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La libertà di stabilimento

fuori dello Stato italiano126.

Questo aspetto viene confermato nel caso in cui sorga il problema della doppia imposizione, che si riscontra quando una società risulta fiscalmente residente in due Stati differenti dato che soddisfa criteri di collegamento in entrambi i Paesi.

Il modello OCSE propone come soluzione il criterio del “tie breaker rule”, tale strumento individua come Paese d’origine quello nel quale è situata la sede della direzione effettiva, e quindi è l’unico autorizzato ad esercitare la potestà impositiva. All’Art. 4 paragrafo 3 del Modello OCSE si definisce la sede della direzione effettiva come la sede nella quale si riuniscono i Consigli d’Amministrazione per prendere qualsiasi tipo di decisioni, non necessariamente strategiche, quindi il luogo effettivo dove si forma la volontà societaria127.

3.3. La libertà di stabilimento

La libertà di stabilimento fra le libertà fondamentali sancite dal TFUE è quella che assume più rilevanza per il buon funzionamento del Mercato Unico Europeo.

Essa viene disciplinata dagli Artt. 49-55 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e consente alle persone fisiche e giuridiche di poter spostare le proprie attività all’interno dell’Unione Europea senza discriminazioni tra residenti e non residenti.

Lo scopo del legislatore comunitario è quello di creare un “market equality” ovvero uno spazio economico europeo nel quale gli agenti operano in più Stati membri in maniera stabile e continuativa senza che questo comporti differenze di trattamento rispetto a coloro che svolgono, nello Stato membro in cui si sono stabilizzati, la medesima attività nel medesimo settore128. La definizione che fornisce il legislatore comunitario di libertà di stabilimento è data dalla lettura congiunta degli Artt. 49 e 54 del TFUE. 126 S. Dorigo, Residenza fiscale delle società e libertà di stabilimento nell’Unione Europea, Cedam, Lavis (TN), 2012.

127 Si deve sottolineare che negli ultimi anni, la certezza data dall’utilizzo di questo criterio risulta

messa in discussione dalle nuove tecnologie. Sempre più frequentemente accade che le assemblee vengano svolte in videoconferenza. Per risolvere questo problema si considera come sede della direzione effettiva il luogo che funge da centro di collegamento tra tutti gli amministratori.

128 Condinanzi, la libertà di stabilimento, Diritto dell’Unione Europea. Parte speciale, Torino, 2010, pag. 185 e ss.

Questi articoli hanno un “effetto diretto” in quanto possono essere invocati al fine di disapplicare la normativa nazionale qualora sia lesiva del diritto di stabilimento come citato nella sentenza Reyners, causa C-2/74 par. 24: “tale norma è, per eccellenza, atta ad essere fatta valere direttamente dai cittadini in tutti gli altri Stati membri”.

Si devono eliminare tutte le forme possibili di discriminazione, infatti Contaldi nella sua opera129 individua il divieto di discriminazione come funzione originaria e

primaria della libertà di stabilimento. Nell’Art. 49 comma 1 TFUE il legislatore comunitario impone un divieto di efficacia per tutte le disposizioni degli Stati membri che pongano delle restrizioni al diritto di stabilimento. Mentre nel comma 2, si dà una definizione di libertà di stabilimento la quale “importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, comma 2 […]”130. Questo diritto è esercitabile sia da persone fisiche, come previsto dall’Art. 49, le quali possono svolgere attività autonome o d’impresa, che anche da persone giuridiche come sancito dall’Art. 54 del TFUE.

Le persone giuridiche per poter usufruire della libertà di stabilimento esse devono rispettare un requisito inderogabile, ovvero devono “ essere costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro dell’attività principale all’interno dell’Unione”131.

Il legislatore comunitario in tal modo fornisce i criteri di collegamento che le società devono ottemperare per poter beneficiare di tale diritto, infatti devono essere collegati allo spazio comune europeo in una duplice maniera: costituire la società in modo conforme alle leggi nazionali dello Stato membro in cui si stabiliscono e allo stesso tempo mantenere il centro degli interessi dell’attività all’interno dell’Unione Europea132. 129 Contaldi, Trattati dell’Unione europea e della Comunità europea, Tizzano, Milano, 2004, pag. 383 e ss. 130 Art. 49 comma 2 TFUE. 131 Art. 54 comma 1 TFUE.

132 S. Balsamo Tagnani, Mobilità transnazionale e stabilimento delle società nell’odierno mercato

Esistono due diverse tipologie di stabilimento in base alle modalità di insediamento nel territorio dello Stato membro133, infatti può essere un inserimento più o meno

rilevante a seconda che si tratti di uno stabilimento “primario” o “secondario”.

Per quanto riguarda la prima tipologia si tratta di uno stabilimento a titolo principale infatti, che si verifica attraverso il trasferimento della sede sociale in uno Stato membro diverso da quello di origine dal quale decadono tutti i criteri di collegamento precedentemente instaurati.

Pertanto nello Stato di origine cessa di essere svolta l’attività la quale è stata trasferita.

Lo stabilimento “secondario” si realizza attraverso l’apertura di filiali, agenzie, succursali o di una sede secondaria in un altro Stato membro, ma in tale ambito si mantiene il centro dell’attività nel Paese di origine.

In questo caso la persona giuridica svolge la sua attività in due Stati membri diversi, questo è ciò che il legislatore comunitario vuole perseguire al fine di creare un Mercato Unico Europeo, infatti le società si muovono nello spazio economico dlela comunità.

Anche la Corte nella sentenza Inasti, C-53/95 al paragrafo 10 si pronuncia andando a sostenere questo tipo di trasferimento che coinvolge più Paesi: “ la libertà di stabilimento non si limita al diritto di stabilirsi una sola volta nell’ambito della Comunità, ma implica la facoltà di creare […] più di un centro di attività nel territorio degli Stati membri”.134 Si è creato un dibattito in merito alla questione della libertà di stabilimento primaria e secondaria per la persona giuridica, infatti non tutti le riconoscono la possibilità di godere della libertà di stabilimento primaria. Per quanto concerne le persone fisiche invece, è possibile beneficiare di entrambe. Secondo quanto sostenuto dalla Corte di Giustizia Europea si è delineato un orientamento ben preciso che non consente di applicare liberamente il diritto di stabilimento primario alle società, infatti le persone giuridiche non sempre possono trasferire la sede sociale mantenendo la stessa personalità giuridica dello Stato di origine.

133 Giuliani Thompson, Il conflitto nell’applicazione del diritto di stabilimento primario e secondario

delle società europee, Contratto e impresa/Europa, 2003, pag. 229 e ss.

Questa forma di limitazione della libertà di stabilimento per le persone giuridiche viene ribadita e confermata nella sentenza Cartesio135, nella quale il trasferimento

della sede in un altro Paese fa venire meno lo status nello Stato di origine.

La questione riguarda Cartesio, una società in accomandita semplice ungherese iscritta al registro delle imprese di Baja nel giugno del 2004, che nel novembre dell’anno successivo ha richiesto il trasferimento della sede amministrativa in Italia a Gallarate volendo però mantenere la propria natura di società ungherese.

Questa richiesta è stata ritenuta inammissibile perché secondo la norma ungherese la società avrebbe dovuto sciogliersi e ricostituirsi secondo il diritto italiano, non era possibile, infatti, mantenere lo status di società ungherese trasferendo la sede operativa in un altro Paese.

La questione su cui ha dovuto pronunciarsi la Corte in apparenza risulta semplice, però comporta grandi ripercussioni sistematiche. Essa ha adottato una decisione di compromesso decretando che lo Stato di costituzione della società è quello che definisce se è stata costituita in maniera conforme alle proprie leggi nazionali e ne individua gli strumenti. Nel caso in cui sia rispettata la corretta costituzione allora si riconosce alla società la libertà di stabilimento.

Quindi spetta allo Stato di origine, in base alla propria norma nazionale, definire se una società gode o meno della libertà di stabilimento, dato che il legislatore comunitario non è stato esaustivo in merito a questa questione.

In base alla norma dei singoli Stati membri si devono verificare quali criteri di collegamento sono stati posti in essere, in modo tale da individuare se la società sia effettivamente assoggettata alla legislazione nazionale e se sia stata costituita in maniera conforme.

Se la società decidesse di trasferire la propria sede amministrativa in un altro Stato membro, facendo venire meno i criteri di collegamento instaurati con il Paese di origine, allora il legislatore di quest’ultimo può vietare la conservazione dello status. La Corte nella sentenza del 16 Dicembre 2008 si pronuncia non garantendo una libertà di stabilimento piena alle società, infatti essa rimanda alle legislazioni nazionali il compito di stabilire quali criteri di collegamento sono idonei per essere assoggettati alla legislazione nazionale.

Se la sede dell’amministrazione viene spostata in un altro Stato membro, tale trasferimento può far decadere i criteri di collegamento instaurati con lo Stato d’origine, il quale non può più imporre la sua potestà impositiva136.

E’ molto difficile spostare la propria sede amministrativa in Italia mantenendo la residenza in Ungheria, quindi nel caso in esame la Corte sostiene la causa del legislatore ungherese.

In conclusione questa sentenza conferma che l’Ungheria può impedire alla società Cartesio, costituita secondo il proprio diritto, di conservare il proprio status a seguito del trasferimento della sede in Italia. Si deve puntualizzare che nel paragrafo 111 della sentenza in esame risulta illegittima e non applicabile la normativa di uno Stato membro che prevede lo scioglimento e la liquidazione di una società che vuole risultare assoggettata al diritto nazionale di un altro Stato137.

La Corte sottolinea che questo comportamento sia contrario alla libertà di stabilimento e che tenda ad ostacolarlo, pertanto lo Stato d’origine, ungherese, non può imporre alla società Cartesio di doversi sciogliere e ricostituire in Italia, qualora voglia trasferire la sua sede in Italia e considerare l’Italia stessa come nuovo Stato d’origine138.

Si deve specificare che questa sentenza si riferisce allo Stato d’origine, ma la tendenza della Corte risulta quella di applicare tali esiti anche allo Stato di destinazione che deve essere tenuto a riconoscere il trasferimento nel suo territorio139.

Si possono fare delle considerazioni per quanto riguarda il diverso trattamento delle persone fisiche e giuridiche ai fini dell’applicazione della libertà di stabilimento, esse hanno in comune solo l’astratta titolarità del diritto, ma per quanto concerne le società ci sono ancora notevoli limitazioni.

La Corte si è evoluta negli anni dalla concezione di vietare qualsiasi forma del diritto di stabilimento primario, infatti grazie alle sentenze Cartesio e VALE si è ampliata

136 Schneeweiss, Exit taxation after Cartesio: the European Fundamental Freedom’s Impact on Taxing

Migrating Companies, Intertax, 2009, 363 e ss.

137 F. M. Mucciarelli, Società di capitali, trasferimento all’estero della sede sociale e arbitraggi

normativi, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag. 107 e ss.

138 F. M. Mucciarelli, Libertà di stabilimento comunitaria e concorrenza tra gli ordinamenti societari, Giurisprudenza commerciale, 2000, pag. 559 e ss.

139 S. Dorigo, Residenza fiscale delle società e libertà di stabilimento nell’Unione Europea, Cedam, Lavis

l’estensione del diritto, ma non in misura del tutto pari a quella di cui godono le persone fisiche140. 3.4. L’orientamento della Corte di giustizia in materia di libertà di stabilimento La Corte di Giustizia si è pronunciata numerose volte per risolvere dei casi di mobilità delle società all’interno dello spazio economico europeo e per tutelare il rispetto della libertà di stabilimento. Si possono individuare principalmente tre punti fondamentali che ne segnano anche la sua evoluzione.

Il primo riguarda il legame che si instaura fra la società ed il Paese nel quale si costituisce e in cui essa possiede la sede legale, soddisfacendo le condizioni del criterio di collegamento formale.

Anche nella sentenza Daily Mail141 si ribadisce questo aspetto al paragrafo 19, infatti

le società esistono grazie ad un ordinamento giuridico nazionale, che ne regola la costituzione e le modalità di funzionamento e ne delinea lo status giuridico.

Pertanto il fatto che la società si crei secondo le norme imposte dallo Stato, rappresenta la prima forma di collegamento che risulta essere anche la più naturale ed immediata.142

Quindi le società devono rispettare quanto previsto dallo Stato di costituzione qualora vogliano compiere delle operazioni transfrontaliere, infatti esso è autorizzato a bloccarne l’attuazione solamente per motivi di ordine pubblico, nello specifico del caso Daily Mail motivi di ordine fiscale. Inizialmente in questa sentenza la Corte appoggia la normativa interna britannica e autorizza a limitare la libertà di stabilimento, mentre nelle pronunce successive tende a far prevalere le necessità comunitarie di creazione del Mercato Unico Europeo. 140 Vi è una notevole rilevanza delle disposizioni della Corte rispetto alle legislazioni nazionali, infatti è concesso e riconosciuto alla Corte stessa poter individuare alcune forme di costituzione delle società. In tale modo se la società è costituita in modo conforme a quanto disposto dalla Corte allora può essere riconosciuta anche dallo Stato di destinazione.

Baccaglini, National Greed Indus: aspetti sistematici delle exit taxes, Diritto e pratica tributaria internazionale, 2012, pag. 275 e ss.

141 Sentenza Daily Mail del 27 settembre 1988, causa C-81/87.

Pertanto la dottrina in tale materia ha subito un’evoluzione anche grazie alla presenza di numerosi altri casi che si sono prospettati negli anni successivi.

Il secondo punto riguarda, infatti, l’obbligo degli Stati membri di garantire l’esercizio della libertà di stabilimento e la mobilità in entrata, quindi il Paese di destinazione ha il dovere di rendere possibile il trasferimento della società non residente nel suo territorio e di riconoscerla secondo le stesse modalità dello Stato d’origine.

La sentenza della Corte che maggiormente tratta questo aspetto è quella riguardante il caso Uberseering143.

Questo è il caso di una società olandese, la Uberseering, che nel 1992 ha dato in appalto ad un’altra società, la Nordic Construction Company Baumanagement GmbH, dei lavori di restauro di due immobili di sua proprietà situati nel territorio tedesco a Dusseldorf.

Tre anni dopo, quindi nel 1995, le quote della Uberseering sono state acquistate da due cittadini tedeschi residenti a Dusseldorf i quali hanno spostato la sede amministrativa effettiva in Germania.

Dato che la società appaltante non ha adempiuto ad alcuni obblighi contrattuali la società Uberseering è convenuta in giudizio presso un tribunale tedesco e ha chiesto il risarcimento dei danni, ma il giudice tedesco si è rifiutato di giudicare questo caso per la mancanza di capacità giuridica tedesca della società Uberseering e di conseguenza la mancanza di capacità processuale. Il legislatore tedesco non ha riconosciuto la personalità giuridica alla società perché non era stata costituita secondo le modalità previste dalla legge tedesca, pertanto lo spostamento della sede amministrativa non era sufficiente al riconoscimento della società straniera in Germania.

Secondo la legge la Uberseering avrebbe dovuto sciogliersi e ricostituirsi nel territorio dello Stato seguendo quanto previsto dalla regolamentazione del Paese di destinazione. La Corte è intervenuta imponendo al legislatore tedesco l’obbligo di dover accettare il trasferimento della società olandese dichiarando la legge tedesca in netto contrasto con la libertà di stabilimento. 143 Sentenza Uberseering del 5 novembre 2001, causa C-208/00.

E’ stato imposto dunque l’obbligo di riconoscere la capacità giuridica ad una società straniera che collocava la sua sede effettiva nel territorio dello Stato di destinazione, garantendo la mobilità in entrata144.

Ad una conclusione analoga si era pervenuti anche qualche anno prima in riferimento alla sentenza Centros145 nel quale si contestava il fatto che per poter operare

attraverso una succursale in un Paese straniero, in questo caso in Danimarca, era necessaria la registrazione presso il registro delle imprese danese della stessa. Se non veniva consentita l’iscrizione allora la società non poteva esercitare la sua attività nel territorio dello Stato della succursale. In questo episodio la Corte ha imposto al legislatore danese di riconoscere la filiale di una società costituita in un altro Stato membro anche se in esso non svolgeva nessuna attività commerciale146.

La Corte specifica inoltre, in relazione alla sentenza Uberseering, che la tutela degli interessi dei creditori, soci di minoranza e di altri soggetti che sono entrati in contatto con la società, i quali potrebbero risultare lesi a seguito del trasferimento, non giustifica la restrizione alla libertà di stabilimento operata dallo Stato tedesco147. La Corte con questa pronuncia impone dei limiti sostanziali alle norme nazionali degli Stati membri, infatti essi hanno un potere residuale e sussidiario nel riconoscimento della società straniera, intervenendo solamente se la legislazione europea non risulta esaustiva e chiara in merito a determinate e particolari situazioni148. 144 Allotti, Pernazza, Trasferimento della sede effettiva delle società in Europa e libertà di stabilimento, Le Società, 2003, pag. 893 e ss. 145 Sentenza Centros 9 marzo 1999, causa C-212/97. Il caso Centros si riferisce a due coniugi danesi che hanno costituito una società (S.r.l.) nel regno Unito con l’intenzione di aprire una succursale in Danimarca attraverso la quale svolgere l’attività di import- export di vini. Il core business aziendale era propriamente l’attività di import-export che veniva compiuta solamente nella succursale mentre nella sede britannica non si svolgevano attività commerciali. I coniugi danesi hanno agito in tale maniera per evitare di dover investire un capitale minimo iniziale di 200.000,00 euro richiesto per l’apertura di una S.r.l. in Danimarca, questo comportamento secondo la Corte di Giustizia è considerato lecito.

146 T. Ballarino, Sulla mobilità delle società nella Comunità Europea: da Daily Mail a Uberseering:

norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie, Rivista Societaria, 2003, pag. 675 e ss. 147 M. V. Benedettelli, Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società, Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2001, pag. 569-620. 148 “[…] invita gli Stati membri ad avviare negoziati […] solo per quanto occorra, ossia nell’ipotesi in cui le disposizioni del Trattato non consentono di realizzare gli obiettivi dello stesso”. Par. 54 Sentenza Uberseering del 5 novembre 2001, causa C-208/00.

Questa sentenza si riferisce allo Stato di destinazione ed impone ad esso e a tutti gli altri Stati membri di considerare lo status della società oggetto di trasferimento perché soddisfa i criteri di collegamento necessari per essere definita tale149.

Quindi la causa C-208/00 sancisce il riconoscimento transnazionale della personalità giuridica di una società già esistente in un altro Paese.

Il terzo ed ultimo filone di interpretazione della Corte riguarda il fatto che le pronunce sullo Stato di destinazione, tenuto a dover accettare lo status giuridico delle società straniere, valgono anche per lo Stato di origine.

Quest’ultimo deve quindi garantire e rispettare la libertà di stabilimento, attraverso l’agevolazione della mobilità delle società dal suo territorio verso altri Stati membri. Infatti come si può notare nella sentenza Cartesio precedentemente analizzata nel paragrafo 3.3 ed anche nel caso National Grid Indus BV150 ci deve essere una coerenza

nel mantenimento dello stato giuridico della società, la quale deve essere riconosciuta anche dallo Stato di origine.

Quest’ultimo deve accettare e non ostacolare la trasformazione della società nel Paese membro in cui si è trasferita, infatti non può imporre l’obbligo di scioglimento e ricostruzione, ma deve lasciare libere le società di potersi trasferire perdendo la nazionalità nel Paese di origine ed acquisendola in quello di destinazione.

La particolarità di questo ultimo punto analizzato e delle sentenze citate è che la società può trasferire la sede pur mantenendo nello Stato di origine la nazionalità, se e solo se, il Paese di origine lo consente e quindi il Paese di destinazione deve riconoscere lo status giuridico di tale società assoggettata alla legislazione dello Stato di origine, come nel caso National Grid Indus BV.

In questa sentenza infatti lo Stato olandese consente di mantenere lo status di residente alla società che sposta la sua sede amministrativa nel Regno Unito, quindi si verifica un trasferimento che ammette la continuità dello stato giuridico, il tutto coerentemente con il rispetto del diritto fondamentale della libertà di stabilimento151.