• Non ci sono risultati.

4.7 PROVINCIA DI LIVORNO (TAV 56)

I SITI RURALI E SECONDAR

4.7 PROVINCIA DI LIVORNO (TAV 56)

San Martino in Collinaia: in questa località è venuta in luce, durante i lavori della

Variante Aurelia nel 1991- 92, una importante necropoli di età tardoantica1115. Fino alla scoperta del sito di via Marche era questo il sepolcreto tardoantico più grande della Toscana, con 101 deposizioni attestate1116 (TAV. 57, 1); di esse è stato al momento eseguito solamente lo studio dei resti umani, per cui si dispone solo di poche ed essenziali notizie sulla struttura delle tombe e sull‟organizzazione della necropoli. Si nota la presenza esclusiva di inumazioni, indifferentemente di uomini, donne e bambini (che costituiscono il 40% del totale), senza suddivisioni in base all‟età o al sesso; gli scheletri si trovano in posizione supina, con gli arti superiori distesi lungo i fianchi, oppure con gli avambracci piegati sull‟addome1117

(TAV. 57, 2) . Gli adulti sono prevalentemente sepolti in tombe a cappuccina (TAV. 57, 3-4) o a cassone (TAV. 57, 5), con il piano di deposizione formato da tegole, oppure adagiati sulla nuda terra o in alloggiamenti scavati nella roccia, anche se non mancano deposizioni in fossa terragna: per le sepolture sono di solito utilizzati materiali di recupero1118. All‟interno delle diverse tipologie sepolcrali si rilevano alcune differenze in relazione al materiale utilizzato o alle varianti costruttive: una cappuccina, ad esempio, era realizzata con lastra di pietra, un‟altra che proteggeva i resti di un infante era rinforzata sui lati con blocchi d‟arenaria legati da malta: in un caso, una cappuccina era completamente rivestita di pietre1119. Le tombe a cassone, hanno le pareti costruite con blocchi di arenaria, coperte da tegole poste in orizzontale1120. I bambini sono di solito inumati in anfore (TAV. 57, 6; TAV. 58, 1), talvolta ulteriormente protette con laterizi o pietre poste al di sopra del contenitore1121 (TAV. 58,

2): tra gli esemplari identificati compare una Keay 27, di produzione africana, di V

secolo d.C., oltre ad un‟anfora di Empoli1122

. Le tombe, in gran parte danneggiate dai lavori agricoli, non sono dislocate in maniera regolare ed uniforme: si notano alcuni allineamenti, con tombe poste ad intervalli irregolari, oltre a nuclei di sepolture tra loro molto ravvicinate, quasi sovrapposte tra loro, forte indizio dell‟esistenza di nuclei familiari all‟interno del sepolcreto; in altri casi, le inumazioni si trovano isolate e lontane dalla zona centrale del cimitero1123. Al di là di queste differenze, è interessante notare che tutte le tombe hanno orientamento NW-SE1124. Secondo Amadei, la particolare 1115 AMADEI 1993,p. 1. 1116 AMADEI 1993,p. 1; AMADEI 1998,pp. 16-17. 1117 AMADEI 1998,pp. 15-16, 19. 1118 AMADEI 1993,pp. 2, 5, figg. c-d. 1119 AMADEI 1998,pp. 16-17. 1120 AMADEI 1998,p. 17. 1121 AMADEI 1993,p. 2. 1122

Informazione gentilmente fornitami da Stefano Genovesi. Alcune sepolture della necropoli sono state ricostruite ed esposte in occasione di una mostra sugli insediamenti e le produzioni di età romana del territorio livornese, tenutasi al Museo di Livorno nel 2009.

1123

AMADEI 1998,p. 15.

1124

- 190 -

dislocazione delle ossa nella tomba fa supporre che alcuni defunti siano stati sepolti in fosse troppo strette rispetto alla loro corporatura, prima della fase di rigor mortis, cioè in un momento di poco successivo alla morte, particolare che ci informa su un interessante aspetto del rito funerario1125. Le sepolture di San Martino non hanno restituito oggetti di corredo, ad eccezione di una moneta e di una lama di coltello in metallo: sulla base della moneta e della tipologia delle anfore, il sepolcreto è databile in via del tutto preliminare tra la fine del III e gli inizi del VI secolo d.C.1126 Un certo interesse riveste la presenza di nove sepolture plurime con più deposizioni successive, distanti nel tempo, che hanno comportato la rimozione delle ossa degli inumati precedenti che vengono ammucchiate sul fondo della tomba, sugli arti inferiori dell‟ultimo sepolto (TAV. 58, 3): si tratta di tombe con 2, 3, o anche 4 inumati complessivi1127. È evidente come tra gli inumati di queste sepolture intercorressero legami familiari: a conferma di questa ipotesi, bisogna considerare l‟ereditarietà di alcune caratteristiche riscontrate negli scheletri di San Martino1128. Le deposizioni plurime contenevano o un uomo e una donna, forse coniugi, oppure due bambini (fratelli?), o in un caso un uomo con tre bambini, evidentemente un padre con i propri figli1129. Infine, è degna di nota la scoperta dello scheletro di un cane sulla copertura di una tomba a cassa di laterizi, appartenente ad un uomo di giovane età: il cane era a sua volta coperto da lastre di pietra1130. L‟animale, di pochi mesi di vita, è stato rinvenuto in posizione accovacciata e apparentemente non presenta tracce di morte violenta, per cui Amadei ipotizza che sia stato sepolto sulla tomba del padrone dopo la sua morte naturale1131.

La necropoli di San Martino, collegata ad un abitato posto nelle vicinanze, era utilizzata da una comunità di individui di rango modesto, la maggior parte dei quali conduceva una vita molto dura e faticosa, come si ricava dall‟analisi delle ossa1132

. Alla stessa interpretazione conduce l‟omogeneità tra le diverse tombe, in ogni caso prive del minimo segno distintivo sia all‟esterno che all‟interno, essendo totalmente assenti gli oggetti di corredo1133.

Portus Pisanus: l‟area di Portus Pisanus si localizza alla periferia Nord-Est dell‟attuale

città di Livorno, in località Santo Stefano ai Lupi. In questa zona furono intraprese indagini a partire dal XVIII secolo, sotto la spinta di Targioni Tozzetti, incuriosito dai notevoli affioramenti di lacerti murari e di manufatti visibili sul terreno. A partire da quel momento e fino al secolo successivo, gli scavi si susseguirono a più riprese, promossi dai diversi proprietari a cui questi terreni erano passati nel corso degli anni. Per queste operazioni si può parlare di veri e propri sterri privi di alcun criterio scientifico,

1125

AMADEI 1998,p. 20, con bibliografia: a conferma di questa interpretazione, alcuni scheletri presentano compressione della cassa toracica, rotazione anteriore dell‟omero e verticalizzazione delle clavicole.

1126

AMADEI 1998,pp. 20-21: nel testo non si fa menzione della cronologia della moneta.

1127 AMADEI 1993,pp. 2-3; AMADEI 1998,p. 21. 1128 AMADEI 1998,p. 21. 1129 AMADEI 1998,p. 21. 1130 AMADEI 1998,pp. 38-39. 1131

Cfr. il contributo di B. Wilkens in AMADEI 1998,pp. 43-45.

1132

AMADEI 1998,pp. 28-29: alcuni individui non presentano segni di stress funzionali nelle loro ossa, indizio dell‟esistenza di una parte della popolazione che conduceva una vita più agiata.

1133

- 191 -

finalizzati esclusivamente alla messa a coltura dei terreni, ostacolata dall‟alta concentrazione di rovine. Per tale motivo, degli scavi non restano che poche e confuse testimonianze, che non consentono in alcun modo di ricostruire le evidenze poste in luce, e che fanno rimpiangere la mole di dati irrimediabilmente perduti su questo importante contesto. In particolare, gli scavatori e i proprietari concentrarono la loro attenzione sui reperti interi o decorati, e sulle monete, recuperate in gran numero nel terreno, che costituiscono l‟insieme più consistente tra gli oggetti venuti in luce. Attualmente il cospicuo nucleo di oggetti mobili recuperati a Portus Pisanus è conservato nel Museo Archeologico di Livorno, dove è confluito in seguito alla donazione di Enrico Chiellini, che alla fine dell‟‟800 acquistò gran parte dei reperti trovati a Santo Stefano ai Lupi. Le scarse notizie riportate in merito all‟area scavata consentono di ipotizzare che il sito ospitasse un abitato piuttosto consistente, collegato alle importanti strutture portuali del

Portus Pisanus, forse il principale scalo della città di Pisa. L‟insieme delle evidenze

raccolte si data tra l‟età augustea e il VI secolo d.C., sebbene una frequentazione più antica sia attestata dalla presenza di balsamari in ceramica, di fine III secolo a.C. All‟inizio delle ricerche, le rovine furono attribuite alla statio di Turrita, ricordata dalla Tabula Peutingeriana lungo la via Emilia a Sud di Pisa, o con la villa di Triturrita ricordata da Rutilio Namaziano presso il Portus Pisanus1134. All‟abitato era sicuramente pertinente anche una necropoli, sulla cui esistenza rimangono dati più consistenti. Già Targioni Tozzetti ricorda l‟esistenza di scheletri “tutti intieri riposti dentro a casse formate da tabelloni”, mentre nel 1816 Vivoli lamenta come “si fecero a pezzi a colpi di marra molti coppi entro cui stavano de‟ quasi intieri scheletri umani”: le due testimonianze sembrano confermare l‟esistenza di tombe a cappuccina e in anfora1135

. A tal proposito, di particolare interesse risulta una seri di fotografie commissionate da Enrico Chiellini intorno al 1880, in cui è visibile una trincea di scavo al cui interno si trova un piccolo nucleo di 6 sepolture tardoromane, in anfora e alla cappuccina1136 (TAV.

58, 4; TAV. 59, 1). Oltre a questi dati, l‟esistenza del sepolcreto è corroborata dalle

epigrafi funerarie rivenute nell‟area1137

. Purtroppo, le già accennate condizioni in cui furono condotti gli scavi non consentono alcuna interpretazione riguardo al numero e alle caratteristiche delle tombe, alla loro ubicazione rispetto all‟abitato, all‟organizzazione del sepolcreto, consentendo di proporre alcune ipotesi solo in merito alla cronologia, alla tipologia sepolcrale, alla eventuale presenza di corredo e al rango sociale degli inumati. Per quanto riguarda i corredi, è assai probabile che parte degli oggetti provenienti da Santo Stefano ai Lupi sia pertinente a sepolture, sebbene sia ovviamente impossibile qualsiasi ricostruzione puntuale. Sicuramente parte delle monete proviene da contesti sepolcrali, sulla base della testimonianza di Targioni Tozzetti e Alessandro da Morrona, che menzionano la presenza di monete in tombe scoperte nel 1742 e nel 18121138.

1134

Per le notizie relative alla storia degli scavi a Santo Stefano ai Lupi e sulle vicende della collezione Chiellini, cfr. CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 183-197; da ultimo cfr. anche VOLK,WILLIAMS 2009;sulle ultime vicende dell‟insediamento, cfr. BRUNI 2009.

1135

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, p. 193. 1136

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 195-196: una delle cappuccine fu ricostruita in una delle vetrine del

Museo Archeologico di Livorno.

1137

Per le epigrafi, cfr. infra.

1138

- 192 -

All‟interno dell‟amplissimo nucleo di monete rinvenute nel sito, particolarmente numerose appaiono quelle relative al III e IV secolo d.C., con una discreta presenza di emissioni della dinastia di Costantino, dei Valentiniani e di Teodosio: tra le monete più recenti figurano coniazioni bizantine di VI secolo d.C.1139

Anche tra gli oggetti in ceramica e in metallo alcuni sono con buona probabilità pertinenti a corredi tombali, considerato il fatto che gran parte di essi appare integro e coerente con la presenza in un contesto sepolcrale. È il caso ad esempio delle lucerne, attestate in gran quantità nella Collezione Chiellini, con tipi caratteristici della prima e media età imperiale (vogelkopflampen, firmalampen, lucerne a disco, tutte recanti i marchi di fabbrica), oltre ad una lucerna integra di produzione africana di età tardoantica, decorata con una palma, fotografata da Marzocchini nel 1878 e in seguito perduta1140. Sempre da sepolture provengono verosimilmente anche le ceramiche comuni integre rinvenute, di cui fanno parte boccalini, brocchette e unguentari di I-II secolo d.C., peraltro già attestati in altri contesti sepolcrali dell‟Etruria, oltre a un balsamario di vetro e un ago crinale in osso1141. Tra gli oggetti in bronzo spicca la presenza di una fibula a croce latina, frammentaria, databile al IV secolo d.C., tipica dell‟abbigliamento militare tardoantico, la cui pertinenza ad un sepolcro è ancora una volta indeterminabile1142. Di ben altra importanza, ai fini della ricerca sulle evidenze funerarie, appaiono le epigrafi rinvenute nell‟area di Santo Stefano ai Lupi, fin dalle prime indagini promosse da Targioni Tozzetti: per quanto numericamente modesto (4 iscrizioni integre più 4 frammenti, di cui uno di dubbia autenticità), il nucleo di iscrizioni apporta nuovi dati in merito alla cronologia dei sepolcri e alla classe sociale di appartenenza dei defunti1143. L‟iscrizione più antica, su stele con frontone decorato, è posta a Aulus Caecina Quadratus nel I secolo d.C. (CIL XI, 1514), a cui segue in ordine cronologico quella in onore di Fabia Procla, di fine I-inizio II d.C. (CIL XI, 1516)1144. In età tardoantica si collocano le iscrizioni CIL XI, 1517 e 1521. La prima, dedicata a Primasinia (o Primisinia) Severina dal figlio Fulvius Macer, riporta l‟età di morte della defunta, ormai illeggibile, oltre alle tracce di un secondo defunto o di un secondo dedicante (TAV. 59,

2). L‟iscrizione si data molto probabilmente alla prima metà del IV secolo d.C., in base

alla presenza della menzione bene merenti, e all‟assenza della formula di apertura bonae

1139

Cfr. Catalogo in VOLK,WILLIAMS 2009.

1140

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 219-221; al Museo di Livorno è conservata una lucerna africana

integra, con cristogramma centrale, databile alla seconda metà del IV secolo d.C., che non sembra provenire da Santo Stefano ai Lupi: cfr. la scheda XV.2.29 di B. Arbeid in LIVORNO 2009, p. 262.

1141

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 216, 226: a differenza dei manufatti sopra indicati, i numerosi

frammenti di sigillata italica e tardo italica che compongono la Collezione furono evidentemente raccolti in virtù della loro decorazione o per la presenza di bolli. Per altre sepolture con corredi composti da ceramiche comuni, cfr. tra gli altri il caso di Populonia: cfr. supra.

1142

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 224-225; cfr. la scheda X.2.39 di B. Arbeid in LIVORNO 2009, p. 145. 1143

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 198-206; questo testo è stato pubblicato di nuovo, sostanzialmente

senza modifiche, da G. Ciampoltrini in LIVORNO 2009. Le epigrafi CIL XI, 1514, 1517 sono attualmente conservate nella Collezione Antinori a Firenze; CIL XI, 1516 al Camposanto Monumentale di Pisa; le altre iscrizioni si trovano invece nel Museo Archeologico di Livorno, ad eccezione di CIL XI, 1520, andata perduta.

1144

- 193 -

memoriae1145. Il formulario impiegato non consente di risalire al credo della defunta e di

attribuirne l‟appartenenza alla comunità cristiana, trattandosi di testi generici che ne esaltano le qualità morali impiegati indifferentemente da pagani o cristiani1146.

L‟iscrizione CIL XI, 1521 è invece pertinente alla tomba di Benedictus, di cui è riportata con precisione l‟età di morte (80 anni, 7 mesi, 5 giorni), dedicata dalla moglie e dai figli (TAV. 59, 3). All‟estremità inferiore della lapide si trovano incisi una trulla caementaria e una palma: la prima, più che all‟attività in vita del defunto, è forse ricollegabile alla più ampia simbologia dell‟ascia, impiegata di frequente nelle iscrizioni e nei rilievi funebri di prima età imperiale, mentre la palma, ampiamente utilizzata in ambiente cristiano ma non esclusivo di questo, come dimostrano le attestazioni riferibili sicuramente a contesti pagani. L‟assenza della menzione del giorno di deposizione del defunto, attestato con frequenza a partire dal V secolo, e l‟indicazione dei dedicanti, che al contrario tende a scomparire nello stesso periodo, consentono di datare genericamente l‟epigrafe al IV secolo d.C.: la forma oxor al posto di uxor e l‟impiego di vel come congiunzione sono tipici del latino volgare in uso nella tarda antichità1147.

Le due iscrizioni tardoantiche sembrano appartenere ad individui di rango non elevato1148, come dimostra anche la modesta qualità dell‟esecuzione, con tratti sottili e irregolari; la genericità del formulario, da cui non è possibile ricavare il credo religioso dei defunti, è un riflesso, secondo Ciampoltrini, delle stesse tendenze conservatrici caratteristiche delle grandi famiglie aristocratiche, che mantengono ancora grandi interessi nell‟Etruria costiera1149

.

Tra le iscrizioni mutile, solo CIL XI, 1518 è ascrivibile con certezza alla tarda antichità, per la presenza della formula titulus posuit o posuerunt1150. CIL XI, 1515 non sembra databile con certezza, mentre CIL XI, 1519, su granito, è di dubbia autenticità1151.

Per quanto scarse, le iscrizioni funerarie tardoantiche di Portus Pisanus appaiono comunque di un certo interesse nel desolante quadro di attestazioni epigrafiche dell‟Etruria di questo periodo1152

.

Quercianella: una comunicazione di Mantovani del 1884 ricorda la scoperta di alcune

tombe presso la Villa Borretti1153. Si tratta nel complesso di quattro tombe, di cui due ad

enchytrismós pertinenti ad infanti, entrambe orientate in senso W/E; una di esse

presentava l‟imboccatura dell‟anfora chiusa da un mattone, mentre l‟altra posava su una tegola. La terza tomba, di un individuo adulto, era alla cappuccina con piano di

1145

NEPPI MODONA 1953,pp. 62-63; CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 201-203; cfr. la scheda X.2.3 di G.

Ciampoltrini in LIVORNO 2009, p. 135; per la cronologia di introduzione o scomparsa nelle epigrafi

tardoantiche delle formule sopra riportate, cfr. infra.

1146

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, p. 203; cfr. la scheda X.2.3 di G. Ciampoltrini in LIVORNO 2009, p. 135,

con alcuni interessanti esempi toscani.

1147

NEPPI MODONA 1953,p. 64; CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 203-205; cfr. la scheda X.2.4 di G.

Ciampoltrini in LIVORNO 2009, pp. 135-136, con esempi toscani, la bibliografia relativa ai due simboli e i

confronti per il formulario impiegato.

1148 CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 203-205. 1149 CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 205-206. 1150 CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 204, 206. 1151

NEPPI MODONA 1953,pp. 63-64; CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, pp. 204, 206. 1152

CIAMPOLTRINI et al. 1982-83, p. 206. 1153

- 194 -

deposizione costituito da embrici, coperta con “tegoli di forma comune sovrapposti come ne‟ tetti nostri”; nell‟ultima tomba si trovava un adulto deposto in più anfore, come evidentemente vanno interpretate le “olle” di cui fa menzione l‟autore1154

. Mantovani osserva l‟assoluta mancanza di oggetti di corredo e la stretta somiglianza delle tombe di Quercianella con quelle di Portus Pisanus esplorate da Chiellini1155.

Salviano: da questa località, prossima a San Martino in Collinaia, proviene una

interessante epigrafe funeraria incompleta, datata da Neppi Modona al III-IV secolo d.C. (pertinente però con maggior probabilità al III secolo, sulla base della decorazione della stele e del formulario)1156, dove si ricordano alcuni membri della famiglia dei Novii (TAV. 59, 4). Nella parte alta della stele è inciso con tratto sottile il profilo di un frontone triangolare, al cui interno si trovano 2 ritratti appena abbozzati, verosimilmente raffiguranti i defunti1157.

Castiglioncello (Rosignano M.mo) insieme alla famosa necropoli etrusca, esistono anche

tombe a cappuccina con corredi poveri, databili tra il I a.C. e l‟età imperiale avanzata1158

Castiglioncello (Rosignano M.mo), nella zone soprastante l‟abitato, nel parco del

castello Pasquini (?), sono state scoperte alcune tombe “barbariche”, di IV-V secolo d.C.1159 Dalla stessa area, presso il muro di cinta del parco del castello, si ha notizia di tre tombe etrusche e di una romana a cappuccina, dove il defunto recava tra gli arti inferiori un vaso di ceramica grezza contenente vasetti più piccoli, uno dei quali aveva all‟interno i resti di un uovo e semi di lupino (?)1160.

Case Nuove, Conte Millo (Rosignano M.mo), nelle vicinanze della casa colonica del

podere Case Nuove fu rilevata una grande quantità di tegole pertinenti a tombe a cappuccina sconvolte: i resti ossei rinvenuti sembrano riferibili ad un infante, due uomini e tre donne. Non si rinvennero oggetti di corredo, ma al loro interno erano state raccolte in precedenza monete di bronzo, raccolte da un contadino: erano tutte di età imperiale, tra cui una di Gordiano Pio (238-244)1161.

Rosignano Solvay (Rosignano M.mo) durante la costruzione del campo sportivo,

vennero in luce tombe alla cappuccina di età tardo imperiale1162.

1154

MANTOVANI 1884,p. 342: “l‟ultima tomba (…) era composta di tre olle che per modo di dire rivestivano lo scheletro”.

1155

MANTOVANI 1884,p. 342.

1156

Cfr. infra nelle conclusioni relative alle epigrafi le considerazioni su questa iscrizione.

1157

CIL XI, 1522; NEPPI MODONA 1953, p. 65; cfr. il contributo di S. Bruni in LIVORNO 2009 per l‟associazione con il sito e la necropoli di San Martino.

1158 CARDINALI 1992,p. 171. 1159 LOPES PEGNA 1952,pp. 26-27. 1160 LOPES PEGNA 1952,p. 29. 1161

LOPES PEGNA 1952,pp. 27-29; CARDINALI 1992,pp. 170-171.

1162

- 195 -

Rosignano Solvay (Rosignano M.mo): in località Monte alla Rena, furono scoperte 6-7

tombe a cappuccina con corredo di oggetti ceramici: nei pressi delle sepolture, forse pertinente ad una di esse, fu trovata una moneta d‟oro di Onorio (395-423)1163

.

Rosignano Solvay (Rosignano M.mo): nel 1966, in via Dante, vicino allo Stabilimento

Solvay fu scoperta in circostanze fortuite una necropoli composta da 77 sepolture, tutte ad inumazione ed orientate in senso NE/ SW1164. Di questo nucleo faceva parte un buon numero di tombe a cappuccina, oltre a 23 tombe entro anfora (alcune delle quali formate da più contenitori uniti tra loro): 8 erano invece protette sia da frammenti di anfore che da tegole1165. Oltre a queste tipi sepolcrali si contano tre tombe ricavate nel banco di arenaria sottostante, con alcuni lati realizzati in muratura: una di esse conteneva una bara lignea, come indicano i 6 chiodi in ferro rinvenuti all‟interno della sepoltura1166. In alcuni casi, gli enchytrismòi erano ulteriormente protetti da pietre alloggiate intorno all‟anfora, come mostrano alcune foto scattate al momento dello scavo1167. Le inumazioni sono in gran parte singole, ma non mancano deposizioni multiple o altre sovrapposte su più livelli1168. Solamente in due casi si ha notizia del rinvenimento di oggetti di corredo: si tratta di una vasetto recuperato all‟interno di una cappuccina parzialmente sconvolta (posto all‟altezza della testa del defunto) e di due recipienti fittili dentro una delle tre