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LE VILLE DELL’ARCIPELAGO TOSCANO

LE SEPOLTURE ALL’INTERNO DELLE VILLE TARDOANTICHE

LE VILLE DELL’ARCIPELAGO TOSCANO

Le isole dell‟arcipelago toscano hanno ospitato in età imperiale un gran numero di ville aristocratiche, la cui costruzione è stata senza dubbio favorita dall‟amenità dei luoghi e dalla posizione lungo importanti rotte marittime. Anche in questi contesti più isolati, il loro progressivo abbandono è seguito in molti casi dal reimpiego delle strutture per nuovi insediamenti o per l‟alloggio di sepolture.

Uno dei fenomeni più interessanti connessi alle ville dell‟arcipelago toscano in età tardoantica è rappresentato dal monachesimo insulare: a partire dalla seconda metà del IV secolo d.C., gruppi di monaci si insediano in alcune di queste isole, fino ad allora praticamente disabitate, per trovare un rifugio dagli eventi del mondo, in luoghi che rimandano alle solitudini dei deserti975. Numerosi testimonianze letterarie dell‟epoca ricordano le comunità monastiche dell‟isola di Capraia, della Gorgona, di Montecristo, citati anche da figure di spicco quali Sant‟Ambrogio, Sant‟Agostino, Gregorio Magno, che riconoscono una certa importanza e un certo prestigio a queste comunità976. Al contrario, un esponente della tradizione romana quale Rutilio Namaziano esprime tutto il suo disprezzo per questi individui che, simili a porci, fuggono la luce, quando nel 417 d.C. costeggia le isole della Capraia e della Gorgona nel viaggio di ritorno in Gallia977. LA VILLA DI CAPRAIA

Le recenti indagini condotte sull‟isola di Capraia dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana hanno riportato in luce le strutture di una grande villa ubicata presso la chiesa dell‟Assunta, vicino al Porto978

. La villa viene costruita alla fine del I secolo a.C.; tra III e V secolo d.C. gli ambienti dell‟edificio sono parzialmente modificati per realizzare altri vani adibiti a varie funzioni, tra cui alcuni destinati alla lavorazione del pesce, come indicano le vasche in cocciopesto979.

Questi rinvenimenti forniscono concretezza materiale alle numerose testimonianze letterarie sulla presenza di una comunità monastica sull‟isola a partire dalla fine del IV secolo d.C., di cui finora mancavano tracce materiali980. Nuclei di religiosi a Capraia sono ricordati per la prima volta da Paolo Orosio, che narra la vicenda di Mascezel, fratello dell‟usurpatore africano Gildone, il quale nel 396 d.C. si reca presso questi monaci per avere l‟intercessione prima di sconfiggere Gildone l‟anno successivo981

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975

SODI 2005,pp. 106-107; BELCARI 2008,pp. 190-191. 976

Per uno studio dettagliato delle fonti, cfr. SODI 2005:sebbene dalle parole delle autorità ecclesiastiche traspaia sempre un profondo rispetto per questi monaci e per la loro scelta di totale dedizione ad una vita di contemplazione e di preghiera, esse si preoccupano di porre queste comunità sotto il controllo dei vescovi e di vigilare sulla loro condotta e disciplina, frenandone gli eccessi. I monaci delle isole toscane sono ricordati anche in testi agiografici, tra cui la Passio di Santa Giulia e la Vita di San Senzio: SODI 2005,pp. 103-105.

977

Rut. Nam. De Red. I, 439-452, 511-526.

978 FIRMATI 2008, p. 186. 979 FIRMATI 2008, p. 186. 980 FIRMATI 2008, p. 186. 981

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Dalla vicenda traspare la fama di cui godeva questa comunità religiosa, confermata da una lettera di Sant‟Agostino ad Eudossio, monaco dell‟isola982

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In età tardoantica, all‟interno di uno dei vani di uso produttivo individuato sul lato orientale della chiesa dell‟Assunta vengono scavate alcune sepolture, tra cui si segnala una tomba maschile priva di corredo alloggiata in parte in anfora, in parte entro lastre di pietra, databile al V secolo d.C. in base alle caratteristiche del contenitore: quest‟area è stata utilizzata come cimitero fino all‟età moderna983. Dall‟area della villa provengono anche sepolture a cappuccina (TAV. 37, 6-7) e l‟inumazione di un individuo di sesso maschile che presenta un interessante corredo984. Il defunto era accompagnato infatti da due fibbie, da una spatha e da un coltello. Le due fibbie, inquadrabili nella famiglia di fibbie “con alta placca rettangolare”, sono in bronzo dorato, decorate a cloisonné con almandini rossi di varia forma (TAV. 37, 8-9); la lunga spada (87 cm) è in ferro, e conserva ancora tracce del fodero ligneo, rivestito all‟imboccatura con una lamina in bronzo argentato decorata con un fregio985 (TAV. 38, 1). Come nota Ciampoltrini, il defunto di Capraia presenta un corredo di un certo pregio, che lo avvicina al personaggio raffigurato nel cosiddetto dittico eburneo di Stilicone, in particolare per il sistema di sospensione della spada, cui vanno riferite le due fibbie986. Gli oggetti del corredo, oltre a suggerire una datazione agli anni centrali del V secolo d.C., indicano nel defunto un militare franco o alamanno, che Ciampoltrini identifica con un ufficiale dell‟esercito di Avito, magister militum per Gallias, acclamato imperatore dalle proprie truppe nel 455 – subito dopo il sacco di Roma da parte di Genserico- che nel 456 avrebbe affrontato e sconfitto una flotta vandala al largo della Corsica987. Il militare sarebbe morto durante questi eventi e sarebbe stato seppellito secondo il rito germanico presso il monastero di Capraia988. Al di là di questa ricostruzione, non si può escludere che il defunto facesse parte di un presidio posto a difesa di Capraia e del nucleo di monaci, considerata anche la sua importanza strategica nelle rotte verso l‟Africa, ormai in mano vandala989

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Ad eccezione di questa sepoltura, le altre inumazioni rinvenute sui resti della villa romana sono con buona probabilità da collegare alla comunità di religiosi insediatasi sull‟isola, che sfruttano dunque le strutture sia per attività produttive ed abitative, sia come area funeraria.

982

Aug., Ep. 48.

983

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 53-54, fig. 1.

984

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 53-54; FIRMATI 2008, p. 186.

985

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 54-59 con ampia disamina dei confronti.

986

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 53: questo sistema di sospensione prevede l‟impiego di una cintura

principale e di un‟altra secondaria con cui sostenere la spada: questo costume sarebbe originario dell‟area iranica, ed era presumibilmente in voga presso gli eserciti imperiali romani già da tempo. Il dittico di Stilicone raffigura probabilmente non il famoso generale, ma comunque un personaggio di alto livello degli anni intorno al 430 d.C.

987

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 58-59, con bibliografia.

988

DUCCI,CIAMPOLTRINI 1991,pp. 58-59.

989

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VILLA DELLE GROTTE E VILLA DI CAPO CASTELLO

Sull‟Isola d‟Elba sono state individuate tre ville residenziali di epoca romana, due delle quali affacciate sul golfo di Portoferraio (la villa della Linguella e quella delle Grotte), e una posta sull‟estremità settentrionale dell‟isola, presso Cavo (villa di Capo Castello), tutte contraddistinte dall‟alto livello delle architetture e dell‟apparato decorativo990

. La villa delle Grotte viene costruita nella seconda metà del I secolo a.C. ed ha un periodo di vita piuttosto breve, che si conclude alla fine del secolo successivo: essa presenta grandi ambienti di sostruzione, quartieri termali e ampie aree a giardino con ricchi mosaici e affreschi991. Dopo un lungo periodo di abbandono, un consistente e variegato nucleo di ceramiche testimonia la nuova frequentazione degli ambienti tra IV e VI secolo, cui riferire anche alcuni rifacimenti ed interventi edilizi sulle strutture992. Gli scavi hanno infatti portato in luce tre sepolture prive di corredo, disposte lungo i muri della residenza, anche se resta ignota la loro esatta localizzazione, non disponendo di altri dati in proposito993. Queste tombe sono da connettere alla fase tardoantica della villa, allorchè sulle rovine dell‟edificio si insedia un piccolo nucleo di persone dedite forse ad attività marinare, legate ai traffici che ancora nel V secolo appaiono vivaci e coinvolgono appieno le coste dell‟isola994

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Anche la villa di Capo Castello, un imponente complesso su più terrazze, viene costruita nella seconda metà del I secolo a.C., conosce una fase di ristrutturazione in età tiberiana prima di essere abbandonata tra la fine del I e la prima metà del II secolo d.C.; la villa fu indagata alla fine dell‟Ottocento dallo storico elbano Vincenzo Mellini, che ne identificò le strutture realizzando alcune planimetrie995. Come alle Grotte, gli ambienti della villa sono frequentati tra IV e VI secolo d.C. da piccoli nuclei umani, che realizzano alcune ristrutturazioni e vi seppelliscono i propri morti, come indicano le tombe rinvenute da Mellini996. Anche per la villa di Capo Castello si può pensare alla presenza di un insediamento collegato alle intense attività mercantili che coinvolgono l‟isola, in età tardoantica, tenendo presente che l‟edificio si trova presso l‟approdo più vicino al continente e costituiva dunque un punto privilegiato lungo le rotte.

Non si può tuttavia escludere che le rovine della villa siano frequentate da una comunità di monaci cristiani ritiratasi sull‟isola d‟Elba997

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990

CASABURO 2008,pp. 170-173. Per la villa di Capo Castello le informazioni sono molto scarse: v. sito Internet http://www.isoladelba.ca/luoghi-da-visitare/rio-marina-cavo-villa-romana-capo-castello.asp 991 CASABURO 2008,p. 172. 992 CASABURO 2008,p. 172. 993

CASABURO 1997,p. 11; CASABURO 2008,pp. 172-173: la fotografia a p. 172, tratta dall‟Archivio della Soprintendenza, mostra lo scheletro di un individuo apparentemente adulto, deposto supino con le braccia parallele al corpo.

994

CASABURO 2008,p. 173.

995

http://www.isoladelba.ca/luoghi-da-visitare/rio-marina-cavo-villa-romana-capo-castello.asp:

attualmente l‟area delle rovine appare irrimediabilmente compromessa dalla cementificazione moderna. Connessi alla villa sono anche altri edifici, tra cui una cisterna per l‟approvvigionamento idrico posta nelle vicinanze.

996

CASABURO 1997,p. 63.

997

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La presenza di gruppi monastici sull‟isola non è tuttavia confermata dalle fonti scritte, silenzio che porta ad escluderne la presenza e ad accogliere l‟ipotesi di Scalfati: secondo lo studioso, l‟Elba rappresenta ancora in età tardoantica uno snodo di grande importanza strategica intensamente frequentato, poco adatto dunque alle esigenze di isolamento e di solitudine di questi eremiti, i quali preferiscono dirigersi verso le isole minori998.

ISOLA DEL GIGLIO VILLA DEL SARACENO

Nell‟arcipelago toscano, un‟altra importante villa romana è situata sull‟isola del Giglio, presso Giglio Porto. Questo sito sulla costa orientale, che rappresenta l‟approdo più frequentato, sorge infatti sui ruderi della villa del Saraceno, attribuita ai possedimenti della famiglia Domizia, poi confluiti nelle proprietà imperiali999. La villa, di cui emergono ancora i resti della ristrutturazione di II d.C., dopo un periodo di abbandono non meglio precisabile fu occupata in tutta la sua estensione da una necropoli con tombe a fossa, alla cappuccina e ad enchytrismòs, che si addossano ai muri e alle macerie della villa1000 (TAV. 38, 2). Le sepolture, parzialmente esplorate durante le campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza tra 1982 e 1987, si datano tra V e VII secolo d.C.1001 Anche in questo caso non si può escludere la presenza di gruppi di monaci sui resti della villa, anche se, al riguardo, per il Giglio le testimonianze letterarie appaiono più incerte. La nascita di gruppi religiosi sull‟isola sarebbe da attribuire, verso la fine del V secolo d.C., ai sacerdoti Senzio e Mamiliano, fuggiti dall‟Africa in mano ai Vandali, anche se non appare attendibile la narrazione contenuta nella Vita di San Senzio1002.

La frequentazione delle strutture abbandonate della villa del Saraceno, tuttavia, non implica la presenza di comunità religiose, poiché la stretta vicinanza allo scalo principale dell‟isola consente di collegare gli individui che riutilizzano gli ambienti e vi seppelliscono i defunti alle attività portuali e mercantili, analogamente a quanto accade presso le ville dell‟isola d‟Elba. Anche il Giglio, del resto, appare uno scalo di una certa importanza nelle rotte mediterranee, come testimoniano i numerosi materiali di importazione ancora presenti nel VI e VII secolo d.C., quando l‟isola è sotto il controllo bizantino1003.

ISOLA DI PIANOSA

A Pianosa, sulla sommità della scogliera di Cala San Giovanni (TAV. 38, 3) sono stati individuati e parzialmente scavati i resti di un grande complesso residenziale

998

SCALFATI 1978,p. 44; SODI 2005,pp. 105-106: la prima testimonianza certa della presenza di gruppi ecclesiastici all‟Elba è rappresentata dalla notizia della fuga sull‟isola del vescovo di Populonia Cerbone col suo clero, per fuggire ai Longobardi: il prelato sarebbe qui deceduto alla fine del VI secolo d.C.: cfr.

supra. 999 RENDINI 1998,p. 639. 1000 RENDINI 1998,p. 639. 1001 RENDINI 1998,p. 639. 1002

SODI 2005,pp. 104-105: secondo questo testo agiografico, Mamiliano sarebbe morto a Montecristo e sarebbe stato sepolto al Giglio.

1003

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tardorepubblicano frequentato fino ad età tardoantica, epoca in cui si hanno tracce di interventi consistenti che modificano e reimpiegano le strutture superstiti della villa: è possibile che la comunità che si insedia nel sito abbia utilizzato la catacomba dell‟isola per seppellire i propri defunti1004. Non lontano da questo complesso, lungo la sezione a mare, sono comparse sei sepolture (oltre ai resti di altre due), in parte già crollate, tutte orientate in senso N/S con la testa verso il mare: una di esse (Tomba I) era foderata sui lati da grosse pietre e chiusa da una sottile lastra litica. La datazione delle tombe rimane incerta1005. La prosecuzione delle indagini ha permesso di determinare che queste sepolture occupano uno spazio aperto pertinente alla villa, forse un giardino, delimitato da due muri in opera reticolata; l‟ampliamento dell‟area di indagine ha inoltre messo in luce altre tombe, facenti parte dunque di un‟area sepolcrale piuttosto vasta utilizzata per un lungo arco temporale1006 (TAV. 38, 4-5). Il cimitero si articola infatti su due livelli, il più antico dei quali ospita sepolture rivestite da lastre lapidee che tagliano uno strato contenente sigillata africana, ceramica africana da cucina e monete tardo imperiali, sebbene sia arduo assegnare una datazione precisa alle inumazioni. In alcuni casi si assiste al riutilizzo delle pietre delle sepolture precedenti, a causa forse della penuria di questo materiale; l‟area sepolcrale appare sfruttata in maniera intensa, per cui è frequente la riduzione degli scheletri più antichi, intaccati o sconvolti dalle nuove sepolture1007. In un caso il cranio è deposto sul bacino del defunto più recente, mentre è interessante la presenza di una deposizione secondaria con ossa ammucchiate all‟interno di un contenitore deperitosi, forse una cassetta di legno1008 (TAV. 38, 6). È attestata una sepoltura di adulto, recante sotto la mano destra alcuni semi non ancora identificati, affiancata da quella di un neonato, forse madre e figlio1009. Nel cimitero si ha un unico caso di deposizione in bara lignea, stando alla presenza dei chiodi e delle pietre di rincalzo: tutti gli inumati hanno orientamento NW/SE, ad eccezione di un caso (in senso W/E), e sono tutti in posizione supina, tranne due defunti deposti su un fianco1010. Anche per Pianosa, nessuna fonte tardoantica o altomedievale ricorda comunità monastiche sull‟isola1011

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