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CAPITOLO 3. PICCOLE ANIME

3.2 Istantanee di bambine

Ai due personaggi già citati Federica Millefiorini accosta anche Aloe, la quale, con l’ultimo gesto di dono delle proprie scarpe nuove a una compagna più povera, guadagna la “redenzione” finale. Attraverso le tre piccole figure emerge la potenza del significato che l’autrice sottende costantemente a tutta l’opera: la denuncia dell’infelicità e dello sfruttamento del “bambino moderno”, in una società che non lo difende, ma lo emargina. Tutte le scelte compositive vanno in questa direzione.

La Serao si rivela così abilissima, attraverso la nominazione, la caratterizzazione dei personaggi e la descrizione attenta del loro abbigliamento, non solo nel denunciare le sofferenze e i maltrattamenti di cui i fanciulli sono vittime, ma anche nell’additare alla società dell’epoca, cieca di fronte ai problemi dell’infanzia, la necessità di guardare al di là delle apparenze, di abbandonare le diffidenze e fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita di quelle incomprese “anime” buone164.

3.2 Istantanee di bambine

Come si è già potuto analizzare per Dal vero, è possibile anche per Piccole anime individuare dei ritratti di bambine che Serao coglie con tratti essenziali, come in uno scatto fotografico. L’autrice delinea l’immagine femminile con poche pennellate, con le quali fa emergere talvolta anche la psicologia e l’interiorità delle fanciulle. Questa modalità compositiva era stata già messa in luce da Pietro Pancrazi, che dedica uno spazio abbastanza esteso all’analisi di questa raccolta e alle sue caratteristiche:

E fin da principio, la giovane Serao si sentì soggetta e condizionata tutta al mondo esterno, alle cose e alle persone di cui ella aveva diretta esperienza. […] ma, dentro il breve cerchio, la giovane scrittrice disegna sentimenti e figure con purezza singolare. […] Può darsi che la materia le si atteggi da sé in forma di racconto e che una figura le si imponga fino a diventare studio o ritratto […] ma può darsi che l’osservazione e il sentimento, pur vivi, si arrestino al primo affacciarsi e vogliano darsi soltanto come punta di colore e nota di affetto […]. Nascono in questa leggerezza di tocco i tanti bambini e bambine di Nebulose, Alla

scuola, Gli spostati, Mosaico di fanciulle, ritrattino d’anima, colti di sorpresa a una parola,

uno sguardo, un gesto del personaggio, e tenuti su una sola nota di sorriso o di malinconia165. Nella citazione abbastanza ampia si delineano le caratteristiche principali di alcune narrazioni che si pongono proprio come brevi ritratti, bozzetti «nati nel clima di osservazione dell’arte naturalistica»166

di figure colte in una posa o in una battuta, ma comunque interessanti. Marie Gracieuse Martin Gistucci le ha definite «nouvelles

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Wanda DE NUNZIO SCHILARDI, Le «Piccole anime» della Serao, cit., p. 61

164

Federica MILLEFIORINI, Onomastica infantile nelle «Piccole anime» di Matilde Serao. Canituccia,

Aloe e Rosso Malpelo: l'essere e l'apparire, cit., p. 186

165

Pietro PANCRAZI, Serao, cit., p. XII

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énumératives», proprio perché viene presentata in sequenza una successione di quadri che hanno per soggetto dei bambini167. In particolare questa modalità compositiva è adottata per Profili, Nebulose e Gli spostati, in cui si nota che:

a prevalere è la consueta tendenza a fissare minuti quadretti e rapide fisionomie delineate con pochi tratti essenziali, che isolano una figura o un carattere in un atteggiamento, uno sguardo, un momento della vita168.

Profili presenta nel titolo e nella modalità compositiva una vicinanza ad alcune

narrazioni di Dal vero, soprattutto a Mosaico e a Mosaico di fanciulle. Si tratta infatti di un bozzetto descrittivo diviso in tre sequenze diverse. In ciascuna viene presentato un breve ritratto di fanciullo o fanciulla. Dal racconto emergono tre figure femminili contenute una nella prima sequenza, due nell’ultima. Nella sezione centrale il protagonista è invece un soggetto maschile. Il racconto è molto breve e in esso non vi è lo sviluppo di un intreccio narrativo, si delineano tre descrizioni idealizzate della fanciulla, lo si capisce fin dalla scelta dei nomi di ascendenza letteraria: la prima ragazza è chiamata Nerina, «quel poetico e soave nome che Leopardi ha amato» (p. 41). Di lei nota Federica Millefiorini:

Nerina, nome tratto dall’Aminta di Tasso, come Silvia, è celebrato dal poeta recanatese ne Le ricordanze quale simbolo della giovinezza idealizzata e perduta169.

Dal ritratto la fanciulla sembra essere quasi una personificazione della poesia, la caratterizzano la delicatezza e la dolcezza nell’aspetto fisico e la malinconia nella voce.

E in tutta la persona di questa fanciulletta alta e sottile è diffuso un mite riflesso di poesia. La mollezza dei capelli castagni, abbandonata in lunghe anella sulle spalle, lascia libera una fronte larga, bianca, spirituale: fronte pensierosa, come i grandi occhi bruni, egiziani; occhi limpidi e profondi, pieni di calma, a cui un principio di miopia, dà, talvolta, una incertezza come di sogno, o una finezza elegante dello sguardo. (p. 41)

Anche nel suo atteggiamento essa preferisce l’attività di immaginazione e di fantasia: leggere in un angolo del salotto, andare a assistere al ballo Excelsior, visitare Venezia, dove essa si mette a supplicare il padre addirittura di non riportarla più a casa. Le azioni di Nerina sono tutte collegate alla dimensione dell’arte e della bellezza, che fanno di lei «una creatura semplice, un po’ timida, raccolta in sé, serena, tutta spirituale» (p. 42). Anche nella sezione finale del bozzetto si trovano due fanciulle dai nomi esplicitamente letterari: Laura e Beatrice. Serao riporta i nomi cari a Petrarca e a Dante. Si tratta di due cugine inseparabili, abbastanza simili persino nella descrizione fisica, ma non del tutto speculari. Sono infatti opposte nel carattere. Si delinea anche qui la descrizione di una profonda amicizia femminile che rende le due talmente legate l’una all’altra, da non poterle separare. Inoltre la descrizione di una coppia di bambine, unite da un rapporto di grande affetto o viceversa di aspra rivalità, è un motivo ricorrente nella

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e Marie Gracieuse MARTIN GISTUCCI, L'oeuvre romanesque de Matilde Serao, cit., p. 43

168

Tommaso SCAPPATICCI, Introduzione a Serao, cit., p. 31

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Federica MILLEFIORINI, Onomastica infantile nelle «Piccole anime» di Matilde Serao. Canituccia,

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narrativa seraiana, come si ha già avuto modo di rilevare in Alla scuola: un tema simile si trova in Commedia borghese in Dal vero, le cui protagoniste sono due fanciulle borghesi che in apparenza sembrano essere grandi amiche, ma che al contrario sono divise da un profondo odio. Un altro duetto di questo genere si trova in un’altra novella di Piccole

anime: Tecchia e Buongarzone di Alla scuola, le quali hanno tra loro segreti e un rapporto

di tale complicità da non interessarsi neppure delle altre compagne di classe. Le altre coppie di ragazze si possono ravvisare anche in Nella lava in Il romanzo della fanciulla. Nel caso di Profili l’affetto tra le due bambine è determinato dalla loro tenera età e dalla relazione familiare, non si deve interpretare la loro unione con le sfumature psicologiche che Ursula Fanning ha voluto dare ad altre coppie femminili seraiane come in Nella lava in Il romanzo della fanciulla. La somiglianza e complementarità delle due figure emerge fin dal loro aspetto fisico:

Laura ha i capelli di un biondo dorato, in due trecce giù per le spalle: Beatrice li ha di un biondo cenere, molto dolci alla vista, molto fini al tatto, riuniti in un nodo sulla nuca. Laura ha gli occhi di un azzurrino vivo, un po’ severi, un po’ socchiusi: Beatrice li ha d’un azzurro latteo, soave, molto aperti e molto sorpresi. Laura ha il viso ovale, una bocca di donna, dalle sinuosità di sfinge che tace e non sorride: Beatrice ha le guance rotonde e come la bocca ride o sorride sempre, tutta gaiezza, le si formano due fossette. (p. 43)

Alla descrizione fisica delle due ragazzine segue quella dell’abbigliamento, elemento considerato importante e necessario per il ritratto delle due bambine: «vestono di rosa-pallido, di azzurro smorto, sempre eguali: Laura ha un cerchiolino d’argento al braccio, Beatrice un anelluccio, un rubino al dito» (p. 44). Nel carattere le due ragazzine differiscono: Laura è più seria e più acuta, Beatrice è invece più allegra e più infantile. L’attenzione di Serao sta nel presentare la forte unità del duetto, tant’è che vedendole entrambe passare è come se si scorgesse una bambina sola:

E hanno fra loro motti speciali, intonazioni di voce, sorrisi arguti, sguardi fuggevoli, parolette sussurrate, per cui s’intendono a volo. S’intendono e si completano: e sembrano una fanciulla sola, bella, buona, intelligente, una sola anima poetica che abbia preso due forme: Laura-Beatrice. (p. 44)

La breve narrazione deve essere interpretata per le sue peculiarità: attraverso di essa s’intende mostrare un’idea di fanciullezza femminile mitizzata, sensibile alla poesia e con una forte immaginazione. Profili è l’unico testo in cui l’autrice sceglie di non introdurre il tono di denuncia dell’infelicità infantile, che è invece sotteso a tutta l’opera. L’autrice tramite le figure di Nerina, di Laura e di Beatrice sembra voler rivelare come dovrebbe essere la fanciulla, se si trovasse al di fuori delle problematiche economiche e sociali che invece vessano le altre protagoniste della raccolta: la fioraia, Canituccia e Aloe. Si tratta dunque di bozzetti che la penna dell’autrice delinea con essenzialità, per manifestare come la fanciullezza sia l’età della grande immaginazione e della fantasia, in cui i bambini non dovrebbero pensare a quei condizionamenti della vita reale che invece stanno alla base della società degli adulti. Di tutte le bambine è messa in evidenza la capacità poetica, intesa come forza creativa e inventiva propria dell’infanzia.

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Nebulose indica poi fin dal titolo le figure dei personaggi colti quasi in

un’apparizione rapida e momentanea. Tuttavia la loro immagine si è fissata nella mente dell’autrice, che la ripropone al lettore con rapide pennellate. Come in Profili, anche per questo breve testo si può parlare di bozzetto, poiché la vicenda narrativa è assai labile e nel testo si susseguono le descrizioni di piccoli personaggi che costituiscono il soggetto principale dello studio. In particolare, il testo è diviso graficamente in tre sequenze, ciascuna delle quali contiene un ritratto di bambina. Nebulose presenta infatti la medesima struttura di Profili. La prima figura non è introdotta subito, la prima sequenza infatti inizia con la rappresentazione della passeggiata di due amanti al tramonto. Se si dovesse infatti guardare alla prima parte della novella, difficilmente la si direbbe parte di

Piccole anime, ma la si attribuirebbe con più facilità all’ultima stagione seraiana, definita

erotico-mondana. I due personaggi a braccetto non si amano più, anzi è descritta la loro passione come una fiamma ormai spenta. Ancora una volta il loro sentimento d’amore è presentato come un inganno, una finzione di cui loro stessi sono stati gli attori:

Erano due cuori inariditi, secchi, morti, che avevano assaggiata l’amarezza di un’ultima delusione, credendo di amarsi. Attori consumati nel mestiere della rappresentazione, avevano insieme recitata la commedia ignobile della passione, esaltandosi sino al punto di crederla vera: ma l’impotenza delle loro anime li aveva condotti all’ingiuria feroce, poi all’indifferenza. (p. 55)

L’amore dunque è sempre una finzione, un artificio che dura soltanto per il breve tempo della passione, poi quando il sentimento diminuisce si giunge all’odio verso l’altro, poi alla totale indifferenza. La tematica qui solo sfiorata verrà approfondita nelle ultime raccolte dell’autrice: in L’infedele, in Lettere d’amore e in Novelle sentimentali, in Il

pellegrino appassionato e in La vita è così lunga!. Nella situazione iniziale accade un

evento inaspettato:

D’un tratto, lungo la siepe che separa i campi dalla via, in quella luce dubbia del crepuscolo, una piccola ombra scivolò. Era una bambina scalza e cenciosa, che portava sul capo un piccolo fascio di legna. (p. 56)

La bambina è introdotta sulla scena come se si trattasse di un’apparizione epifanica, è un’ombra che si palesa in un momento particolare della giornata, al tramonto, quando la luce non è più piena. La protagonista non è descritta nei particolari, come se fosse stata vista dalla coppia come un’immagine rapida e sfuggevole. Dai pochi tratti riportati si può evincere che anch’essa appartenga alla categoria della fame, già descritta per Una fioraia e per Canituccia. I due adulti, incuriositi dal profilo della bambina, la seguono da vicino e provano a chiamarla con appellativi d’affetto, ma la fanciulla non li degna di attenzione. La donna allora d’un tratto le si pianta davanti per fermarla e l’uomo le dona un soldo. La ragazzina spaventata scappa e lascia cadere la moneta. La fuga della protagonista provoca la rottura della storia d’amore dei due amanti, che era tuttavia già sul punto di finire. I due adulti non si lasciano con un atteggiamento di ira, ma al contrario di pietà per la povertà della bambina.

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Un altro ritratto fuggevole di una misera ragazzina si trova nella seconda sezione. L’ambiente è però differente. Un bambino ben vestito in compagnia di una serva si ferma a osservare la vetrina di un negozio di giocattoli natalizi. Il suo pensiero è scandito dalla ripetizione del verbo «comprerei», come una sorta di ritornello:

Diceva alla serva «Se avessi quattrini, comprerei quel fratello Girard che fa le capriole con le mani e con i piedi. […] Comprerei anche quel sorcetto che si dà la coda e corre per la casa.» (p. 56)

Ad un tratto gli si affianca una bambina povera, vestita miseramente, incuriosita non anche lei dai balocchi, ma dal bell’aspetto del bambino ben curato. Serao mette in evidenza l’opposizione delle figure sia nell’apparenza fisica sia nell’abbigliamento:

Allora, accanto a questo bambino snello e pallido, di una bellezza pensierosa e sentimentale, si fermò una bambina. Era una ragazzina di sarta: portava uno scatolone ovale, coperto di pelle nera, con una larga correggia passata al braccio. Lo scatolone poggiava sul fianco e la faceva piegare tutta da una parte. Vestiva di nero, un nero stinto, dove diventato rossastro, dove verdastro: portava un cappellino di paglia nero, vecchio, circondato da un brutto nastro. Ella stessa era bruttissima, capelli rossi, viso macchiato di lentiggini, occhi senza ciglia, naso rincagnato. (p. 57)

La bambina innanzitutto mostra uno spessore e una consistenza maggiore della precedente figura femminile, appena abbozzata. Della fanciulla non viene specificato subito l’abbigliamento, ma il carico che deve portare. Nella costruzione del profilo questo dettaglio è importante: si pone infatti l’attenzione sulla fatica e sulla contorsione che la ragazzina deve fare nel trasporto dello scatolone. Si specifica inoltre all’inizio che si tratta di un’aiutante di una sarta. La condizione, ma anche l’aspetto fisico la accomunano ai personaggi di Una fioraia e di Canituccia. In particolare anche in questo caso ritorna l’attenzione al colore rosso dei capelli. La bambina è poi abbigliata con un vestito povero, stinto e con un cappello che fa risaltare ancor più la sua miseria. Il bambino si accorge della presenza della fanciulla e la caccia sgarbatamente, dichiarando la sua bruttezza. La protagonista decide di riprendere a camminare, caricandosi lo scatolone. Anche il bambino prosegue e la ragazzina, scorgendolo, si mette a inseguirlo. Il bambino a quel punto reagisce in malo modo, spingendola e dandole un pugno. La ragazzina colpita allora scappa, in lacrime, ma contenta di aver attirato ancora una volta l’attenzione di quel bambino elegante. La scena descritta narra una piccola vicenda di strada, un avvenimento poco rilevante nell’azione, che tuttavia cattura l’attenzione dell’autrice, che sceglie di metterlo in prosa. Eppure anche in questo bozzetto si può scorgere la presenza di un significato: viene confrontata l’infanzia dei due bambini: l’una felice e agiata, attenta ai giocattoli, l’altra misera e fatta di privazioni e forse per questo attratta dal coetaneo elegante. Pur nella brevità del bozzetto, l’autrice è tuttavia in grado di delineare nella narrazione un tratto di psicologismo infantile nella bambina. Riguardo a questo Wanda De Nunzio Schilardi ha infatti notato:

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In questa pagina la Serao tocca uno dei segreti dell’animo infantile: la coscienza della propria inferiorità non provoca ostilità, viceversa diventa desiderio di proiettarsi nell’altro, ammirazione appassionata del diverso da sé170

.

Un’altra istantanea di fanciulla si trova nella terza sequenza, che inizia con una descrizione del pomeriggio settembrino in piazza San Marco a Venezia. Predomina un senso di calma e di pace:

Batte il sole di settembre sulla piazza di San Marco: è il pomeriggio silenzioso e chiaro. La piazza è deserta. Sotto le procuratie passeggia qualche ozioso, con le lenti azzurre: intorno ai tavolinucci del caffè Florian, due o tre veneziani sonnolenti guardano nel fondo delle loro tazze, con gli occhi socchiusi. (p. 58)

L’atmosfera sembra immersa nel torpore dell’ora pomeridiana di riposo, nello sfondo immobile e silenzioso si può cogliere un particolare dinamico: una bambina distribuisce contenta ai colombi del granoturco. D’improvviso la scena si anima e un gran movimento di ali fa sì che intorno alla bambina si crei un gruppo di volatili che raccolgono il suo dono. La fanciulla ha i capelli fulvi, il colore rosso sembra tornare come una costante nelle giovani figure femminili di Piccole anime. Anch’essa è descritta con pochi tratti, l’attenzione si sofferma maggiormente sull’allegria della bambina all’accorrere degli animali e viceversa la sua delusione al loro ripartire velocemente, una volta terminata la semente.

In mezzo a essi una bimba, con la gonnelluccia corta e uno scialletto che le avvolge il busto […] lei sta nel centro, piccola, con una testolina minuta, con una grossa treccia fulva, mezzo discinta sul collo. (p. 58)

Anche nell’ultimo caso di bozzetto il titolo è fortemente evocativo del significato che l’autrice vuole trasmettere attraverso la narrazione: Gli spostati racconta infatti la sorte di tre bambini di diverso ceto e appartenenza, tutti accomunati da un infelice destino, dovuto all’assenza di uno dei due genitori per una scomparsa prematura o per l’esistenza di relazioni extraconiugali. Chiaro è il messaggio dell’autrice anche nella scelta dell’anonimato in cui lascia questi bambini: la loro condizione non rispecchia infatti solo un vissuto individuale, ma sono al contrario immagine di uno status infantile abbastanza diffuso. Se con quella che è stata definita “la tipologia della fame” Serao ha voluto analizzare la sofferenza di bambine povere e emarginate come Una fioraia e come

Canituccia, con Gli spostati la scrittrice sposta la sua attenzione su figure di più alta

estrazione sociale: figli di borghesi, ovvero di giornalisti e albergatori. Anche di questi si mostra il dolore e il disagio a causa di una situazione familiare non pacificata, che, per quanto non tormentata dai bisogni materiali, è colpita da una mancanza d’amore tra la coppia coniugale che riporta pesanti conseguenze sui sentimenti dei bambini. Questo dato è stato notato da Federica Millefiorini:

L’infelicità infantile non è infatti provocata solo da questioni socio-economiche, ma anche dalle colpe e dalle disattenzioni degli adulti171.

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La struttura della novella è la medesima che si è già rilevata anche per Profili e per Nebulose. Il testo è infatti ripartito in tre sequenze, ciascuna delle quali contiene un ritratto del bambino. Nel bozzetto è solo la sezione centrale ad avere per soggetto una fanciulla. Si tratta della figlia di un proprietario di albergo, segnata dalla dolorosa morte prematura della madre. Il rapporto con il materno si segnala quindi, ancora una volta, con un senso di perdita e di vuoto. La bambina è seguita da una cameriera e avrebbe una bella sistemazione, se non fosse che, quando gli ospiti dell’albergo sono molti e lo spazio non basta, anche la sua camera deve essere ceduta ai clienti. La sua esistenza è dunque disordinata e caotica, a causa del gran movimento di una folla di ospiti nell’albergo.