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L'affido come misura di protezione per il minore abusato. Risorse e difficoltà

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO PRIMO: L’INCESTO NELLA STORIA ... 6

1. Il tabù dell’incesto ... 6

1.1 Definizioni di incesto ... 10

2. Le ragioni della proibizione dell’incesto ... 12

2.1 La spiegazione antropologica ... 13

2.2 La spiegazione psicologica e l’effetto Westermarck ... 17

2.3 Le motivazioni dell’eugenetica ... 19

3. Famiglie incestuose ... 21

3.1 Il ruolo del padre ... 28

3.2 Il ruolo della madre ... 32

3.3 Il ruolo dei fratelli ... 35

4. Le Conseguenze dell’incesto ... 37

5. La tutela dell’abuso sessuale intrafamiliare nella normativa vigente ... 43

CAPITOLO SECONDO: INTERVENTI DI TUTELA PER IL MINORE ABUSATO ... 50

1. Emersione del fenomeno dell’abuso all’infanzia e la recente sensibilizzazione . 50 2. Un nuovo modo di concepire il maltrattamento ... 55

2.1 Maltrattamento fisico e psicologico ... 56

2.2 Patologia delle cure ... 57

2.3 Abuso sessuale extrafamiliare ed intrafamiliare ... 57

3. Fasi di intervento ... 59

4. Dalla valutazione delle competenze genitoriali agli interventi di recupero della genitorialità ... 62

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2 CAPITOLO TERZO: DALL’ALLONTANAMENTO ALL’AFFIDO COME

MISURA DI PROTEZIONE NEI CASI DI ABUSO ... 72

1. L’allontanamento ... 72

2. Famiglie affidatarie... 77

3. Il progetto di affido: risorse e difficoltà... 82

3.1 Lo spazio neutro: caratteristiche ed obiettivi ... 92

4. Modifiche alla Legge 184/83 ... 93

CAPITOLO QUARTO: STORIE DI VITA ... 95

1. L’esperienza presso il “Centro Affidi” del Comune di Viareggio ... 95

2. Il caso ... 98

3. Conclusione dell’affido ... 104

CONCLUSIONI ... 108

BIBLIOGRAFIA ... 110

(3)

3

INTRODUZIONE

Il lavoro della mia tesi nasce dalla particolare attenzione nei confronti di un tema che è pregnante per il Servizio Sociale, sia da un punto di vista professionale che emotivo, in quanto complesso da definire e trattare, ma altrettanto inquietante e, soprattutto, non infrequente nella nostra realtà quotidiana. Il principale tema trattato riguarda l’analisi delle situazioni di abuso perpetrato sui minori da parte delle principali figure di attaccamento ovvero i genitori.

In Italia, solo recentemente, si sta sviluppando una cultura volta alla prevenzione e alla protezione dei minori a rischio, ma, nonostante i dati raccolti e diffusi periodicamente, anche attraverso le quotidiane cronache mediatiche, la violenza intrafamiliare si presenta ancora come un fenomeno sommerso e impensabile.

Oggi è richiesto un maggiore impegno sia culturale che formativo da parte degli operatori per approfondire le nuove forme di violenza che emergono e anche per rileggere, secondo nuove chiavi interpretative ciò che i bambini vivono. Inoltre è richiesto un complesso impegno da parte della rete volto a conoscere e trattare diversi stili di accudimento che sono collegati a differenti tradizioni, intrecciando, così, la tutela dei bambini con l’incontro di culture familiari, di stili genitoriali e modalità di accudimento differenti.1

Riprendere i fili della storia dell’incesto attraverso i diversi contributi offerti dalla letteratura specifica sull’argomento, può essere utile per gli operatori sociali impegnati sul campo, affinché riescano ad essere più critici rispetto al presente ed adeguatamente attrezzati per affrontare la complessità dei bisogni delle famiglie che arrivano oggi ai servizi.

Per consentire al lettore di acquisire una maggiore conoscenza del fenomeno ho ritenuto opportuno partire, nel primo capitolo, da un excursus storico riguardo al concetto di incesto, seguendo la sua evoluzione nelle diverse civiltà e culture e

1 Biancardi P., Telavi, La voce dei bambini nel percorso di tutela. Aspetti psicologici, sociali e giuridici,

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4 presentando un’analisi multidisciplinare di tipo antropologico, psicologico e genetico. Ho approfondito il fenomeno dell’incesto da un punto di vista psicologico, analizzando le tipologie di famiglie incestuose, (il ruolo del padre, della madre e dei fratelli) nonché le tragiche conseguenze psicologiche sul minore; inoltre, per quanto riguarda l’aspetto giuridico, ho volto lo sguardo alla tutela della vittima di abuso sessuale intrafamiliare nella legislazione vigente, analizzando nello specifico la legge del 15 febbraio 1996 n. 66, “Norme contro la violenza sessuale”.

Nel secondo capitolo ho focalizzato l’attenzione sulla maggiore sensibilizzazione riguardo al tema dell’abuso intrafamiliare, il quale si è diffuso oltre che tra le istituzioni, anche tra i membri della società, soprattutto grazie all’apporto dei mass media, osservando che gli interventi tesi a contrastare tale fenomeno, specie tra i minori, risultano essere più tempestivi ed efficaci. Sono, infatti, sempre più numerosi i servizi e le associazioni preposte a tale scopo. Sulla base di questa attenzione è stato modificato anche il concetto di maltrattamento che ad oggi, come evidenziato dalla letteratura, viene classificato come: maltrattamento fisico e psicologico, patologia delle cure e abuso sessuale intrafamiliare ed extrafamiliare. Vista l’importanza di attivare strategie di intervento finalizzate a dare soluzione ai casi di abuso, ho proceduto analizzando le diverse fasi del processo intervento, soffermandomi in particolar modo, su quella che è definita da Cirillo2 “una vera e propria cerniera di tutto il processo”, ovvero la valutazione della capacità genitoriali. Uno dei modelli recentemente utilizzato per la valutazione della genitorialità è quello process-oriented3, originariamente elaborato da Cummimgs, Davies e Campbell (2000) e adattato da Paola Di Blasio (2005). Ho proseguito l’esposizione analizzando le diverse tecniche di intervento utilizzate nel contesto coatto.

A conclusione del lavoro prognostico, il quale deve basarsi su due elementi essenziali, quali la capacità del riconoscimento del danno da parte del genitore e la capacità del genitore stesso di produrre ipotesi eziopatogenetiche, la prognosi sarà positiva o negativa.

Nel caso in cui l’esito sia positivo, a seconda delle peculiarità dei singoli casi, si può pensare o ad un rientro a casa da parte del minore o al collocamento dello stesso presso

2 Cirillo S., Cattivi genitori, Raffaello Cortina, Milano, 2005, pag. 87.

3 Bertotti T., Bambini e famiglie in difficoltà. Teorie e metodi di intervento per assistenti sociali, Carocci

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5 un’altra famiglia attraverso l’attivazione di un progetto di affido, oppure al prolungamento del collocamento in comunità. In caso contrario, il minore viene dichiarato dal Giudice in stato di adottabilità.

I genitori, pur essendo abusanti tendono a non volersi separare dei figli, allora l’atto e la responsabilità di decidere una separazione viene effettuata dalle varie figure professionali. Per questo, nella stesura del terzo capitolo, mi sono soffermata su una delle possibili misure di protezione che possono essere messe in atto nelle situazioni di grave pregiudizio per il minore, ovvero quella dell’allontanamento dalla quale, poi, prende forma il progetto di affido che vede coinvolti minore, famiglia di origine e famiglia affidataria in un processo di cambiamento. Nel trattare il tema dell’affidamento familiare emerge un bisogno globale di accompagnamento all’affido, nella fase preparatoria, durante e anche nel post-affido, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti. Importante è la visione multifocale degli operatori in quanto consente di includere, il più possibile, tutti gli attori ad avere la consapevolezza che, nel prendersi cura del bambino, il sostegno e la cura degli adulti di riferimento è terapeutico per il bambino stesso. Nella stesura del capitolo ho utilizzato come riferimento normativo la legge n. 184 del 4 maggio 1983, recante la “Disciplina dell’azione e dell’affidamento dei minori” che ha riconosciuto, per la prima volta in Italia, l’istituto dell’affido familiare e ho terminato con le modifiche attuate su quest’ultima dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001, la quale, ha convertito il titolo inziale della legge in “Diritto del minore ad avere una famiglia”.

Al fine di dimostrare come viene concretamente attivato un intervento di tutela di un minore abusato, ho esposto, nel quarto ed ultimo capitolo, un caso che ho seguito personalmente, in parte, durante la mia esperienza di tirocinio presso il Centro affidi del Comune di Viareggio. Si tratta di un doppio abuso, uno intrafamiliare perpetrato sulla minore dal nonno materno, e uno extrafamiliare subìto dalla stessa bambina in seguito al suo inserimento in comunità. Attualmente, a causa dell’irrecuperabilità delle competenze genitoriali della madre, avente disturbi psichici con personalità bipolare, la minore è stata affidata ad una famiglia ed, essendo il progetto ancora in corso, si è trasformato in un affido sine die senza una concreta conclusione. L’ultima parte del mio elaborato si concentra, infine, sulle possibili conclusioni di un progetto di affido.

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CAPITOLO PRIMO: L’INCESTO NELLA STORIA

1. Il tabù dell’incesto

L’incesto da sempre è uno degli argomenti più trascurati ed evitati da psicologi, criminologi, scienziati umani e sociali.

“Il suo significato varia da cultura a cultura, da codice a codice, persino in funzione dei diversi punti di vista - giuridico, psicologico, antropologico - che si assumono. Ogni società, infatti, si basa su scale di valori storicamente definite e variabili nel tempo, tanto che, il fenomeno dell’incesto è stato, in epoche e comunità particolari, tollerato e non avvertito come deviazione sessuale”4

e si pensa che il tabù dell’incesto possa risalire alle origini della razza e della cultura umana.

Percorrendo la storia si può costatare come il termine “incesto” sia stato collegato a una serie di condotte e di “eccezioni” che sono state diversamente sanzionate nel tempo.

Gli antichi Egizi, gli imperatori Indios del Perù e le popolazioni polinesiane non lo consideravano reato, anzi, presso alcune famiglie reali e dell’alta aristocrazia, non vigeva alcuna interdizione dell’incesto padre-figlia o fratello-sorella, e spesso questi tipi di matrimoni erano addirittura preferiti.5 “Anticamente l’incesto veniva accettato soltanto per i membri della famiglia reale, allo scopo di conservare la purezza del sangue; così nel Perù precolombiano i sovrani fratello e sorella si dovevano unire, perché figli del sole e della luna. Lo stesso discorso vale per l’Egitto faraonico con a modello il connubio tra Iside e Osiride”.6

4 Merzagora I., l’incesto, aggressori e vittime, diagnosi e terapia, con appendice di L. Lanza, Giuffrè

editore, Milano, 1986, pag. 10.

5 Ceccarelli F., Il tabu dell’incesto. I fondamenti biologici del linguaggio e della cultura, Einaudi editore,

Torino, 1978, pag.75.

6 Goodwin J., Abuso sessuale su minori. Le vittime dell’incesto e le loro famiglie, centro scientifico

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7 “L’origine divina e la purezza del sangue possono essere considerati il comune denominatore in ogni “eccezione”: nella mitologia di molti popoli l’attuale ordinamento

del mondo e l’inizio dell’umanità, trovano le loro origini in un incesto mitico, che ha turbato il precedente ordine delle cose, introducendo uno squilibrio dal quale è nato un nuovo ordine”. L’unica considerazione che se ne può trarre è che qualunque siano le cause che hanno reso l’incesto un tabù, queste non hanno più efficacia quando la visione di sé esula dai normali termini umani. Da quanto appurato, l’incesto è permesso, è addirittura considerato un “diritto” degli dei e degli eroi culturali, invece, se commesso dagli uomini, rappresenta il turbamento dell’ordine, una sfida nei loro confronti, tale da scatenare la vendetta, poiché sottrae a essi parte del loro potere.7

Presso gli Ebrei e i Greci si verificò il passaggio da un’iniziale tolleranza alla repressione delle unioni incestuose. “Platone, nelle “Leggi”, riferisce l’obbligo di punire unicamente le unioni incestuose fra ascendenti e discendenti, mentre sono solo interdette quelle tra sorella e fratello e, in seguito, tollerate se nati da madri diverse.

“Nel diritto romano il fenomeno dell’incesto era fortemente perseguito perché comprendeva ogni condotta contraria alle leggi religiose e oltre all’unione, con stretti congiunti, includeva anche quelle con le Vestali oltre che la partecipazione maschile ad atti religiosi riservati alle donne, indipendentemente da violazioni sessuali”.8

L’incriminazione dell’incesto, che risale alle origini del diritto romano, veniva punito con la pena di morte, trovò più precisa disciplina nel diritto imperiale. Si distinse allora l’incesto proibito solo dalle leggi dello Stato da quello proibito anche dalle norme morali.9

“Nel diritto romano erano vietate come incestuosi i rapporti carnali tra ascendenti e discendenti, senza limiti di grado, tra fratelli e sorelle e tra zii e nipoti; per i vincoli di affinità, invece, erano considerate incestuose le relazioni carnali tra patrigno e figliastra, tra matrigna e figliastro, tra suocero e nuora e tra suocera e genero”.10

7

Ceccarelli F., op. cit. pag. 77-78.

8 Merzagora I., op. cit. pag. 139-140. 9 Ivi pag. 139-140.

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8 Durante i primi tempi dell’Impero, la pena fu sostituita con la deportazione perché la maggior parte dei comportamenti incestuosi era tenuta da appartenenti alle classi agiate.11 “Nonostante fosse aspramente punito, l’incesto era molto praticato: rappresentativo l’episodio che coinvolse Sesto Papinio, sotto Tiberio, il quale si uccise per il rimorso di essersi concesso alla madre, la quale, a sua volta, fu condannata dal Senato a dieci anni di deportazione. Nerone s’innamorò della madre al punto che, ossessionato dall’idea di non poterla sedurre, “licenziò” una sua concubina perché le assomigliava. Silano, sotto l’imperatore Claudio, si uccise per evitare di essere condannato a morte a causa della sua relazione con la sorella la quale fu mandata in esilio fuori dall’Italia.

Nel Medioevo si distingueva l’incesto commesso con o senza matrimonio, con previsione di multa o confisca dei beni nel primo caso e di morte nel secondo. Le donne erano punite meno severamente in quanto ritenute più fragili”.12

Con il diritto canonico vennero considerate incestuose, e pertanto vietate, le relazioni tra cognata e cognato e tra figlioccia e patrigno, trattandosi, in quest’ultimo caso, di una parentela spirituale.13

“La repressione di questa condotta si attenuò in epoca illuminista, dove si contestò la necessità di reprimere penalmente l’incesto, tant’è che questo venne ricompreso tra i delitti nel codice francese del 1810. In Italia fu considerata lecita nel regno delle Due Sicilie del 1819 e da quello di Parma del 1820, mentre fu contemplata come reato dal Codice toscano del 1853 e da quello sardo del 1859, che puniva, però, diversamente l’incesto tra consanguinei e affini da quello fra adottanti e adottati”.14

Una vera e propria svolta si ebbe con Codice Zanardelli del 1889 il quale subordinò la punizione dell’incesto al pubblico scandalo, condizione che fu ribadita dal Codice Rocco.

“Questa condizione, che ancor oggi costituisce uno dei punti più discussi della norma penale, fu considerata un duplice meccanismo di chiusura nei confronti degli

11 Miccoli A., La tutela penale della vittima minore, aspetti sostanziali e processuali, Wolters Kluwer

italia, 2010, pag. 157.

12 Merzagora I., op. cit. pag. 140-141. 13 Goodwin J., op. cit. pag. 238. 14 Merzagora I., op. cit. 142.

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9 abusi sessuali intrafamiliari, verso l’interno e verso l’esterno della famiglia. Ciò avrebbe, quindi, reso all’incesto, ancor più il suo carattere di tabù sociale impedendone la sua emersione”15

.

L’attuale codice penale, cioè il Codice Rocco del 1931, ha adottato una disciplina simile, ma più rigorosa del Codice Zanardelli, in quanto, pur richiedendo ancora il pubblico scandalo per la punibilità, sanziona in modo più grave la relazione incestuosa, rivolgendo l’oggetto giuridico del reato alla tutela della morale familiare che impone asessualità nei rapporti parentali.16 Il reato d’incesto è previsto dall’art. 564 del codice penale, infatti, sancisce: “Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente o con un affine in linea retta (suocero e nuora, suocera e genero, figliastro e matrigna, figliastra e patrigno) ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età, con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne. La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale”17.

“In sostanza l’incesto, secondo l’art. 564, può essere commesso tra ascendenti e discendenti, dove la filiazione illegittima è equiparata a quella legittima, mentre sono esclusi dalla previsione dell’incesto i rapporti di adozione; può commettersi tra fratelli e sorelle, esclusi sempre gli adottivi, sia germani sia consanguinei e uterini, legittimi o naturali che siano; poiché l’indicazione dell’art. 564 è tassativa, l’incesto non è giuridicamente possibile tra prossimi congiunti diversi da quelli indicati, come tra zii e nipoti, e tra affini in linea collaterale.”18

“Gli abusi non devono essere considerati solo come atti perseguibili penalmente, ma anche come comportamenti frutto di un disagio emotivo che riguarda l’intera famiglia,

15

Miccoli A., op. cit. pag. 157

16 Ivi pag. 157-159.

17 Goodwin J., op. cit. pag. 240-241. 18 Merzagora I., op. cit. pag. 147.

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10 poiché il bambino abusato e l’adulto abusante sono gli anelli deboli di una catena che lega tutto il nucleo familiare”.19

Per quel che riguarda la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale, “si ritiene che essa debba estendersi a tutta la prole, nel caso d’incesto con figli minori, e non sia limitata solo nei confronti del figlio con il quale la relazione incestuosa si sia consumata. È una tesi del tutto condivisibile perché lo scopo della norma è proteggere i minori dagli atti d’incesto che, certamente, rappresentano una grave forma di violenza nei loro confronti.

Avere rapporti sessuali con la prole, anche con solo un figlio o figlia, è altamente indicativo dell’inidoneità del genitore di svolgere i complessi e delicati poteri e doveri che attengono alla cura dei figli minori nell’esercizio della potestà”.20

1.1 Definizioni di incesto

“Per incesto (dal latino incestum, "non casto", "impuro") si intende un rapporto sessuale fra due persone tra le quali esistano determinati vincoli di consanguineità, parentela o di affinità. In questo senso, è vietato il matrimonio tra fratelli e sorelle o con uno dei genitori o nonni o zii.”21

Il significato del termine varia a seconda delle diverse interpretazioni fornite dagli studiosi nel corso del tempo. “La definizione più diffusa sembra essere quella che vede l’incesto come il rapporto sessuale tra persone per le quali è proibito il matrimonio”. Secondo Levi-Strauss, ad esempio, tutte le culture pongono un divieto al desiderio incestuoso e pertanto il tabù dell'incesto si configura come una legge universale e fondamentale. Il tabù dell'incesto è, in pratica, la proibizione dell’endogamia, il cui effetto è l’incoraggiamento dell’esogamia. Grazie a quest’ultima, la famiglia è in grado di stabilire relazioni esterne che rafforzano la solidarietà sociale.22

19 Giusti E., Iacono M., Abusi e maltrattamenti. Psicologia della cura minorile, Sovera edizioni, Roma,

2010, pag. 52.

20 Miccoli A., op. cit. pag. 164. 21

Giusti E., Iacono M., op. cit. pag. 48.

22 Lévi-Strauss C., Le strutture elementari della parentela, a cura di Alberto M. Cirese, traduzione di

Alberto M. Cirese e Liliana Serafini, Feltrinelli Editore, Milano,2010. Per un maggiore approfondimento far riferimento al capitolo 29 del testo.

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11 “In altri casi l’enfasi è posta sul divieto di matrimonio, piuttosto che sul divieto di avere rapporti sessuali”. Ciò che ha creato una notevole confusione è che spesso si sia partiti dal presupposto che l'essenza del problema sia il divieto di contrarre matrimoni incestuosi. “Le spiegazioni dell'incesto, basate sui vantaggi derivanti dal divieto di contrarre matrimonio tra consanguinei stretti, non ci dicono necessariamente quali siano le motivazioni che spingono gli individui ad assumere tali comportamenti. Tali spiegazioni, per quanto numerose e diversificate, si basano tutte sui vantaggi che comporta l'esogamia per i gruppi umani (riduzione del conflitto all'interno della famiglia, istituzione di più ampi legami sociali, sviluppo di una solidarietà organica), oppure sugli effetti negativi dell'endogamia (confusione dei rapporti familiari, mancata riuscita del processo di socializzazione, ecc.). Tutti questi argomenti possono essere validi, nonostante alcuni potrebbero risultare contradditori, ma non sono sufficienti a chiarire perché gli esseri umani evitino le unioni incestuose senza l'ausilio di ulteriori argomenti”.23

Nella letteratura psichiatrica la definizione di incesto va dalla semplice esistenza di consanguineità in un rapporto sessuale, ad una più completa di abuso sessuale su un minore, commesso da un adulto o da un altro minore di età maggiore in un ruolo genitoriale.

“Il tabù dell’incesto richiede che si scambino i compagni all’interno del gruppo. In passato, tale scambio era necessario per sviluppare sia gli strumenti sia una forma di linguaggio, aumentando, così, le possibilità di sopravvivenza, prosperità e riproduzione del proprio gruppo”.24

“Il termine “incesto” indica un’imposizione sessuale su un bambino, da parte di una persona più anziana, avente ruolo genitoriale. L’incesto è il tipo più comune di molestia sessuale nell’infanzia. I casi più numerosi di denunce sono quelli di rapporti patrigno-figlia e padre-patrigno-figlia ma si verificano anche casi di rapporti zio-nipote, fratello sorella,

23

Fox R., Kinship and marriage: an anthropological perspective, Harmondsworth 1967 cap. 2. (Tr. it.: La parentela e il matrimonio: sistemi di consanguineità e di affinità nelle società tribali, Roma 1971).

24Http://www.cec.vcn.bc.ca, articolo di Phil Bartle, Il tabù dell’incesto. Un sentimento di avversione,

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12 padre figlio, figlia, nonno-nipote. Raramente viene denunciato l’incesto madre-figlio”.25

2. Le ragioni della proibizione dell’incesto

“Da oltre un secolo sociologi, antropologi e psicologi hanno cercato di comprendere le ragioni dell’incesto e le basi biologiche e culturali del suo “evitamento”. Il tema dell’incesto è stato affrontato facendo riferimento agli universali culturali, alle norme comportamentali, al concetto darwiniano di adattamento, agli effetti dell’accoppiamento tra consanguinei (inbreeding) e all’apprendimento precoce (l’imprinting di K. Lorenz, 1937). Più recentemente, l’incesto è stato analizzato anche in funzione dei meccanismi biologici associati al riconoscimento della parentela utilizzati per discriminare a livello chimico-sensoriale i consanguinei da individui non imparentati. Le teorie relative alla tendenza che, storicamente e socialmente, ha portato l’uomo ad evitare di accoppiarsi con un membro della propria famiglia, sono state formulate in svariati ambiti del sapere scientifico – dall’antropologia, alla psicoanalisi e alla biochimica- e propongono chiavi di lettura diverse e a volte in contraddizione le une con le altre”.26

Prima di passare a un esame particolareggiato delle varie teorie, è utile inquadrare sinteticamente il fenomeno che permette di fornirgli una definizione puramente descrittiva che, individuando certe sue peculiari caratteristiche immediatamente evidenti, sia tale da delimitarlo in relazione al complesso sfondo dei fenomeni sociali di cui è parte integrante. In considerazione del fatto che è già difficile definirne con precisione i limiti, specialmente in rapporto al concomitante fenomeno dell’esogamia, ciò non è per niente scontato.

Una prima e fondamentale differenza fenomenologica fra tabù dell’incesto ed esogamia è possibile riscontrala già nella definizione. “Il primo rappresenta per l'appunto una proibizione che si riferisce ai rapporti sessuali fra individui di un gruppo

25

Goodwin J., op. cit.

26Http://rivistapsicoterapia.wordpress.com, articolo di Chiara Elena Castiglioni, Effetto Westermarck ed

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13 sociale determinati da un’esplicita classificazione di parentela, mentre la seconda è una prescrizione sia negativa sia positiva riguardante l’istituto del matrimonio, di cui fanno parte molteplici obblighi e prestazioni interne ed esterne al rapporto stesso, di cui la prestazione sessuale è senz’altro fondamentale, senza però essere univoca o prevalente”. Bisogna dire, inoltre, che non tutti i divieti esogamici sono da mettere in relazione ai divieti d’incesto; infatti, prendendo in considerazione l’affermazione che “il tabù dell’incesto è una regola dell’esogamia”, si rischia di giungere alla pericolosa conclusione che sia soltanto una regola esogamica, con la conseguenza immediata per cui, stabilite le funzioni e le cause dell’esogamia, si può pensare di estenderle automaticamente al tabù dell’incesto. È invece più corretto sostenere che il tabù dell’incesto sia solo uno dei condizionamenti che determinano l’ordinamento esogamico delle società umane.27

2.1 La spiegazione antropologica

“Il complesso insieme di credenze, costumi, norme e istituzioni abitualmente designato come “tabù dell’incesto” costituirebbe, secondo molti autori, l’istituzione universale per eccellenza delle diverse culture umane”.28

“Per quanto gli antropologi siano unanimemente d’accordo che la famiglia umana sia un’istituzione culturale che assuma forme complesse e molteplici, vi è in essi la tendenza diffusa a ricercarne la matrice, o meglio la base primaria in un qualche “nucleo elementare”, giustificato in vari modi, su cui s’innesta per così dire la variabilità culturale. Tale nucleo è in genere costituito da un uomo, una donna e i loro figli. Nella Teoria della familiarità, sostenuta da Malinowski 29, l’accento è posto sulle funzioni che tale nucleo soddisfa, che sono al tal proposito indispensabili e fondamentali; sostiene, infatti, che: “… l’incesto, come tipo normale di condotta, non può esistere nell’umanità,

27

Ceccarelli F., op. cit. pag. 7-8.

28 Merzagora I., op. cit. pag. 17.

29 Bronislaw Malinoswki è stato un antropologo polacco neutralizzato polacco, considerato

universalmente come uno dei più importanti studiosi del XX secolo. Ha scritto diversi libri quelli che più trattano il fenomeno dell’incesto sono: Malinowski, B., Sex and Repression in Savage Society, London, 1927( trad. it. Sesso e repressione sessuale tra i servaggi, Boringhieri, Torino, 1950.); Malinowski, B., The Sexual Life of Savages in North-Western Malesia, New York ( trad. it., La vita sessuale dei servaggi nella Malesia nord-occidentale, Feltrinelli, Milano, 1968).

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14 perché è incompatibile con la vita familiare e ne disorganizzerebbe le fondamenta stesse”. Il modello basilare di tutti i legami sociali, i rapporti normali del figlio con la madre e il padre ne sarebbero distrutti. Malinowski precisa quale sia l’effetto distruttivo dell’incesto sostenendo che: “…è incompatibile con lo stabilimento delle primarie basi culturali. In ogni tipo di civiltà in cui i costumi, la morale e la legge ammettessero l’incesto, la famiglia non potrebbe sussistere. L’incesto significherebbe il rovesciamento delle distinzioni dell’età, il frammischiarsi delle generazioni, la disorganizzazione dei sentimenti e un violento scambio di parti proprio quando la famiglia è il mezzo più importante per l’educazione; e nessuna società potrebbe sussistere in tali condizioni.”30

Nella sfera dell’antropologia è importante ricordare la Teoria biologica sostenuta da Morgan L. e Maine H.31 secondo i quali “l’origine della proibizione dell’incesto è, si naturale e insieme sociale, ma nel senso che essa costituisce il risultato di una riflessione sociale su un fenomeno naturale. La proibizione dell’incesto sarebbe una misura di protezione diretta a salvaguardare la specie dalle conseguenze genetiche nefaste dei matrimoni con consanguinei”.32

Uno degli autori di maggior rilievo è sicuramente Claude Levi-Strauss, il quale ha trattato, nel suo libro “le strutture elementari della parentela”,33 il problema

30 Ceccarelli F., op. cit. 347-26-27.

31 Morgan L. ( etnologo e antropologo statunitense) e Maine H. ( giurista britannico) parlano della “teoria

genetica”. Questi studiosi si confrontarono intorno alle tematiche dell’evoluzione dei sistemi di parentela e delle forme di famiglia, scontrandosi, in particolare, su differenti ipotesi di evoluzione delle forme di discendenza (matrilineare, patrilineare). Morgan fu uno dei pochi studiosi di fine Ottocento a condurre ricerche sul campo (fra gli Irochesi dello Stato di New York) e produsse elaborate analisi comparative su sistemi di parentela in tutto il mondo. Testo di riferimento: Morgan L. H., Systems of consaginity and affinity of the human family, Washington, 1871.

32 Lévi-Strauss C., op. cit. pag. 52.

33 Secondo Lévi-Strauss il tabù dell’incesto rappresenta una tipica “struttura complessa della parentela”

come è ricavabile dalla definizione che apre il libro: “intendiamo per strutture elementari della parentela i sistemi nei quali la nomenclatura permette di determinare immediatamente il giro dei parenti e quello degli affini; ossia i sistemi che prescrivono il matrimonio con un certo tipo di parenti; o, se lo si preferisce, i sistemi che, pur definendo tutti i membri del gruppo come parenti, li distinguono in due categorie: coniugi possibili e coniugi proibiti. Riserviamo il nome di strutture complesse ai sistemi che si limitano a definire il giro dei parenti e che abbandonano ad altri meccanismi, economici o psicologici, il compito di procedere alla determinazione del coniuge”. Si possono brevemente ricapitolare i punti salienti delle concezioni di Lévi-Strauss: 1) il tabù dell’incesto è sostanzialmente identico all’esogamia, da cui non differisce che per aspetti “secondari”; 2) esso rappresenta, come l’esogamia e altri tipi di prestazione, una regola di reciprocità che impone che le donne vengano donate vicendevolmente, in modo da realizzare così una rete di alleanze fra gli uomini; 3) esigenza della regola, reciprocità e “carattere sintetico” del dono hanno valore di “strutture mentali” che individuano una organizzazione primaria e inconscia della mente umana.

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15 dell’incesto analizzandolo sotto diversi punti di vista. Esso sostiene che: “Il problema della proibizione dell’incesto non è di ricercare quali configurazioni storiche, diverse a seconda dei gruppi, spieghino le modalità dell’istituzione in questa o quella società particolare; il problema sta nel chiedersi quali cause profonde e onnipresenti fanno sì che, in tutte le società e in tutte le epoche, esista una regolamentazione delle relazioni tra i sessi”.

Levi-Strauss criticando la teoria di L. Morgan e M. Maine afferma che: “La proibizione dell’incesto non è né di origine puramente culturale, né di origine puramente naturale. Essa costituirebbe, invece, il passo fondamentale grazie al quale e nel quale si compie il passaggio dalla natura alla cultura, il legame che unisce una sfera all’altra. La proibizione dell’incesto costituisce proprio il legame che unisce l’esistenza biologica e l’esistenza sociale dell’uomo”.34

Per il suo carattere di universalità la proibizione dell’incesto concerne la natura, ma allo stesso tempo, poiché è una regola che si applica con modalità differenti a seconda del concetto culturale, appartiene all’universo della cultura. La proibizione dell’incesto è quindi un atto artificiale e intenzionale, con il quale la cultura si oppone alla natura.35

Tenendo conto della natura e della cultura Levi-Strauss sostiene che: “La proibizione dell’incesto possiede tanto l’universalità delle tendenze e degli istinti, quanto il carattere coercitivo delle leggi e delle istituzioni. È significativo il fatto che l’incesto – tanto nella sua forma propria, quanto in quella metaforica dell’abuso di minore – si affianchi in certi paesi alla sua stessa antitesi, e cioè alle relazioni sessuali interrazziali, che pur costituiscono la forma estrema dell’esogamia, per formare assieme ad esse la più potente coppia di stimolanti dell’orrore e della vendetta”36.

Considerata dal punto di vista più generale, la proibizione dell’incesto esprime il passaggio dal fatto naturale della consanguineità al fatto culturale dell’affinità.

Fra le varie citazioni di Levi-Strauss, una merita particolare attenzione: “La proibizione dell’incesto non è tanto una regola che vieta di sposare la madre, la sorella o

34 Lévi-Strauss C., op. cit. pag. 65- 67. 35 Merzagora I., op. cit. pag. 21. 36 Lévi-Strauss C., op. cit. pag. 49.

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16 la figlia, quanto invece una regola che obbliga a dare ad altri la madre, la sorella o la figlia. È la regola del dono per eccellenza”.37

Un altro autore che affronta da una pluralità di angolature il problema del tabù dell’incesto è Robin Fox38. “Egli preferisce parlare di “evitazione” piuttosto che di

“proibizione”, per giustificare la variabilità degli atteggiamenti verso l’incesto presente nelle diverse società. Fox è propenso ad accettare una pluralità di cause diverse, sia per l’origine sia per la permanenza del tabù”;39

servendosi di due teorie distingue nettamente il problema della proibizione dell’incesto da quello del matrimonio esogamico.

“Secondo la prima, la Teoria della selezione naturale, il tabù avrebbe avuto origine perché presentava un vantaggio selettivo nel prevenire i risultati disastrosi dell’incrocio endogamico, e quindi rappresenterebbe un meccanismo noto per i suoi superiori vantaggi selettivi dimostrato dal fatto che quei gruppi che non permisero ai “parenti stretti” di accoppiarsi sopravvissero e prosperarono.

La seconda teoria presa in considerazione per spiegare l’origine del tabù è la Teoria demografica, secondo la quale le condizioni della popolazione umana antica rendevano difficile l’incrocio endogamico. La vita a quell’epoca doveva essere corta, la pubertà tardiva, la mortalità infantile elevata. Dunque, al tempo in cui il ragazzo arrivava alla pubertà, sua madre era già morta o era troppo vecchia, così la sorella maggiore già “presa” da un altro uomo e quella minore troppo piccola”.40

Le teorie avanzate dagli antropologi attorno al tabù dell’incesto, talvolta, sembrano non tener conto che l’origine del tabù e la sua persistenza, sono due aspetti differenti dello stesso problema, così come avviene nei riguardi della proibizione delle relazioni sessuali e la proibizione del matrimonio.

37

Lévi-Strauss C., op. cit. pag. 217.

38

Robin Fox è un antropologo anglo-americano che ha scritto sui temi di: evitamento dell’incesto, sistemi matrimoniali, sistemi di parentela primitiva, antropologia dell’evoluzione, sociologia ed evoluzione storica delle idee delle scienze sociali. Libri di riferimento: Fox R., Kinship and marriage: an anthropological perspective, Harmondsworth, 1967 (tr. It.: La parentela e il matrimonio: sistemi di consanguineità e di affinità nelle società tribali, Roma, 1971); Fox r., The red lamp of incest, New York, 1980.

39 Ceccarelli F., op. cit. pag. 58-59. 40 Merzagora I., op. cit. pag. 24.

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17 2.2 La spiegazione psicologica e l’effetto Westermarck

Secondo le teorie psicologiche la causa primaria dell’origine e del permanere del tabù dell’incesto è da individuare in un qualche meccanismo di tipo psicologico, mentre tutte le altre componenti rappresentano le conseguenze e gli effetti di un tale meccanismo.41

Freud concepiva il tabù dell’incesto come un divieto necessario per reprimere una pulsione naturale, quella che porta ad essere attratti sessualmente dai membri della propria famiglia. Esso, “partito alla ricerca dell’origine di una proibizione, riesce a spiegare non certo perché l’incesto sia consciamente condannato, ma come mai venga inconsciamente desiderato”.42

Freud cercò di spiegare attraverso un’ipotesi di tipo antropologica l’esistenza del tabù dell’incesto. “Secondo tale ipotesi, immagina i primi gruppi umani come orde dominate dal padre che riserva per sé tutte le femmine del gruppo. Da ciò l’uccisione del padre per opera dei figli, ma, compiuti il parricidio e l’incesto che lo aveva causato, il loro senso di colpa si risvegliò e fu all’origine dell’interizzazione positiva dell’immagine paterna, il padre ridiventa oggetto di rispetto e il desiderio per la madre e le sorelle viene ricacciato nell’inconscio”.43

Ascoltando i discorsi, le fantasie e i songi dei suoi pazienti, Freud maturò l‘ipotesi che essi manifestassero quei sintomi a causa di un “trauma sessuale” risalente alla prima infanzia e che avevano rimosso a causa di un inconscio meccanismo di difesa. In seguito, però, si ricredette a proposito del trauma sessuale, arrivando a sostenere che si trattava spesso solo di “fantasie di seduzione”. Cominciò così ad elaborare quell'impalcatura teorica che è il centro del pensiero psicoanalitico: il desiderio incestuoso, il tabù dell'incesto e la susseguente vicenda edipica. In questa fase Freud

41 Ceccarelli F., op. cit. pag. 15. 42 Lévi-Strauss C., op. cit. pag. 629. 43 Merzagora I., op. cit. pag. 26.

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18 giunse a identificare la censura del desiderio incestuoso originario come la causa prima di ogni forma di nevrosi.44

“Il “complesso di Edipo” è uno dei cardini della spiegazione freudiana dello sviluppo psicologico dell’individuo e della genesi della nevrosi. Freud si occupò di spiegare come il complesso di Edipo, il desiderio della madre e dell’uccisione del padre, intervenga non solo nella storia dell’uomo, ma in quella di ogni individuo, e sia anzi alla base dello sviluppo psicologico del bambino”.45

“Il Re Edipo46, che ha ucciso suo padre Laio e sposa sua madre Giocasta, ci mostra solamente la realizzazione di un desiderio della nostra infanzia”.47

La descrizione del mito di Edipo nell’elaborazione freudiana descrive, quindi, “l’attaccamento del bimbo per il genitore del sesso opposto e la rivalità per il genitore dello stesso sesso”.48

In seguito, nei quattro saggi pubblicati come Totem e tabù, Freud ipotizzò anche che l'evoluzione del desiderio incestuoso nella vita individuale, prima sperimentato e poi rimosso fosse al tempo stesso l'evoluzione stessa della civiltà, che avrebbe avuto nella sua origine una uguale rimozione e sublimazione di quell'originario desiderio incestuoso49.

Secondo altre teorie, la ragione del tabù dell’incesto risiede in una naturale repulsione psicologica alla messa in atto della relazione tra consanguinei. Da questo punto di vista, e secondo gli psicologi evoluzionisti, il divieto non nasce in funzione di una censura sociale ma, piuttosto, a causa di alcuni geni preposti all’evitamento della sessualità tra parenti. A tal proposito Westermarck50 afferma che: “Attraverso la

44 Freud S., L’interpretazione dei sogni, intro. Di Jean Starobinski, Fabbri editori, Milano, 2010. 45 Merzagora I., op. cit. pag. 27.

46 Per un maggiore approfondimento sul mito di Edipo far riferimento al testo Edipo Re/ Sofocle,

introduzione e commento a cura di Enrico Turolla, Mondatori editore, Milano, 1934. Come narra il testo, l’orrore della sorte di Edipo è di essere un parracida, un incestuoso ma, condizione unica, di non aver scelto nello stesso tempo colpa dei suoi misfatti. Le conseguenze del sue operare, di cui egli non ha responsabilità, ricadono una ad una sulla sua esistenza.

47

Freud S., op. cit. pag. 348.

48 Perotti R., L’incesto multiforme, per una teoria sulla genesi dei “disturbo psichico”, Giuffrè editore,

Milano, 1985, pag. 25.

49 Freud S., Totem e Tabù, alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici, edizioni

mondatori, 2014.

50 Edvard Westermarck (1862-1939), sociologo e antropologo finlandese, era interessato a comprendere

le ragioni dell’esistenza della proibizione dell’incesto e nel suo famosissimo libro The History of Human Marriage, New York, 1894, elabora tutta la sua teoria. Sebbene Westermarck abbia fornito il fondamento

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19 selezione naturale deve essersi sviluppato un istinto, di solito abbastanza potente da impedire unioni dannose. Tale istinto si manifesta semplicemente come un’avversione da parte degli individui nei confronti dell’unione con altri individui con cui hanno vissuto”51. Continua sostenendo che: “La causa fondamentale delle proibizioni

esogamiche sembra essere la considerevole assenza di attrattive erotiche tra individui che sono in dimestichezza fin dall’infanzia dal momento che, al solo pensiero dell’atto, si proverebbe un positivo senso di avversione”.52

Gli psicologi evoluzionistisostengono che l’effetto Westermarck sia in parte legato proprio a ragioni genetiche. “Westermarck ipotizzò che la convivenza nei primi anni di vita rappresentasse il fattore prossimale critico che governa l’evitamento dell’incesto, inibendo il desiderio sessuale tra persone che sono cresciute assieme. In questa prospettiva, il tabù dell’incesto non è semplicemente una proibizione culturale o una regola sociale di comportamento, bensì riflette l’istintivo disinteresse sessuale che si sviluppa naturalmente tra individui allevati assieme”.53

Tenendo conto delle diverse spiegazioni, oggi, non ci resta che cercare di comprendere quali siano i fattori che, attraverso il riconoscimento dei parenti di sangue, svolgono un’azione sinergica nel favorire l’evitamento dell’incesto, e identificare con esattezza le modalità, dirette e indirette, con cui la convivenza precoce disincentiva le relazioni sessuali tra persone cresciute assieme.

2.3 Le motivazioni dell’eugenetica

Quando si pensa alle conseguenze dell’atto incestuoso, finanche gli individui privi di forma mentis scientifica tendono a sottolineare il fatto che i figli nati da relazioni tra parenti stretti, vanno incontro a maggiori probabilità di essere affetti da malformazioni

teorico per gli studi che si sono svolti a partire dagli anni Settanta, sui meccanismi che portano l’uomo ad evitare di accoppiarsi con un consanguineo, la sua ipotesi propostafu ignorata per decenni e poi ripresa in considerazione nella seconda metà del ‘900 divenendo, per molto tempo, la migliore spiegazione dell’evitamento dell’incesto.

51

Ceccarelli F., op. cit. pag. 15.

52 Ivi pag. 15-16.

53Http://rivistapsicoterapia.wordpress.com, articolo di Chiara Elena Castiglioni, Effetto Westermarck ed

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20 fisiche o ritardi mentali. Proprio per questo motivo, nella società attuale, molti sono propensi a pensare che il tabù dell’incesto abbia basi biologiche ed esista come meccanismo protettivo sviluppato nel corso della nostra evoluzione, atto a salvaguardare la specie dalle conseguenze negative dell’unione fra consanguinei. A supporto di ciò, sembra che “nel genotipo della specie umana esista una particolare costellazione genica che a livello fenotipico, produca un comportamento predisposto a scoraggiare l’unione fra consanguinei.

Alcuni autori giustificano il tabù dell’incesto come una natura istintiva: tuttavia non sussiste evidenza che avvalori tale teoria se non la proibizione culturale stessa. L’istinto, quindi, è inteso come il tabù culturale stesso e il divieto dell’incesto esiste proprio perché esiste l’istinto di vietarlo”.54

Il tabù si estende ben al di là della famiglia nucleare, con modalità diverse nelle differenti culture, e questo già suggerisce che la proibizione serve a scopi sociali e psicologici e, anche all’interno della famiglia nucleare l’intensità della proibizione varia considerevolmente. La proibizione dell’incesto non si basa esclusivamente su ragioni di ordine genetico.

“Non pare, infatti, che l'interdizione dell'incesto abbia origini eugenetiche poiché la stessa biologia insegna che solo in caso di tare ereditarie il matrimonio tra consanguinei può essere dannoso per la prole. In sostanza se il matrimonio è uno scambio, è logico che questo avvenga tra gruppi diversi (esogamia), in cui ci sia spazio per un'azione reciproca sia in senso socio-economico, sia in senso culturale, piuttosto che all'interno di uno solo (endogamia)”.55

“Secondo la Teoria della funzione eugenetica l’accento del tabù dell’incesto è posto sulle conseguenze negative dell’accoppiamento tra consanguinei molto stretti, cioè quello che si chiama indebolimento da inbreeding. Studi condotti sulla prole di cugini primi, sembrano indicare un aumento di incidenza delle malattie e una diminuzione di fertilità: l’aumento dell’incidenza di malattie ereditarie nella prole di matrimoni fra parenti, rispetto a quella che si riscontra nei matrimoni fra persone che non hanno fra loro nessun legame noto di parentela, è lieve tanto che i genetisti esitano a condannare

54 Ceccarelli F., op. cit. pag. 10-11. 55 Giusti E., Iacono M., op. cit. pag. 48.

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21 tali matrimoni. Nonostante ciò le statistiche dimostrano che la loro progenie subisce in media una certa perdita di adattamento.

Il rischio della riproduzione tra consanguinei non dipende solo dalla maggiore possibilità di manifestarsi di malattie ereditarie recessive dovute all’omozigosi, ma dalla perdita dei vantaggi insiti nell’eterozigosi stessa come maggiore vitalità, fertilità, longevità, e dal fatto che gli effetti dell’indebolimento da inbreeding sembrano aumentare con le successive generazioni.”56

Se dunque i problemi genetici sono reali, essi inseriscono un ulteriore elemento di oscurità nel già complesso problema del tabù dell’incesto.

3. Famiglie incestuose

Molto spesso ci si chiede cosa possa spingere un padre o una madre a compiere atti di violenza su un figlio/a e a schierarsi dalla parte dell’abusante. Nella maggioranza dei casi si tratta del padre che abusa della figlia, sostituendo la moglie con una bambina, negando ogni confine generazionale. La caratteristica peculiare dei genitori incestuosi è la convinzione che i figli debbano la loro totale disponibilità sessuale, considerando le donne come oggetto di scambio, e non vedono differenza tra moglie e figlia, essendo entrambe vissute come possesso su cui esercitare un dominio. L’incesto, inoltre, si rivela essere anche un potente regolatore dei conflitti di coppia. Ricorrendo ad un’estrema generalizzazione, si potrebbe sostenere che all’origine di qualunque abuso ci sia una coppia di genitori fallita. Le ricerche sulla violenza hanno ormai verificato che il modello psicopatologico di spiegazione degli abusi non corrisponde alla realtà: i genitori incestuosi non presentano in percentuale rilevante patologie psichiche e nemmeno problematiche sociali gravi. Per meglio inquadrare i diversi comportamenti violenti, derivanti da stress, frustrazione e insoddisfazione dei vissuti a livello sociale che si ripercuotono all’interno dei rapporti intrafamiliari, sarebbe opportuno utilizzare modelli multifattoriali, in quanto tengono conto di più indicatori.

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22 “Non esiste nessuna formula, nessuna situazione decodificata che conduca con assoluta certezza al maltrattamento, eppure si possono trovare due fattori di fondo che si riscontrano in ogni storia di abuso.

Il primo è quello che riguarda l’estraneità di fatto del bambino dal contesto in cui si trova: lui è che un oggetto, uno strumento che serve, finché è utile, all’interno di una dinamica familiare per ottenere un qualsiasi risultato.

Il secondo fattore che molti esperti intravedono dietro ogni storia di abuso, è la ripetitività intergenerazionale della violenza. Spesso i genitori che abusano dei propri figli sono state vittime essi stessi di gravi abusi o violenza da parte dei propri genitori.

La ripetitività della violenza non è legata però a meccanismi banali di causa-effetto o di ripetitività acritica, ma in realtà, dietro alla maggior parte dei casi di maltrattamento esiste un percorso complesso che porta ad una situazione dinamica”.57

Da molti autori, oggi, l’incesto è ritenuto un “evento familiare, il sintomo, il punto di arrivo, di un complesso groviglio di relazioni patologiche interne alla famiglia”58, un insieme di complesse e profonde relazioni disfunzionali che si sviluppano nel tempo come seguendo una sorta di “copione” collettivo che, in varia misura, coinvolge tutti e dove l’incesto agisce come “stabilizzatore” di conflitti e problemi che riguarda più aree funzionali e più soggetti del sistema familiare in cui si esprime.

“Mentre nei primi studi sull’incesto l’attenzione era focalizzata sulle caratteristiche psicologiche o psicopatologiche dei protagonisti, negli ultimi vent’anni circa ci si è rivolti all’analisi delle dinamiche che entrano in gioco tra i vari membri della famiglia; in pratica, da un padre patologicoad una famiglia patologica.

Se da un lato non può che apprezzarsi il tentativo di approfondire sempre più il problema dell’incesto, di capire sempre meglio, dall’altro si ha talvolta la sensazione che gli autori, che hanno adottato il punto divista della “famiglia disfunzionale” dimentichino un fatto fondamentale, che cioè, in gran parte dei casi di incesto, esistono un “colpevole” e “una vittima”.”59

57

Svevo L., Non sparate sugli angeli, violenza, abuso, maltrattamento sui bambini, Edizioni Paoline, Torino, 1989, pag. 27-29.

58 Malacrea M., Vassalli A., ( a cura di), Segreti di famiglia, Cortina, Milano, 1990. 59 Merzagora I., op. cit. pag. 38.

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23 “Trattando il tema di abuso sessuale da un punto di vista sistemico è necessario ribadire che la posizione di vittima e quella di autore del reato non vengono considerate in una visione circolare degli eventi, quasi a confondere tra di loro il danno subito e la responsabilità del reato”.60

Dalla letteratura psicologica emerge che, “la famiglia incestuosa può essere definita come un “blocco monolitico” all’interno della quale le distinzioni generazionali sono ignorate e le relazioni caratterizzate da promiscuità e anarchia”.61 Le caratteristiche peculiari riscontrate nelle famiglie incestuose consistono, quindi, in una mancata definizione dei ruoli, nell’assenza di comunicazione, nella scarsa capacità di risoluzione dei conflitti, insieme all’isolamento sociale e alle pregresse perdite o alle esperienze abbandoniche.

Molto spesso, infatti, l’incesto accade perché i ruoli della madre e della figlia vengono scambiati, e, più in generale, vengono rese sottili le barriere tra generazioni. Si osserva, infatti, l’assunzione da parte della figlia del ruolo materno, tanto che è essa stessa a diventare la figura femminile, centrale della casa e allo stesso tempo la madre partecipa, in modo conscio o meno, collocando la figlia al suo posto per soddisfare i bisogni affettivi, pratici e sessuali del padre.

Si riscontra una famiglia chiusa su di sé, che si ritiene autosufficiente e circonda con il segreto ogni azione che avviene al suo interno, in modo tale da vincolare tutti i suoi membri: la vittima non riesce ad aprirsi; l’abusante falsifica sottilmente e nega strenuamente; in particolare, poi, le madri non riescono a vedere e ad ascoltare e, i fratelli, non possono far altro che “far finta” o cercare di non vedere e non sapere.62

Per quanto riguarda l’aspetto dell’isolamento sociale, una relazione sessuale impari fra i genitori, provoca tensioni sessuali non soddisfatte nel padre, il quale è incapace o non vuole cercare soddisfazioni a tali tensioni al di fuori della famiglia per timore di

60

Carini A., Biancardi M. T. P., Soavi G. (A cura di), L’intervento psicosociale. L’abuso sessuale intrafamiliare, collana diretta da Stefano Cirillo e Marilena Lerma, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001, pag. 170

61 Miccoli A., op. cit pag. 165.

62Http://www.edscuola.it,Vegetti Finzi S., L’incesto e le conseguenze sull’infanzia, in Centro Nazionale

di Documentazione e Analisi sull’infanzia e l’adolescenza, Pianete Infanzia I: questionari e documenti (dossier monografico: violenze sessuali sulle bambine e sui bambini), Istituto degli Innocenti, Firenze, 1998, pag 27, 24.02.2015.

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24 perdere la facciata di stabilità e perbenismo patriarcale. Il padre, così come gli altri componenti, è pervaso dal timore della disintegrazione della famiglia e dall’abbandono, al punto che qualsiasi soluzione appare preferibile alla rottura del nucleo familiare.

In queste famiglie si viene a creare ciò che Cirillo definisce “gioco familiare”; “a determinare il suo andamento concorrono una serie di fattori: anzitutto quello socioeconomico e culturale, poi un fattore individuale, vale a dire le esperienze dei singoli “giocatori”, che rendono la scelta di un dato comportamento più probabile di altre, infine il fattore relazionale, cioè l’influenza reciproca degli atteggiamenti assunti dai vari componenti della famiglia. Fra questi va considerato anche quello del bambino vittima del maltrattamento, il quale, assume l’aspetto di “vittima come attore” senza rendersene conto”.63

“L’incesto, descritto in relazione alle dinamiche disfunzionali di coppia, viene presentato da Furniss con una duplice funzione rispetto al conflitto coniugale.

La prima è la funzione di evitamento del conflitto che si riscontra nella famiglia dove sussiste un forte disequilibrio emotivo e sessuale all’interno della coppia coniugale che viene compensato dal rapporto incestuoso padre-figlia. L’intensa dipendenza emotiva tra i due coniugi e la contemporanea lontananza sessuale innescano un processo circolare in cui l’incesto ha la funzione di scaricare la tensione e preservare l’esistenza del sistema famiglia. Per la figlia la relazione incestuosa si presenta come compensazione della mancanza di affetto e di cure che non ha mai ricevuto dalla madre, con la quale mantiene, addirittura, una relazione di grande dipendenza emotiva, così come avviene nei confronti del padre.

La seconda è la funzione di controllo, la quale si trova invece in famiglie fortemente e apertamente violente e conflittuali, nelle quali l’incesto serve a diminuire il livello del conflitto coniugale che rischia di annientare la famiglia. Il padre è spesso molto aggressivo e violento e la madre vede l’incesto come mezzo per sfuggire alle esigenze del coniuge. La madre può arrivare ad approvare e a volte anche a facilitare gli incontri incestuosi cosa che accresce la dipendenza del marito nei confronti della moglie e acuisce il legame tra lui e la famiglia”64.

63 Cirillo S., Cattivi genitori, Cortina Editore, Milano, 2005, pag. 19. 64 Carini A., Pedrocco M. T. B., Soavi G. (a cura di), op. cit. pag. 170.

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25 “Anche Watermann pone l’incesto al conflitto di coppia e individua due specifiche aree disfunzionali: l’aspetto patologico che porta più facilmente ad azioni di abuso intrafamiliare verte su una gestione conflittuale del potere e del rapporto sessuale. Il potere all’interno di una famiglia incestuosa è esercitato in modo squilibrato e di conseguenza anche il rapporto sessuale non è vissuto come paritario.

Generalmente si pensa ad un marito autoritario che si impone su tutti i componenti della famiglia, moglie compresa, la quale è collocata in una posizione di passività, dipendenza e incapacità a svolgere il proprio ruolo. Una simile figura di moglie non può essere percepita come in grado di soddisfare le esigenze del marito e la figlia può essere indotta a compensare quanto la madre è incapace di fare, cadendo nella trappola dell’incesto.

Ci sono però situazioni in cui il marito appare più come individuo immaturo, dipendente, che vede nella moglie un sostituto della figura materna, della quale non è in grado di separarsi, nonostante la situazione coniugale sia insoddisfacente e frustante. In questi casi la figlia subisce l’incesto come forma di compensazione per le attenzioni che il padre non riceve dalla moglie”.65

Prendendo in considerazione i cambiamenti che hanno pervaso la nostra società, si può notare come si sia ribaltata la concezione della famiglia e l’importanza dei ruoli: un’aumentata difficoltà degli uomini a confrontarsi, anche dal punto di vista sessuale, con le donne che attualmente hanno una posizione migliore rispetto al passato sia dal punto di vista economico che dei propri diritti; o ancora il cambiamento che ha intaccato l’unità familiare attraverso separazioni, convivenze e quindi nuovi partner che hanno condotto i bambini a vivere in quelle che si definiscono “famiglie allargate”. In quest’ambito i fattori di rischio che maggiormente conducono all’incesto sono rintracciabili nella strutturazione di rapporti difficili che si vengono a creare tra patrigni, conviventi, padri naturali e bambini.66

Riferendoci specificatamente a quei rapporti di quasi-parentela che si stabiliscono tra persone non strette da legami di sangue, Lanza utilizza il termine di “para-incesto”.

65 Carini A., Pedrocco M. T. B., Soavi G. (a cura di), op. cit. pag. 170 e ss. 66 Giusti E., Iacono M., op. cit. pag. 49.

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26 Sempre in riferimento al concetto di posizione del potere, “Barudy delinea tre categorie rappresentative delle famiglie incestuose, che posso essere definite complementari tra di loro.

La prima categoria prevede l’insieme di padre dominante, madre sottomessa, figlia adultizzata e protettrice: la moglie sottomessa dà al marito l’illusione del potere e costui cerca di colmare la propria solitudine attraverso il rapporto sessuale con la figlia, nell’illusione di colmare il proprio vuoto affettivo precoce.

Un'altra categoria è rappresentata dal padre sottomesso, dalla madre dominante, dalla figlia dominata: la madre, adultizzata precocemente in un’infanzia difficile, appare forte, ma è profondamente fragile; il padre la sceglie per la sua apparente competenza, ma si ritrova a sperimentare un rapporto di impotenza e insoddisfazione; cerca allora una compensazione attraverso un rapporto di potere e controllo sulla figlia.

Infine, l’ultima categoria prevede le figure di: Padre dominante, madre dominante, figlia regolatrice della relazione. In questo caso la relazione coniugale è molto conflittuale, entrambi i coniugi temono sia l’intimità reciproca sia l’abbandono da parte del partner, la figlia si trova oggetto di attenzioni morbose da parte del padre e di distacco da parte della madre”.67

L’incesto o l’abuso sessuale padre-figlia rimane la combinazione più diffusa e conosciuta e non è sempre accompagnato da atti di violenza, come si è abituati a credere. “L’età più a rischio per le bambine è quella che va dagli 8 ai 12 anni, anche se frequenti sono gli abusi durante l’adolescenza; tutte le ricerche evidenziano che la preadolescenza è notevolmente l’età più martoriata; le bambine sono vittime d’incesto più dei loro coetanei maschi e il dato rilevante riguarda l’incesto genitori-figli, soprattutto padre-figlia. Altro aspetto importante riguarda l’età del genitore incestuoso: non è un uomo di mezza età, o come si diceva in passato un vecchio, ma ha un’età media sui 33 anni e solo pochi superano i 45 anni”.68

67 Carini A., Pedrocco M. T. B., Soavi G. (A cura di), op cit. pag. 172. 68 Giusti E., Iacono M., op. cit. pag. 49.

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27 L’incesto, però, può verificarsi anche tra madri e figli, che sono, tuttavia, più difficili da scoprire perché molte volte mascheratati dietro lo schermo dell’affettività materna.69

“Questo tipo di violenza si inserisce all’interno di una dinamica particolare e complessa che certamente lo differenzia da qualsiasi altra forma di abuso compiuta da un adulto ai danni di un minore. In tutte le altre forme di violenza, infatti, la vittima ha la possibilità di riconoscere nell’abusante il colpevole. In molti casi d’incesto, invece, l’abusato viene privato dalla possibilità di identificare il padre come un vero e proprio aggressore, il quale ricorre a varie strategie di seduzione per ottenere la disponibilità da parte del bambino, privandolo spesso della libertà di difendersi e di odiare. Questo avviene perché, alla base, esiste sempre il rapporto familiare che può condurre all’accettazione della relazione come manifestazione di un’affettività, anche se morbosa e deviata”70.

“La teoria dell’attaccamento71

permette di individuare aspetti peculiari della personalità di entrambi i coniugi, elementi che consentono una collocazione maggiormente definita e motivata delle figure genitoriali nell’ambito delle dinamiche proprie della famiglia incestuosa. Vengono dunque individuate situazioni di genitori con modalità di attaccamento evitante, ambivalente e disorganizzato.

Nella condizione di attaccamento evitante si stabilisce tra la bambina e ciascun genitore una relazione caratterizzata dal rifiuto e dalla lontananza: il padre è autoritario, minimizza le proprie esperienze precoci di rifiuto e conseguentemente tende a non riconoscere l’impatto traumatico arrecato dall’abuso alla figlia; la madre è

69 Miccoli A., op. cit. pag. 165.

70Http://www.psicologiagiuridica.com 26.02.2015.

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La Teoria dell’attaccamento è stata elaborata dallo psicologo e psicoanalista britannico John Bowlby, il quale si è interessato particolarmente agli aspetti che caratterizzano il legame madre bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia. Per Bowlby è molto importante che il legame di attaccamento si sviluppi in maniera adeguata, poiché dipende da questo un buon sviluppo della persona. Sostiene infatti che gli stati di angoscia e di depressione, in cui un soggetto si può imbattere durante l’età adulta, possono essere ricondotti a periodi in cui la persona ha fatto esperienza di disperazione, angoscia e distacco durante l’infanzia. Secondo Bowlby il modello di attaccamento, sviluppatosi durante i primi anni di vita, è qualcosa che va a caratterizzare la relazione stessa con la figura di riferimento durante l’infanzia. Questo diviene successivamente un aspetto della personalità e un modello relazionale per i rapporti futuri. All’interno della tesi in riferimento viene preso un altro autore, Alexander, il quale seguendo il punto di vista della teoria dell’attaccamento ha delineato dei modelli di genitori che mettono in atto comportamenti incestuosi.

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28 psicologicamente assente, non disponibile al rapporto e non attenta a quanto avviene attorno a sé.

Nell’attaccamento ambivalente i genitori della vittima di abuso sessuale sono prevalentemente legati ai propri genitori e, cercano appoggio nei figli, costringendoli ad assumere una posizione parentificata. L’abuso s’instaura poiché il padre è incapace di riconoscere i bisogni di sviluppo autonomo dei propri figli e la madre è contemporaneamente proiettata fuori dall’ambito familiare, disattenta e incapace di imporre uno stop all’abuso.

Le famiglie caratterizzate da attaccamento disorganizzato si presentano come caotiche e multiproblematiche; l’abuso di sostanze o problemi psichici riduce la capacità di autocontrollo, aprendo così l’accesso all’abuso sessuale.

L’approccio sistemico e la teoria dell’attaccamento possono trovare una reciproca complementarietà, conferendo alla valutazione dell’abuso intrafamiliare una visione più ampia. Le caratteristiche individuali di entrambi i coniugi forniscono informazioni indispensabili per formulare una spiegazione circa la situazione di profondo e grave squilibrio esistente all’interno della coppia nella gestione del potere e del rapporto sessuale”.72

3.1 Il ruolo del padre

Volgendo lo sguardo allo studio sulle motivazioni che conducono il padre al comportamento incestuoso, la scuola psicoanalitica interpreta l’incesto padre-figlia come un tentativo del padre di vedere nella figlia la moglie da giovane, in una sorta di ritorno al “primo amore” della sua gioventù. “Alcuni autori ipotizzano il ricorrere di due elementi: la fissazione alla madre e il conseguente fallimento nell’identificazione con il padre.

Uno dei punti di minore accordo tra gli autori è il problema relativo all’assenso, alla presenza o comunque all’importanza da attribuirsi ad eventuali tratti psicopatologici negli autori di incesto.

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29 L’incesto è uno di quegli eventi che turbano particolarmente le coscienze, in quanto ritenuto inconcepibile, ma molti sono gli studi che non hanno trovato alcun indizio di psicosi dei padri incestuosi.

Al contrario altri autori affermano che l’incesto può, non di rado, essere sintomatico di profonde alterazioni psichiche, persino di psicosi acute o croniche.

La scuola fisio-patologica interpreta piuttosto l’incesto come causato da psicosi tossiche, difettualità di intelligenza, encefalopatie alcoliche.

Il termine che sembra ricorrere con più frequenza per i padri incestuosi è quello di “disordine paranoideo di personalità”. Tali tratti sono accompagnati da problemi di identificazione sessuale e problematiche omosessuali.

Altri autori sottolineano invece che le motivazioni all’incesto risiedono nel confondere dei bisogni quali quello di affetto, attenzione, dolcezza, con bisogni di carattere specificatamente sessuale”.73

La letteratura ha cercato di individuare e classificare i padri incestuosi per cercare di comprendere le motivazioni che possono indurre un padre a mettere in atto un abuso e, inoltre, ha tentato di ricavare dati prognostici al fine di comprendere le implicazioni emotive della vittima e poter mettere in atto una strategia d’intervento, oltre che progettare le modalità diagnostiche e successivamente di sostegno.

L’approccio psicodinamico suddivide in otto classi la nosografia psichiatrica che riguarda l’incesto, sostenendo, dunque, che può derivare da: carenza passiva; carenza aggressiva; psicosi, pre-psicosi e borderline; perversione; psicopatia; paranoia; nevrosi; malattie organiche e deficit mentale.74

“Nell’indagare le caratteristiche individuali dei padri incestuosi, una certa attenzione è stata rivolta alla loro sessualità, ma non si riscontrano conclusioni univoche. Una delle conclusioni sarebbe quella di soggetti con inibizioni sessuali o iposessualità tra gli autori di incesto; mentre altri riportano piuttosto la presenza, in questi soggetti, di caratteristiche di ipersessualità. Quest’ultima conclusione non ci aiuta, però, a capire perché tali impulsi vengano soddisfatti nell’ambito familiare: l’ipotesi dell’ipersessualità è sospetta perché tende a rafforzare l’interpretazione dell’incesto

73 Merzagora I., op. cit. pag. 67-68. 74 Miccoli A., op. cit. pag. 159.

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