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Necropoli e sepolture tardoantiche in Toscana (III-VI secolo d.C.)

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Questa ricerca prende avvio dallo studio della necropoli pisana di via Marche, da me condotto per la tesi della scuola di Specializzazione in Archeologia presso l‟Università di Pisa. Questo contesto, il cui scavo si è protratto per circa un anno tra 2005 e 2006, mi ha fornito l‟occasione per cimentarmi per la prima volta con l‟interessante tema delle necropoli tardoantiche. La ricerca dei confronti per il sepolcreto di via Marche e la necessità di proporre un quadro quanto più ampio e aggiornato sullo stato delle conoscenze in merito all‟argomento, hanno costituito l‟obiettivo del progetto di Dottorato. Un impulso importante è stato fornito dalla constatazione che per la Toscana mancava uno studio complessivo dei contesti funerari tardoantichi, nonostante l‟esistenza di numerosi contributi su singoli siti e insediamenti. Non più caratterizzate dalla monumentalità o dalla ricchezza dei corredi della prima età imperiale, non ancora contraddistinte da quegli elementi di specificità propri dell‟altomedioevo, che segnano la distanza dalla tradizione romana, le sepolture di questo periodo, in Toscana, non hanno ancora ricevuto un‟attenzione specifica, e soprattutto uno sguardo di insieme che ne ponga in luce i caratteri salienti. Il tentativo di colmare questa lacuna sembrava tanto più necessario in considerazione dell‟esistenza di ricerche di questo tipo per altri contesti territoriali, che permettono di comprendere le potenzialità di indagini di questo tipo in vista di una sintesi sulle caratteristiche insediative, sociali, economiche -in una parola storiche- delle aree considerate. In questo senso, è necessario ricordare i fondamentali contributi di Cantino Wataghin e Lambert per l‟Italia settentrionale, gli studi di Giuntella, Borghetti e Stiaffini per la Sardegna, le ricerche concernenti l‟area ligure raccolti nel numero della “Rivista di Studi Liguri” del 1988, il recente contributo di Papparella per la Calabria e la Basilicata; per quanto riguarda le aree al di fuori dell‟Italia, vanno menzionati, tra i tanti, gli studi di Chavarría Arnau sulle ville della penisola iberica e le recenti sintesi di Raynaud e Blaizot sulla Gallia meridionale1.

Ci si è dunque ispirati al taglio di queste ricerche per l‟analisi dei contesti toscani, con l‟obiettivo di inserire i dati provenienti da questa regione nel dibattito sul tema, per definire sia i caratteri di originalità, sia quelli in linea con le tendenze generali dell‟epoca. L‟analisi del mondo funerario di età tardoantica consente infatti di disporre di un ulteriore strumento nello studio delle caratteristiche delle città e delle campagne, troppo spesso inquadrati nella semplice dialettica tra i due poli contrapposti: continuità vs. crisi definitiva, che non permette di apprezzarne la complessità. Si è dunque tentato di valutare le sepolture all‟interno di un quadro di riferimento più ampio, tenendo conto degli sviluppi storici delle diverse realtà: per questo si sono valutati gli elementi del cambiamento in atto nella tarda antichità sia per le città (arretramento dell‟insediamento/disgregamento dell‟impianto urbano, introduzione del Cristianesimo),

1

CANTINO WATAGHIN, LAMBERT 1998; LAMBERT 2003;GIUNTELLA et al. 1985; PAPPARELLA 2009; CHAVARRÍA ARNAU 2007a; RAYNAUD 2006;BLAIZOT 2009.

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sia per le campagne (nuova organizzazione delle proprietà in età tardoantica, nuovi assetti territoriali).

Del resto, proprio le sepolture realizzate all‟interno delle ville rurali e delle città, si ergono quasi a simbolo della fine dell‟organizzazione urbanistica e territoriale di età romana e del passaggio a nuove forme insediative tipiche dell‟epoca successiva.

I limiti cronologici

Per quanto riguarda l‟arco temporale considerato nella ricerca, ci si è concentrati sui secoli compresi tra il III e il VI d.C., mantenendo come termine finale l‟invasione longobarda della Toscana. La scelta del III secolo quale momento iniziale (per il quale non si può propriamente parlare ancora di tarda antichità) è giustificata da alcuni importanti cambiamenti che in ambito funerario paiono definirsi e prendere piede, in maniera generale, proprio al passaggio tra II e III secolo d.C. (sia in ambito urbano che rurale), nonostante essi avvengano con tempi e modi differenti tra un contesto e l‟altro. Nello specifico, tra questi mutamenti si conta la definitiva affermazione dell‟inumazione sull‟incinerazione, lo spostamento o la creazione di nuove aree sepolcrali nel suburbio delle città, con l‟invasione in alcuni casi di quartieri extraurbani non più abitati, la sensibile diminuzione delle tombe con corredo e la variazione nelle associazioni degli oggetti, la comparsa delle catacombe. Questi elementi, un tempo collegati all‟affermarsi del Cristianesimo, sembrano in realtà non avere rapporto con la nuove religione, la cui influenza in ambito funerario diverrà invece sempre più massiccia a partire dal IV secolo. Cionondimeno, queste significative variazioni del costume appaiono già come l‟indizio di tendenze che troveranno piena manifestazione nei secoli successivi; per questo si è prediletto un‟ottica di lungo periodo che tenga conto anche della situazione precedente la tarda antichità vera e propria.

Come limite cronologico più recente, si è fatto riferimento all‟età longobarda, non trattata in questo studio. Contrariamente al periodo più antico preso in esame, per il quale non si colgono eventi storici ben definiti che possano costituire dei confini netti, l‟arrivo dei Longobardi rappresenta invece, dal punto di vista storico, un momento-chiave che ben si presta a fungere da spartiacque nella storia del territorio.

In merito alla conquista della regione da parte dei Longobardi, non si può ovviamente proporre una data precisa, dal momento che essa si sviluppò per fasi: tuttavia, essa si colloca approssimativamente nei decenni finali del VI secolo d.C.

Le differenze nel costume funerario di età longobarda rispetto al periodo precedente sono nette: grazie ai numerosi elementi di corredo che li contraddistinguono, i sepolcreti sono una fonte di importanza fondamentale per ricostruire la composizione sociale e le modalità di stanziamento dei Longobardi nel territorio: l‟abbondanza e la peculiarità dei reperti hanno dunque attirato l‟attenzione degli studiosi fin dalle prime scoperte, ben più di quelle tardoantiche, solitamente di tenore più modesto. Per questo motivo, le necropoli altomedievali appaiono nel complesso meglio conosciute rispetto a quelle dei secoli immediatamente precedenti.

Le tombe longobarde, ormai chiaramente riferibili a nuove tendenze, mostrano dunque la profonda distanza dalla tradizione romana propriamente detta, pur mantenendo alcuni

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elementi che ancora si rifanno ad essa. Soprattutto, sono il riflesso di una nuova organizzazione politica e territoriale, che prelude a quella medievale.

I limiti geografici

Il territorio preso in considerazione è compreso entro i confini attuali della Regione Toscana, nella piena consapevolezza che essi non abbiano alcuna attinenza con la ripartizione amministrativa di età tardoantica-altomedievale. La Toscana era parte consistente della Regio VII Etruria istituita da Augusto, i cui confini settentrionali ricalcavano approssimativamente quelli della regione attuale, comprendendo però anche Luni, mentre verso Sud si estendeva fino ad inglobare anche i territori del Lazio settentrionale2.

Successivamente, all‟epoca della riforma amministrativa dioclezianea, la Tuscia fu unita all‟Umbria nella Regio Tusciae et Umbriae.

La lacunosità delle fonti impedisce ovviamente di ricostruire con precisione gli antichi confini delle Regiones sopra menzionate, tenendo soprattutto conto delle fluttuazioni che tali limiti subirono nel corso dei secoli -di cui nel primo capitolo si proporrà una breve analisi. Per questi motivi, si è preferito fare riferimento all‟area attuale della Toscana, nonostante ciò imponga di escludere realtà importanti per il periodo considerato (basti pensare a Luni). Sulla scelta ha pesato ovviamente anche il fatto che tutto il territorio regionale ricade sotto la stessa istituzione preposta alla salvaguardia del patrimonio archeologico, vale a dire la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. In tal senso, questa ricerca ha l‟ambizione di proporsi quale utile mezzo di confronto per le evidenze che in futuro verranno portate in luce e soprattutto quale contributo per programmare nuovi interventi di ricerca.

La parte più consistente del lavoro è consistita nel reperimento dei dati utili ad operare una sorta di “censimento” dei contesti funerari tardoantichi del territorio toscano. Era infatti necessario disporre di un campione quanto più completo delle evidenze disponibili per ricavare conclusioni attendibili. A questo scopo ci si è dunque basati su ogni dato disponibile in letteratura, tralasciando i dati inediti. Sono stati prese in considerazione le testimonianze relative alla dislocazione delle tombe, ai corredi, alle epigrafi, cercando di non trascurare il minimo indizio da cui ricavare informazioni utili. Tale approccio ha determinato la raccolta di documenti notevolmente eterogenei, dalle relazioni dettagliate di scavi eseguiti in anni recenti, fino alle notizie sintetiche risalenti alla fine del XIX o agli inizi del secolo successivo in cui si fa una fugace menzione a tombe “barbariche” o “cristiane”, sulla cui affidabilità permangono purtroppo fortissimi dubbi. Tuttavia, si è scelto a priori di non scartare nessuna testimonianza relativa alla tarda antichità. Ovviamente la carenza di dati è in gran parte dovuta alla scarsa attenzione riservata in passato alle sepolture prive di elementi particolari (corredi, epigrafi…), per cui sicuramente una parte cospicua dei contesti tardoantichi scoperti in passato è andata irrimediabilmente perduta.

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Schema del testo

Il primo capitolo della ricerca contiene una breve sintesi sulla storia istituzionale del territorio toscano in età tardoantica-altomedievale, utile a delineare un quadro di riferimento per il periodo e per i contesti trattati.

Nel secondo capitolo si affronta il problema delle città: vengono passate in rassegna le principali realtà della Toscana, con una breve introduzione sugli avvenimenti storici che le riguardano e sulle testimonianze di ambito funerario pertinenti alla prima età imperiale. Per quanto possibile, si è cercato di evidenziare le vicende storiche e culturali che fanno da sfondo all‟ambito funerario: i mutamenti della topografia cittadina, i segni di crisi, i nuovi edifici legati al Cristianesimo, il ruolo della città nei nuovi assetti territoriali che si definiscono in età tarda.

Il terzo capitolo è invece dedicato alle sepolture all‟interno delle ville rurali, uno dei fenomeni che caratterizzano la tarda antichità e che investono tutto il territorio mediterraneo ed europeo. In questa parte sono state prese in esame diverse realtà della Toscana, caratterizzate da profonde differenze tra loro sia riguardo alla funzione degli edifici che ai diversi destini a cui vanno incontro dopo l‟abbandono. Per questo, si è tentato la suddivisione a partire da questi elementi, raggruppando le ville con caratteristiche simili e cercando di inserire le loro vicende in quelle (più generali) delle campagne in questi secoli.

Nel quarto capitolo sono invece presi in esame i vari siti rurali e secondari identificati all‟interno del territorio regionale, suddivisi sulla base delle moderne province. Si è optato per questo criterio, nonostante esso non rispecchi ovviamente la ripartizione territoriale di età tardoantica, per inserire le varie evidenze all‟interno di un quadro geografico coerente, utile soprattutto nell‟ottica della consultazione del testo. In questa sezione sono inserite realtà molto differenti: si passa infatti da veri e propri insediamenti rurali con un alto numero di sepolture, a ritrovamenti sporadici testimoniati solo da fugaci notizie. Dalla ricerca emerge chiaramente la profonda disomogeneità tra le differenti aree: l‟alto numero di siti individuati nelle province di Livorno e di Grosseto contrasta infatti col “silenzio” quasi completo di quelle di Prato, Pistoia e Massa.

Le evidenze venute in luce sono state riassunte e contestualizzate nelle parti conclusive, suddivise in base ai vari ambiti: la prima è dedicata alle caratteristiche generali delle sepolture e delle necropoli (tipologie tombali, numero di inumati, aspetti rituali); la seconda ai corredi; la terza all‟epigrafia; la quarta alla topografia. In ognuna di queste parti si è tentato di dare una lettura diacronica, facendo emergere le differenze tra un secolo e l‟altro e il progressivo passaggio a nuove manifestazioni e a nuove istanze, riscontrate peraltro in ogni aspetto preso in esame; uno dei principali obiettivi è quello di porre in risalto le somiglianze con altre aree geografiche, proponendo confronti pertinenti. Per quanto riguarda i corredi, gli esempi toscani consentono di apprezzare la progressiva diminuzione della loro incidenza nelle sepolture a partire dal III secolo, oltre al graduale passaggio da oggetti afferenti alla sfera rituale a quelli relativi all‟ornamento personale, che giunge a compimento nel V secolo. Questi fenomeni appaiono perfettamente in linea con quanto constatato per altri ambiti geografici in ricerche precedenti. Nella sezione sulle epigrafi, si è cercato di comprendere l‟impatto del

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Cristianesimo sul mondo funerario, oltre a mettere in luce la diminuzione e la fine della produzione “di massa” dell‟epitaffio, che torna progressivamente ad essere un elemento che contraddistingue solo le elites. Nella parte dedicata alla topografia si è focalizzata l‟attenzione sulle variazioni nella dislocazione dei sepolcreti, in particolare sui mutamenti nelle aree del suburbio sfruttate a scopo funerario –da un certo momento condizionate dalle sepolture dei martiri o dalle basiliche cristiane-, e all‟ingresso delle inumazioni all‟interno dello spazio urbano, fenomeno che caratterizza la tarda antichità e l‟alto medioevo, segnando una cesura netta con i secoli precedenti.

Questa ricerca ovviamente non si esaurisce in sé, ma costituisce un punto di partenza per ampliare la conoscenza sul mondo funerario nell‟antichità e nell‟altomedioevo. Essa rende ancora più urgente una sintesi di tipo analogo che riguardi i primi secoli dell‟impero in Toscana (compito gravoso, considerato il ben più alto numero delle testimonianze), a cui ricollegare questo studio, consentendo dunque di conoscere in maniera più approfondita, senza soluzione di continuità, la situazione regionale. Un altro dei possibili sviluppi futuri consiste nella raccolta e nell‟analisi di un più ampio numero di confronti in Italia e nel Mediterraneo occidentale, per ampliare la visuale e per porre il nostro territorio in relazione con un contesto più vasto, in modo da valutare con maggiore incisività le analogie e le differenze. Rispetto a quanto inserito nel testo, sicuramente sarebbe infatti stato necessario prendere in esame un più alto numero di contesti extraregionali che presentano similitudini con la realtà toscana: purtroppo ciò non è stato possibile per i limiti di tempo imposti e per il taglio dato alla ricerca. L‟auspicio è ovviamente quello di poter realizzare questi propositi in un futuro prossimo.

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CAPITOLO 1

ETRURIA, TUSCIA, TOSCANA. CENNI DI STORIA DELLA

REGIONE IN ETA’ TARDOANTICA

La storia antica e tardoantica dell‟area compresa attualmente entro i confini della regione Toscana trova una sintesi particolarmente efficace e puntuale nel titolo di due Tavole Rotonde organizzate a Pisa nel 1990 e nel 1994 dalla Società Storica Pisana: “Etruria,

Tuscia, Toscana: l‟identità di una regione attraverso i secoli”3

. I tre termini geografici iniziali (ripresi in un intervento di Cambi, Citter, Guideri, Valenti al Convegno di Siena del 1992)4 riassumono le tappe dell‟evoluzione storica ed amministrativa di questo territorio, che qui tenteremo di trattare in maniera molto sintetica, concentrando l‟attenzione sulle vicende tardoantiche.

L‟età tardoantica

La Toscana era parte consistente della Regio VII Etruria istituita da Augusto, i cui confini settentrionali (coincidenti con il versante appenninico) ricalcavano approssimativamente quelli della regione attuale, comprendendo però anche Luni, mentre verso Sud si estendeva fino ad inglobare anche i territori del Lazio settentrionale, che costituivano storicamente una parte importante dell‟Etruria propria e dell‟antico territorio etrusco5.

Nella riforma amministrativa dioclezianea, la Tuscia fu unita all‟Umbria nella Regio

Tusciae et Umbriae, nel vicariato suburbicario della diocesi italiciana, sebbene una fonte

più antica di alcuni anni attesti già tale ripartizione: Diocleziano si limitò dunque a ratificare una situazione già in atto, che fu definita in un momento non determinabile6. Ammiano Marcellino, narrando eventi del 3637, accenna all‟esistenza di una Tuscia

annonaria, dimostrando già per quest‟epoca la suddivisione della provincia in due entità:

la Tuscia annonaria (a Nord) e la Tuscia suburbicaria (a Sud): la prima, come l‟Italia settentrionale, continuava a pagare il tributo per l‟approvvigionamento della corte e dell‟esercito comitatense, mentre la seconda, ricadendo sotto la giurisdizione del vicario dell‟Urbe, era esente da tale pagamento8

. Tuttavia, la menzione nelle disposizioni di Valente e Valentiniano del 364-365 di un solo corrector Tusciae, senza specifiche

3

Etruria, Tuscia, Toscana. L‟identità di una regione attraverso i secoli, Pisa, 2 voll.: il primo, del 1992, a cura di M. Luzzati, dedicato all‟antichità; il secondo, del 1998, a cura di G. Garzella, dedicato al Medioevo: cfr. SCORZA BARCELLONA 2005,p. 13, nota 2; lo studioso cita M. Adriani, che già nel 1980 chiamava Etruria-Tuscia-Toscana “la triade onomastica”: p. 13, nota 3.

4

CAMBI et al. 1994. 5

SCORZA BARCELLONA 2005,p. 15.

6

CITTER 2007a,p. 444: la fonte più antica è l‟Historia Augusta: Hist. Aug., Tetricus Senior, 24,5.

7

Amm. Marc. 27, 3.1; CITTER 2007a,p. 444; GIUSTESCHI CONTI 1998,p. 1.

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ulteriori, fa pensare che la suddivisione sia successiva a questo periodo e ricalchi la situazione degli anni in cui Ammiano effettivamente redige la sua opera, intorno al 3909. Ancora la Notitia Dignitatum, degli inizi del V secolo, menziona però l‟esistenza di una sola provincia, sottoposta al vicarius Romae, mentre solo nel 418 in una atto ufficiale è ricordata la Tuscia suburbicaria10: gli storici hanno dunque pensato inizialmente ad una distinzione tributaria all‟interno di una stessa provincia, seguita poi anche da quella amministrativa11.

La divisione è comunque confermata in una Novella di Maiorano del 459, e fu mantenuta anche in seguito; solo nel 535 si ha la prova sicura della riunificazione in un‟unica provincia, come attesta un editto di quell‟anno12

, situazione che non sembra mutare, nonostante l‟assenza di informazioni per i turbolenti anni della guerra greco-gotica13. Il confine tra la Tuscia Annonaria e quella Suburbicaria non è definibile con certezza, in assenza di fonti in merito, tuttavia Giusteschi Conti ritiene che esso passasse approssimativamente lungo il corso del Cecina e parte di quello dell‟Elsa, giungendo all‟Appennino dopo aver attraversato i monti del Chianti e lambito a Sud il Pratomagno14.

Agli inizi del V secolo, fu creata, in funzione di contrasto alle incursioni gote, anche la provincia delle Alpes Apenninae, comprendente il versante appenninico, la cui reale entità ed estensione è difficile definire: è probabile che, almeno alla fine del VI, essa avesse già cessato di esistere15.

Per l‟epoca bizantina permangono molte incertezze in merito alla ripartizione amministrativa della prefettura d‟Italia: la vecchia suddivisione in province venne mantenuta, anche se, per quanto riguarda la Tuscia, le fonti disponibili sembrano averne una conoscenza molto lacunosa e confusa: Procopio, ad esempio, ritiene che di essa faccia parte anche Genova, con un estensione verso Sud che giunge ai confini del territorio romano16.

In seguito alla rapida conquista longobarda dell‟Italia settentrionale e centrale, tra 578 e 584 le autorità bizantine tentarono di riorganizzare gli sparsi lacerti delle province sotto il loro controllo, inserendo nella Ourbicaria le (esigue) parti della Tuscia ancora in loro mano, vale a dire il litorale, le valli del Tevere e dell‟Arno, con il Mugello e il crinale contiguo17.

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CITTER 2007a,p. 444; GIUSTESCHI CONTI 1998,pp. 1-2.

10

GIUSTESCHI CONTI 1998,p. 2. 11

CITTER 2007a,p. 444, con bibliografia.

12

CASS., Var., XI, 39. 13

GIUSTESCHI CONTI 1998, pp. 5-6: nell‟uso comune e in atti non ufficiali si continuerà ancora ad accennare per un certo periodo alla distinzione in due province: tra questi documenti va ricordata una lettera di papa Pelagio del 557 ai vescovi della Tuscia Annonaria.

14

GIUSTESCHI CONTI 1998,p. 5; per le incertezze sull‟attribuzione ad una parte o all‟atra di alcuni centri (ed esempio Siena ed Arezzo), cfr. CANTINI,CITTER 2010,pp. 401-402.

15

Su questa provincia, cfr.CITTER 2007a,pp. 444-445, con bibliografia.

16

ZANINI 1998,p. 40; GIUSTESCHI CONTI 1998,pp. 5-6.

17

GIUSTESCHI CONTI 1998,p. 9; cfr. in particolare pp. 10-11 per le vicende di questo territorio in età longobarda.

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L‟arrivo dei Longobardi

Non è possibile proporre una data precisa per la conquista della regione da parte dei Longobardi, dal momento che essa si sviluppò per fasi, con la costante fluttuazione della linea di confine con i possedimenti bizantini. Se fin dal 569-572, dunque dai primi anni della calata dei Longobardi in Italia, la Toscana fu soggetta alle scorrerie di nuclei di guerrieri in cerca di bottino, di cui si ha testimonianza nelle fonti, non si può pensare per questo ad una occupazione rapida dell‟intera regione, che invece procedette gradualmente18. Tra le città, probabilmente la prima a passare sotto il controllo dei nuovi invasori già negli anni intorno al 575 fu Lucca, a cui forse seguì dopo breve tempo Chiusi, anche se sulle sorti di questo centro permangono maggiori incertezze19. Un significativo impulso alla spinta espansiva dei Longobardi fu certamente favorito negli anni ‟90 del VI secolo dalle campagne di Agilulfo. All‟accordo del 593 tra questo re e Gregorio Magno (che garantiva il corridoio tra Roma e Ravenna) va ricondotta una prima definizione delle frontiere del dominio longobardo in Italia centrale, che fissava il confine delle rispettive sfere di influenza al fiume Mignone: ciò dimostra l‟ormai avvenuta conquista da parte dei Longobardi di un territorio che a Sud comprendeva anche la Maremma e l‟Alto Lazio20

. Tuttavia, in alcune aree della Toscana permaneva qualche presidio ancora sotto il controllo bizantino, in particolare lungo la fascia costiera: Pisa e la Versilia sarebbero cadute poco dopo il 603, mentre la Lunigiana e parte della Garfagnana nel 643; l‟Appennino tosco-emiliano sarebbe invece passato in mano longobarda molto più tardi, durante il regno di Liutprando21.

Il problema delle “due Toscane” e il ruolo delle città

Per quanto riguarda le vicende storiche ed insediative delle regione presa in esame in questo contributo, l‟analisi complessiva dei dati disponibili richiederebbe una trattazione estesa, che rischierebbe di portare lontano dagli obiettivi prefissati. Gli studi pubblicati e quelli in corso sono ovviamente molto numerosi: il dato principale che emerge è l‟enorme varietà di situazioni riscontrate, soprattutto per un periodo così “fluido” e ricco di mutamenti come quello tardoantico. Ciò impedisce di trarre conclusioni omogenee, valide per tutto il territorio considerato, contraddistinto –va ricordato- da una notevole varietà geomorfologica che ha condizionato inevitabilmente le vicende storiche, economiche ed insediative.

Per la storia delle singole città e delle campagne si rimanda dunque alle trattazioni specifiche contenute nei singoli capitoli di questa ricerca, dove per ogni contesto si è cercato di delineare, in maniera sintetica, le dinamiche in atto in età tardoantica ed altomedievale entro cui inserire i dati inerenti le sepolture e le necropoli.

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Su questo punto e sull‟interpretazione delle poche fonti disponibili, cfr. KURZE,CITTER 1995,pp. 159-160. 19 CITTER 2007a,pp. 446-447. 20 KURZE,CITTER 1995,pp. 161-162. 21

KURZE, CITTER 1995, pp. 160-162, anche per l‟organizzazione amministrativa della Toscana in età longobarda; CITTER 2007a,pp. 446-448.

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L‟unico elemento che sembra doveroso rimarcare, per i suoi effetti ancora adesso ben visibili da un punto di vista storico e geografico e per i futuri sviluppi che la ricerca archeologica potrebbe ricevere, è l‟esistenza di una differenza marcata tra la parte settentrionale e quella meridionale della regione, al punto che si può legittimamente parlare di “due Toscane”, con caratteri ben distinti; i prodromi di questa distinzione sono già da intravedere, secondo Citter, nella suddivisione in annonaria e suburbicaria della Tuscia22. In un articolo del 2005, Cambi ha ben evidenziato le vicende storiche che dalla romanizzazione all‟età altomedievale hanno contraddistinto la Toscana meridionale, l‟attuale Maremma. Essa appare interessata da una storia, da un tipo e da un ritmo di sviluppo profondamente diversi da quella settentrionale, pur partendo da un passato ben più prestigioso e da condizioni produttive ed insediative sicuramente favorevoli, dove però il precoce declino delle città ha marcato definitivamente (in modo negativo) i caratteri del territorio e dell‟economia. Cambi situa intorno al VI secolo il momento in cui il distacco diviene netto ed irrimediabile, condizionando i secoli successivi fino ai giorni nostri23.

In un recente contributo, Cantini e Citter hanno di nuovo analizzato i motivi alla base di questa profonda differenza e i diversi fattori a cui essa è dovuta24.

In relazione a quanto finora esposto, è dunque necessaria una certa prudenza nel valutare la situazione complessiva del territorio regionale nei secoli della tarda antichità. Ad esempio i risultati delle approfondite ricerche condotte dalla Cattedra di Archeologia dei Paesaggi Medievali dell‟Università di Siena, nell‟ambito delle province di Siena e Grosseto, dunque nella Toscana meridionale, dipingono un quadro molto fosco che però difficilmente può essere applicato in maniera speculare anche alla parte settentrionale. Valenti sostiene infatti che l‟organizzazione produttiva ed insediativa collassa alla fine del V-inizio VI, sottolineando come nelle due province analizzate (corrispondenti a circa l‟8,6% del territorio regionale) tra I e IV d.C. si rilevino ben 2521 strutture insediative databili, che scendono a 506 tra IV e VI, e a 201 tra VI-VII, dati che indicano un crisi netta e irreversibile di questi territori in età tardoantica-altomedievale25.

Un quadro così drammatico nella diminuzione degli insediamenti non può forse essere proposto per la porzione settentrionale della Toscana, la Tuscia annonaria, perlomeno nel periodo compreso tra il IV e la prima metà del V secolo. Numerosi indicatori di natura eterogenea contribuiscono infatti a delineare una realtà economica ed insediativa che appare molto dinamica e prospera, in sensibile miglioramento rispetto alla stasi di II e III secolo26. Se per alcune tra le città più importanti, come Pisa e Firenze, non si notano grandi mutamenti, poiché mantengono invariato il loro ruolo, altri centri come Lucca e Arezzo27 sembrano ritrovare tra la fine del III e il IV secolo un nuovo slancio, grazie alla posizione lungo itinerari importanti e alla presenza delle mura. Il segno della prosperità 22 CITTER 2007a,p. 444. 23 CAMBI 2005. 24 CANTINI,CITTER 2010. 25 VALENTI 2004,p. 72. 26 Cfr. CIAMPOLTRINI 1990. 27

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sia di queste città che delle ville rurali è il rinnovato fervore edilizio che si esprime nei mosaici di fine III - IV secolo realizzati in ville, terme, basiliche ed edifici a carattere residenziale della Tuscia annonaria28. Dal punto di vista economico, la riorganizzazione delle campagne e i rinnovati interessi dell‟aristocrazia senatoria, in particolare per le terre del Valdarno, sembrano tradursi nella costruzione di imponenti ville, coincidendo col successo dell‟anfora di Empoli, prodotta e diffusa per il commercio del vino locale29

. Sulla costa e lungo l‟Arno, città come Pisa, Firenze, Fiesole, ma anche centri come San Genesio, vivono tra il IV e la metà del V secolo un periodo di prosperità, come testimonia il livello e il volume delle importazioni30. L‟elemento fondamentale che contraddistingue la Tuscia annonaria e che sembra costituire il “motore” principale della nuova situazione è la città, che pare tenere e anzi rafforzarsi nel corso del IV secolo: l‟importanza dei centri urbani è ancora più evidente se si considera il panorama della Toscana meridionale, dove le città vivono già da secoli un declino inesorabile, come dimostrano con efficacia Populonia, Cosa e, in misura minore, Roselle. Un riflesso significativo è fornito anche dall‟organizzazione della Chiesa, come sottolineato da Citter: nella Tuscia annonaria viene impiantato un maggior numero di diocesi, che sorgono in un‟epoca ben più antica rispetto a quelle di Siena, Populonia, Roselle e Sovana31, a testimonianza della necessità di strutturare in un momento piuttosto precoce la geografia cristiana di un territorio ancora densamente abitato. Nella Toscana meridionale, l‟unica eccezione significativa sembra costituita da Chiusi, che grazie alla posizione strategica lungo importanti vie di transito e alla vicinanza con Roma, sembra condividere le sorti della parte settentrionale, mantenendo a lungo un ruolo di primo piano nelle vicende dell‟Italia centrale32.

A partire dal V secolo anche nella parte settentrionale inizieranno i primi momenti di difficoltà e di crisi, che si acuiranno nei secoli successivi. Città come Pisa, Firenze, Arezzo, Lucca, pur se sensibilmente ridimensionate e colpite da eventi drammatici, non perderanno comunque in nessun caso il loro ruolo nevralgico nel territorio, grazie al quale, nel corso del Medioevo, torneranno progressivamente a ritagliarsi –ognuna con i suoi tempi e le sue modalità- un ruolo preminente nella storia economica e politica della Toscana e dell‟Italia. Il silenzio calerà invece su gran parte della Toscana meridionale, con l‟unica e significativa eccezione di Siena.

Cantini e Citter identificano tra le cause della tenuta delle città settentrionali l‟esistenza di un ceto dirigente piuttosto dinamico di varia composizione (laico, militare, ecclesiastico), che continua a risiedere in questi centri sfruttandone la posizione strategica lungo gli assi di collegamento fluviali e terrestri. Le città meridionali, ormai marginali, vedono al contrario la scomparsa di questo ceto e un generale spopolamento, con lo svuotamento dei centri e la dispersione nel territorio circostante33.

28

CIAMPOLTRINI 2005a,con numerosi esempi e confronti. 29

Cfr. supra; per dinamiche analoghe più a Nord, in Valdinievole, cfr. CIAMPOLTRINI et al. 2000, pp.

268-277.

30

MENCHELLI 2003; CANTINI 2005; per la costa, anche Vada presenta un quadro economico piuttosto vivace, con arrivi da tutto il Mediterraneo: PASQUINUCCI,MENCHELLI 2005,in particolare p. 63.

31

CITTER 2007,p. 137.

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CIAMPOLTRINI 1990,p. 377; CIAMPOLTRINI 2005a.

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Questa panoramica, seppur molto rapida, è forse utile a far luce sulla Toscana “a due velocità”, che impedisce, in aggiunta alle profonde differenze tra le singole entità territoriali, di proporre sintesi valide per tutto il quadro regionale a questo stadio della ricerca.

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CAPITOLO 2

LE CITTA’

2.1 - FIRENZE

Florentia (Tav. 2, 1) nasce come colonia alla metà del I secolo a.C. in posizione

strategica lungo il corso dell‟Arno e in prossimità di importanti itinerari. In età adrianea, la città, ormai estesa oltre il perimetro delle possenti mura augustee, conosce un‟importante fase di monumentalizzazione con l‟edificazione dell‟acquedotto, del teatro, dell‟anfiteatro e di alcuni complessi termali, tra cui quello rinvenuto in piazza della Signoria (ai limiti meridionali della città) che trasforma in pubblica un‟area in precedenza destinata ad abitazioni private34. In età imperiale, la città appare inserita negli imponenti flussi commerciali che distribuiscono i prodotti dell‟Italia e delle Province per tutto l‟Impero35. Dall‟età tetrarchica Firenze diviene capitale della Regio Tusciae et

Umbriae, ma la nuova condizione non sembra apportare grandi benefici, se non sul breve

periodo, dal momento che già a partire dalla fine del IV e nel V secolo nell‟edilizia si adottano materiali poveri e di reimpiego, per strutture precarie realizzate principalmente in legno, mentre alcune aree iniziano ad essere convertite in discarica36. L‟evidenza dell‟edilizia privata contrasta tuttavia con l‟impegno profuso nella costruzione delle prime basiliche cristiane, realizzate a partire dalla fine del IV secolo, che divengono i nuovi fulcri dell‟abitato: tra esse spiccano per antichità quella di San Lorenzo e di Santa Felicita, entrambe suburbane, e quella di Santa Reparata, all‟interno della città37

. Nel 406 d.C., la città e il territorio subiscono l‟assedio di Radagaiso, anche se saranno le tumultuose vicende del VI secolo (guerra greco-gotica, epidemie, alluvioni) a segnare definitivamente la città, fino all‟invasione longobarda38

.

I settori cittadini meglio conosciuti grazie alle indagini archeologiche, anche piuttosto recenti, si situano nell‟area nord orientale, coincidente con la piazza del Duomo, e nella zona meridionale, corrispondente all‟area di Piazza della Signoria. Rispetto all‟impianto urbano di età romana, si tratta di due zone periferiche poste in prossimità del tracciato murario, nonostante l‟importanza che in seguito questi settori cittadini hanno assunto

34

MIRANDOLA 1999, pp. 61-62, anche per il fenomeno, noto anche in altre città toscane, della costruzione delle terme nei pressi delle porte urbiche, forse con la funzione di prima accoglienza per i forestieri.

35

CANTINI 2007,pp. 251-255.

36

CANTINI 2007,pp. 251-255; per le vicende della città in età tardoantica, cfr. CANTINI,CITTER 2010,pp. 404-407.

37

CANTINI 2007,pp. 251-255.

38

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nell‟assetto urbano dei secoli successivi. Purtroppo, gli sterri eseguiti nel XIX secolo nel centro storico in occasione delle imponenti risistemazioni per Firenze capitale sono la causa dell‟esiguità di dati per questo settore urbano nevralgico, determinando una grave lacuna nell‟analisi della storia fiorentina. Alla luce di quanto detto, i seppur notevoli risultati raggiunti appaiono comunque largamente parziali, considerata anche la notevole estensione dell‟area urbana e suburbana non ancora indagata39

.

Le aree sepolcrali suburbane di prima e media età imperiale

Per quanto riguarda le necropoli della città, purtroppo sono ancora molto scarse e lacunose le testimonianze archeologiche, sebbene le conoscenze si siano alquanto incrementate rispetto alla prima rassegna delle evidenze sepolcrali effettuata da Lopes Pegna nel 196240. Importanti cimiteri suburbani sorgevano lungo le principali arterie viarie: tra questi, uno dei più importanti era certamente quello ubicato a Nord, lungo la via Cassia in direzione di Pistoia, in uso fin dal I secolo a.C., i cui resti sono venuti in luce sia nel XVI secolo, in occasione della costruzione della Fortezza da Basso, sia nel XIX, con la realizzazione del ponte ferroviario del Romito (Tav. 2, 3, n. 1). Qui furono scoperte numerose tombe ad incinerazione e ad inumazione, che hanno restituito oggetti di corredo in sigillata italica, firmalampen, vetri, monete, fibule: tra le tombe si segnala una sepoltura femminile con un ricco corredo composto da vari oggetti, tra cui monili in oro (una collana, orecchini, un anello), databile al I secolo d.C.41 (Tav. 2, 2). La necropoli, al cui interno fu rinvenuto un ustrinum, ha restituito anche un piccolo nucleo di epigrafi, in gran parte realizzate in pietra arenaria locale42.

Le monete sono in gran parte riferibili ad Augusto, sebbene gli esemplari più tardi rimandino al III d.C.: fra esse figura infatti una interessante emissione con l‟effigie di Barbia Orbiana (225-227 d.C.), moglie di Severo Alessandro, che costituisce la moneta più tarda e l‟indizio della frequentazione della necropoli almeno fino al III secolo43

. Altre aree sepolcrali si situavano sia nel suburbio settentrionale, lungo via Faenza, via San Gallo e via Valfonda44, sia ad Est lungo la via per Arezzo, come testimonia la lapide funeraria di Quinto Geganio, aruspice e seviro, reimpiegata in una tomba altomedievale venuta in luce presso via Giuseppe Richa nel 192845 (Tav. 2, 4). Qui fu rinvenuta

39

Per la storia e la topografia di Firenze romana, cfr. da ultimo PAGNI 2010.

40

LOPES PEGNA 1962,pp. 189-198.

41

MENSI 1991,p. 79: oltre agli oggetti in oro, del corredo fanno parte un anello in ambra con cane in rilievo, 2 specchi in bronzo, un balsamario in agata e un bottoncino in oro: sulle circostanze della scoperta e per una descrizione degli oggetti, cfr. anche CIAMPOLTRINI 2009,pp. 11-12.

42

MENSI 1991,pp. 72-73.

43

L‟associazione della moneta (recuperata all‟interno della Fortezza nel 1810) con una tomba non è tuttavia sicura: MENSI 1991,pp. 66, 73: per le monete di III d.C. cfr. infra.

44

GASPERI CAMPANI 1939,pp. 333-334: in via Valfonda furono portate in luce due incinerazioni di I d.C.

con monete di Augusto e Tiberio e una firmalampe con marchio FORTIS. Per via San Gallo: FABBRI 1992, p. 133; Lopes Pegna inserisce tra le necropoli suburbane fiorentine anche quella di Santo Stefano in Pane, sebbene essa sembri piuttosto da collegare ad un abitato dei dintorni, considerata la notevole distanza da

Florentia: da qui provengono le epigrafi CIL XI, 1599, 1649, 1652, 1659-1660, 1679, 1681: LOPES PEGNA

1962,pp. 189-194

45

MAGI 1929, pp. 151-153: la tomba altomedievale fa parte di un nucleo di 4 sepolture con muretti laterali e grande lastrone di copertura.

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un‟incinerazione con corredo di balsamari in vetro e una moneta46

. Sempre ad Est, in Piazza San Firenze, sotto il tempio di Iside di età adrianea sono venute in luce tombe di I secolo d.C. accompagnate da iscrizioni funerarie, precedenti la costruzione del vicino teatro, avvenuta sotto il principato di Claudio47.

A Sud, nuclei sepolcrali sono stati individuati lungo il primo tratto della via

Florentia-Saena, con varie attestazioni epigrafiche di prima età imperiale, a cui si può aggiungere

l‟interessante rinvenimento presso Porta Romana di una tomba femminile in sarcofago di piombo associata ad una iscrizione48. Ancora più a Sud, superata la chiesa di Santa Felicita, si estendeva la necropoli di Gaggio, afferente ad un pagus suburbano, dove è testimoniato il collegium dei cultores Larum, che possedeva in quest‟area un vasto terreno destinato ad uso funerario49.

L‟ETÀ TARDOANTICA

Il settore settentrionale – l’area suburbana

La conoscenza sempre più approfondita dei sepolcreti suburbani tardoantichi di Florentia è favorita dai recenti scavi promossi in alcuni settori cittadini: all‟interno dell‟attuale chiesa di Santa Apollonia, posta all‟esterno del perimetro dell‟abitato romano, lungo la prosecuzione del cardo verso Nord, sono state infatti rinvenute alcune sepolture afferenti ad un‟area cimiteriale già individuata in anni precedenti nelle zone limitrofe (Tav. 2, 3,

n. 2). Le tombe sono a fossa terragna, a cappuccina e ad enchytrismos, tutte prive di

elementi di corredo, databili tra III e VI secolo d.C.50 Verosimilmente esse facevano parte del sepolcreto già ricordato venuto in luce presso la Fortezza da Basso, poco distante, dove non sono tuttavia attestate inumazioni più tarde del III secolo.

La sepoltura di Zanobi e la topografia cristiana del suburbio fiorentino

Secondo la tradizione, il vescovo Zanobi fu sepolto l‟8 giugno del 397 nella chiesa suburbana di San Lorenzo, consacrata alcuni anni prima da Sant‟Ambrogio51

. San Lorenzo rappresentava all‟epoca la cattedrale cittadina, ruolo che sarebbe passato nel corso del IX secolo alla chiesa urbana di Santa Reparata52. Sebbene extramuranea, l‟area di San Lorenzo appariva fortemente urbanizzata in età romana, con la presenza di un impianto termale o di una villa suburbana i cui resti sono venuti in luce sotto la basilica53 (Tav. 2, 3, n. 3). In seguito questo settore si trasforma in area sepolcrale, sebbene sia

46

LOPES PEGNA 1962,p. 189.

47

LOPES PEGNA 1962,p. 189; FABBRI 1992,p. 144; per le iscrizioni: CIL XI, 1577-1591. 48

CIL XI, 1554; CHELLINI 2000,p. 291: poco più a Sud, il nome della chiesa di Sant‟Ilario a Colombaia può essere ricondotta all‟esistenza di un‟area cimiteriale riservata ai cultores Larum Q.Terenti Lascivi munita di colombario, testimoniata da una iscrizione del I secolo d.C.: in questa ottica, è significativo anche il nome con cui la chiesa è menzionata in un documento medievale: Sancti Lari de Columbaio.

49 LOPES PEGNA 1962,p. 198. 50 BIGAGLI et al. 2005, p. 103. 51 BENVENUTI 1996,p. 102. 52

Sulla questione legata alla sede vescovile fiorentina e alle teorie dei vari studiosi, cfr. MIRANDOLA 1999, p. 65, nota 39, con riferimenti bibliografici, sulla cristianizzazione della città, cfr. VANNINI, SCAMPOLI

2007.

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impossibile stabilire se ciò sia avvenuto prima della costruzione della basilica o successivamente ad essa: la sua esistenza è testimoniata dai resti di un‟iscrizione sepolcrale cristiana rinvenuta sotto la chiesa -caratterizzata dalle lettere alfa e omega affiancate alla croce sormontante il testo, la formula hic requiescit iniziale e la qualifica di ancilla dei per la defunta54-, e da una sepoltura in fossa terragna coperta con spezzoni di laterizi e pietre, priva di corredo, scavata nel selciato stradale scoperto nell‟angolo N-W dell‟edificio55

. La collocazione della chiesa di San Lorenzo nel suburbio settentrionale di Firenze, si inseriva probabilmente in un preciso programma imperniato sull‟erezione di quattro chiese extramuros, che venivano dunque ad assumere una valenza simbolica e strategica. All‟altro capo della città, a meridione, si trovava infatti Santa Felicita, altra chiesa cimiteriale56, mentre a est la chiesa di San Pier Maggiore potrebbe aver avuto un ruolo simile, in base alle notizie sul martirio di San Miniato nell‟area, ospitandone poi anche la sepoltura57

; ad Occidente, in posizione speculare rispetto a quest‟ultima, si trova invece la chiesa di San Paolo, detta di San Paolino, dove il rinvenimento di sepolture sembra confermare un ruolo analogo a quello delle chiese sopradette, oltre alla tradizione che ne fa risalire l‟origine all‟epoca di Costantino58

. Da qui provengono due iscrizioni funerarie mutile, dal tipico formulario cristiano, introdotte da hic requiescit o in pace, oltre alla menzione, in un caso, del dies depositionis59, anche se è probabile che l‟utilizzo come cimitero sia più antico60

. In tal modo, questi edifici ecclesiastici si ponevano agli estremi sia del cardo (San Lorenzo, Santa Felicita), sia del decumano (San Pier Maggiore, San Paolo), determinando e ridisegnando la topografia del suburbio in chiave prettamente cristiana, in posizione quasi di baluardi protettivi dell‟area cittadina. Questo fatto mostra una forte analogia con quanto avviene a Milano sotto sant‟Ambrogio, i cui legami con Firenze appaiono peraltro molto stretti61

. Per quanto riguarda la tomba di Zanobi, le notizie agiografiche riferiscono che i suoi resti furono traslati nel 402 nella basilica cittadina di San Salvatore su iniziativa del vescovo Andrea, anche se è più probabile che ciò sia avvenuto nel IX secolo, epoca per la quale è effettivamente attestato un vescovo con tale nome62. Purtroppo non abbiamo notizie sul luogo di sepoltura dei vescovi fiorentini antecedenti a Zanobi, tra cui sono noti Felice, che partecipò al concilio romano del 313 d.C., Pietro (citato dal Villani) e Teodoro63.

54 CIL XI, 1725. 55 DE MARINIS 1993,pp. 31-32. 56 Cfr. infra. 57

BENVENUTI 1996,p.107:ilVillani colloca il martirio di Miniato all‟epoca delle persecuzioni di Decio, nel III secolo d.C.

58

BENVENUTI 1996,p.107,in particolare nota 47.

59

CILXI,1726-1727.

60

L‟iscrizione CIL XI, 1615, rinvenuta in questa zona, appare infatti più antica rispetto a quelle ricordate in precedenza.

61

BENVENUTI 1996, p. 107; per il rapporto di sant‟Ambrogio con Firenze, cfr. anche pp. 101-102.

62

BENVENUTI 1996,p. 102.

63

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Il settore settentrionale – l’area urbana Le tombe di Santa Reparata

Il settore posto presso il limite settentrionale della città, in origine residenziale, in età tardoantica viene progressivamente trasformato in area pubblica, con la costruzione della chiesa di Santa Reparata e degli altri edifici dell‟insula episcopalis64 (Tav. 3, 1-2). Toker,

che diresse lo scavo all‟interno della basilica, eseguito tra il 1970 e il 1974, ha proposto la seguente interpretazione dei rinvenimenti. La nuova chiesa viene edificata sulle strutture di una domus romana al cui interno sono realizzate sei (o dieci) tombe “rozze” di scarsa profondità (Tav. 3, 3): due di queste sono delimitate da grandi ciottoli murati con fango, tre sono alla cappuccina (“rozzamente costruite di tegole”), mentre l‟ultima è a fossa coperta con lastre di pietra serena, rinvenuta subito sotto il mosaico della chiesa (Tav. 3, 4)65. La relazione delle sepolture con le ultime fasi di vita dell‟abitazione non è del tutto chiara: secondo Toker gli ultimi rifacimenti all‟interno della domus e l‟utilizzo come sepolcreto appartengono a due fasi distinte, con un periodo di abbandono prima della comparsa delle tombe: il fatto che una delle tombe sia in parte coperta dalle fondamenta del muro sud di S. Reparata dimostrerebbe secondo l‟autore che le tombe appartengono ad un periodo intermedio tra la rovina dell‟edificio e l‟erezione della chiesa66. Mirandola ritiene invece che la fase abitativa conviva per un certo periodo con la funzione sepolcrale di alcuni ambienti: si assisterebbe dunque alla commistione tra aree abitate e sepolcrali che contraddistingue la fase tardoantica della vita cittadina, già opportunamente sottolineata anche in altri studi su Firenze67. Osservando bene la pianta delle strutture di età romana e delle sepolture pubblicata da Toker68, Mirandola ha infatti notato che la sei tombe si concentrano a Sud di uno dei muri di IV secolo dell‟edificio, che potrebbe costituire l‟elemento divisorio tra l‟area abitata e lo spazio dei morti69

. Tuttavia, l‟esistenza di strutture murarie di datazione incerta ma che potrebbero essere assegnate ad una fase più tarda di quella di IV secolo (a causa dell‟orientamento divergente e dell‟esiguità delle fondazioni70

), a cui in alcuni casi si appoggiano proprio le sepolture, induce a riferire queste ultime all‟estrema fase di vita della domus. Per questi motivi non sembra possibile sostenere con sicurezza la separazione netta tra lo spazio dei vivi e quello dei morti: d‟altronde, l‟interpretazione del contesto è senza dubbio resa difficile dall‟esiguità del saggio di scavo e della conoscenza solo parziale della pianta dell‟edificio.

Recentemente, Chellini ha messo in discussione le interpretazioni di Toker riguardo la datazione sia della chiesa che delle sepolture rinvenute. Tra i nomi dei donatori del mosaico pavimentale della basilica, menzionati in una iscrizione del mosaico stesso, lo

64

MIRANDOLA 1999,p. 64.

65

TOKER 1975,p. 176, inizialmente lo studioso ha attribuito a questa fase solo sei tombe, a cui in seguito ha aggiunto altre quattro deposizioni: CHELLINI 2009,p. 354, con bibliografia.

66

TOKER 1975,p. 176: “il luogo della futura santa Reparata era un‟area cimiteriale con muri in varie fasi di disintegrazione”. 67 MIRANDOLA 1999,p. 63; SCAMPOLI 2007,p. 83. 68 TOKER 1975,p. 169, fig. 3. 69 MIRANDOLA 1999,p. 63 70

Altri muri di questa fase più tarda sono stati rinvenuti ad est, sotto il transetto di S. Reparata e sono riconosciuti dallo stesso Toker come molto tardi: TOKER 1975, p. 172.

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studioso ha ipotizzato la presenza di un Decentius (integrando il lacunoso [..]centius), che sarebbe da identificare con il personaggio che nel 394 fu in contatto con Ambrogio durante il suo soggiorno a Firenze, morto sicuramente prima del 42271. Basandosi su questo dato, oltre che su alcune testimonianze archeologiche e sullo stile del mosaico, Chellini ritiene che l‟impianto dell‟edificio vada datato al primo quarto del V secolo, molto prima di quanto proposto da Toker, cioè il VI secolo72. Chellini formula anche una nuova lettura delle sepolture rinvenute all‟interno di Santa Reparata. Lo studioso si sofferma infatti sull‟evidenza che molte di esse in realtà tagliano il pavimento, oppure si appoggiano alle fondamenta dell‟edificio, contraddicendo le precedenti interpretazioni di Toker, senza contare che un buon numero di inumazioni ha lo stesso orientamento della basilica73. In particolare, va sottolineata la presenza di un sarcofago in arenaria scoperto al centro della navata nel 1972, contenente un calice di vetro datato da von Hessen alla fine del VII secolo; l‟arca taglia un‟ampia fascia del mosaico, superandone leggermente la quota, indizi evidenti della posteriorità rispetto alla chiesa74.

Altro argomento in favore di una datazione più recente per le sepolture (o almeno di alcune tra esse) sono gli oggetti di corredo, tra cui il calice prima ricordato, cui si aggiungono altri manufatti in vetro e un‟armilla in bronzo, tutti databili tra VII e VIII secolo, quindi molto dopo l‟erezione della chiesa75

. Del resto, il primo documento scritto che attesta l‟uso cimiteriale di Santa Reparata si riferisce alla sepoltura all‟interno o nei pressi della chiesa del vescovo Specioso, menzionato in atti del 715 e del 71676, in accordo con la tendenza, ben evidenziata dagli studi di Picard, che vede le sepolture dei vescovi all‟interno delle chiese intramuranee divenire prassi comune solo a partire dall‟VIII secolo77

. In attesa di nuovi dati e dell‟edizione definitiva dei vecchi scavi, pare molto arduo stabilire se tutte le deposizioni siano precedenti o successive alla chiesa, nonostante gli argomenti portati da Chellini sembrino lasciare pochi dubbi sull‟affidabilità delle interpretazioni precedenti. Tuttavia, appare altrettanto difficile, se le deposizioni sono di epoca così tarda, stabilire il rapporto con quelle rinvenute nell‟area dell‟insula episcopalis e in particolare sotto il Battistero (che saranno esaminate tra breve), che sembrano in effetti di età tardoantica78.

71

CHELLINI 2009,pp. 342-347. Cfr. lo stesso contributo per un‟ampia disamina della problematica inerente le prime fasi della chiesa, con un‟ampia bibliografia e l‟analisi critica delle varie interpretazioni succedutesi negli anni.

72

CHELLINI 2009,p. 355: lo studioso sottolinea anche la forte analogia tra le dimensioni della chiesa

fiorentina e la Basilica Ambrosiana di Milano, eretta dallo stesso Ambrogio.

73

CHELLINI 2009,pp. 351-352: ad esempio la tomba 5 affianca le fondamenta, mentre Toker ritiene sia tagliata.

74

CHELLINI 2009,p. 351. 75

CHELLINI 2009,pp. 352-353: tra questi figura una piccola ampolla di vetro rinvenuta in un piccolo vano al centro della navata, privo di ossa (nel complesso, solo quattro tombe su dieci hanno restituito resti scheletrici), da Toker ritenuto non una tomba, bensì un sacrario, mentre sembra trattarsi semplicemente di una tomba di bambino.

76 CHELLINI 2009,pp. 355-356. 77 PICARD 1988,pp. 343-355. 78 Cfr. infra.

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Le tombe dell‟Insula episcopalis e del Battistero

Nell‟area delimitata dalle mura settentrionali e dagli assi viari, nelle immediate adiacenze di Santa Reparata, si situano anche il Battistero di San Giovanni e il palazzo vescovile79. Gli scavi di fine ‟800 misero in luce i resti di una domus con mosaici a tessere bianche e nere, che nel I secolo si estende in tutta l‟area dell‟Insula; nel corso del III secolo parte della domus viene trasformata in edificio termale, con il rifacimento di alcuni ambienti su suspensurae e la costruzione di una piscina80. In età tardoantica segue un utilizzo più precario e modesto dell‟area, con l‟erezione di numerosi muri divisori in pietra e legno tra gli ambienti delle terme; lo strato di riporto su cui si impostano questi muri tardi ha come terminus post quem una moneta riferibile al regno di Onorio (395-423 d.C.), mentre sotto il palazzo vescovile, sui mosaici di III secolo si imposta direttamente un muro divisorio, che va ad aggiungersi ad alcune buche di palo81. Maetzke riferisce al periodo della guerra greco-gotica le prime sepolture nell‟area; qui sono state infatti rinvenute 16 tombe, riconducibili a due tipi: il primo, il più numeroso, è a fossa rettangolare foderata e coperta con lastre litiche; talvolta sono presenti anche laterizi o elementi marmorei di spoglio, e in qualche caso la testa del defunto poggia su una pietra o un mattone. Il secondo tipo è a cassone di pietra arenaria, con copertura costituita da un‟unica lastra irregolare, dello stesso materiale82

. I pochissimi elementi di corredo non consentono più precise distinzioni cronologiche, anche se non è escluso che alcune di queste tombe facciano parte del cimitero più tardo, che si forma a partire dall‟altomedioevo intorno agli edifici religiosi dell‟insula episcopalis83

.

Oltre a tali evidenze, di particolare interesse ai fini di questa ricerca è la presenza di due sepolture contigue, rinvenute durante gli scavi del 1912-1915, presso la fondazione di uno dei piloni dell‟arco trionfale del Battistero. Una di esse è a cassa, realizzata con pietre di piccole dimensioni legate da calce, posta a diretto contatto del mosaico della

domus sottostante, anche se il fondo della tomba è costituito da lastre litiche (Tav. 3, 5);

l‟altra tomba ha il fondo leggermente rialzato rispetto alla precedente di circa 15-20 cm, ma è stata purtroppo danneggiata da interventi edilizi successivi agli scavi84. La tomba integra ha restituito alcuni frammenti di ceramica e di vetro, riferibili forse ad un balsamario, anche se di maggiore interesse è la moneta bronzea rinvenuta tra le mani del defunto, recante l‟effigie di Costantino e quindi di estrema utilità per la datazione del sepolcro85. In effetti, nonostante il Galli nella prima edizione dello scavo ritenesse queste sepolture di epoca barbarica, la moneta, (per quanto non sussistano prove della contemporaneità tra l‟inumazione e il periodo di emissione), porta a datare la sepoltura nel corso del IV secolo, in un momento quindi precedente la costruzione del Battistero, anche in base alla notizia del Galli secondo cui la fondazione del pilone dell‟arco

79 MAETZKE 1996,p. 183. 80 MAETZKE 1996,p. 183. 81 MAETZKE 1996,pp. 183-184; MIRANDOLA 1999,pp. 63-64. 82 MAETZKE 1948,pp. 101-102; MAETZKE 1996,p. 184. 83

MAETZKE 1996, p. 184, nota 28: un‟olla e un paiolo, rinvenuti in due sepolcri “barbarici” dietro il Battistero, sono datati tra IX e XII secolo d.C.

84

CARDINI 1996,p. 90.

85

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trionfale taglia la tomba86. Cardini, pur concordando sulla datazione in età tardoantica della tomba, ritiene tuttavia che questa non sia tagliata, ma al contrario si appoggi alla fondazione, indizio della posteriorità delle sepolture rispetto al Battistero87. Alla luce dei dati, sembra dunque che le due sepolture siano più antiche rispetto al Battistero, non danneggiate dalla sua costruzione. Esse potrebbero essere in relazione con quelle già individuate sotto il complesso di Santa Reparata, se per alcune di queste fosse confermata l‟anteriorità rispetto alla chiesa88

.

Il settore orientale

Anche nell‟area del teatro (Tav. 2, 1, n. 9; Tav. 4, 4, n. 13), situato in posizione intramuranea all‟estremità Sud-Est della città romana, sono venute in luce alcune sepolture a cappuccina e altre con copertura in lastre di pietra, ubicate nell‟angolo Sud-Est, probabilmente in corrispondenza della scena. L‟edificio fu utilizzato fino al V secolo e in seguito spoliato: anche in questo caso, la datazione delle tombe appare difficoltosa89. Ancora più ad Est, in Piazza Alberti e via Villari (lungo la via Aretina), sono state rinvenute in anni recenti 3 tombe a cassa (orientate in senso E-W) con muretti di pietre, coperte con lastroni di arenaria, accompagnate da oggetti in metallo molto ossidati(Tav.

4, 2): sulla base di queste evidenze, esse sembrano da riferire con buona probabilità ad

età longobarda90, forse in connessione con quelle rinvenute nel 1928 in via Giuseppe Richa91.

Addossata all‟esterno del lato orientale delle mura romane, in via del Proconsolo (Tav. 4,

1, n. 1; Tav. 4, 3), è venuta in luce una tomba a cappuccina, che viene però datata ad età

medievale92.

In via Castello d‟Altafronte, (in un‟area immediatamente extraurbana, a breve distanza dal teatro romano),di fronte all‟ex cinema Capitol (Tav. 4, 1, n. 2), sono state rinvenute nel 2003 due inumazioni, appartenenti ad individui femminili adulti; una è alla cappuccina (inumato I) con fondo di embrici, con orientamento W/E, molto danneggiata e priva di corredo funebre. La seconda sepoltura è a fossa terragna, con stesso orientamento della precedente: la defunta era accompagnata da un ardiglione in bronzo e da 4 piccole monete di bronzo, illeggibili, sebbene riferibili ad età tardoantica-altomedievale, che rappresentano l‟unico appiglio cronologico per queste deposizioni93

. In Borgo de‟ Greci, alle spalle di Palazzo Vecchio e immediatamente extra moenia rispetto al circuito di età romana (Tav. 4, 1, n. 3), sono recentemente venuti in luce i resti di 8 inumati senza corredo in fosse terragne dal perimetro rivestito da blocchi di pietra,

86

CARDINI 1996,p. 90, nota 36. 87

CARDINI 1996,p. 90, nota 36: l‟autore ipotizza che il sepolcro appartenga a qualche personaggio legato alla costruzione dell‟edificio, forse l‟architetto o, meno probabile, il proprietario della domus su cui il Battistero è costruito.

88

Appare invece meno verosimile che le tombe siano successive al Battistero, sebbene documenti trecenteschi ricordino la presenza di sepolture di personaggi di rango all‟interno dell‟edificio: CARDINI

1996,p. 90. 89 SCAMPOLI 2007, p. 76. 90 FABBRI 1992,p. 143; SALVINI 2006,p. 24, n. 12-14. 91 Cfr. supra. 92 SALVINI 2006a, pp. 27-30, n. 20. 93 BIGAGLI et al. 2008, pp. 64-65.

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laterizi e ciottoli collocati a secco e in gran parte danneggiati; è probabile si tratti di un sepolcreto altomedievale intaccato dalla costruzione della chiesa di San Firenze nel XII secolo94.

Il settore occidentale

Ad Ovest, Lopes Pegna ipotizza l‟esistenza di una necropoli tardoantica lungo il primo miglio della via Pisana, forse collegata ad un abitato suburbano, sulla base del rinvenimento di un sarcofago di marmo del IV d.C. presso Ponte alla Vittoria, e di un frammento di un sarcofago analogo (per quanto il dato appaia piuttosto labile e necessiti di ulteriore conferme). Nel 1740 fu rinvenuto in Arno un sarcofago di marmo fuori Porta San Frediano, in località I Navicelli95.

Il settore meridionale – l’area urbana Le terme

Tra IV e V secolo, le terme poste presso la porta meridionale della città cessano di essere utilizzate: dopo essere state distrutte da un incendio, sui loro resti si accumulano consistenti strati di macerie e rifiuti96. In questo edificio fu rinvenuto un nucleo di sepolture a cappuccina, direttamente collocate sul pavimento delle terme e coperte con “grossi embrici bipedali”97

(Tav. 4, 4, n. 1). Gran parte delle sepolture era stata sconvolta dalla fondazione di un muro medievale, anche se alcune ossa e i crani furono di nuovo sepolti: le tombe non hanno restituito nessun elemento di corredo, rendendo molto difficile la datazione del sepolcreto98.

Anche le terme di Piazza della Signoria, dopo vari rifacimenti, vengono abbandonate alla fine del IV secolo, come testimonia uno strato di terreno che oblitera il pavimento del grande salone, che ha restituito materiali di V secolo; in uno dei settori del complesso sono state rinvenuti resti di strutture precarie, buche di palo e pozzi, indizio dell‟esistenza tra i ruderi delle terme di povere abitazioni e impianti artigianali99. Nella zona orientale del salone, fu individuato un fitto gruppo di sepolture scavate nel pavimento, la cui copertura, costituita da lastre litiche ed embrici, si impostava sui lembi marginali della fossa100 (Tav. 4, 4, n. 8). Queste tombe, pur non essendo databili con precisione, sono molto probabilmente riferibili alla tarda antichità e rappresentano quindi una testimonianza dell‟uso di seppellire all‟interno dell‟area urbana in un‟epoca abbastanza precoce (IV-V secolo). È necessario ricordare l‟esistenza, in Piazza della Signoria, di una grande basilica paleocristiana a tre navate, speculare a quella di Santa Reparata a Nord. Costruita fra fine IV e inizio VI secolo d.C., essa fu obliterata dopo un periodo piuttosto breve: sul suo sito verrà edificata in seguito la più piccola chiesa di Santa Cecilia101 (Tav.

4, 4, nn. 9-10). Maetzke, in un contributo del 1948, cita una nota di Fraschetti in cui si

94

BIGAGLI et al. 2008a, pp. 77-78. 95 LOPES PEGNA 1962,p. 196-197. 96 MAETZKE 1948, p. 70; SCAMPOLI 2007, p. 75. 97 MAETZKE 1948,p. 91. 98 MAETZKE 1948,p. 91. 99 MAETZKE 1975, p. 65; SCAMPOLI 2007, p. 76. 100 MAETZKE 1975, p. 65. 101 VANNINI,SCAMPOLI 2007,p. 858.

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menziona un cimitero in Piazza della Signoria, già sconvolto, di cui rimaneva una sola tomba intatta, realizzata a cassa con lastre di pietra: essa restituì frammenti vari di vasellame e marmo, oltre a monete romane andate disperse. Nella stessa nota si riferisce che tali tombe furono rinvenute a circa 4 metri di profondità (coperte dunque da un potente interro)102. Questo dato è di estremo interesse perché porta ad escludere che esse siano da riferire alla chiesa paleocristiana. La nota di Fraschetti, infatti, testimonia che le sepolture connesse a quest‟ultima si trovavano solo un metro sotto il livello del suolo103

. Alcune deposizioni databili tra VI e VII secolo si trovavano tra i due piani pavimentali pertinenti alla basilica stessa104.

Il settore meridionale – l’area suburbana

Anche la zona sud-orientale della città è ampiamente conosciuta grazie agli scavi sistematici condotti a più riprese in diversi punti dell‟area, sia nella parte urbana, occupata già dalla fine della Repubblica da una serie di edifici residenziali e caratterizzata da importanti monumenti pubblici (teatro, anfiteatro, terme), sia in quella suburbana. Il settore meridionale, corrispondente in parte all‟odierna Piazza della Signoria, ospita a partire dalla fine del I- inizio II secolo d.C. importanti edifici pubblici, tra cui il teatro (sotto Palazzo Vecchio), due grandi terme (una in Piazza della Signoria e una presso la porta meridionale della città, in via Por Santa Maria) (Tav. 1, 1, nn. 7-8), una fullonica (in Piazza della Signoria)105.

Sotto l‟attuale complesso degli Uffizi, nell‟immediato suburbio meridionale della città romana, sono state rinvenute tre sepolture, una in fossa terragna e due con spallette in blocchi di pietraforte e copertura in lastre litiche, profondamente danneggiate, ancora una volta di difficile datazione106 (Tav. 4, 14, n. 11-12). In questa zona sorge nell‟VIII-IX secolo una chiesa con annesso sepolcreto sostituita, nell‟XI secolo, dalla chiesa di San Pier Scheraggio107. Non è escluso che le tre sepolture siano collegate alla chiesa più antica, anche se il salto di quota tra le tombe e il piano di quest‟ultima, e soprattutto la differenza tipologica rispetto alle sepolture sicuramente coeve all‟edificio ecclesiastico, inducono a ritenerle precedenti alla chiesa108. Le tombe sono state scavate in uno strato che ha restituito frammenti ceramici databili tra IV e V secolo d.C., per quanto scavato solo per una estensione molto limitata, dato che costituisce un interessante terminus post

quem per la cronologia delle tombe109. Sotto la navata destra della chiesa di San Pier Scheraggio furono scoperte tombe disposte in file parallele, separate da muretti a secco e copertura di lastre litiche110. Sicuramente riferibili ad età altomedievale sono invece le due sepolture scoperte di fronte alla Loggia dei Lanzi nel 1996-1997, che si appoggiano

102

MAETZKE 1948a,p. 102, nota 4.

103

MAETZKE 1948a,p. 102, nota 4. 104

SCAMPOLI 2007, p. 80.

105

Una sintesi aggiornata in merito a questi ritrovamenti in SCAMPOLI 2007, pp. 72-75.

106 LELLI 2005, pp. 114-115, fig. 40. 107 SCAMPOLI 2007, pp. 84, 89. 108 LELLI 2005, pp. 114-115. 109 LELLI 2005, p.115, nota 107. 110 FABBRI 1992,p. 145.

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