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I fondamenti di una morale laica

Il suicidio tra educazione morale e religiosa

3.1. I fondamenti di una morale laica

Una volta individuate le origini sociali del suicidio, Émile Durkheim sposta la sua attenzione sul problema morale che assume in larga parte caratteri pedagogici poiché investe il campo dell’educazione. Non a caso nel 1902-1903 egli conduce un Corso alla Sorbona su l’Educazione morale, comprendente venti lezioni di cui le prime due relative alla metodologia pedagogica. Si tratta di un’opera poi edita, che assume carattere importante nel contesto generale del pensiero di questo Autore che intende porre le basi di una morale interamente laica. Si tratta infatti di liberare la morale dagli influssi e dalle costanti “invadenze” della religione perché poi, in campo educativo, non si operino fusioni e confusioni di idee, ma ci si muova entro un campo unitario del quale siano stati delineati i principi fondanti.

Durkheim considera questa una pregiudiziale importante visto come ne consegua un modo nuovo di affrontare l’educazione morale su un piano interamente razionale. Non è questo un problema secondario, essendo Durkheim consapevole di quanto il tema dell’educazione morale si ponesse, nell’età a lui contemporanea, in condizioni di particolare urgenza. “Non v’è problema che si imponga oggi in modo più pressante all’attenzione del pedagogista”114

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Così separare la sfera della morale da quella della religione diventa una condizione preliminare dietro la tendenza allora prevalente a ricercare, anche nelle scuole, un’educazione morale prevalentemente laica, “con questo intendendo una educazione che si precluda ogni richiamo ai principi sui quali poggiano le religioni rivelate e che si basi esclusivamente su idee, sentimenti, e pratiche giustificabili con la sola ragione, insomma una educazione puramente razionalistica”115

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Affermazioni così decise erano destinate a provocare forti reazioni soprattutto per la volontà delle chiese di rivendicare un ruolo prioritario nell’educazione dei giovani, operando un connubio inscindibile tra religione e morale. Al contrario,

114 É. Durkheim, Il suicidio. L’educazione morale, op. cit., p. 467 115

60 Durkheim è convinto che non si possa parlare di educazione morale senza precisare entro quali confini essa debba muoversi, in quali condizioni si debba essere impartire per evitare che questa non esca da affermazioni generali vaghe e non razionali.

Le scuole pubbliche, secondo Durkheim, devono essere le custodi dell’indirizzo laico dello Stato poiché “qualsiasi cosa si faccia, esse sono il meccanismo regolatore dell’educazione generale e perciò dobbiamo occuparci proprio di queste e dell’educazione morale quale vi è e quale dovrebbe esservi intesa e praticata”116

. Pertanto, per Durkheim, è possibile un’educazione morale interamente razionale secondo un postulato che egli così enuncia: “Nulla vi è nel reale che consenta di essere considerato radicalmente refrattario alla ragione umana”117

. Durkheim sa bene che parlare di postulato in questo contesto può risultare assai improprio, tuttavia egli intende evidenziare come postulato fondamentale della scienza è che sia veramente possibile un’educazione morale razionale.

Interessa particolarmente al sociologo che non si faccia riferimento ai principi sui quali si fondano le religioni rivelate e invece ci si appoggi esclusivamente su idee, sentimenti e pratiche giudicabili dalla sola ragione e quindi un’educazione puramente razionalista. Questo non significa che sia sufficiente togliere dalla morale tutto quanto è religioso, senza magari aggiungere o trasformare nulla, poiché il rischio è quello di togliere dall’educazione morale anche gli elementi propriamente morali. In questo caso, secondo Durkheim, sotto il nome di morale razionale si troverebbe soltanto una morale impoverita e sbiadita.

Occorre allora, per scongiurare tale pericolo, ricercare, nel seno delle concezioni religiose, le realtà morali in esse presenti, tuttavia spesso dissimulate o disperse; bisogna scoprirle, trovare in cosa esse consistano, determinare la loro natura per esprimerla in un linguaggio razionale. Servono dunque sostituti razionali delle nozioni religiose che, fino ad oggi, sono servite come mezzo di diffusione delle principali idee morali.

Di fatto, per Durkheim, si stava delineando una scienza vera e propria, impegnata a trattare i fenomeni della vita morale come fenomeni naturali e,

116 Ibidem 117 Ivi, p. 468

61 dunque, razionali. “Ora, se la morale è cosa razionale, se essa non pone in atto che idee e sentimenti derivanti dalla ragione, perché mai dovrebbe essere necessario, per fissarla nelle menti e nei caratteri, ricorrere a procedimenti che sfuggano alla ragione?”.118

Così un’educazione puramente razionale non solo diventa possibile, ma è anche imposta dall’evoluzione storica, essendo il risultato di un lungo cammino di cambiamento e di sviluppo, poiché ormai da secoli l’educazione, secondo Durkheim, è andata laicizzandosi. Sostiene egli in merito: “Si è detto talora che i popoli primitivi non avevano morale. Era un errore storico: non vi è popolo che non abbia la sua morale, senonchè la morale delle società inferiori non è la nostra. La caratterizza precisamente il fatto di essere essenzialmente religiosa”119. Con questo Durkheim intendeva evidenziare come, su tale base, i doveri più importanti non possano essere quelli che gli uomini hanno verso gli altri uomini, quanto piuttosto quelli che si hanno verso Dio, per cui

principale dovere non è quello di rispettare il prossimo, di aiutarlo, di assisterlo, ma di compiere con precisione i riti prescritti, di dare agli Dei ciò che è loro dovuto e, all’occorrenza, anche di sacrificarsi alla loro gloria. La morale umana si riduce allora a pochi principi la cui violazione è scarsamente repressa e che si collocano alle soglie della morale120.

Durkheim fa l’esempio dell’educazione morale in Grecia, ma anche presso altri popoli, laddove l’educazione morale aveva come oggetto principale quello di insegnare all’uomo la maniera di comportarsi verso gli esseri religiosi. Tuttavia sono state talvolta proprio le religioni, come il cristianesimo, ad accelerare un processo di maggiore attenzione alla solidarietà verso gli uomini, voluta proprio dalla morale cristiana. “Religione essenzialmente umana, che fa morire il suo Dio per la salvezza dell’umanità, il cristianesimo professa che il principale dovere dell’uomo verso Dio è di compiere verso i suoi simili i propri doveri di uomo”121

. Questo si accentua in altre confessioni religiose; così, ad esempio, con il protestantesimo diminuisce la parte dedicata ai riti, al culto, per cui l’autonomia della morale diventa ancora più forte. Sono insomma le religioni stesse, in taluni

118 Ivi, p. 469 119 Ibidem 120 Ibidem 121 Ivi, p. 470

62 casi, a rendere più rapido il processo di laicizzazione della morale. Per Durkheim addirittura “basterebbe insegnare l’antica morale dei padri senza ricorrere a nozioni religiose. In realtà il compito è ben più complesso”122

. Non ci si può infatti limitare a una semplice eliminazione della componente religiosa, poiché in realtà occorre una trasformazione profonda. Nella religione Dio, centro della vita religiosa, costituisce anche il garante dell’ordine morale, poiché i doveri religiosi e quelli morali sono comunque doveri e quindi pratiche moralmente obbligatorie.

Durkheim può dunque affermare che “se per razionalizzare la morale e l’educazione morale, ci si limita a togliere dalla disciplina morale quanto vi è di religioso, non sostituendovi niente, ci si espone inevitabilmente, o quasi, a sottrarvi nel contempo elementi propriamente morali”123

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Durkheim può allora concludere che, per laicizzare l’educazione morale, “non è sufficiente scartare, occorre sostituire. Occorre scoprire quelle forze morali che gli uomini non hanno finora imparato a raffigurarsi se non in forma di allegorie religiose; occorre sprigionarne i simboli, presentarli, per così dire, nella loro nuda razionalità e trovare il modo di far sentire al bambino la loro realtà senza ricorrere ad alcun intermediario mitologico”124

.

Dunque l’educatore che voglia razionalizzare l’educazione, non può limitarsi a commentare la vecchia morale dei padri, al contrario aiutare i giovani ad acquisire consapevolezza dell’ideale nuovo a cui essi tendono, anche se senza molta chiarezza, per orientarle in tale direzione. È allora un ideale a cui tendere la base di un’educazione morale laica, che solleciti i giovani a rispettare i propri doveri, a tener sempre conto della presenza degli altri, senza alcuna ingerenza della religione.

Durkheim avverte così il problema della morale come elemento imprescindibile di un più vasto discorso di tipo sociologico, che voglia dare risposta alla crisi che egli già avvertiva con forza nella società francese in particolare, ma più in generale negli Stati occidentali, sia dopo gli eventi francesi legati all’ affare Dreyfus, sia per le complesse dinamiche che si avvertivano nel rapporto tra le classi sociali e a cui il maxismo aveva cercato una risposta radicale.

122 Ivi, p. 471 123 Ivi, p. 472 124 Ivi, pp. 473-474

63 Durkheim, che intende studiare i fatti sociali nella loro immediata concretezza, guarda in maniera globale alle modalità in cui sia possibile inserire i conflitti di classe entro un quadro unitario in cui la morale acquisti un ruolo determinante per far fronte a quei problemi di anomia che egli, ne Il suicidio, aveva individuato come causa sostanziale dell’aumento progressivo del fenomeno dei suicidi. Si avverte in lui l’impegno a razionalizzare costantemente le problematiche sociali, così da dare risposte operative a condizioni di estrema difficoltà presenti in vari Stati europei, a cominciare proprio dalla Francia.

Se allora i conflitti sociali dell’epoca lo spingono ad analizzare la divisione del lavoro, l’affare Dreyfus e la lotta tutta francese per l’insegnamento laico lo portano a riflettere sul ruolo sociale delle religioni, ma soprattutto a prospettare la possibilità concreta, storicamente motivabile, di una morale laica.

Secondo Durkheim, è l’aumento dei suicidi in epoca a lui contemporanea a dare comunque testimonianza della crisi in atto, visto come egli affermi che l’organizzazione sociale debba essersi profondamente alterata se, nel corso del secolo XIX, si è determinato un innalzamento significativo del tasso dei suicidi.

Nelle Lezioni di sociologia egli addirittura sostiene che “in meno di cinquanta anni, essi si sono triplicati, quadruplicati, quintuplicati a seconda dei Paesi”125.

Durkheim ha allora il merito, come afferma Marina Cedronio, “di aver cercato nella società e nelle sue contraddizioni l’origine dei conflitti della personalità individuale e di aver sottolineato la responsabilità sociale nella formazione di fenomeni di devianza quali il suicidio, la criminalità e la violenza”126. Non si può dimenticare come, per Durkheim, le trasformazioni rapide, che hanno generato la condizione di anomia, siano riconducibili intanto alla formazione della grande industria, che ha modificato le tecniche e i rapporti di lavoro, insieme all’attenuarsi di ideali religiosi e alla crisi delle comunità tradizionali, che hanno quasi abbandonato l’individuo all’indifferenza e all’egoismo.

È stata poi l’abolizione delle corporazioni, ad opera della Rivoluzione francese, ad aver generato i conflitti di classe isolando l’operaio. Da qui l’esigenza di una rifondazione morale della società francese, di una morale che sia avvertita

125

F. Callegaro, N. Marcucci (a cura di), Lezioni di sociologia. Per una società politica giusta, Orthotes, Nocera Inferiore, 2016, p. 113

126

64 come esigenza, ma anche una costrizione da parte della società nell’intento di determinare la solidarietà sociale tra individui e classi, in una sorta di forte interdipendenza, come garanzia di un superamento dei conflitti, tanto da attribuire all’educazione un ruolo determinante.

Afferma ancora Marina Cedronio: “La solidarietà, la cooperazione sono nello stesso tempo un dato di fatto e un ideale da raggiungere superando il momentaneo stato di crisi e mettendo in ombra sia le teorie della lotta per l’esistenza che quelle della lotta di classe”127

.

Il ruolo della scienza sociale è quello di produrre dunque modelli culturali e la solidarietà, in questo senso, diventa una tendenza implicita nello sviluppo delle società industriali, ma al tempo stesso una realtà da costruire così da orientare la morale pubblica. Da qui l’interesse di Durkheim per una morale laica legata all’educazione, nella consapevolezza di quanto occorra formare i giovani al principio della solidarietà sentito come un dovere e al tempo stesso un obiettivo da conseguire entro una società a cui spetta il compito di fornire regole morali. In questo senso Durkheim ben esprime una tendenza comunque diffusa nella società francese a cui egli lega l’esigenza di una grande rivoluzione pedagogica, quando afferma: “ Si è deciso di dare ai nostri figli, nelle scuole, una educazione morale prettamente laica, con questo intendendo un’educazione che si precluda ogni richiamo ai principi sui quali poggiano le religioni rivelate e che si basi esclusivamente su idee, sentimenti, e pratiche giustificabili con la sola ragione, insomma un’educazione puramente razionalistica”128

. Durkheim sapeva che un’idea di questo genere avrebbe turbato abitudini e concezioni radicate, ma era altrettanto consapevole della necessità di un rinnovamento dei procedimenti educativi, ben al di là dei problemi che essi avrebbero generato. Continuava infatti in questi termini:

Parlare di educazione morale senza precisare in quali condizioni essa va data, sarebbe condannarla in partenza a non uscire dalle generalità vaghe e prive di portata. Non è nostro compito cercare quale debba essere l’educazione morale per l’uomo in genere, ma per gli uomini del nostro tempo e Paese. Ora, la maggior parte dei nostri ragazzi si forma nelle scuole pubbliche, le quali debbono essere le custodi per eccellenza del nostro tipo nazionale; qualsiasi cosa si faccia,

127 Ivi, p. 34

65 esse sono il meccanismo regolatore dell’educazione generale e perciò dobbiamo occuparci proprio di queste e dell’educazione morale quale vi è e quale dovrebbe esservi intesa e praticata129.

È d’altra parte lo stesso sviluppo storico, secondo Durkheim, a rendere possibile un’educazione puramente razionale, che non può ridursi a togliere quell’aspetto religioso che è stato per secoli strettamente connesso alla morale, poiché occorre al contrario dare fondamenti razionali alla morale e quindi operare una sostituzione profonda. Per questo Durkheim si impegna a individuare le componenti di una morale realmente laica, avendo a disposizione una scienza, la Sociologia, che intende appunto trattare i fenomeni della vita morale quali fenomeni naturali, quindi razionali. Occorre sempre ricorrere a procedimenti che si avvalgono della ragione.

Secondo Durkheim dunque il principio razionalistico “nega che si abbia il diritto di considerare una qualsiasi parte della realtà, una qualsiasi categoria di fatti come invincibilmente irriducibili al pensiero scientifico, come irrazionali per essenza”130

.

Il progredire della scienza è insomma inarrestabile, essendo impossibile fissare un punto oltre il quale la spiegazione scientifica diventerebbe impossibile. Questo allora vale anche per i fenomeni morali. Si tratta così di procedere razionalmente individuando i tratti che costituiscono la morale laica dando poi all’educazione il compito di formare giovani in grado di tendere a un obiettivo, a un ideale morale di tipo razionale. Questo presuppone la laicizzazione dell’educazione morale stessa ma,

non è sufficiente scartare, occorre sostituire. Occorre scoprire quelle forze morali che gli uomini non hanno finora imparato a raffigurarsi se non in forma di allegorie religiose; occorre sprigionarne i simboli, presentarli, per così dire, nella loro nuda razionalità e trovare il modo di far sentire al bambino la loro realtà senza ricorrere ad alcun intermediario mitologico. A questo dobbiamo innanzitutto dedicarci se vogliamo che l’educazione morale, diventando razionale, produca ugualmente tutti gli effetti sperati131.

Se la morale è strettamente connessa al tipo di organizzazione sociale, da qui occorre muovere per determinare i nuovi fondamenti della morale stessa. “Le stesse cause che hanno reso necessaria l’istituzione di una morale e di

129 Ivi, pp. 155-156

130 É. Durkheim, Il suicidio. L’educazione morale, op. cit., p. 468 131 Ivi, pp. 473-474

66 un’educazione laica sono troppo connesse a quanto vi è di più fondamentale nella nostra organizzazione sociale perché non ne vengano influenzati la materia stessa della morale e il contenuto dei nostri doveri”132

.

Secondo Durkheim, il razionalismo, come fondamento di una nuova morale, è però un aspetto dell’individualismo, quello intellettuale; così “ogni sviluppo dell’individualismo produce l’effetto di aprire la coscienza morale a idee nuove e di renderla più esigente”133

. Questo si risolve in un’accentuazione del valore della dignità umana, la quale porta a rifiutare come ingiuste certe relazioni sociali che, per lungo tempo, non sono state avvertite come tali.

L’ingiustizia è irragionevole e assurda e, di conseguenza, diventiamo tanto più sensibili quanto più sensibili siamo ai diritti della ragione. Non può perciò verificarsi un qualsiasi progresso dell’educazione morale nel senso di una maggiore razionalità senza che, nel contempo, non si facciano luce tendenze morali nuove, senza che si desti una maggiore sete di giustizia, senza che la coscienza pubblica non avverta il lavorio di oscure aspirazioni134.

Compito degli educatori è allora quello di aiutare i giovani ad acquisire consapevolezza dell’ideale nuovo a cui essi, in maniera ancora confusa, sentono di tendere ed è compito dell’educazione morale quello di aiutarli a prendere tale coscienza e agire conseguentemente. Da questo deriva, per Durkheim, la salute morale della società:

Perché una grande Nazione sia veramente in stato di salute morale non basta che la generalità dei suoi membri abbia un sufficiente distacco per gli attentati più grossolani, per gli omicidi, i furti, le frodi di ogni genere. Una società in cui gli scambi avvenissero pacificamente, senza conflitti di sorta, ma che non avesse niente più, non godrebbe ancora che di una mediocre moralità. Occorre in più che essa abbia dinanzi a sè un ideale cui tendere. Occorre che essa abbia qualcosa da fare, qualche bene da realizzare, qualche contributo originale da recare al patrimonio morale dell’umanità135

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