di coloro che si servono di minori per trarre benefici economici e di assicurare alle vittime di questa forma di sfruttamento sessuale una protezione forte a salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale, colmando un vuoto normativo.

“Uno degli aspetti innovativi, della legge 269/1998, riguarda l’attività di investigazione rivolta alla prevenzione ed al contrasto dell’utilizzo della rete web come strumento di sfruttamento a sfondo sessuale e pedo-pornografico del minore”.117

In particolare, invece, la legge n. 66 del 1996 introduce nuove fattispecie incriminatrici per le ipotesi di violenza sessuale, inserendole, come articoli aggiuntivi da 609-bis a 609-decies, tra i delitti contro la libertà personale e abrogando contestualmente, nel titolo IX del codice penale relativo ai delitti contro la moralità

116 Simoncelli C., Petrucelli F., Vizzarri V., Sessualità e terzo millennio, Vol. II, Franco Angeli, Milano,

1998, pp 230-535.

45 pubblica e il buon costume, l’intero capo I intitolato ai diritti contro la libertà sessuale (nonché gli articoli 530, 539, 541, 542 e 543 del codice penale). La violenza sessuale e gli altri diritti che ledono la sfera sessuale da reati contro la moralità pubblica e il buon costume diventano reati contro la persona.

Un aspetto altrettanto innovativo della legge è l’assimilazione sotto un’unica figura di reato della “violenza carnale”, della “congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale”, degli “atti di libidine violenta” e di alcune ipotesi di corruzione di minorenni, e l’introduzione della fattispecie “violenza sessuale”.118

La nuova fattispecie (art. 609-bis) punisce con la reclusione da 5 a 10 ani chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringa taluno a compiere o subire atti sessuali. Alla stessa pena soggiace il soggetto che induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Per i casi di minore gravità è prevista la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi.

L’art. 609-ter disciplina alcune circostanze aggravanti del reato: la pena è della reclusione da 6 a 12 anni se il reato è commesso in danno di minore di quattordici anni o di minore di sedici anni di cui il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore; la pena è della reclusione da 7 a 14 anni in caso di violenza sessuale in danno di minore di anni dieci.119

Viene poi previsto ex novo il reato di violenza sessuale di gruppo, definita come partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale, così definiti dall’art. 609-bis. In questi casi la pena prevista è della reclusione da 6 a 12 anni per la partecipazione ed è aumentata di un terzo nelle ipotesi di violenza aggravata di cui all’art. 609-ter. Sono, inoltre, previste in relazione a questa nuova fattispecie di reato alcune circostanze attenuanti specifiche.120

118 Ambrosini G., Le nuove norme sulla violenza sessuale. Legge 15 febbraio 1996, n. 66, UTET, Torino,

1997, pag 4-5.

119 Carini A., Pedrocco M. T. B., Savi G. (A cura di), op. cit. pag. 367.

120 Mazzoni G., Rotriquez E., La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minori, Giuffrè, 2012, pag

46 Con riferimento ai minori di anni quattordici, dopo un acceso confronto tra le forse politiche, è stata approvata una disposizione che contempla la non punibilità del minorenne che compia atti sessuali con persona minore di anni quattordici che abbia compiuto tredici anni, purché la differenza di età tra i soggetti non sia superiore a tre anni.

Qualora vi sia violenza, minaccia o abuso di autorità su persona minore di anni quattordici si ha un’ipotesi di violenza sessuale aggravata.

Per quanto riguarda i minori di anni sedici sono punibili soltanto gli atti sessuali con minori di anni sedici commessi da chi sia ascendente, genitore anche adottivo, ovvero altra persona per cui, per ragioni di cura, di educazione, d’istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore si affidato o da altra persona che abbia con il minore una relazione di convivenza. Non sono, quindi, più punibili, gli atti sessuali con un minore di sedici anni consenziente commessi da un soggetto “estraneo” al minore, ossia che non si trovi in quelle relazioni speciali per le quali l’art. 609-quater ritiene che vi sia uno stato di sudditanza psicologica tale da escludere valore al consenso prestato.121

“La norma, però, appare gravemente discriminatoria per tutte quelle vittime di abuso sessuale intrafamiliare che hanno più di sedici anni e che si trovano nell’imbarazzante situazione di dimostrare di essere state costrette al rapporto incestuoso con violenze e minacce.

Poiché gli abusi, di solito, avvengono in assenza di testimoni e la violenza psicologica a cui sono sottoposte è impossibile da dimostrare in sede processuale, le vittime rischiano di veder cadere tutte le loro accuse” 122.

“Inoltre l’incesto non si limita quasi mai ad un solo episodio: in generale, si tratta di una relazione che dura per anni e che quasi sempre inizia durante l’infanzia della vittima; non si può dunque pensare che un minore, che comincia a subire abusi da piccolissimo, sia in uno stato di sottomissione verso il proprio violentatore fino a sedici anni, mentre, da allora in poi, il rapporto di subalternità, psicologica fino a quel momento subito, improvvisamente si rompa.

121 Ambrosini G., op. cit. pag 5 e cap. III.

47 Il legislatore, invece, dà per scontato che debba subentrare il coraggio di ribellarsi: se non c’è stata ribellione, si ritiene che la vittima sia consenziente”.123

“Sembrerebbero, invece, sussistere gli estremi per proporre la presa in considerazione, d’ufficio, del danno psicologico della vittima in ogni caso d’incesto, seppure questo debba essere verificato nella situazione specifica con l’apposita perizia, come prevede il Codice Civile. Il trauma conseguente all’incesto provoca, infatti, compromissioni durevoli dell’equilibrio psicologico e relazionale del soggetto, dell’immagine corporea, del suo sviluppo sessuale e delle sue potenzialità di stabilire relazioni affettive “sane”; in alcuni casi, inoltre, si possono verificare compromissioni sul piano cognitivo, in quanto i processi regressivi scatenati dall’esperienza incestuosa interferiscono negativamente sullo sviluppo intellettivo della vittima, tanto più gravemente quanto più bassa è l’età del minore”.124

Innovazioni particolari, della legge n.66 del 1996, sono introdotte anche con riferimento alla pene accessorie. È previsto, infatti, che la condanna per uno dei reati di violenza sessuale introdotti dalla proposta comporti le seguenti pene accessorie: la perdita della potestà dei genitori, quando la qualità di genitore sia elemento costitutivo del reato; l’interdizione perpetua degli uffici di tutore e curatore; la perdita del diritto agli alimenti e l’incapacità successoria nei confronti della persona offesa.125

Particolari novità sono introdotte anche con riferimento ad alcuni profili di carattere processuale. La legge, infatti, prevede che i reati di violenza sessuale, anche aggravati e gli atti sessuali con minorenne siano punibili a querela dalla parte offesa e che la querela, una volta proposta, sia irrevocabile.

Dal punto di vista processuale, viene confermata la procedibilità d’ufficio nei seguenti casi: se il fatto è commesso nei confronti di persona minore di anni quattordici; se il fatto è commesso dal genitore, anche adottivo, o dal convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore sia stato affidato per ragioni di cura, di educazione, d’istruzione, di vigilanza o di custodia; se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni; se il fatto è

123 Caputo I., Mai devi dire, Corbaccio, Milano, 1995. 124Http://www.psicologiagiuridica.com 26.02.2015.

48 commesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio; se il fatto è commesso nell'ipotesi di cui all'articolo 609-quater, ultimo comma.126

A proposito delle forme di pubblicità del processo è stabilito che il dibattito si tenga a porte aperte, salvo il diritto della persona offesa di chiedere lo svolgimento a porte chiuse anche solo per una parte di esso. La legge limita poi la possibilità di formulare domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa, se non necessarie alla ricostruzione del fatto.

Alcune disposizioni sono dedicate alla tutela e all’assistenza dei minori dei minori offesi da delitti di violenza sessuale. Si prevede, in particolare, che nei procedimenti relativi ai delitti di violenza sessuale il pubblico ministero o la persona sottoposta ad indagini possano chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza del minore di sedici anni, anche al di là delle ipotesi disciplinate dal codice di procedura penale. L’art. 14 della legge n. 66 del 1996 prevede particolari modalità attraverso cui procedere. L’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi, ove esistano, di particolari strutture specializzate o presso l’abitazione del minore.

Per quanto concerne la tutela delle vittime minorenni, qualora si proceda per alcuni dei reati suddetti, il Procuratore della Repubblica è tenuto a dare notizia al Tribunale per i minorenni che provvederà a fornire l’assistenza affettiva e psicologica.127

Un altro atto significativo di adeguamento della legislazione italiana è rappresentato dalla “Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e successivamente ratificata dalla legge 27 maggio 1991, in particolare agli articoli 19, 34 e 39 riguardanti le misure e le azioni per provvedere alla tutela dei minori da ogni forma di abuso. L’introduzione nel codice penale di un richiamo esplicito e specifico alla protezione dei bambini fu sollecitato all’Italia anche da parte del Comitato ONU sui diritti del fanciullo – organismo di controllo e di monitoraggio sullo stato di attuazione della Convenzione (costituito in base a quanto disciplinato dall’art. 43) – il quale, a seguito della valutazione effettuata nel 1994 sul primo rapporto italiano riguardo alle misure adottate per dare applicazione alla Convenzione stessa,

126 Ambrosini G., op. cit. cap. XIII.

49 formulò osservazioni e raccomandazioni nei confronti del governo italiano, ma soprattutto incisivo fu il reclamo per l’assenza nel codice penale di un’adeguata protezione dei minori dall’abuso fisico, sessuale e dalla violenza all’interno della famiglia, per la carenza di misure appropriate di ascolto del bambino e per l’insufficiente numero di risorse e servizi appropriati per il recupero psico-fisico dei minori vittime di abusi.

Infatti, l’art. 19 della Convenzione incita gli Stati ad adottare provvedimenti legislativi, amministrativi, sociali ed educativi per difendere il minore da ogni forma di violenza, oltraggio fisico o mentale, di abbandono, di negligenza, di maltrattamento o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, ponendo l’attenzione sul fatto che l’applicazione di tali provvedimenti deve essere necessariamente correlata alla creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l’appoggio necessario al fanciullo e alla sua famiglia (sia questa quella naturale, adottiva o affidataria) e alla predisposizione di strategie di prevenzione e di adeguata indagine sulle condizioni socio-familiari del minore. L’articolo, dunque, sottolinea l’importanza di attivare interventi polisettoriali per tutelare efficacemente il minore, poiché il maltrattamento, lo sfruttamento e l’abuso sessuale sono fenomeni complessi che richiedono un approccio multidisciplinare da parte di ogni operatore e settore operante nelle cinque funzioni fondamentali di tutela: la prevenzione, la rilevazione, la diagnosi, la protezione e la cura/trattamento degli effetti a breve e lungo termine del trauma”.128

Particolarmente significativo, in tema di sfruttamento sessuale, è l’art. 34 della Convenzione che prevede “l’impegno degli Stati contraenti alla protezione dei minori da ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale. In particolare gli stati aderenti si impegnano all’adozione di tutte le misure a livello nazionale ed internazionale volte ad impedire che i fanciulli siano indotti o costretti all’esercizio di pratiche sessuali illegali, che siano sfruttati ai fini di prostituzione nonché di produzione di spettacoli o altro materiale a carattere pornografico.

128 Bianchi D., Un quadro degli interventi contro violenza e abuso, nella rivista “cittadini in crescita”,

50 L’articolo 39, inoltre, sancisce la necessità di assicurare interventi integrati di aiuto finalizzati a promuovere la cura e il reinserimento sociale dei minori vittime di qualsiasi forma di abuso che interferisca con il loro normale processo di crescita”.129

CAPITOLO SECONDO: INTERVENTI DI TUTELA PER IL

MINORE ABUSATO

1. Emersione del fenomeno dell’abuso all’infanzia e la recente