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Nelle tre tematiche (la figura della donna, l’amore e lo spazio) delineate come campo d’indagine, si è scelto di intraprendere un altro percorso d’analisi interessante per proseguire con i ritratti di fanciulla: la femminilità colpita da un’infermità. In Dal vero infatti sono ricorrenti figure di giovani donne affette a una patologia non ben precisata, ma afferente alla sfera sentimentale. Serao non parla mai apertamente di nevrosi eppure i segnali che offre sono molto chiari: innanzitutto ne mette in evidenzia le conseguenze fisiche come la magrezza, il pallore e la debolezza, in secondo luogo crisi di nervi e comportamenti impulsivi e irrazionali che rimandano al disagio definito come «un male di moda nella donna»45.

Isteria, epilessia? La Serao non proferisce nessuna di queste grosse parole ma quanto narra basta a metterci una pulce nell’orecchio. In qualche caso, comprendiamo di trovarci di

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fronte a psicosi belle e buone, come nel racconto de La donna dell’abito nero, in Fior di

Passione46.

In effetti questo tipo di femminilità è un’immagine frequente nella stessa narrativa di fine Ottocento e ricorrente in molte altre novelle e romanzi dell’autrice. Il prototipo letterario di questa figura è la Fosca di Igino Ugo Tarchetti, in cui si colgono i tratti essenziali di un male isterico che riduce la donna a un fisico provato dalla convalescenza, con forti sbalzi d’umore e con crisi di nervi. Se Tarchetti offre dal suo punto di vista maschile l’analisi di una malattia, è interessante vedere anche l’indagine opposta e complementare svolta dallo sguardo “tutto al femminile” di Serao. Occorre partire innanzitutto dai punti di contatto tra i due autori. È presente in entrambi la descrizione del carattere instabile e facilmente irascibile della donna isterica. Questo dato corrisponde alle conoscenze mediche del tempo:

I manuali di medicina scritti in quel periodo sottolineano infatti come l’isterismo affligga soprattutto donne, e come la paziente sia soggetta, a causa della malattia, a una condotta immorale e riprovevole. Le donne studiate vengono descritte come depravate, bugiarde e minacciose47.

Da questa citazione si ricavano degli elementi della femminilità nevrotica validi sia per Fosca sia per i personaggi seraiani, i quali spesso condividono un atteggiamento irragionevole e incostante verso gli altri. Un’altra analogia tra i due autori è segnata dalla descrizione dell’aspetto fisico della donna isterica. Le sue peculiarità, delineate dai due autori, sono l’esilità e la gracilità del corpo, il pallore funereo, il rovesciamento dei normali tratti di fascino femminile. Le raffigurazioni dell’immagine femminile è però indagata con grande profondità, tenendo conto di tutte le informazioni che la medicina del tempo forniva sull’isteria. Infatti le caratteristiche fisiche descritte dai due autori sono molto precise e costanti, quasi a voler dare un’esatta analisi clinica del personaggio. A questo proposito si può considerare che ciò che viene detto per Fosca resta valido anche per i personaggi seraiani:

Un’analisi attenta del modo in cui Tarchetti si appropria del discorso medico ottocentesco permette un’interpretazione diversa del romanzo […]. Il modo in cui l’autore descrive il personaggio malato di Fosca segue un modello medico già diffuso in quegli anni e che verrà codificato nei due decenni successivi da autorità mediche come Cesare Lombroso e Max Nordau48.

A questo punto bisogna però segnalare una differenza significativa tra i due autori. Come in Tarchetti anche in Serao infatti sono visibili quelle caratteristiche della patologia femminile evidenziate nella teoria fisiognomica di Lombroso per la donna criminale studiata nel suo lavoro del 1893 La donna delinquente, la prostituta e la donna

normale: ovvero gli elementi di disordine, di disarmonia e di sproporzione indicano una

mancanza di bellezza fisica e la presenza della patologia sia nel romanzo scapigliato sia

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Maryse JEULAND MEYNAUD, Immagini, linguaggio e modelli del corpo nell'opera narrativa di Matilde Serao, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1986, p. 76

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Elena CODA, La cultura medica ottocentesca nella "Fosca" di Igino Ugo Tarchetti, in «Lettere italiane», 3, 2000, p. 446

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nelle novelle seraiane. Se tuttavia questi dati per Tarchetti diventano spunti per indagare il profondo di Fosca, in Serao il rapporto tra la scrittrice e i personaggi è diverso. Se Giorgio, la voce narrante di Tarchetti, guarda alla protagonista femminile con senso di ripugnanza e di distacco, in Serao si nota al contrario un sentimento di compassione, quasi di pietas verso questi personaggi femminile. Le due prospettive differiscono proprio in questo: l’una è interessata a risaltare gli aspetti deteriori e destabilizzanti della malattia proprio con un’ottica positivistica, l’altra pur offrendo descrizioni non banalizzanti e non generiche del malessere, indaga maggiormente l’aspetto intimo della femminilità. Inoltre l’autrice si concentra soprattutto nel rapporto che questi personaggi hanno con l’amore, è proprio all’interno di questa sfera tematica che si rendono più espliciti gli effetti della malattia. Viene infatti presentata una relazione spesso non pacifica, ma contrastata. Serao parla di femminilità malata soprattutto in relazione alla passione. È questo che causa nella donna infermità fisica e mentale. Questo elemento è discusso anche da Nancy Harrowitz in Antisemitism, Misogyny, and the Logic of Cultural Difference: Cesare Lombroso and

Matilde Serao, già di cui sono state approfondite le eroine seraiane di Castigo, Addio amore! e Fantasia49.

Serao’s “love” novels employ the effect of passion as a central theme. In some of these novels, the female protagonists are trapped by their emotions as they fall prey to a passion that is usually unrequited or unfulfilling. In this way, passion can even take on a physical dimension as the character falls ill and expresses bodily symptoms of sickness. Ultimately, it functions as an indication of the difficult status of woman and serves to establish her precise identity50.

L’elemento della passione influisce su altre figure femminili di Dal vero e la loro condizione di malattia non fa altro che esternare un sentimento di disagio interno riguardo alla propria situazione personale, ma anche alla difficile condizione di donna collocata in un contesto in cui prevale totalmente la legge patriarcale. L’autrice sembra in particolare avere intuito nelle sue eroine un nesso tra soma e psiche. Le loro patologie avrebbero cioè «un’origine psicogenetica o più precisamente ansiogenetica»51

. La loro infermità si manifesta apertamente nel fisico consunto, ma il vero problema si trova più a fondo nella loro intimità.

Per tutte, c’è da chiedersi se la narratrice, precorrendo di qualche lustro il celebre Groddeck, non abbia intuito qualcosa in materia di psicosomatismo, interpretando il segno corporale clinico come appello lanciato dalla psiche conturbata, mettendo nella malattia meno corporeità e più passionalità fantasmatica, facendo cioè del corpo non più la fonte esplicativa del malanno ma il luogo di compimento delle finalità espressive del desiderio52.

Inoltre nella sfera tematica della passione particolarmente complicato è anche il rapporto che queste donne vivono con la naturale ricerca del proprio desiderio, poiché

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Nancy HARROWITZ, Antisemitism, Misogyny, and the Logic of Cultural Difference: Cesare Lombroso

and Matilde Serao, Lincoln and London, University of Nebraska Press, 1994, pp. 81-103

50

Ivi, p. 85

51

Maryse JEULAND MEYNAUD, Immagini, linguaggio e modelli del corpo nell'opera narrativa di

Matilde Serao, cit., p. 77

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nella severa morale coeva lo spazio lasciato alla sessualità femminile era ristrettissimo, anzi quasi inesistente. Le protagoniste sono costrette a soffocare la normale domanda del piacere, nascondendola con la repressione. Non deve stupire la dichiarazione dell’antitesi presente tra l’immagine del femminile imposta dalle convenzioni sociali e quella che comprende anche i bisogni naturali della donna, la tematica è contenuta anche nel romanzo Teresa di Neera. Resta difficile per loro questo problema:

quello della genitalità o della sessualità mortificata, il quale, da Madame Bovary in poi, raggruppa sotto la denominazione generica di «bovarysmo» le varie turbe della nevrastenia, dei vapori e languori, della consunzione, dell’emicrania e della noia53

.

Il terzo elemento che interagisce con il personaggio femminile e con la sua esperienza sentimentale è lo spazio. L’autrice è abile nel cogliere i tratti della malattia nell’ambiente in cui pone le figure. La camera della convalescenza o il piccolo salotto spesso rispecchiano l’interiorità dei personaggi. Sicuramente la pittura seraiana di queste figure femminili si connota come una raffigurazione d’interno e, più precisamente, un interno con figure di cui si mettono in evidenza il senso claustrofobico e la mancanza di luce. Tutti questi elementi sono colti e indagati complessivamente da una sensibilità femminile capace di intuire e dar voce ai piccoli drammi interiori sottaciuti. Di queste figure femminili dunque non vengono più messi in risalto solo gli aspetti medico-positivistici come avviene in Fosca, ma viene approfondita l’interiorità con una vicinanza di sentire che solo una donna era in grado di percepire.

Si procede dunque con l’analisi delle novelle che hanno al loro interno questi soggetti femminili: Tristia, Fulvia e Silvia. I racconti hanno un’estensione narrativa diversa, perciò se sarà possibile fare dei cenni sulla psicologia femminile per i primi due testi, per Silvia si potrà ricostruire un quadro più completo del personaggio.

Per primo si analizza il profilo della giovane ragazza colpita dalla malattia presente in Tristia54. Fin dalla descrizione iniziale si evincono i dettagli principali che

connotano la differenza del personaggio rispetto alle «altre giovinette ridenti di bellezza e di salute» con un sentimento quasi di tenerezza per la fanciulla:

Per quella simpatia che ispira un visetto pallido e quasi divorato da un par d’occhi grandi – per quella attrazione che esercita un corpicino gracile, esile, perduto nelle stoffe, pieno di dolci languori e di febbrili sussulti – per quella seduzione che possiede una fanciulla pensierosa, intelligente, ammalata e nervosa – per tutto questo e per altro ancora, Gemma era molto amata. (p. 70)

Nella figura di Gemma sono presenti tutti i dettagli della malattia: «corpicino gracile […] pieno di languori e di febbrili sussulti», eppure è un personaggio che è introdotto con precise espressioni che indicano affetto e compassione: «per quella simpatia», «per quella seduzione» (p. 70). La presentazione della ragazza continua con

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Maryse JEULAND MEYNAUD, Immagini, linguaggio e modelli del corpo nell'opera narrativa di

Matilde Serao, cit., p. 78

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quegli elementi che diventeranno poi topici per la descrizione della femminilità malata di nevrosi:

Da principio destava interesse quella testina un po’ curva sotto il peso dei bruni capelli; quello sguardo incerto, stanco, molto spesso smarrito; quella bocca così vivida in quel pallore così cereo; quell’aria di donna che abbia molto amato e molto vissuto in pochissimo tempo. (p. 70)

Il capo curvo e fragile in cui pesa la folta capigliatura, lo sguardo incerto, il pallore cereo e soprattutto l’impressione di «donna che abbia… molto vissuto in pochissimo tempo» segnano dei dati importanti che determinano le successive figure femminili in Piccole anime: Una fioraia, Canituccia e Aloe in Alla scuola. Nella descrizione di Gemma risaltano dati di disarmonia e disordine, caratteristiche quest’ultime già rilevate da Elena Coda per il personaggio letterario di Fosca: la piccolezza del viso «quasi divorato da un par d’occhi grandi», l’età puerile inoltre contrasta con l’apparenza di una donna già grande e la bocca vivida infine è in opposizione al complessivo pallore del viso (p. 70). Tutti quei tratti che sono le tradizionali caratteristiche di bellezza femminile sono rovesciati: la testa è piegata, proprio perché appesantita dal peso dei capelli bruni e lo sguardo è assente, incerto. In questi dettagli Serao sembra riproporre i tratti peculiari di Fosca: la gracilità della persona, persino la testa gravata dalla folta massa di capelli ricorre anche in Tarchetti55. La voce narrante di Serao non è Giorgio che attraverso la scrittura cerca di porre una distanza rispetto alla donna malata, ma al contrario una voce che assume un tono di empatia verso la fanciulla: «veniva la pietà: si sapeva che la fanciulla era infermiccia, minacciata da una lenta consunzione» (p. 70). Anche nell’atteggiamento verso gli altri Gemma sembra confermare i comportamenti della donna nevrotica. La medicina del tempo si osserva:

Anche in questa descrizione Tarchetti segue fedelmente un modello medico particolarmente accettato nell’ottocento: la donna è maggiormente incline all’isterismo in quanto non è in grado di controllare le proprie emozioni56.

Questa descrizione pare ben adattarsi anche alla figura di Gemma, la quale non ricambia il grande affetto e attenzione di cui è circondata. Anzi sembra animata al contrario da un istinto di sopravvivenza che la porta a concentrare il suo pensiero solo su di sé:

Essa no, non amava; pare non ne avesse la voglia o la forza; ed il sentimento più sviluppato in lei era un profondo egoismo, che le faceva accettare, con una riconoscenza passiva tutte le premure, tutti gli omaggi, tutti gli affetti. (p. 70)

È interessante notare come anche l’esperienza d’amore si traduca per Gemma in una nuova manifestazione di nevrosi. Andrea, un giovane coetaneo di Gemma, si innamora di lei. La descrizione del ragazzo si connota all’opposto di quella della fanciulla.

55

Igino Ugo TARCHETTI, Fosca, cit., p. 43

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Figuratevi un giovanotto alto e robusto, quasi un colosso, con un paio di spalle erculee, un collo da toro ed una testa energica, dalle linee nettamente accusate: una salute a tutta prova. (p. 70)

Viene descritto con un carattere molto gentile e attento a difendere le esigenze dei deboli, una sorta di «Ercole moderno» (p. 71). Il suo innamoramento viene ad essere ritratto come una fatalità, come se i due opposti si attraessero per una specie di destino. Se Gemma personifica la malattia e lo spegnimento quasi funereo, Andrea all’esatto contrario è l’immagine della forza e della vitalità. La dialettica tra le due figure è messa ben in evidenza. Nel romanzo di Tarchetti l’antitesi salute e malattia è incarnata dalle due figure contrastanti di Clara e Fosca, le quali condividono l’amore per lo stesso uomo, Giorgio. Il maschile dunque è escluso dalla rappresentazione del contrasto. Nella novella di Serao invece la scelta è diversa: i due personaggi, Andrea e Gemma, diventano emblemi della diversa condizione di benessere e floridezza o viceversa di disagio fisico e psichico. In Serao c’è un ulteriore elemento di complessità. L’amore del giovane per la ragazza non solo si connota come il normale affetto di un ragazzo interessato, ma assume la figurazione di un amore di donna, anzi di madre:

Il fiero e robusto garzone, dalla tempra indomabile, si piegò a tutte le delicatezze, a tutte le finezze, a tutti i capricci della fanciulla, curvò la sua fibra, diventò per lei una donna, anzi sua madre. (p. 72)

Per Gemma, orfana dei genitori, non avendo più nessun parente eccetto una zia, che si prende cura di lei, l’amore di Andrea diventa totalizzante e a sua volta il ragazzo ha la volontà e l’impegno di vivere in funzione di lei. La malattia della protagonista si connota innanzitutto come una chiara esteriorizzazione del disagio interiore della ragazza. Sola al mondo, in compagnia soltanto di una parente, costretta a sacrificare tutto per la nipote, l’atteggiamento patologico di Gemma è una perfetta risposta esteriore del suo intimo sentimento di solitudine e di dolore. Ancora una volta, la vicenda di Gemma si avvicina a quella di Fosca, con cui condivide il fatto di essere senza più nessuno al mondo, a carico di un familiare, nella fattispecie per Fosca si tratta di un cugino, per Gemma di una zia. Un altro dettaglio in comune tra le due figure letterarie sta nella presenza di un medico al fianco di entrambe, per assisterle nella loro patologia.

L’interazione con la fanciulla non è agevole, la ragazza oppone ad Andrea una volontà malata, scostante e spesso irascibile. Nonostante questo carattere non facilmente trattabile, Andrea persevera nel passare molto tempo a fianco del letto di Gemma durante la sua convalescenza. La camera della ragazza diventa infatti il luogo principale dell’incontro dei due innamorati, reiterando in questo la scelta narrativa tarchettiana. Giorgio e Fosca non potendo apparire in pubblico si danno appuntamento nella stanza di lei. Lo spazio si connota di tratti cupi e funerei, amplifica quel senso di malattia e sofferenza vissuta della figura femminile. Il contrasto con lo spazio aperto, luminoso e arieggiato è fin da subito espresso nella condizione di Andrea:

Egli avrebbe dovuto vivere sempre all’aria aperta, in mezzo alla luce: eppure nelle lunghe nevralgie di Gemma passava le giornate intiere in una camera chiusa, nella penombra,

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non osando muoversi dalla sua sedia per timore di disturbare, non osando parlare, respirando un’aria carica del sottile odore dell’etere, soffocando anche i respiri. (p. 72)

Nella descrizione di quest’ambiente claustrofobico, pregno del solo odore dell’etere, Serao individua un modulo narrativo che verrà sapientemente elaborato nella prosa successiva. La camera di Gemma ricorda quella di Bianca Maria Cavalcanti: la raffigurazione della femminilità malata in uno spazio chiuso e asfittico. Due sono gli elementi in comune che occorre mettere in risalto: la femminilità sul letto a riposo, una figura al suo fianco che la contempla, come fosse già morta. Una descrizione molto simile ricorre anche in Silvia, un’altra novella della stessa raccolta di cui si parlerà in questa sezione. In un’altra occasione lo spazio assume una dimensione significativa, più precisamente nella dimensione di un dialogo di Gemma. La ragazza critica con grande cattiveria lo stato di eccessiva salute del ragazzo e profila per sé un’immagine funebre:

Ma essa continuava spietata: gli diceva che sarebbe morta, che l’avrebbero messa giù nella terra nera, dove il sole non entra, e che allora tutti sarebbero rimasti contenti per sbarazzarsi di lei. (p. 73)

Ancora una volta per Gemma compare uno spazio chiuso, freddo, tetro in cui la luce del sole non penetra, come se ormai solo la morte fosse la dimensione a cui è destinata. Nonostante il grande sacrificio di Andrea, l’atteggiamento della protagonista quasi mai si mostra felice e riconoscente: «gli intervalli di dolcezza erano brevi e rari» (p. 73). La risposta che più spesso riceve da Gemma è proprio quella di ingratitudine e di sgarbo:

Per una lieve cagione, per un cielo piovoso, per un capriccio, per un nastro, Gemma ripiombava nella sua noia, nella sua irritazione: i suoi diavoli neri la prendevano pei capelli, ed ella si sfogava, tormentando tutto il mondo. (p. 73)

Il personaggio maschile appare invece in uno stato di totale passività: sopporta le violente parole della ragazza con mansuetudine, lascia passare l’amarezza, non assume una posizione di risposta e di reazione contro Gemma. Il comportamento maschile si delinea esattamente analogo a quello seguito da Giorgio. Rispetto a questi, Andrea però è sinceramente innamorato della ragazza e dunque dispiaciuto della sua violenza.

Povero Andrea, che avrebbe voluto morire mille volte di seguito per lei. Ma essa continuava spietata: gli diceva che sarebbe morta, che l’avrebbero messa giù nella terra nera, dove il sole non entra […]. A lui venivano le lagrime negli occhi e le rimandava indietro; talvolta doveva alzarsi ed uscir fuori, tanto era grande la tortura che Gemma gli infliggeva. (p. 73)

L’assidua frequentazione di questi due caratteri così opposti giunge a modificare lo stato di salute complessivo della coppia: la salute di Gemma comincia a rifiorire. Al contrario Andrea perde la sua floridezza iniziale e sembra proprio averla trasfusa a Gemma nelle sue ripetute visite:

Dacché Andrea l’amava, la salute di lei migliorava, le crisi nervose erano più miti, quasi quasi un po’ di sangue cominciava a rifluire nelle vene impoverite. (p. 74)

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Bisogna notare che questo processo si nota anche nel rapporto tra Giorgio e Fosca, il protagonista maschile anche in quel caso sembra d’un lato trasferire la sua salute alla malata e dall’altro a sua volta contaminarsi dell’orribile patologia della donna. Andrea per quanto afflitto dalle continue violenze di Gemma, continua ad amare la