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Fattori collegati all’organizzazione dei percorsi VET

POPOLAZIONE GIOVANE

6.3. Fattori che influenzano l’abbandono precoce dei percorsi VET

6.3.2. Fattori collegati all’organizzazione dei percorsi VET

Nel corso dei colloqui condotti per questo studio, per spiegare l’abbandono precoce dei percorsi VET gli intervistati hanno sottolineato in particolare le questioni inerenti il sistema di istruzione e formazione e le istituzioni. Sebbene gli intervistati abbiano menzionato anche una serie di altre questioni (47), questo paragrafo si concentra solo su quelle spe-cifiche dei percorsi VET o fortemente presenti in essi.

L’orientamento degli studenti

Numerosi intervistati hanno indicato fra le ragioni della dispersione scolastica le questioni legate a un inadeguato orientamento degli studenti. Tale questione non riguarda esclusivamente i per-corsi VET, ma è particolarmente pronunciata in questi ultimi poiché vi sono molte più scelte pos-sibili in termini di tipo di programma. Gli intervistati hanno citato numerosi aspetti della questione:

• gli studenti e le loro famiglie preferiscono innanzitutto cercare di completare un percorso di istruzione. Nel caso il giovane incontri difficoltà rilevanti, abbandona il percorso di istruzione e intraprende un percorso VET. Questo passaggio non significa necessariamente che abban-donerà anche quest’ultimo, sfociando nell’abbandono precoce. Tuttavia, il disimpegno e la stigmatizzazione che derivano dall’interruzione precoce di un programma possono avere con-seguenze negative per il resto del percorso;

• la scelta sbagliata di un programma VET. Molti intervistati osservano che il fatto che a un/a gio-vane venga consigliato di frequentare un certo programma perché «non è abbastanza bravo/a»

per gli altri va a scapito del proseguimento del percorso. Questi giovani spesso hanno già un’immagine negativa di sé, in particolare rispetto all’istruzione, a causa delle precedenti diffi-coltà scolastiche;

• la mancanza di una visione futura del loro percorso. La maggior parte dei giovani di 15 o 16 anni non ha un progetto professionale concreto. Tuttavia, ciò che spesso gli manca è una ri-flessione sul percorso futuro e sulle proprie aspirazioni. Questo atteggiamento passivo e di-simpegnato verso la propria istruzione è una delle maggiori difficoltà incontrate da molti studenti dei percorsi VET a cui viene detto di seguire un certo percorso senza riuscire a coinvolgerli in una scelta attiva.

In questo contesto, diversi intervistati hanno evidenziato il possibile ruolo positivo della formazione preprofessionale o di quelle iniziative in cui i giovani possono provare diverse attività professionali prima di scegliere un programma specifico. Secondo alcuni intervistati, anche il fatto che questi tipi di programmi vengano ridimensionati (ad esempio in Francia), che siano meno popolari (in Austria) o che l’anno di ingresso nei percorsi VET non sia più organizzato in questa «forma esplo-rativa» (in Belgio - Comunità francese) è da mettere in relazione con l’abbandono precoce.

La percezione della professione

Un altro punto legato all’orientamento degli studenti è la mancata corrispondenza tra la percezione della professione per la quale studiano e la realtà. Ciò avviene più spesso in alcuni programmi o ambiti di studio che in altri. Non significa che il giovane finirà per ab-bandonare precocemente il percorso, può benissimo iniziare un altro programma che ri-sponda meglio alle sue esigenze. Tuttavia, è importante che questo riorientamento si verifichi presto, prima che il giovane smetta di impegnarsi.

Tali errate percezioni possono essere legate a diversi fattori:

• la mancata consapevolezza delle condizioni di lavoro e una scarsa disponibilità ad affrontarle;

• la sottovalutazione del livello di complessità tecnica di certe professioni che richiedono solide conoscenze di base in settori come la matematica, la fisica o le scienze;

• la mancata comprensione del tipo di lavoro al quale è mirato un programma.

L’immagine negativa dei percorsi VET più in generale

Nel linguaggio comune di genitori e insegnanti compaiono molti giudizi ed espressioni negative sui percorsi VET. Di conseguenza, quando i giovani ne intraprendono uno, interiorizzano l’idea di non essere «abbastanza bravi», e questa è una delle cause del loro progressivo disimpegno dal-l’istruzione.

È interessante notare che tale questione è stata citata in tutti i paesi in cui sono state condotte in-terviste, comprese la Danimarca, la Germania e l’Austria, che a livello internazionale sono consi-derate nazioni con un settore VET attrattivo e di buona qualità. Ciò dà luogo a un circolo vizioso.

Gli studenti che affrontano grosse difficoltà scolastiche si ritrovano spesso in maggior numero in alcuni programmi o ambiti di studio VET (quelli scarsamente attrattivi) ed è più probabile che si demotivino.

Contenuti e struttura dei programmi

Gli intervistati osservano che, quando i giovani scelgono un indirizzo professionale, intendono svolgere un tipo di apprendimento più pratico e concreto. Invece, è stato rilevato che un certo numero di programmi VET è strutturato in modo da imporre una consistente dose di teoria prima di arrivare a sperimentare la pratica. Un buon numero di intervistati rifletteva sul bisogno di garantire che la conoscenza teorica fosse integrata nel contesto formativo e fosse significativa per i giovani nell’ambito della professione per la quale si stanno preparando. In maniera diretta o indiretta, gli intervistati richiedevano una formazione maggiormente basata sulle competenze al fine di:

• riconoscere i risultati considerati significativi anche dal giovane; e

• unire in modo coordinato l’insegnamento di conoscenze, abilità e competenze.

Ci si aspetta che i percorsi VET possano adottare facilmente questo approccio (o lo stiano già fa-cendo), mentre al contempo la realtà sul campo spesso non è ancora all’altezza di questo ideale.

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Lo sviluppo di un’identità professionale e la significatività della formazione I percorsi VET hanno un’altra caratteristica citata dagli intervistati, che può diventare una risorsa per combattere l’abbandono precoce. Un percorso VET di buona qualità può far sviluppare l’identità professionale. Ciò richiede un processo di impegno e motivazione che permette ai giovani di percepire la formazione come qualcosa di significativo. Attra-verso «modelli di ruolo», ossia attraAttra-verso formatori o insegnanti dei percorsi VET, i giovani si fanno un’idea della professione e ne incorporano i codici. Fanno pratica, idealmente in un posto di lavoro, e questo contribuisce a creare un’identità professionale.

Questioni specifiche legate all’apprendistato e ad altri tipi di programmi con un forte accento sulla formazione in ambito lavorativo

Gli intervistati hanno citato anche una serie di questioni legate più specificamente all’apprendistato o ai programmi che richiedono periodi consistenti di apprendi-mento sul posto di lavoro:

• disponibilità di opportunità di apprendimento sul posto di lavoro. In molti sistemi, la mancanza di luoghi per l’apprendistato non è considerata un motivo di dispersione scolastica in quanto tale, ma è spesso citata in questo contesto. In tali paesi l’ap-prendista non può essere ammesso all’apl’ap-prendistato senza un contratto con un da-tore di lavoro (ad esempio in Belgio – Comunità francese, in Francia e in Austria).

Tuttavia, gli intervistati di questi paesi hanno comunque accennato alla difficoltà di trovare una sistemazione per i giovani;

• preparazione per il lavoro. Nell’apprendistato e nel tirocinio, i giovani devono diven-tare adulti da un giorno all’altro all’età di 15 o 16 anni. Devono adotdiven-tare le regole del posto di lavoro e obbedire a certe norme di base legate a comportamenti e abi-lità come puntuaabi-lità, disciplina, comunicazione, rispetto delle regole e ottemperanza alle richieste. Molti intervistati hanno indicato l’indisponibilità a lavorare come ra-gione principale del fatto di non trovare un apprendistato o di abbandonarlo durante i primi mesi. I datori di lavoro si aspettano che gli apprendisti mostrino motivazione e impegno e quando ciò non avviene recedono dal contratto. I giovani possono anche trovarsi a dover affrontare i clienti e gestire diversi tipi di contatti e questo può richiedere un livello di maturità e autocontrollo che spesso all’inizio non pos-siedono;

• rapporti sul posto di lavoro. Trovare un ambiente propizio sul posto di lavoro è la chiave per far sì che i giovani non abbandonino. Gli intervistati osservano che quando il rapporto con il tutor o il formatore non è positivo, è molto più probabile che i giovani non completino il programma. Da un lato ciò ha a che vedere con la questione della disponibilità e preparazione al lavoro citata sopra, ma dall’altro alcuni intervistati hanno anche osservato che in alcuni settori (ad esempio il ca-tering) le condizioni di lavoro e l’atmosfera lavorativa sono in generale piuttosto

«dure»;

• ruolo motivazionale dell’apprendimento basato sul lavoro (fattore positivo). D’altra parte, l’apprendimento basato sul lavoro ha un notevole potenziale nel sostenere

i giovani a restare nel percorso formativo. Diversi intervistati hanno citato il poten-ziale motivazionale dell’apprendimento basato sul lavoro. Da un lato essere coin-volti in un processo lavorativo reale consente ai giovani di costruirsi un’immagine significativa dell’apprendimento e del futuro. Dall’altro, le relazioni professionali positive e la valorizzazione del proprio lavoro da parte di altri dipendenti possono essere molto motivanti e contribuire a una positiva percezione di sé.

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