Attraverso il compimento delle operazioni di riorganizzazione aziendale tra società appartenenti a Stati diversi, si possono ottenere indebiti vantaggi fiscali. Le operazioni di fusione transfrontaliera potrebbero avere come unico scopo quello di sfuggire alla tassazione attraverso la creazione di una nuova società fusa in un altro Paese a tassazione privilegiata. L’elusione fiscale è un fenomeno che consiste nel porre in atto delle operazioni lecite, ovvero consentite dalla legge, con la finalità di ottenere un “risparmio fiscale” senza che siano presenti valide ragioni extrafiscali. Quindi questo modo di procedere aggira la normativa297.
E’ un fenomeno di “arbitraggio dannoso”298 dato che il contribuente pone in essere
delle operazioni con l’intenzione di ottenere dei benefici a livello di tassazione sfruttando le diverse tipologie di imposizione che offrono i vari Paesi membri. Infatti gli Stati presentano diversi sistemi di tassazione ed introducono delle norme volte ad attrarre i contribuenti affinché si stabiliscano nel loro territorio. Questo aspetto deve essere controllato dal momento in cui è i soggetti pongono in essere operazioni elusive.
L’elusione si differenzia dall’evasione, in quanto la prima evita la tassazione di un reddito attraverso meccanismi contrattuali leciti, la seconda sottrae reddito imponibile già maturato, pertanto si configura come un illecito299.
Il fenomeno dell’elusione si deve conciliare con i principi affermati dalla Corte di Giustizia Europea, come nel caso Centros, i quali sanciscono come i contribuenti siano liberi di scegliere l’alternativa a loro più favorevole, anche se questa comporta un risparmio dal punto di vista fiscale. Pertanto non esiste un obbligo nel dover optare
297 G. Maisto, Quaderni della Rivista di diritto tributario, Milano, 2009.
298 S. Giglio, Il contrasto all’elusione fiscale e l’abuso del diritto nei principali ordinamenti europei,
Diritto e Pratica tributaria internazionale, Cedam, 2011, pag. 98-132.
per l’operazione più onerosa, però questa decisione deve essere supportata da ragioni che vanno oltre la convenienza fiscale300.
Gli Stati membri ed il legislatore europeo hanno introdotto delle normative volte a prevenire tale fenomeno e tali leggi si devono essere coordinate e coerenti con quanto previsto dalle Convenzioni stipulate tra i vari Paesi.
Quindi è utile analizzare come si combinano ed in che gerarchia si pongono le leggi convenzionali rispetto a quelle interne e comunitarie.
Il rapporto vigente tra le norme convenzionali e quelle interne si basa su due aspetti. Il primo si riferisce ad un abuso delle leggi della Convenzione che comporta conseguentemente anche un abuso della legge nazionale. Il secondo riguarda l’applicazione delle norme anti abuso poste in essere dallo Stato membro, che in linea generale non contrastano con le disposizioni della Convenzione. Ai sensi dell’Art. 1 del Modello OCSE “le legislazioni nazionali[…] non sono influenzate dalle convenzioni in quanto dette regole sono estranee alla materia considerata”301. Tali norme interne non risultano comunque derogabili dalla Convenzione. Quindi anche a livello europeo, si riconosce la sovranità della legislazione nazionale dei singoli Stati che è volta a contrastare l’elusione fiscale posta in essere dalle società.
Il rapporto tra le norme comunitarie anti abuso e quelle convenzionali è diverso rispetto a quello tra leggi interne e convenzionali. Infatti il diritto europeo è un diritto sovranazionale che appartiene ad un rango superiore rispetto a quelle convenzionali302.
Le Convenzioni contro le doppie imposizioni devono rispettare le norme dettate dal diritto comunitario, quindi nella loro stipula bisogna considerare questo aspetto. E’ molto importante, per contrastare tale fenomeno, che vi sia la collaborazione e cooperazione tra i vari Stati membri. Risulta necessario un allineamento in materia tra i vari ordinamenti per consentire di individuare le strategie che possono essere poste in atto dalle società per ottenere un risparmio fiscale. 300 V. Liprino, Il difficile equilibrio tra libertà di gestione e abuso del diritto nella giurisprudenza della Corte di Giustizia: il caso Part Service, Riv. Dir. Trib., 2008, pag 113 e ss. 301 Art. 1 Modello OCSE.
302 C. Garbarino, Manuale di tassazione internazionale, I Edizione, IPSOA, L.E.G.O. spa, Vicenza,
Questo obiettivo è perseguibile dagli Stati collaborativi, però molto spesso le operazioni elusive sono compiute coinvolgendo dei Paesi non collaborativi a fiscalità privilegiata.
Questi Stati si contraddistinguono per: applicare un livello di tassazione nullo o molto basso, mantenere la riservatezza, ovvero le banche non scambiano informazioni, e garantire sicurezza politica ed economica, ovvero assicurando una stabilità sugli investimenti posti in atto in tali territori.
In alcuni casi le società cercano di trasferire la propria residenza in questi Paesi esclusivamente per i benefici che essi forniscono, ponendo in essere il meccanismo dell’esterovestizione.
Questo è un comportamento che fa apparire un soggetto come residente in uno Stato a fiscalità privilegiata, ma non supportato da un criterio di collegamento reale che gli consenta di essere effettivamente residente in quel territorio. Il dato formale della sede legale, non risulta coerente con quello sostanziale, infatti la situazione che appare agli occhi del legislatore è diversa da quella che è in realtà. Il termine esterovestizione deriva appunto dalla metafora che il vestito che la società “indossa” è all’estero, ma in realtà le decisioni e l’attività risultano svolte in un altro Stato. L’Italia si è tutelata da questo fenomeno introducendo nell’Art. 73 comma 5 del TUIR delle presunzioni, ovvero se le società soddisfano certi requisiti sono ritenute estero vestite e quindi si inverte l’onere della prova. Sono le persone fisiche o giuridiche che devono dimostrare che le presunzioni non sono corrette e che sono realmente residenti in un Paese a fiscalità privilegiata.
5.1.1. La pianificazione fiscale attraverso le operazioni straordinarie
In questo capitolo si analizza come le operazioni straordinarie possano essere utilizzate in maniera non coerente con le finalità del legislatore e quindi essere sfruttate come strumento di pianificazione fiscale al fine di ottenere delle riduzioni d’imposta. Antonacchio nel suo articolo le definisce come “tax driven corporate reorganizations”303.
303 F. Antonacchio, Evasione fiscale internazionale e Tax Governance, Il Fisco, 2013, fascicolo 39, pag.
Sono state riscontrate frequenti pratiche elusive attuate attraverso l’acquisizione, mediante fusione, di un’impresa in perdita. In questo modo si creava un gruppo consolidato di imprese nel quale si unificavano le società in utile con quelle in perdita e quindi il carico fiscale risultava minore.
Un altro esempio di operazione elusiva riguarda una società B che cede il ramo d’azienda comprensivo di tutte le attività ad una sua controllata e mantiene in bilancio solamente perdite per 500. Questa operazione viene compiuta per consentire l’acquisto da parte della società A di una partecipazione totalitaria della società B, la quale risulta in perdita, ad un prezzo di 40. La società A a seguito dell’acquisizione conferisce un contributo di 400 alla società B in modo tale da ridurre le sue perdite, e questo conferimento costituisce un elemento negativo deducibile dalla società A.
L’anno seguente a questa operazione la società B distribuisce dividendi esenti alla società A, dato che è la sua controllante, per un ammontare di 500 e viene posta in liquidazione.
Compiendo queste operazioni la società A guadagna perché risparmia la tassazione su un reddito di 500. L’unico costo sostenuto è il costo di acquisizione della partecipazione totalitaria per 40.
Ipotizzando una tassazione sul reddito del 28% su 500 che comporterebbe un carico fiscale pari a 140, pertanto la società A potenzialmente risparmia 100 (risparmio=140 imposte dovute-40 di acquisto partecipazione società B)304.
Queste operazioni straordinarie sono lecite e consentite però hanno solamente fini fiscali e pertanto si configurano come elusive. 304 OECD (2010), Addressing tax risks involving bank losses, OECD Publishing, 2010, pag. 53.
5.2. L’elusione fiscale a livello comunitario 5.2.1. L’Art. 11 della Direttiva 90/434/Ce. L’Art. 11 della Direttiva 90/434/Ce tratta il fenomeno dell’elusione fiscale in ambito di operazioni straordinarie transfrontaliere, il legislatore comunitario ha percepito fin da subito la necessità di intervenire per arginare questo fenomeno.
La fusione, scissione, il conferimento e gli scambi di partecipazioni consentono di godere di benefici fiscali rilevanti, infatti tali operazioni sono neutrali dal punto di vista fiscale e favoriscono le società nello svolgimento delle loro attività attraverso il differimento dell’imposizione della plusvalenza latente.
Qualora vengano poste in atto condotte elusive la norma prevede la revoca di questi benefici concessi. Un’operazione a carattere elusivo presenta come unico obiettivo la frode o l’evasione fiscale, pertanto mancano valide ragioni economiche come la necessità di ristrutturazione o di razionalizzazione della produzione poste come giustificazione di tale atto.
Il legislatore europeo utilizza la presunzione per definire un’operazione a carattere elusivo, quindi è il singolo contribuente che deve eventualmente dimostrare il contrario.
Gli Stati membri devono successivamente recepire questa disciplina in maniera conforme alle proprie leggi antiabuso interne, il legislatore comunitario fornisce solo le ipotesi base e più generali che poi vanno adattate alle esigenze nazionali.
Il legislatore emanando l’Art. 11 esprime il suo timore nei confronti della possibilità di utilizzare in modo improprio delle operazioni di riorganizzazione aziendale. Pertanto i soggetti possono porle in atto senza perseguire il fine originario della Direttiva, ovvero stimolare la creazione del Mercato Unico Europeo.
Attraverso l’Art. 11 il legislatore comunitario fornisce una disposizione generale e concede a quello nazionale la possibilità di predisporre delle norme più specifiche finalizzate a limitare e disapplicare i benefici da lui concessi.
Gli Stati membri devono recepire la Direttiva ed introdurre delle norme antiabuso volte a tutelare l’interesse dell’erario e a rispettare il principio della capacità contributiva.
E’ bene sottolineare che deve sussistere un equilibrio tra i vincoli stabiliti dalle norme antiabuso ed i diritti fondamentali comunitari, questi non devono essere violati.