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Dalla valutazione delle competenze genitoriali agli interventi di recupero della

Un aspetto importante, nelle politiche di tutela all’infanzia, consecutivo all’attivazione di qualsiasi misura di protezione, è rappresentato dalla “programmazione di interventi di recupero della genitorialità163 e, ancor prima dalle valutazioni delle competenze genitoriali, che fondano processi decisionali molto delicati e spesso decisivi per l’equilibrio psicologico e affettivo del minore, sulla base delle quali, gli organi istituzionali decidono dell’allontanamento del minore. Questo è un ruolo molto delicato e carica l’operatore di grandi responsabilità, pertanto, è essenziale che questo adotti una metodologia di indagine clinica e psico-sociale il più possibile rigorosa e corretta, basata su criteri sufficientemente affidabili e tali da rendere il più possibile attendibile e condivisibile il proprio parare”164.

Cirillo afferma che la “valutazione della recuperabilità è un “artificio clinico” inventato per superare le resistenze dei genitori nell’affrontare un contesto di riflessione e rielaborazione e per superare gli ostacoli posti dall’essenza di una richiesta spontanea di aiuto”165

.

La valutazione della capacità genitoriale non è esclusivamente centrata sull’indagine psicodiagnostica ma, è maturata in un’area di ricerca multidisciplinare e riguarda nello specifico due versanti: genitori e bambino e la loro relazione166.

Molti studiosi hanno cercato di dare una definizione alla “capacità genitoriale”, per individuare parametri e criteri di valutazione attendibili. I criteri presenti in letteratura

163 A tal proposito è utile tener conto della differenziazione operata da Cirillo in Cattivi genitori, pag. 6,

tra “valutazione della recuperabilità” e la semplice “valutazione delle competenze genitoriali”. Esso sostiene che la prima è un’invenzione clinica, che mira a sfruttare l’invio coatto, perché l’operatore possa prendere in carico un paziente non motivato, disponendo di un certo tempo per cercare di suscitare in lui una motivazione al cambiamento. La seconda punta ad appurare le condizioni di partenza.

164 Giamundo V., Isola l.,, Trascuratezza e recupero della genitorialità: un modello multiagency, in

rivista di “cognitivismo clinico” a cura dell’associazione di psicoterapia cognitiva e della scuola di psicoterapia cognitiva, 4,2, 2007, pag 114-115.

165 Cirillo S., Cattivi genitori, op. cit. pag. 6. 166 Giamundo V., op. cit. pag. 188.

63 per la valutazione della genitorialità in senso generale riguardano parametri individuali e relazionali relativi ai concetti di parenting e di funzione genitoriale167.

Prima di procedere è utile differenziare il concetto di competenze genitoriali, riferite a modalità del genitore di soddisfare i bisogni dal punto di vista psichico e fisico, da quello di funzioni genitoriali, che sono parte integrante della personalità di ciascuno e che hanno radici nell’interiorizzazione dei comportamenti delle figure accudenti.

Secondo Haller la “capacità genitoriale corrisponde ad un costrutto complesso, non riducibile alle qualità personali del singolo genitore, ma che comprende anche l’adeguata competenza relazionale e sociale. L’idoneità genitoriale viene definita dai bisogni stessi e dalle necessità dei figli in base ai quali il genitore attiverà le proprie qualità personali, tali da garantire lo sviluppo psichico, affettivo, sociale e fisico”168.

Bornstein, sulla scia del pensiero di Haller, “descrive il parenting come una competenza articolata su quattro livelli. Il primo, il nurturant care-giving, comprende l’accoglimento e la comprensione delle esigenze primarie; il secondo livello definito material care-giving riguarda, invece, la modalità con cui i genitori preparano, organizzano e strutturano il mondo fisico del bambino; il terzo livello è il social care- giving il quale include tutti i comportamenti che i genitori attuano per coinvolgere emotivamente i bambini in scambi interpersonali; infine vi è il didattic care-giving, esso si riferisce alle strategie che i genitori utilizzano per stimolare il figlio a comprendere il proprio ambiente”169.

Uno dei modelli più recenti che si occupa dei criteri di valutazione della genitorialità, allo scopo di individuare una situazione di rischio per il bambino è il process-oriented, originariamente elaborato da Cummimgs, Davies e Campbell (2000), adattato da Paola Di Blasio (2005). Il modello valorizza, innanzitutto, i fattori individuali (biologici, genetici, psicologici), i fattori familiari e sociali (coppia, bambino, fratria, amici, lavoro, famiglia estesa), i fattori della società e dell’ambiente (ambiente fisico e salute,

167 Da un’attenta analisi della letteratura scientifica, Visentini individua otto importanti funzioni

genitoriali: la funzione protettiva; la funzione affettiva; la funzione regolativa; la funzione normativa; la funzione predittiva; la funzione significante; la funzione rappresentativa e comunicativa; la funzione triadica. Dal testo di Camerini G. B., Lopez G., Volpini L., op. cit. pag. 16.

168 Camerini G. B., Lopez G., Volpini L., Manuale di valutazione della capacità genitoriali, Maggioli

editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, pag. 15.

64 servizi e risorse della comunità, condizioni economiche e familiari, supporti del governo) oltre alle reciproche interazioni tra questi, come livelli che influenzano il funzionamento genitoriale. Ciò evidenzia la complessità delle indagini sulle capacità genitoriali, la quale dovrà consistere, non solo nella descrizione della personalità degli adulti e del minore, ma anche, e soprattutto, nello studio delle interazioni che si sviluppano tra le risorse ed i bisogni delle persone, nonché lo studio delle risorse che possono essere attivate nell’ambiente di vita170

.

Nella capacità dei genitori di riprendersi e di uscirne più forti, pieni di nuove risorse, dall’avversità rientra il concetto di resilienza. Applicando quest’ultimo alla famiglia possiamo affermare, riprendendo le parole della Walsh,171che: “l’espressione “resilienza familiare” si riferisce a un insieme di strategie di coping e di processi di adattamento che intervengono all’interno della famiglia intesa come unità funzionale”172

.

La Di Blasio mette in evidenza la distinzione tra “fattori protettivi e fattori negativi. I primi innescano i processi volti ad annullare, contenere o mitigare i fattori di rischio, legati all’individuo, al bambino o al genitore. I secondi vengono divisi a loro volta in distali, i quali non esercitato un’influenza diretta ma inseriscono elementi di debolezza che contribuiscono a impoverire l’ambiente in cui vivono le persone (sia dal punto di vista psicologico e fisico); e prossimali che, invece, incidono direttamente sulla quotidianità, influenzando direttamente le relazioni degli individui, il loro spazio di vita, i loro comportamenti e i loro sentimenti. Anche quest’ultimi, come i fattori protettivi, si distinguono in: fattori individuali, dei genitori e del bambino”173.

La valutazione della recuperabilità della famiglia si basa sulla lettura profonda delle dinamiche interne alla famiglia e sull’esplorazione delle competenze genitoriali, che procede esaminando le reali risorse emotive dei genitori e le loro capacità empatiche,

170

Bertotti T., op. cit. pag. 78.

171 Froma Walsh è professore presso la scuola di Servizio Sociale, Amministrazione e dipartimento di

psichiatria presso l’Università di Chicago per la salute della famiglia. In passato è stata redatrice del giornale “marital and famlily” e attualmente fa parte del Consiglio di Amministrazione della rivista “Family process”. È una ricercatrice psicoterapeuta che si occupa di famiglie in crisi la quale ha creato il modella della resilienza familiare.

172 Walsh F., La resilienza familiare, Raffaello Cortina, Milano, 2008, pag. 19. 173 Bertotti T., op. cit. pag. 79-80.

65 effettive e potenziali, nei confronti dei figli174. La famiglia va aiutata non solo con strumenti economici, ma soprattutto con un trattamento psicologico e con un supporto finalizzato al cambiamento e alla riorganizzazione delle relazioni al fine di poter riacquisire competenza.

Nell’effettuare la valutazione non si deve trascurare l’importanza di considerare le diverse fasi di sviluppo che attraversa il minore e i bisogni che caratterizzano le diverse tappe evolutive. È chiaro che un determinato atteggiamento genitoriale può essere più o meno appropriato ad una specifica età di sviluppo del bambino, basti pensare alla delicata fase l’adolescenza.

Possiamo, dunque, dire che la “valutazione complessiva è il risultato di una lettura della realtà in cui si intrecciano bisogni individuali e dinamiche familiari, con un focus privilegiato sul grado di sofferenza e di compromissione dello sviluppo del minore. È possibile programmare le eventuali azioni di recupero solo dopo avere valutato le risorse familiari, il rapporto con i figli, la disponibilità genitoriale al cambiamento, i fattori prognostici di cambiamento, le reazioni e le risposte genitoriali di fronte allo stress”175

. Dunque, il punto fondante del processo di aiuto è la valutazione, la quale permette di sostenere gli interventi da effettuare.

Il senso più profondo di questa fase è la sua “apertura sul futuro”176, focalizzando l’attenzione al passato per provare a capire gli errori ed individuare ciò che è possibile fare affinché non accada più. Lo sguardo si rivolge, quindi, alle risorse e alla possibilità, facendo nascere una speranza, una capacità di rappresentare scenari e una fiducia nel cambiamento. Per far sì che ciò si realizzi, la valutazione deve esse dinamica e dialogica e non una descrizione “fotografica”177

come sostiene Cirillo.

174 Foti C., L’affidamento familiare, i bisogni del bambino e la risposta dell’empatia, in “Minori

giustizia”, n.2, 1996, pag. 41.

175 Giamundo V., op. cit. pag. 196. 176 Bertotti Teresa., op. cit. pag. 179.

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