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Le valide ragioni economiche

5.3. L’elusione fiscale nella normativa italiana

5.3.1. Le valide ragioni economiche

Per quanto concerne l’espressione “valide ragioni economiche” si include la combinazione di due principi il “good business purpose” ed “substance over form”, ovvero il principio di prevalenza della sostanza sulla forma.

316 Art. 37-bis comma 2 DPR n. 600/1973.

317 C. Garbarino, Manuale di tassazione internazionale, I Edizione, IPSOA, L.E.G.O. spa, Vicenza,

Le valide ragioni economiche si identificano come operazioni che comportano benefici a livello gestionale dell’attività aziendale e si configurano come ragioni “extra-fiscali”. Queste devono risultare come apprezzabili e valide, nel senso che devono sussistere effettivamente e devono essere determinanti nella scelta di intraprendere tale operazione.

La fusione transfrontaliera non deve avere solamente un contenuto oggettivo di vantaggi monetari, ma deve avere come scopo un miglioramento aziendale finalizzato al compimento dell’oggetto sociale e del “business purpose”.

Le operazioni devono essere volte al perseguimento di un risultato reddituale attraverso l’impiego di mezzi, ma questo si può raggiungere anche indirettamente. Infatti è possibile ottenere un vantaggio, ritenuto dall’Amministrazione finanziaria una valida ragione economica, anche se non è strettamente collegato ad un ritorno monetario immediato. Ad esempio compiere una fusione con una società di un altro Paese membro per rafforzare la propria posizione sul mercato internazionale e produrre benefici che si possono apprezzare a distanza di un certo lasso temporale318.

In questa ottica la definizione di valide ragioni economiche viene ampliata non considerandola solamente legata alle logiche del profitto, ma collegata anche ad un miglioramento strutturale e funzionale della società stessa.

Affinché si configuri un’operazione abusiva ai sensi dell’Art. 10-bis comma 3, le ragioni extra-fiscali risultano marginali ed irrilevanti, ovvero non prevalenti. Quindi oltre alla giustificazione fiscale possono esistere anche altri motivi alla base, ma non sufficienti a cambiare la natura dell’operazione. Per irrilevanza delle ragioni economiche si intende che queste, poste a confronto con quelle fiscali, non abbiano nessun peso, o se c’è è minimo, all’interno della decisione di fusione.

Con l’aggettivo marginale si intende un’operazione che può essere conclusa ugualmente. Se così non fosse la mancanza di valide ragioni economiche non avrebbe consentito la conclusione dell’operazione.

Il legislatore intende con i termini “marginale” ed “irrilevante” che la presenza di ragioni economiche nell’operazione elusiva è un elemento non determinante nella decisone. Questo aspetto risulta comunque difficile da individuare visto che non è un dato oggettivo, pertanto il giudice deve valutare caso per caso la presenza di tale

318 L. Capo, Elusione fiscale e libertà economica: la ristrutturazione societaria, Obbligazioni e contratti,

requisito e la sua incidenza. Si deve considerare se la presenza delle ragioni economiche possa essere sufficiente per escludere la configurazione di un abuso del diritto319.

In un secondo momento si può considerare anche l’aspetto fiscale ed i benefici ad esso collegati, infatti può capitare che le fusioni, svolte con un obiettivo gestionale, abbiano come effetto anche un vantaggio fiscale, ed in questo caso la fusione non è classificata come elusiva. Solamente in queste determinate circostanze il risparmio fiscale è legittimo. Anche la stessa Corte di Cassazione riconosce agli individui il diritto di poter scegliere tra le varie operazioni quella meno onerosa dal punto di vista fiscale320. 5.3.2. L’assenza di sostanza economica

Questa espressione implica che vengono messe in atto delle “costruzioni di puro artificio” che sono legittimamente costituite, ma prive di sostanza economica. Infatti pur rispettando la forma risultano in contraddizione con le finalità adottate dal legislatore e pertanto operazioni abusive.

Le caratteristiche di una struttura fittizia senza sostanza economica sono descritte dall’Art. 10, comma 2, lett. a) nel quale si individuano due elementi: la non coerenza tra la qualificazione dell’operazione e la realtà e la non conformità dell’uso degli strumenti legislativi, che vengono sfruttati solo per risparmiare le imposte. Situazioni di questo tipo implicano che gli utili lordi conseguiti a seguito dell’operazione siano minori in confronto al notevole risparmio fiscale generato321.

Sono classificate quindi come delle operazioni “non genuine”322 perché non

perseguono lo scopo voluto dal legislatore.

319 G. Zizzo, La nozione di abuso nel nuovo art. 10bis dello Statuto dei diritti del contribuente, Il

Corriere Giuridico, 2015, fascicolo 11, pag. 1337-1342.

320 A. Lovisolo, Il principio di matrice comunitaria dell’”abuso” del diritto entra nell’ordinamento

giuridico italiano: norma antielusiva di chiusura o clausola generale antielusiva? L’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte., Diritto e Pratica Tributaria, 2007, fascicolo 4, parte II, pag. 723.

321 G. Zizzo, La nozione di abuso nel nuovo art. 10bis dello Statuto dei diritti del contribuente, Il

Corriere Giuridico, 2015, fascicolo 11, pag. 1337-1342.

322 V. P. Pistone, L’abuso del diritto nella giurisprudenza tributaria della Corte di giustizia dell’unione

5.3.3. L’indebito vantaggio fiscale

L’ultima espressione che il legislatore utilizza nell’Art. 10-bis comma 2 per indicare l’elusione fiscale è “l’indebito vantaggio fiscale”.

L’aggettivo indebito permette di definire la soglia che distingue l’elusione dal legittimo risparmio d’imposta.

Questa situazione indica una posizione di vantaggio del contribuente rispetto all’erario, in quanto si altera il principio di contribuzione agevolando soggetti che non dovrebbero godere di benefici.

In tale modo si determina una situazione di contrasto con le finalità perseguite dal legislatore sia nazionale che comunitario. Questa non conformità è connotata da una mancanza di giustificazione. Infatti per definire come “indebito” un vantaggio fiscale si deve guardare la ratio della norma e non ciò che si prevede letteralmente nella normativa. Si deve considerare il contrasto che si genera tra le intenzioni del legislatore nell’emanare la normativa ed il vantaggio perseguito. Questa situazione si rileva oggettivamente solamente ex post.

Il legislatore promuove il principio della prevalenza della sostanza sulla forma per stabilire la natura di un’operazione straordinaria, infatti si deve considerare se la sostanza sia conforme a quanto previsto dalla norma.

L’indebito in questo contesto ha un’accezione diversa rispetto a quella precedentemente considerata, infatti ne viene ampliata la portata323.

Questa espressione si collega con l’assenza di valide ragioni economiche che risultano uno la conseguenza dell’altro, dato che un’operazione che conferisce dei vantaggi fiscali se priva di finalità economiche rende tali benefici indebiti. Pertanto compiendo una fusione non genuina si consegue un vantaggio fiscale indebito324.

Si deve tenere in considerazione che il legislatore nazionale specifica nel comma 4 dell’Art. 10-bis che i soggetti sono liberi di scegliere tra regimi di contribuzione differente. Infatti se per la stessa fattispecie si presenta la possibilità di utilizzare regimi diversi il soggetto è autorizzato a scegliere quello meno oneroso, senza configurare un risparmio d’imposta indebito. Il vantaggio fiscale è pienamente

323 V. Ficari, Virtù e vizi della nuova disciplina dell’abuso e dell’elusione tributaria ex Art. 10-bis della L.

n. 212/2000, Riv. Trim. Dir. Trib., 2016, pag. 324.

324 D. Cané, Indebito vantaggio fiscale e abuso del diritto. Profili di diritto comunitario e internazionale,