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Si ritiene utile a questo punto proporre un’analisi delle politiche di sviluppo locale al livello nazionale e locale. Per quanto riguarda il livello locale si è deciso di esemplificare l’analisi delle politiche con il caso dell’Emilia Romagna e le sue politiche di sviluppo territoriale.

Le nuove forme di aggregazione territoriale vengono stabilite con l’emanazione del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali”, attraverso il quale al territorio viene attribuito un maggiore ruolo, quello di propulsione, sviluppo e valorizzazione. Viene infatti modificato il ruolo degli enti locali, che devono essere fondati sul principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà viene ratificato al livello nazionale con la Legge 439/1989 e la Legge 142/1990, in seguito alla Carta Europea delle Autonomie Locali di Strasburgo del 15 ottobre 1985). Successivamente il Trattato di Maastricht definisce il principio e viene

inserito nel Trattato istitutivo dell’Unione Europea. Per esemplificare, è possibile fare riferimento alle comunità montane8: esse hanno l’obbligo di adottare piani pluriennali di opere ed interventi; i piani devono individuare tutti gli strumenti idonei ai fini di raggiungere gli obiettivi di sviluppo socioeconomico compresi gli obiettivi previsti al livello europeo, nazionale e regionale. Le finalità dei piani pluriennali di sviluppo sono rappresentate dal consolidamento e sviluppo delle attività economiche e nel miglioramento dei servizi. Oltre a questa finalità principale essi individuano le priorità di realizzazione degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale, l’uso delle risorse idriche, la conservazione del patrimonio monumentale, dell’edilizia rurale, dei centri storici, del paesaggio rurale e montano, da porre al servizio dell’uomo a fini di sviluppo civile e sociale (l’art. 28, D.Lgs. 267/2000).

Restando al livello nazionale, nel mese di giugno 2006, a partire dalla riforma della politica comunitaria di coesione, e dalle decisioni comuni dello Stato, Regioni ed Enti locali, in seguito alle intese sulle “Linee guida per l’elaborazione del Quadro

Strategico Nazionale 2007-2013” il Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e

Coesione del Ministero dello Sviluppo Economico, definisce il Quadro Strategico Nazione (QSN) per la politica regionale di sviluppo 2007-2013. A partire dall’esperienza realizzata precedentemente, nel periodo 2000 – 2006, si possono considerare le lezioni vissute al fine di perseguire le priorità strategiche e raggiungere i nuovi obiettivi stabiliti per il periodo 2007-2013. A questo proposito, all’art 27 del Regolamento generale sui Fondi Strutturali Europei è previsto quindi il QSN in seguito ad un percorso partenariale con lo scopo di definire degli indirizzi operativi ai fini di promuovere lo sviluppo. A questo proposito vengono stabilite due modalità di politiche, una ordinaria ed una regionale che condividono la loro attenzione sull’articolazione del territorio “nell’ambito di uno respiro strategico nazionale” (Cap. I, QSN). Le due modalità di politiche sono gestite dal Centro e dalle Regioni e hanno delle finalità e canali di finanziamento diversi; mentre le risorse dei bilanci servono per attuare la politica ordinaria, la politica regionale è finanziata da risorse diverse, aggiuntive, come quelle comunitarie (attraversi i Fondi Strutturali) e quelle nazionali (fondo di cofinanziamento nazionale ai Fondi strutturali). Attraverso questo documento vengono quindi stabilite le priorità, le regole e gli obiettivi della politica di sviluppo. La politica

8 Per una trattazione più ampia relativamente alle comunità montane, si veda il paragrafo 5.1.3. del

di sviluppo per il periodo 2007 – 2013, viene delineata nel QSN, in seguito ad un’analisi delle cause dei problemi sociali e produttivi del paese; la politica viene quindi orientata a partire dal primo e secondo memorandum sulla riforma della politica di coesione, in seguito alle conclusioni ministeriali sulla politica di coesione del 20 ottobre 2003 e dalle già menzionate “Linee guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale 2007- 2013” (Memorandum italiano sulla coesione economica e sociale, giugno 2001; Riforma della politica regionale di coesione comunitaria, dicembre 2002; “Linee guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013, approvate con intesa della Conferenza Unificata del 3 febbraio 2005; Delibera CIPE 77/2005 “Attuazione delle Linee guida per l’impostazione del QSN)”. Ai fini di raggiungere una migliore definizione della strategia nazionale di sviluppo, nel QSN vengono sottolineati gli aspetti più importanti sui quali indirizzare gli sforzi; uno degli aspetti più importanti, così come previsto nel documento QSN, è rappresentato dai quattro macro-obiettivi divisi in priorità tematiche; un primo macro-obiettivo è rappresentato dallo sviluppo dei circuiti della conoscenza, un secondo riferito alla crescita della qualità della vita, sicurezza e l’inclusione sociale, successivo riferito al potenziamento delle filiere produttive e dei servizi, ed in fine, l’ultimo è rappresentato dall’internazionalizzazione dell’economia, della società e delle Amministrazioni. Ai fini delle finalità della programmazione 2007-2013 e dei quattro macro-obiettivi vengono identificate a questo proposito dieci priorità tematiche che possono essere integrate nei macro-obiettivi come segue:

• Sviluppare i circuiti della conoscenza attraverso il miglioramento e la valorizzazione delle risorse umane (priorità n.1) promovendo, valorizzando e diffondendo la Ricerca e l’innovazione per la competitività (priorità n.2);

• Aumentare la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale attraverso l’uso sostenibile delle risorse (priorità n.3) e attraverso l’inclusione sociale, servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale (priorità n. 4)

• Aumentare le potenzialità produttive, dei servizi e la concorrenza valorizzando le risorse endogene del territorio (priorità n.5), creando delle network per la mobilità (priorità n.6), competitività dei sistemi produttivi e occupazione (priorità n.7) e attrattività delle città e sistemi urbani (priorità n.8);

• L’internazionalizzazione e la modernizzazione attraverso l’apertura internazionale e attraverso l’attrazione degli investimenti (priorità n.9) ed in fine la governance (priorità n.10).

Con riguardo al primo macro-obiettivo, “promozione dei circuiti della conoscenza” si ritiene utile sottolineare che include le prime due priorità; la prima “Miglioramento e valorizzazione delle risorse umane” destinata allo scopo di promuovere alti livelli di competenze, equità di accesso e rendere possibile un apprendimento continuo nella popolazione e la seconda “Promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e dell’innovazione per la competitività” che sancisce l’importanza del capitale umano nei processi innovativi.

Il secondo macro-obiettivo fa riferimento alla qualità della vita, alla sicurezza e all’inclusione sociale dei territori, obiettivi realizzabili attraverso le successive due priorità identificate, priorità n. 3 e 4: “Energia e ambiente: uso sostenibile e efficiente delle risorse per lo sviluppo” rispettivamente “Inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale” che dovrebbero realizzarsi attraverso l’impegno sul capitale umano coinvolto ed in possesso di un legame superiore alle iniziative territoriali di quanto coinvolto nel passato.

Il successivo macro-obiettivo riguarda il potenziamento delle filiere produttive, servizi e la concorrenza, intese come un obiettivo importante della politica regionale; tale azione intende perseguire diversi itinerari tenendo conto degli ambiti di intervento, dei territori, delle condizioni di contesto, dando importanza alla non-frammentazione eccessiva degli interventi allo scopo di ottenere impatti più rilevanti; all’interno di questo obiettivo si ritrovano quattro delle priorità menzionate: la priorità 5 “Valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l’attrattività per lo sviluppo”, valorizzando le risorse naturali e culturali endogene, la priorità 6 “Reti e collegamenti per la mobilità” con riferimento all’individuazione delle condizioni per la creazione delle network a diversi livelli e fra diversi attori, la priorità n. 7 “Competitività dei sistemi produttivi e occupazione” in sinergie con le priorità n. 2 (già precisata precedentemente) e priorità n. 8 (“Competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani”) allo scopo di raccogliere delle opportunità specifiche per un’integrazione migliore delle risorse umane, realizzazione di aggregazioni fra i soggetti presenti sul territorio anche attraverso lo sviluppo di servizi nella scienza e per le new technology.

L’ultimo macro-obiettivo individuato nel QSN, l’internazionalizzazione e la modernizzazione della società, dell’economia e dell’amministrazione rappresenta la condizione necessaria per “l’innesco di recuperi di produttività” (Cap.II, II.2.5. QSN); ai fini di promuovere l’offerta turistica di un territorio nasce la priorità n. 9 “Apertura internazionale e attrazione di investimenti e risorse”; per quanto riguarda il recupero

della produttività, il documento precisa che le politiche devono essere volte all’eliminazione delle carenze e all’aumento della qualità dei servizi pubblici, e vengono definite nella priorità n. 10: “Governance, capacità istituzionali e mercati concorrenziali ed efficaci”; a questo punto si rende utile menzionare che il QSN precisa che all’interno di ogni singola priorità si deve trovare la dimensione territoriale delle politiche regionale.

Nella Regione Emilia Romagna, attraverso la Legge Regionale 20/2000, all’art.26 si definisce il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e precisa lo strumento di pianificazione come caratteristica del territorio provinciale ai fini di definire l’assetto del territorio ed i piani di azione della programmazione regionale, ai sensi dell’art.26, comma 2; il PTCP quindi “recepisce gli interventi definiti a livello nazionale e regionale, relativamente al sistema infrastrutturale primario e alle opere rilevanti per estensione e natura; individua, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, ipotesi di sviluppo dell’area provinciale, prospettando le conseguenti linee di assetto e di utilizzazione del territorio; definisce i criteri per la localizzazione e il dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale; definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità delle singole parti e dei sistemi naturali ed antropici del territorio e le conseguenti tutele paesaggistico ambientali; definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie del loro uso, stabilendo le condizioni ed i limiti di sostenibilità territoriale ed ambientale delle previsioni urbanistiche comunali che comportano rilevanti effetti che esulano dai confini amministrativi di ciascun ente”. In particolare, con riguardo alle zone di montagna fin dall’inizio degli anni settanta, in Italia, con la Legge 3/12/1971 n. 1102 recante norme per lo sviluppo della montagna, si è istituito una nuova figura di soggetto di diritto pubblico: la comunità montana, in attuazione degli articoli 44 e 129 della Costituzione. Alla Comunità Montana viene attribuito il ruolo di valorizzazione del territorio montano, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione delle popolazioni residenti, predisponendo e attuando programmi di sviluppo e dei piani territoriali.

2.

La domanda di valutazione nell’evoluzione del