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3. Strumenti consolidati per la valutazione nell’ambito dello sviluppo locale

3.2. Gli strumenti consolidati di valutazione

3.2.5. Metodi rapidi di valutazione

3.2.5.2. Focus Groups

La pratica dei cosiddetti focus group negli ultimi due decenni si è molto diffusa sia nella ricerca sociale che in quella valutativa. L’utilizzo di questo strumento si è consolidato nella pratica della ricerca di mercato, e se ne fa infatti risalire il primo esempio ad una indagine condotta a partire dal 1941 da Robert Merton negli Stati Uniti per valutare l’interesse degli ascoltatori nei confronti di alcune trasmissioni radiofoniche durante la Seconda Guerra Mondiale (Stewart e Shamdasani, 1990)14. Si è successivamente raffinata la tecnica per adattarla alla ricerca nelle scienze sociali, applicandola in particolare alle indagini in ambito medico ed educativo. I focus group vengono definiti come una tecnica che prevede la realizzazione di interviste di profondità a piccoli gruppi, i partecipanti ai quali vengono selezionati in quanto “focused”, quindi coinvolti, interessati e possibilmente propositivi, rispetto ad uno specifico argomento (Thomas et al.,1995). Si tratta quindi di una serie di discussioni, finalizzate all’ottenimento di impressioni, percezioni e suggerimenti riguardo ad un ambito di interesse, che vengono condotte in un contesto non eccessivamente formalizzato in modo da garantire una certa libertà e disinvoltura nel dialogo (si veda ad esempio Krueger e Casey, 2000, che sottolineano li fatto che tali discussioni vengono in ogni caso preventivamente pianificate).

I focus group hanno pertanto alcune caratteristiche in comune con altri strumenti che contemplano forme di discussione di gruppo. Nel caso specifico vengono convocati, separatamente e normalmente in sessioni ripetute, alcuni gruppi il più possibile omogenei, a cui aderisca un numero piuttosto ridotto di partecipanti (in genere si suggerisce che questo numero sia compreso tra gli 8 e i 12 individui, in altri testi si riscontrano anche cifre diverse, restando comunque al di sotto delle 20 unità). Ognuno dei gruppi ha lo scopo di affrontare l’argomento centrale, che viene preventivamente definito, riportando e discutendo i temi fondamentali le proprie esperienze pregresse ed eventuali idee e stimoli in merito. Ad essi partecipa un moderatore, che ha il compito di

introdurre il tema e di stimolare la discussione, coordinandola e mantenendola entro i confini dell’ambito rilevante.

I partecipanti ai singoli gruppi vengono selezionati in base al fatto che si ritiene abbiano voce in capitolo rispetto al tema affrontato (come specificato da Burrows e Kendall, 1997, vengono scelti in pratica per la loro conoscenza di uno specifico argomento), ed in generale ci si attende da questi un atteggiamento interessato e propositivo. Va specificato pertanto che il gruppo così formato non è necessariamente un campione rappresentativo della popolazione coinvolta rispetto allo specifico intervento, e nella quasi totalità dei casi non ha quindi valenza in termini statistici. Le persone selezionate per ogni gruppo appartengono ad una fascia d’età, e condividono le medesime caratteristiche dal punto di vista economico-sociale; ci si aspetta inoltre che siano aperti al dialogo nel contesto del gruppo e tra di loro (Richardson & Rabiee, 2001).

Le caratteristiche principali che i focus group debbono presentare sono:

• la pianificazione di un processo controllato e la predisposizione di un ambiente che assicuri le condizioni per la massima interazione tra i partecipanti;

• la definizione di un processo strutturato per la raccolta e l’interpretazione delle informazioni qualitative emerse durante il colloquio;

la selezione dei partecipanti al gruppo effettuata rispetto alle loro caratteristiche precedentemente menzionate; in particolare viene sottolineata la necessità che tale selezione privilegi individui che maggiormente mostrano caratteristiche condivise piuttosto che significative differenze.

Altro elemento importante di un focus group è rappresentato dalla dinamica di gruppo che si deve venire a creare, che deve permettere di estendere la tipologia e migliorare l’ampiezza dei dati che si potranno raccogliere e che dovranno scaturire dall’interazione sociale tra i partecipanti. In un focus group condotto correttamente, in cui si instauri una proficua dinamica di gruppo, l’effetto sinergico generato nel gruppo permetterà infatti di evidenziare le differenze in atteggiamenti ed aspettative dei diversi gruppi, raccogliendo in generale dati più approfonditi e ricchi di quelli che si sarebbero ottenuti mediante l’utilizzo di interviste individuali (Thomas et al., 1995).

I focus group rappresentano uno strumento flessibile che è relativamente facile applicare ad indagine di tipo diverso ed in contesti differenziati. Tra gli altri vantaggi derivanti dall’utilizzo dei focus group si possono menzionare la possibilità di ottenere

informazioni da gruppi di persone in modo più rapido e meno costoso che mediante interviste individuali, l’interazione diretta con gli appartenenti ai gruppi (utile a chiarire eventuali incertezze, e, come detto, di verificare la consistenza delle risposte), l’osservazione delle cosiddette “risposte non verbali” trasmesse mediante la postura, il tono di voce ecc., la flessibilità del formato della discussione che lascia spazio per eventuali approfondimenti o allargamenti dell’obiettivo e per effettuare collegamenti, la facilità di comprensione delle risposte ottenute.

I focus group possono tuttavia comportare problemi, derivanti ad esempio dal fatto che i risultati possono sembrare “plausibili” in quanto derivanti da risposte “plausibili” dei partecipanti, dalle loro spiegazioni ed elaborazioni. Gli individui tendono a razionalizzare i loro comportamenti e a trovare coerenti i loro atteggiamenti; il moderatore potrebbe tuttavia tentare di verificare la effettiva plausibilità delle reazioni dei partecipanti, cercando di approfondire le affermazioni che appaiono superficiali. I risultati dei focus group, inoltre, come già ricordato non possono essere né estesi né proiettati sull’intera popolazione. Il numero complessivo di partecipanti non coinvolge un numero di persone sufficiente a tale scopo, né la strategia del campionamento sociologico dei gruppi conferisce un valore di tipo statistico. Va ricordato quindi che non si può ottenere un risultato statistico dai dati raccolti mediante l’utilizzo di questo tipo di strumento. E’ per questo motivo che i focus group vengono utilizzati quasi sempre in accompagnamento ad altri strumenti quantitativi: non permettono infatti di ottenere alcuna quantificazione, ma unicamente la spiegazione del ragioni (il “perché”) ed eventualmente la descrizione delle modalità (il “come”). Portando all’estremo queste considerazioni, Bezzi (2001) ridimensiona l’ampio interessamento, in alcuni casi superficiale, per questa metodologia, asserendo che “il focus non è una tecnica valutativa e i suoi risultati non possono costruire, di per sé un’informazione valutativa ricca e completa […]; il focus rappresenta più che altro per il valutatore un passaggio intermedio, a volte abbastanza utile ma da non sopravvalutare”. L’approccio cosiddetto della “triangolazione”, ovvero l’utilizzo di tecniche miste e l’integrazione tra loro di tecniche diverse (Parra Spiani, 2004), si è del resto fatto progressivamente strada, ed è ormai accettato e frequentemente consigliato, sia nella ricerca sociale sia nella ricerca valutativa, ed anche con riferimento a questo vale la pena di sottolineare l’importanza del contributo del focus group a entrambi i tipi di ricerca (sociale e valutativa), per la particolarità del contributo non comunque surrogabile con altre tecniche.