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CAPITOLO 5. IL ROMANZO DELLA FANCIULLA

5.1 Novelle a scrittura biografica

5.1.2 Scuola normale femminile

L’ordine con cui l’autrice ha disposto le novelle richiederebbe ora l’analisi della novella intitolata Nella lava, tuttavia si preferisce trattare questo racconto in un secondo

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momento, anticipando in questa sede l’analisi di Scuola normale femminile, perché presenta numerose affinità con la novella appena descritta. Innanzitutto i due testi hanno in comune la struttura di una «linearità prevedibile»266, come nota Antonio Palermo. La novella è infatti divisa in quattro sezioni: la vicenda scolastica del gruppo di allieve è infatti narrata per momenti salienti, tecnica che Serao ha già impiegato in Telegrafi dello

Stato. Inoltre in Scuola normale le prime tre sezioni della narrazione sembrano quasi

seguire il ritmo ternario dei trimestri scolastici. In particolare medesima è la modalità d’esordio delle due novelle: come nella prima la vicenda comincia con il risveglio di Maria Vitale, una delle impiegate al telegrafo, così anche in Scuola normale l’incipit narrativo coincide con l’ingresso delle alunne nella scuola e con l’inizio delle lezioni. Il testo mostra nelle due sequenze successive due episodi significativi della vicenda, ovvero si segue per intero lo svolgersi di una giornata scolastica, con l’alternarsi delle materie e dei professori e nella terza sezione si racconta l’esame di stato delle ragazze, per acquisire il diploma di insegnamento. Anche nella conclusione Scuola normale femminile e

Telegrafi dello Stato mostrano una somiglianza, nella parte finale di entrambe si narra

infatti il destino dei vari personaggi ritratti nella novella. Se in Telegrafi Serao informa il lettore della sorte delle impiegate attraverso la voce stessa di alcune di esse, in Scuola

normale essa ricorre a una sorta di escamotage, attraverso il quale finge di trovare da «un

vecchio taccuino di note, di memorie, di ricordi» le notizie delle sue protagoniste (p. 179). Tramite la lettura di quel quaderno la voce narrante è in grado di riportare, quasi come in un elenco, la diversa vicenda delle giovani, dopo l’esame di stato.

Forti analogie tra Telegrafi e Scuola normale si trovano non solo nella struttura complessiva delle due novelle, ma anche nel sistema dei personaggi. Innanzitutto come si è potuto vedere nell’analisi del testo precedente, Serao sceglie di raffigurare in questi racconti una coralità di personaggi, respingendo la tradizionale composizione che prevedeva l’impiego di un’unica figura protagonista. Non a caso forse la prima scena si apre proprio sul gruppo di ragazze, convittrici e esterne, che riunite nel lungo e oscuro corridoio, devono eseguire il canto mattutino all’inizio della giornata, esattamente come un coro. Nella sequenza iniziale infatti i ritratti dei personaggi si alternano con le strofe della preghiera cantata da tutte le alunne della scuola. Come in Telegrafi anche in questa novella si seguono le vicende di diverse ragazze, in particolare quelle della terza classe, ovvero dell’ultimo anno di lezioni. Il gruppo raffigurato è numeroso, conta infatti trentuno fanciulle, a cui si aggiunge una nuova compagna, in corso d’anno. In Scuola

normale sono presenti alcune figure presenti anche come ausiliarie in Telegrafi: Caterina

Borrelli, l’alter ego dell’autrice e la sua inseparabile amica Annina Casale, che tuttavia in

Telegrafi compare con un cognome diverso (Annina Pescara). Non c’è dubbio che i due

personaggi debbano identificarsi con la stessa ragazza, a cui Serao era molto affezionata. Questa tesi è supportata anche da Francesco Bruni267. Secondo lo studioso è riconoscibile nella figura di Artemisia Jaquinangelo una reale compagna dell’autrice, Giovanna

266

Antonio PALERMO, Il romanzo delle fanciulle, cit., p. 241

267

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Palmieri, ma sarebbe difficile, se non del tutto impossibile, ricostruire il collegamento tra ciascun personaggio letterario della novella e la persona reale. Il critico infatti nota ancora:

Non è il caso d’insistere su una simile possibilità di classificazione proprio perché se i volti erano ben presenti alla Serao, i nomi dovevano cambiare, secondo il criterio del racconto a chiave prediletto anche altrove dalla scrittrice (e a questo gusto non si sottrasse neppure Pirandello)268.

Anche Angela Carpentieri ha studiato la stretta relazione tra i nomi dei personaggi delle raccolta e le persone reali, confermando la posizione di Francesco Bruni nel sostenere che «la scrittrice abbia modificato o meglio alterato i nomi delle protagoniste, questi si richiamano a quelli reali per assonanze e parziali coincidenze»269, ad eccezione di Maria Vitale che è riportata con il suo vero nome in Telegrafi.

Altro punto in comune tra i personaggi delle due novelle è la descrizione di una figura direttoriale rigida e severa: se in Telegrafi l’autorità è doppiamente rappresentata dalla direttrice della sezione femminile e poi anche dall’austero direttore, in Scuola

normale la figura è unica. È interessante anche perché la tecnica con cui si introduce la

figura è la medesima: infatti l’autorità, prima ancora di essere descritta nell’aspetto fisico, entra in scena attraverso i suoi emendamenti proibitivi, che ne anticipano la severità. Questo è vero per Telegrafi, in cui nella descrizione iniziale del salone buio e polveroso dove lavorano le ausiliarie si trova affisso alla parete «l’ultimo editto direttoriale» (p. 13). La stessa situazione ritorna in Scuola normale, in cui nella prima sequenza si riporta «la severissima ordinanza direttoriale», che proibisce l’amicizia tra le ragazze che risiedono nel convitto e le esterne. Le figure direttoriali simboleggiano in entrambe le novelle un’autorità severa e inflessibile, che resta lontana e sorda alle esigenze e alle richieste delle ragazze. A questo proposito Laura Salsini nota l’atteggiamento di ribellione delle studentesse di fronte a tale divieto: «an even greater trasgression is being committed, however; despite the rule forbidding friendships between boarders and day students, the girls take advantage of the bustle before classes to arrange trysts and chatter flirtatiously with each other»270. In particolare in Scuola normale, un’altra critica evidente espressa contro l’autorità è la descrizione delle due ispettrici che esaminano le ragazze nell’ora di lavori donneschi, di cui si avrà modo di parlare.

Alcuni tratti di differenza separano le due novelle, la più importante riguarda il tema principale del testo. Se in Telegrafi l’autrice si sofferma ad analizzare maggiormente l’occupazione lavorativa delle ragazze, in Scuola femminile si concentra sull’educazione che esse ricevono e soprattutto sulle dure condizioni di studio delle alunne dell’ultimo anno. Per quanto la tematica del lavoro non sia del tutto estranea alla

268

Ibidem

269

Angela CARPENTIERI, Elementi di modernità nella scrittura femminile: Matilde Serao, cit., p. 5

270

Laura A. SALSINI, Gendered Genres: Female Experiences and Narrative Patterns in the Works of

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novella – Serao infatti la tratta nel finale – maggior attenzione è posta sulla vita scolastica delle studentesse. Dalla lettura del testo si può costatare un’esplicita polemica che Serao rivolge contro un sistema educativo giudicato inadeguato per la preparazione delle future insegnanti, che dimostra diversi punti di debolezza e di superficialità. L’argomento non è affrontato in una lunga disquisizione, messa in bocca a un personaggio, ma l’autrice fa emergere i punti di perplessità direttamente negli episodi che narra. Il primo dubbio che Serao avanza riguarda proprio l’atteggiamento e la preparazione dei docenti. Tra la fine della prima sequenza e l’inizio della seconda è narrata l’ora di lezione di Letteratura italiana del professor Radente. Egli entra in classe, indugia nello scegliere chi interrogare, «sentendo e assaporando lo spavento che incuteva in quei poveri sorci, con cui felinamente si divertiva a giuocare» (p. 156). Chiede a tre allieve di ripetere la lezione del giorno prima, ma nessuna di esse pare pronta; senza nessuna esitazione, l’uomo segna uno zero sul registro alle ragazze. Interessante è vedere la reazione di due fanciulle, Casale e Borrelli, la coppia di amiche, nella quale si scorge anche il personaggio autobiografico dell’autrice. In Annina Casale è visibile chiaramente l’errata modalità di uno studio a memoria, che finisce per mettere in difficoltà la ragazza stessa, mentre nel caso di Borrelli si può scorgere un atteggiamento di critica al tradizionale sistema educativo. Si riporta il passo:

− Casale, dite la lezione.

La poveretta la disse, era sulle origini del volgare, la sapeva benissimo: ma […] essa sentiva l’antipatia del professore, s’ingarbugliava. Egli, senza pietà, la lasciò ingarbugliare, guardando in aria, senza suggerirle nulla, senza domandarle: tanto che ella tremò, arrossì, finì per ricadere sul banco, scoppiando in lacrime. Radente, il prete, si chinò sul registro e segnò zero.

− Borelli dite la lezione.

− Non l’ho imparata, professore – rispose costei, levandosi tranquillamente e sorridendo.

− E perché?

− Perché non sono un pappagallo, io, da imparare tutto un brano del Passavanti a memoria.

− Così vogliono i programmi.

− Quello che ha fatto i programmi era dunque un pappagallo. E poi, scusi, professore, io non so chi sia questo signor Passavanti e in che epoca sia vissuto e che abbia scritto. Se mi favorisce queste spiegazioni, io imparerò il brano. (p. 156)

Il sistema educativo tradizionale è attaccato dall’autrice, perché impone alle ragazze di imparare in modo meccanico i testi, sui quali neppure i docenti sarebbero in grado di riflettere. Infatti alla richiesta di spiegazioni di Borelli, il professore dimostra di essere anch’esso impreparato di fronte a una tale curiosità. Radente segna tuttavia anche per Caterina zero sul registro, promettendosi di parlare con il direttore dell’insolenza della ragazza. Riguardo a questa scena è interessante ancora il commento di Laura Salsini:

The brief scene not only portrays an antiquated and ineffectual educational system, but also underlines the frustration of a young girl punished for trying to use her intellect. The

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incident illustrates a common episode in the female novel of development, one in which the heroine finds herself frustrated in her attempts to be independent and autonomous271.

L’inadeguatezza del docente emerge con maggior forza poco dopo, al suo accorgersi della presenza di una nuova alunna della classe. Egli resta freddo e indifferente alla timidezza e al disagio della nuova allieva, anzi sfodera nei suoi riguardi una serie di pregiudizi, che sono poi smentiti uno a uno nel corso della novella. Radente la accusa di ignoranza, senza neppure dare alla giovane il tempo di rispondere. La ammonisce, ricordandole che la vita di studio a scuola è molto diversa dall’ozio casalingo:

− Siete voi, laggiù, la nuova?

− Sì, signor professore – fece quella, col suo filo di voce. − Venite di casa?

− Sissignore.

− E che sapete? Niente com’è naturale. Ella non osò rispondere.

− E che contate di fare? Qui non si ozia, come a casa, qui si viene per studiare e non per guardare il muro. Mettetevi in corrente per dopodomani. (p. 157)

La nuova alunna, Isabella Diaz, nel corso della narrazione si rivela essere l’allieva più brillante della classe, per questo le considerazioni del professore paiono tanto inappropriate quanto superficiali ed errate. La critica che Serao articola contro il tradizionale sistema d’istruzione delle ragazze emerge ancor più chiaramente nella lezione di pedagogia. Innanzitutto la materia avrebbe dovuto costituire il perno centrale della formazione delle future maestre di scuola, ma la situazione risulta molto diversa. In primo luogo il primo elemento di inadeguatezza è dato dal professore stesso, che è così descritto:

Era uno spirito superiore, più versatile che profondo, un parlatore brillante: e costretto dalla necessità a insegnare pedagogia alle ragazze del terzo corso, egli disprezzava palesemente quell’incarico, e sé stesso che lo compiva. Già, dalla prima lezione dell’anno, egli aveva sbalordito le sue alunne, spiegando loro l’inutilità della pedagogia. (p. 158)

Il ruolo di docenza è dunque ricoperto da un uomo inadatto, perché non appassionato della materia di studio, ma costretto a ricoprire quell’incarico. In particolare, è paradossale che sia il professore di pedagogia in persona a sostenere l’inutilità della sua materia. La requisitoria di Serao contro il sistema educativo continua, mostrando anche nella pratica come il metodo d’insegnamento sia inadeguato per le ragazze. Esse imparano il contenuto delle lezioni pressoché a memoria, senza veramente interiorizzarne il significato. Sono raccontati due episodi nei quali una studentessa, interrogata, non ricordandosi una parola del discorso, s’interrompe, incapace di proseguire con il resto della spiegazione. Il primo caso è quello che è già stato citato per Annina Casale, che, davanti a una piccola incertezza e soprattutto al timore che il professore Radente le incute, cade in lacrime sul banco, ammutolendosi. La seconda scena ha per protagonista un’altra figura femminile, ma la dinamica è la stessa:

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La De Sanctis restava ritta nel suo banco, con le braccia piegate, la bocca ancora lievemente schiusa, gli occhi inebetiti nella sua posizione di pappagallino umano che recita la lezione: giusto il professore di pedagogia l’aveva interrotta a metà, mentre ella schiccherava, senza capirne nulla, le quattro leggi fondamentali dell’educazione. Infastidito da quel mormorio monotono e cretino, egli le aveva chiesto, improvvisamente, se intendesse bene la legge dell’armonia: e la poveretta era rimasta smarrita, muta, senza saper riprendere il filo: la macchinetta parlante si era arrestata. (p. 158)

La modalità d’apprendimento con cui le ragazze assimilano i contenuti è sbagliata, si chiede loro di saper ripetere tutte le lezioni dei giorni precedenti, senza che esse abbiano il tempo necessario, per rifletterci con calma. Anche l’ora di religione cattolica offre all’autrice spunti interessanti, per mettere in luce altre manchevolezze del sistema. Il professore è infatti troppo buono e ingenuo, incapace di gestire la classe vivace, nella quale in particolare un gruppo di ragazze si diverte a preparare dei quesiti, anche imbarazzanti, che mettono in difficoltà il docente. Anche nella lezione di scienze fisiche e naturali, si narra la difficoltà con cui le ragazze sono ferme sullo stesso argomento da una settimana: la macchina di Atwood. Una a una le alunne sono chiamate dal professore a illustrarne il funzionamento, ma nessuna di esse vi riesce con successo. Tutte per qualche motivo si bloccano, perché non è proprio possibile, sembra suggerire Serao, imparare per intero solo a memoria il discorso da fare, senza averne capito anche realmente la funzionalità.

Ma dopo tre o quattro minuti di spiegazione, la frase divenne stentata, le parole s’imbrogliarono, e Judicone restò taciturna colle braccia abbandonate lungo la persona, guardando la macchina, con gli occhi pieni di desiderio e di dolore. Non era arrivata neppure a descriverne una terza parte. […] Cleofe Santaniello contemplò un minuto la macchina, […] e cominciò rapidamente, senza guardare in nessun posto, per paura d’imbrogliarsi. Andò bene per un pezzetto, ma disgraziatamente alla parola incudinetta anteriore, udì una voce lieve, quella di sua sorella Lidia, sussurrarle in fretta posteriore, posteriore: Cleofe si arrestò, tremò, perdette il filo, non potette più ricominciare. (p. 164)

È offerta poco dopo la descrizione della macchina di Atwood, filtrata dalla percezione psicologica delle ragazze, per le quali essa assume una forma spaventosa e mostruosa. La dinamica è la stessa di quella già osservata per Telegrafi nella sezione finale del racconto: come in quel caso le macchina telegrafiche si ergevano nell’oscurità della sala fredde e minacciose durante il temporale, così lo stesso timore incute la macchina di Atwood sulle studentesse della classe. L’apice dell’esplicita denuncia di Serao verso l’inadeguatezza del sistema educativo si trova nella penultima ora di lavori donneschi, quando fanno irruzione nella stanza due ispettrici. Due sono gli aspetti che l’autrice vuole mettere in evidenza nella scena: innanzitutto si oppone a un sistema scolastico che associava il femminile prettamente ancora alla dimensione casalinga e ai compiti del cucito. Attraverso le figure delle ispettrici è rivelato il punto di vista conservatore e tradizionale, che invece Serao polemizza. Le due donne entrano in classe e notano che le ragazze non si occupano del cucito, ma di altro e riprendono la stessa insegnante che non biasima le ragazze. La minaccia che esse ripetono più volte è quella di

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riferire tutto al ministero. I commenti delle ispettrici di fronte alla trascuratezza delle ragazze per il cucito sono questi:

− Non si lavora molto, mi pare? – osservò la gobba, con il tono acre della zitella schiattosa.

− Da un pezzo, queste signorine non si danno pensiero del cucito, continuò la marchesa pedante, esse vogliono diventare troppo sapienti… (p. 167)

La tradizionale considerazione per cui la donna non doveva diventare troppo intelligente è riportata da un’ispettrice, la prospettiva è nettamente contrapposta al pensiero dell’autrice, la quale al contrario sosteneva il diritto del genere femminile a accedere al piano della cultura, al pari del maschile. L’altro elemento più significativo che Serao mette in evidenza, nell’ispezione delle due donne, è la seguente: essa critica la classe sociale nobiliare, che pretendeva, in virtù del suo elevato rango sociale, di farsi carico del compito di vigilanza del sistema educativo, soprattutto femminile, senza averne in verità le competenze. Innanzitutto nella prima descrizione delle due donne sono sottolineati i titoli aristocratici:.«le due ispettrici, una contessa gobba e zitellona, una marchesa pedante, dalle lenti sul naso, entrarono con la loro aria glaciale e sdegnosa» (p. 167). Più volte è rilevata anche la distinzione di classe tra le due donne e quella delle ragazze, il dato è mostrato soprattutto nella descrizione dello sfarzo dell’abbigliamento:

Esse compivano quell’uffizio gratuitamente, come se si degnassero di fare la carità delle loro assistenza alle ragazze povere: esse occupavano le loro lunghe giornate vuote a girare per le scuole, portandovi la superbia dei loro vestiti di seta, dei loro orecchini di brillanti: esse applicavano la loro nullaggine a seccare alunne, professori e maestre con osservazioni saccenti, con dispute bizantine. (p. 167)

Il lato più comico della vicenda, ma pur sempre reale, consiste nel fatto che la coppia di donne crede di compiere un atto di carità verso le più povere nello svolgere questa mansione. Le due non hanno infatti l’acume per comprendere che il loro compito, oltre che detestato da tutti, è anche inutile. Si rendono ancora più odiate, poiché nelle loro tante raccomandazioni, in particolare ricordano sempre alle studentesse il senso delle gerarchia sociale. Dal loro punto di vista, conviene infatti alle ragazze cercare di ingraziarsi le due nobili donne come preziose protettrici in un mondo ancora strutturato in classi.

Sulla porta, la marchesa, con voce cattedratica pronunciò un fervorino, ricordando a quelle fanciulle che la loro triste condizione le obbligava a fare le maestre, che non avessero la superbia di credersi indipendenti e libere e che cercassero di conciliarsi l’indulgenza delle persone importanti e rispettabili, le quali si sacrificavano per loro, per loro che in fondo erano tanto ingrate. (p. 169)

Nel complesso la raccolta di novelle è stata definita come la narrazione di «un romanzo di formazione», che narra la crescita delle ragazze protagoniste delle novelle e il

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loro ingresso nella vita adulta272. Tuttavia l’educazione che esse ricevono nella scuola che dovrebbe prepararle alla professione dell’insegnamento è inadatta e ci si deve accostare con cautela alla stessa interpretazione dell’opera come Bildungroman:

The author denounces the restrictive education system for squelching rather than fostering eager minds and exuberant spirits. Within the genre of Bildungroman, the importance of education in the protagonist’s development […] cannot be overemphasized. In

Scuola normale femminile education fails to prepare these young girls adequately for the

rigors of the teaching profession, but it does inculcate in them an awareness of the limitations they will face as a result of their gender273.

La tematica di critica al tradizionale sistema scolastico compare anche nell’ultima sequenza. Nella quarta sezione, come si è già anticipato, sono riportati i destini delle varie ragazze, in questo caso due di esse sono degne di interesse perché ottengono entrambe degli importanti riconoscimenti per il miglioramento della didattica. I due esempi sono tuttavia esattamente opposti: il primo caso è infatti quello di Giustina