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LA FINE DELLE VILLE IN ETÁ TARDOANTICA E LA TRASFORMAZIONE IN SPAZI SEPOLCRAL

LE SEPOLTURE ALL’INTERNO DELLE VILLE TARDOANTICHE

LA FINE DELLE VILLE IN ETÁ TARDOANTICA E LA TRASFORMAZIONE IN SPAZI SEPOLCRAL

I dati provenienti da altre ville utilizzate come luogo di sepoltura nella Toscana tardoantica permettono di collegare le peculiarità della destinazione funeraria al ruolo e all‟importanza della villa all‟interno della rete insediativa che si definisce in questa epoca, che modifica profondamente la situazione di età imperiale. In altre parole, le modalità con cui le tombe si impiantano sulle antiche strutture non sembrano casuali, ma riflettono l‟uso pratico delle rovine stesse da parte degli abitanti dei dintorni e il significato simbolico che viene loro attribuito. Le ultime vicende di alcune importanti ville della Toscana possono essere in tal senso chiarificatrici.

- LA VILLA DI SAN VINCENZINO

Per comprendere a fondo il problema delle sepolture all‟interno delle ville, fenomeno che riguarda l‟intero mondo romano nel periodo tardoantico, al punto da costituirne uno dei tratti peculiari e da simboleggiare il definitivo tramonto delle antiche tradizioni e del precedente stile di vita, è utile analizzare in dettaglio la villa di San Vincenzino, presso Cecina (LI) (TAV. 35, 1). Questo contesto fornisce un ottimo paradigma per valutare a fondo le ultime fasi di vita delle dimore aristocratiche del periodo tardo romano, caratterizzate da drastiche modificazioni che si concludono spesso con l‟impianto di sepolture sulle rovine.

Il grande complesso di San Vincenzino, ubicato su una piccola altura a breve distanza dal mare, sulla riva sinistra del fiume Cecina, viene eretto nel I secolo a.C.; la villa conosce un profondo intervento di ristrutturazione alla fine del II-III secolo d.C., con la costruzione delle terme e di altri ambienti caratterizzati dal lusso della decorazione, tra cui il triclinio estivo con ninfeo884. Dopo le importanti ristrutturazioni di fine III-IV secolo d.C., vale a dire gli ultimi rifacimenti ad avere carattere di monumentalità consoni all‟importanza dell‟edificio, la vita nella villa sembra subire una brusca cesura e un mutamento repentino riguardo ai modi di abitare, con forti cambiamenti d‟uso delle strutture. In uno degli ambienti viene inserita una vasca in muratura rivestita di cocciopesto, mentre in un altro vano si costruisce un bancone in laterizi e tegole885. Segni ancora più evidenti sono la costruzione di semplici pareti in mattoni e tegole legate da fango che ripartiscono lo spazio di alcuni vani, oltre alla sostituzione dei pavimenti a mosaico con piani in cocciopesto886. Questi poveri apprestamenti rappresentano un vero e 883 DI GENNARO,GRIESBACH 2004,p. 142. 884 DONATI 2005,pp. 72-76. 885 DONATI et al. 2000, p. 437. 886 DONATI et al. 2000, p. 437.

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proprio mutamento rispetto alle fasi precedenti, tanto da far pensare a frequentazioni in cui si sfruttano i ruderi di un edificio ormai in completa rovina. Realizzazioni di questo tipo non sono del resto nuove nelle ville tardoantiche, come dimostra il caso di Russi (RA), dove gli ultimi interventi in un edificio di grande prestigio consistono in poveri rifacimenti e in strutture precarie, spesso costruite direttamente sui pavimenti mosaicati, che non tengono più conto della precedente funzione887. In molti casi si assiste anche alla forte riduzione delle superfici frequentate e alla dismissione di alcuni ambienti, come avviene a Casteldebole (BO): dei 7000 mq dell‟impianto originario si utilizzano nell‟ultima fase appena 110 mq per l‟abitazione e al massimo 1200 per la superficie lavorativa888. Un fenomeno analogo si riscontra forse per San Vincenzino, dove per tutto il IV secolo sono ancora in funzione gli impianti produttivi e il complesso termale, mentre perde importanza l‟atrio889

. Tra la fine del IV e gli inizi del V secolo d.C. la villa conosce dunque una profonda crisi e in seguito il parziale abbandono, considerato che allo stesso ambito cronologico rimandano anche alcuni reperti rinvenuti nelle fosse di spoliazione890. L‟abbandono è testimoniato sia dagli strati alluvionali all‟interno dell‟edificio, sia dalle tracce di incendio rilevate in più punti. I dati fin qui esposti indicano che la fine della villa va collocata presumibilmente intorno alla metà del V secolo d.C., come testimonia il crollo di parte delle strutture. Non è chiaro se esista un collegamento tra il declino della villa e la fine dell‟attività nelle officine ceramiche dislocate nel territorio che producono le anfore di Empoli, per quanto ciò appaia molto plausibile. Tali attività produttive sono infatti da collegare al fondo della villa, e la crisi di quest‟ultima va di pari passo col declino delle esportazioni del surplus agricolo del territorio, fino ad allora in stretto contatto con il resto dell‟Impero. Tale fenomeno avrà avuto profonde conseguenze sull‟economia, provocando un progressivo impoverimento generale, nonché sulle modalità insediative.

Al momento, appare probabile che il crollo della metà del V secolo circa non riguardi tutto l‟edificio, ma solo alcuni settori da individuare in maniera più precisa; in conseguenza di ciò, sembra più opportuno immaginare che la villa non subisca una fine brusca e definitiva, ma che alcuni ambienti di essa continuino ad essere abitati e riallestiti con materiale “povero”. La villa di San Vincenzino è infatti interessata da una lunga vicenda abitativa successiva al crollo che sembra arrivare fino al VI-VII secolo. Di essa restano sul terreno solo labili evidenze, la cui articolazione non è dunque percepibile in maniera chiara (buche di palo, muretti divisori in materiale di recupero, innesto di attività produttive all‟interno degli ambienti…), ma che sembra da riferire alla realizzazione di capanne in legno in alcuni settori della villa. Quindi la vita nella villa continuerebbe, seppure con modalità molto diverse rispetto al periodo precedente.

L‟ORGANIZZAZIONE DELLE CAMPAGNE 887 ORTALLI 1996,p. 15, fig. 4. 888 ORTALLI 1996,p. 15. 889 DONATI 2005,p. 80. 890 DONATI et al. 2004, p. 458.

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Fra II e III secolo d.C., le mutate condizioni economiche e politiche e il progressivo venir meno del primato della penisola in campo commerciale portano alla scomparsa inesorabile della villa schiavistica classica, da cui consegue l‟acuta crisi dei territori dove essa è più diffusa. La crisi però non sarà inesorabile, e porterà a nuove forme di organizzazione rurale, più adatte a fronteggiare la nuova situazione. Tra le conseguenze più interessanti di queste nuove tendenze vanno menzionate la maggiore concentrazione dei terreni nelle mani di pochi possidenti e la scomparsa delle ville di minor rilievo, ormai inglobate in possedimenti più vasti, oltre all‟accresciuta importanza dei villaggi rurali891.

L‟estensione del latifondo porta dunque ad una diminuzione delle ville, o al loro declassamento a strutture di servizio per la gestione del fundus, conseguenza dell‟accorpamento dei loro terreni in proprietà più ampie892. Questi enormi lotti di terreno vengono suddivisi in unità di produzione gestite in maniera diversificata893. In gran parte sono date in affitto a coloni, contadini di condizione libera o servile che versano un canone, mentre una parte può essere gestita direttamente dal proprietario mediante l‟utilizzo di schiavi894

. In questo modo la proprietà (massa fundorum) “appare un accumulo di unità di produzione discontinue, in sé autonome e di carattere estremamente variabile: la tenuta padronale, il fondo poderale, l‟appezzamento parcellare, la villa, il villaggio”895

. Questa gestione permette una estrema diversificazione e dà la possibilità di sfruttare al meglio le caratteristiche dei vari terreni896. In realtà, secondo Domenico Vera, già sotto la Tetrarchia si hanno in Italia i primi segni di una ripresa che risulta evidente nel IV secolo, periodo in cui l‟economia della penisola appare forte, portando a compimento i mutamenti delle epoche precedenti897.

In questa nuova organizzazione, alle ville che perdono la loro funzione o scompaiono, si sostituiscono le grandi tenute padronali, veri e propri vertici della piramide su cui ricadono numerose funzioni: centro di direzione della proprietà, luogo di deposito e stoccaggio delle derrate prodotte nei fundi e versati dai coloni come canone, abitazione del proprietario nonché sede di impianti lavorativi quali mulini, frantoi, officine898. La villa si trasforma così in praetorium, centro di gestione del latifondo899.

A questa imponente struttura, si affianca una rete più o meno fitta di vici che caratterizzano il paesaggio agrario e dove risiedono in gran parte i coloni affittuari con le loro famiglie900.

La descrizione della villa-praetorium sembra corrispondere in buona misura con l‟evidenza disponibile per San Vincenzino in età tardoantica, dove convivono fianco a

891

VERA 1995,p. 204: oltre a questi vanno aggiunti la rivalutazione delle aree marginali come boschi o

paludi e la diversificazione della produzione agricola; per i riscontri archeologici di questo nuovo panorama, con particolare riferimento all‟Emilia, cfr. ORTALLI 1996,pp. 13-15.

892 VERA 1995, p. 374. 893 VERA 1995, p. 336. 894 VERA 1995, pp. 339, 353. 895 VERA 1995, p. 342. 896 VERA 1995, p. 346. 897 VERA 1995, pp. 205-206. 898 VERA 1995, p. 351. 899 VERA 1995, p. 350. 900 VERA 1995, pp. 353-355.

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fianco ambienti sfarzosi di nuova decorazione e impianti di lavorazione per la frangitura delle olive e per macinare il grano, in un quadro insediativo in cui la villa spicca tra i poli principali della pianura costiera cecinese. Del resto, per la sua imponenza, questo complesso doveva appartenere ad una famiglia di rango senatoriale, forse ai Caecina stessi901.

Per quanto riguarda questa realtà, bisogna sottolineare che le accurate ricognizioni di superficie mostrano che l‟organizzazione delle campagne tipica dell‟età tardoantica non è nuova in quest‟area. Qui il modello classico della villa schiavistica non sembra essersi mai affermato, a vantaggio di altri sistemi di gestione di tradizione ben più antica, risalenti al periodo etrusco e profondamente radicati nel territorio902. Piuttosto che sul lavoro degli schiavi, il sistema agricolo di età romana si basa essenzialmente sulla manodopera dipendente, residente in villaggi o fattorie isolate dislocate nei dintorni della villa, creando così un sistema equilibrato tra i vari tipi di insediamento che garantisce una lunga continuità almeno fino alla tarda antichità, e forse anche oltre903.

La villa di San Vincenzino sembra dunque aver svolto fin dalla sua nascita il naturale ruolo di centro di riferimento della regione, senza che questa funzione sia mai venuta meno nel corso della sua lunga esistenza e presumibilmente nemmeno nelle sue ultime fasi di vita, allorché il livello delle importazioni e delle produzioni ne indica il pieno inserimento nei circuiti commerciali dell‟epoca904

.

LE ULTIME RISTRUTTURAZIONI: SEGNO DI UNA NUOVA MENTALITA‟? E‟ probabile che nemmeno i modesti riallestimenti con strutture precarie e povere descritti in precedenza, che contraddistinguono l‟ultima fase siano da collegare ad una frequentazione sporadica e alla fine del prestigio della villa. Questi cambiamenti, secondo gli storici di scuola anglosassone, non andrebbero visti come segno di declino o di crisi, ma andrebbero piuttosto letti come segni di cambiamento e di adattamento alle mutate condizioni economiche, sociali e politiche, senza connotazioni in senso negativo905. I punti salienti di questa discussione sono ben esposti da Ward Perkins, che pone a confronto le ricostruzioni degli storici anglosassoni con quelle, di segno opposto, della scuola archeologica italiana capeggiata da Carandini906.

Anche nelle abitazioni signorili, sia in città che in campagna, non si avverte più la necessità di affermare il proprio prestigio mediante architetture sontuose, e si assiste quindi alla realizzazione di strutture precarie di modesta entità, alla dismissione degli ambienti più prestigiosi- termali o di rappresentanza- all‟installazione di impianti produttivi nella parte residenziale, infine all‟introduzione delle sepolture nei vani interni907. Secondo Lewit, questo mutamento non sarebbe segno dell‟impoverimento dei ceti più elevati, ma corrisponderebbe ad una nuova mentalità che si fa strada in Italia e in 901 DONATI 2005,p. 70. 902 TERRENATO,SAGGIN 1994,p. 474. 903 TERRENATO,SAGGIN 1994,pp. 474-475. 904 PAOLETTI,GENOVESI 2007,pp. 388-393. 905

Sulla questione, cfr. le importanti riflessioni in WARD PERKINS 1997;LIEBESCHUETZ 2001;LEWIT 2003; CHAVARRÍA ARNAU 2004,pp. 15-16;WICKHAM 2005,pp. 472-48.

906

WARD PERKINS 1997;per il modello proposto da Carandini, cfr. CARANDINI 1993.

907

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Occidente nel V e VI secolo, in concomitanza con la caduta dei valori e dello stile di vita tipicamente romano che accompagna il disgregamento dell‟Impero908. Secondo La Rocca, i cambiamenti in atto avverrebbero in parallelo con nuove forme di ostentazione del potere909: tra queste si colloca l‟investimento delle risorse non più per le dimore lussuose, ma per l‟erezione di edifici di culto e per l‟acquisto di arredi liturgici910

. Wickham annovera tra le principali cause del fenomeno la progressiva militarizzazione della società, che precede la caduta dello Stato, e la fine di uno stile di vita basato sull‟otium, piuttosto che ad una crisi vera e propria911

. Dunque le ville, anche dopo aver perso gran parte dei loro caratteri di prestigio, continuano spesso ad essere abitate da personaggi di rango elevato, e questo potrebbe essere anche il caso della villa di San Vincenzino nella sua fase terminale912. Al momento non è possibile stabilire se questi individui siano da identificare con i vecchi proprietari ormai notevolmente impoveriti o piuttosto con nuovi gruppi che si stabiliscono sui resti della villa. Questi dati indicano come la presenza di individui appartenenti all‟elite debba basarsi su tracce ben più labili rispetto ai periodi precedenti, su variazioni apparentemente minime della cultura materiale che se poste in un‟ottica coerente con i mutamenti in atto possono rivelarsi decisive per risalire allo status sociale degli utilizzatori913. Per quanto i suoi abitanti vivano in abitazioni di modesto livello che li rendono indistinguibili dal resto della popolazione, le suppellettili e gli alimenti importati costituiscono al momento l‟unica spia della loro posizione di (relativo) rilievo nella società dell‟epoca914

.

Di altro avviso appare Brogiolo, il quale ritiene che anche in età altomedievale, come per le epoche precedenti, l‟abitazione privata costituisce un importante veicolo per ostentare il proprio status: del resto, domus prestigiose vengono ancora edificate a Roma e a Ravenna fino al VI secolo d.C.915

Le si definisca “crisi” o “mutamento”, queste profonde trasformazioni sociali e culturali, per quanto si affermino gradualmente, sono senza dubbio legate al progressivo 908 LEWIT 2003, pp. 270-271; SFAMENI 2006, pp. 294-295. 909 LA ROCCA 1998,p. 278. 910

AUGENTI 2003,pp. 289-290. Secondo Ripoll e Arce, tra le cause del mutamento bisogna considerare le donazioni alla Chiesa di molte proprietà terriere, con drastici mutamenti nei modi di gestione e spesso con la trasformazione in chiese e monasteri: RIPOLL,ARCE 2000,pp. 107-111.

911

WICKHAM 2005,p. 477; Augenti sostiene che a partire da adesso le elites rivolgono la loro attenzione e la volontà di affermazione nella costruzione di mausolei e complessi religiosi, con un forte mutamento quindi nei modi di autorappresentazione: AUGENTI 2003,p. 289.

912

Opportunamente Sfameni sottolinea che, per quanto permanga la loro funzione abitativa, sia comunque pertinente parlare di “fine” delle ville, poiché è ormai definitivamente tramontato lo stile di vita che ad esse è tradizionalmente associato: SFAMENI 2006,p. 295.

913

BOWES,GUTTERIDGE 2005,p. 408; ZANINI 2007,pp. 41-42: lo studioso sottolinea la differenza che può

avere uno stesso indicatore in relazione a contesti differenti: la ceramica africana da mensa rinvenuta agli inizi del VII secolo nel monastero romano di S. Salvatore in Pensilis rappresenta un chiaro segno della presenza di un ceto medio-alto che ha accesso a beni di importazione “un tempo di uso comune e in questa epoca divenuti oggetti quasi di lusso”.

914

Lo scavo ha portato in luce ceramiche di importazione di un certo prestigio (sigillata africana) e derrate riservate solitamente a personaggi di rango, come il vino della Palestina; cfr. CHAVARRÍA ARNAU 2004,pp. 15-16, per le fonti letterarie dell‟epoca che menzionano individui di rango che vivono in condizioni materiali modeste; per altri esempi, cfr. CHAVARRÍA ARNAU 2004,pp. 15-16.

915

BROGIOLO 2007, p. 13: stando agli esempi riportati dallo studioso, queste residenze sontuose sono attestate in realtà urbane di notevole importanza (Roma, Ravenna, Merida), difficilmente paragonabili con ambiti rurali o con abitati minori.

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decadimento dell‟organizzazione imperiale e delle sue strutture, all‟arrivo di nuove popolazioni e al diffondersi del cristianesimo, e rappresentano quindi la risposta a profondi e innegabili cambiamenti rispetto alla situazione dei secoli precedenti, che preludono ormai all‟altomedioevo916

. LA NECROPOLI

Sulla base dei dati disponibili, è impossibile stabilire se le prime tombe della necropoli siano da riferire agli individui che rioccupano i ruderi della villa nel V-VI secolo, o se ci sia uno scarto cronologico tra questa fase e l‟impianto della necropoli. A tal proposito, non è certo d‟aiuto l‟assoluta mancanza di oggetti di corredo nelle tombe, che non consente di cogliere lo sviluppo e l‟articolazione del sepolcreto.

Sembrano comunque pertinenti alle rioccupazioni di V-VI secolo la tomba a cappuccina scoperta da Monaco negli anni „60 nel settore rustico917

e la sepoltura venuta in luce nel peristilio, datata col radiocarbonio al V secolo. Si tratta di tombe isolate, lontane dal vasto cimitero individuato in un altro settore, che confermerebbero l‟utilizzo dei ruderi come area funeraria già in questa fase, senza che tuttavia si ravvisi una continuità col cimitero vero e proprio.

Se, almeno nelle fasi iniziali, quest‟ultimo è forse utilizzato dagli individui che vivono sui resti della villa, esso non è sicuramente limitato ad essi: il gran numero di sepolture suggerisce che lo spazio funerario sia stato sfruttato da parte di una comunità più numerosa, forse da un villaggio situato nei pressi dei ruderi (di cui non ci sono al momento tracce archeologiche) dove si concentra la popolazione dell‟area

Il cimitero si estende su un settore della pars urbana della villa, con inumazioni di adulti ed infanti918 (TAV. 35, 1). Le tombe tagliano i crolli delle strutture e i livelli di obliterazione alluvionali, quindi sono scavate in un momento in cui le strutture della villa sono già distrutte. È comunque presumibile che l‟intervallo intercorso tra l‟abbandono definitivo e le prime inumazioni sia alquanto breve, dal momento che la datazione di una delle tombe, effettuata col C14, si colloca negli anni 434±460919. Tra i caratteri della necropoli che colpiscono, spicca l‟alto numero di sepolture – più di un centinaio- e l‟ampio arco cronologico del suo utilizzo, che appare senza soluzione di continuità fino al VIII secolo, poiché ancora le analisi col C14 consentono di datare una delle tombe al 724±760920.

L‟orientamento più frequente è quello SW/NE, che appare in molti casi adeguarsi all‟andamento delle murature superstiti, cui talvolta le tombe si appoggiano, e non sembra collegata ad aspetti rituali ed ideologici. Alcuni gruppi di sepolture presentano del resto allineamenti diversi; la differenza di orientamento potrebbe essere dovuta a più fasi interne nell‟utilizzo della necropoli, anche se al momento l‟ipotesi non è

916

CHAVARRÍA ARNAU 2004,p. 17. 917

Notizie in BEJOR et al. 1984, pp. 215-216. 918

I dati relativi alla necropoli fanno interamente riferimento alle considerazioni generali e al catalogo delle tombe di Maurizio Paoletti, oltre che sui risultati delle analisi antropologiche e paleopatologiche condotte da Giuliana Pagni e Leonia Burdassi: DONATI et al. 2000, pp. 438-456, 467-476, Tavv. V, XX-

XXI.

919

DONATI et al. 2000, p. 458. 920

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dimostrabile. Una prova in tal senso può essere fornita dal fatto che le sepolture che si sovrappongono o che tagliano tombe precedenti hanno di solito orientamento diverso rispetto a queste ultime.

Le sepolture si caratterizzano per l‟estrema semplicità nella realizzazione e per l‟assenza di elementi di corredo (TAV. 35, 2-3). Si tratta in gran parte di semplici fosse di forma piuttosto irregolare, in molti casi delimitate da tegole o frammenti laterizi di reimpiego, talvolta con lastre di pietre all‟altezza della testa e dei piedi. Dalla disposizione delle tombe, non si nota una pianificazione rigorosa dello spazio funerario, pur esistendo concentrazioni di sepolture in determinati punti. La vicinanza tra alcune sepolture induce a ipotizzare un legame tra i defunti. Ciò appare ancora più evidente nelle tombe che si sovrappongono accuratamente fra loro, utilizzando quasi lo stesso spazio funerario ma evitando di intaccare la tomba sottostante921. Rapporti di parentela sono del resto testimoniati anche dalle pochissime sepolture multiple (tombe 57-58, le altre non sembrano del tutto sicure), con deposizioni succedutesi nel tempo. In particolare, la tomba 58 si distingue per la maggiore cura della realizzazione. La sepoltura è a cassa di embrici e pietre legate con terra, col fondo rivestito da tegole, mentre per la copertura si sfrutta un grosso lastrone di pietra: essa contiene le ossa di 4 individui, 3 dei quali in deposizione secondaria, le cui ossa sono disposte sui lati e sul fondo.

La stretta prossimità tra alcune tombe e soprattutto l‟utilizzo reiterato di alcune fra esse fanno presupporre l‟esistenza di segnacoli in superficie, di cui non si ha notizia nelle relazioni di scavo, poiché realizzati verosimilmente in materiale deperibile. Nonostante