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Il significato del dovere e del bene

Il suicidio tra educazione morale e religiosa

3.3. Il significato del dovere e del bene

Per Durkheim c’è un diverso modo di intendere il rapporto tra le parole dovere e bene. Il primo è la morale che comanda, quindi una sorta di autorità a cui dobbiamo necessariamente obbedire, mentre il bene è la morale sentita come cosa buona, che stimola il desiderio e attira la volontà. Questo significa che il dovere indica la società impegnata a imporre regole e quindi tale da assegnare limiti alla natura umana, invece il bene è la società intesa come realtà alla quale ci sentiamo necessariamente portati ad aderire, derivandone poi un arricchimento personale.

Dunque, per Durkheim, la morale si presenta con un duplice aspetto, sia in quanto legislazione che esige una totale obbedienza, sia in quanto ideale molto alto al quale la sensibilità umana aspira senza costrizioni. Ciò vuol dire che, fin dall’infanzia, occorre non parlare di cose astratte, quanto piuttosto dare a queste parole un significato concreto, quindi mettere il bambino a diretto contatto con la cosa a cui si richiamano queste stesse parole.

Bisogna che sia la scuola a dare il senso operativo del dovere e del bene, che sono in realtà, per Durkheim, elementi tra loro inseparabili, non opposti l’uno all’altro, al contrario tali da essere uno di supporto all’altro. Infatti la società comanda perché sta al di sopra del singolo individuo ma, pur essendo tale, essa fa parte della vita quotidiana dell’uomo, attira verso di sé visto come i fini morali abbiano una loro attrattiva. Non c’è allora bisogno di far derivare il bene dal dovere o viceversa, trattandosi di due modi di guardare alla società stessa nei suoi diversi aspetti visto come, nella direzione del dovere, essa si presenti come una

76 forza che detta legge; nel secondo caso è sempre e comunque la società a presentarsi come un’entità da amare alla quale ciascun individuo si dona.

A seconda che l’azione nostra venga determinata dall’una o dall’altra rappresentazione, noi agiamo per rispetto del dovere o per amore del bene. Siccome non possiamo probabilmente mai raffigurarci la società sotto uno di quegli aspetti a completa esclusione dell’altro, siccome non possiamo mai separare radicalmente due aspetti di una sola e medesima realtà […], non agiamo mai del tutto per puro dovere, né mai completamente per puro amore dell’ideale; in pratica, uno di quei sentimenti accompagna sempre l’altro, anche se a titolo ausiliare o complementare162.

Durkheim sottolinea come la maggior parte degli uomini non faccia mai il proprio dovere soltanto perché si tratta di un dovere, ma senta, percepisca che l’atto prescritto ha in sè qualcosa di buono. Questo non significa che dovere e

bene non siano cose diverse, ma sono aspetti diversi di una società senza la quale

il soggetto non può vivere. Così anche per la società succede quanto accade per gli individui, poiché anche in essa domina ora l’uno ora l’altro dei due elementi, il

bene o il dovere e “a seconda che sia l’uno o l’altro a dominare, la vita morale

muta aspetto”163

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Cambiando i tempi, c’è bisogno sempre e comunque di una società che dia regole, ma al tempo stesso faccia percepire all’individuo valori e fini morali a cui sentire il bisogno di rivolgersi. Perché una società sia moralmente giusta e perché si possa parlare di moralità, c’è sempre bisogno di un obiettivo e di un ideale a cui aderire e rivolgersi, “in una parola, lo spirito di sacrificio e di abnegazione che diventa la risorsa morale per eccellenza”164

.

Vivendo Durkheim in un momento particolarmente critico della storia francese, egli ha ben chiaro come la forma tradizionale, in cui la disciplina collettiva è stata applicata, non sia in grado di aiutare gli individui a indirizzarsi verso una società più giusta. Sembra a Durkheim che la disciplina sociale abbia perso gran parte della propria capacità coercitiva, ma evidentemente c’è bisogno di prospettare nuovi ideali a cui la società intera e ciascun individuo possano indirizzarsi.

In sostanza, per Durhkeim, compito della morale diventa quello di alimentare la fede in un ideale comune; nuove idee di giustizia e di libertà potranno

162 Ivi, p. 549 163 Ivi, p. 550 164 Ivi, p. 551

77 contribuire al cambiamento della società e a allora è l’educazione ad essere direttamente chiamata in causa perché questi principi di giustizia e di solidarietà siano amati dai bambini, senza suscitare in loro alcun sentimento di rabbia contro le Istituzioni del passato. Durkheim sa come questo compito non sia di facile attuazione, ma il primo passo da compiere è quello di scindere la morale dalla religione, che invece per tanto tempo ha legato la morale a un’entità trascendente.

Ciò non è più possibile, tanto da dare forte concretezza alle norme morali quando si arrivi a comprendere che l’obbligo morale ha un fondamento nella realtà, senza doversi affidare a un’autorità superiore e trascendente.

Così la morale assume un valore razionale che la libera da ogni immobilismo alla quale era stata condannata fino al momento in cui ha poggiato su basi religiose. La morale è invece qualcosa che si evolve in continuazione e quindi si trasforma con lo sviluppo della società stessa. Non si può dunque affermare che essa sia soltanto un sistema di norme esterno all’individuo e a lui imposte dall’esterno; questo si può soltanto a condizione di rilevare come ciò sia possibile per la forza attrattiva e quindi per l’ascendente che c’è in loro. Essa dunque, mentre ci costringe perché in qualche misura ci domina, al tempo stesso attira la volontà di ciascuno, perché, pur dominandoci, al tempo stesso ci penetra. Ciò sta a dimostrare come fondamentalmente la nostra volontà sia autonoma pur sempre entro un insieme di norme che ci vengono date dall’esterno. “Da un lato le norme morali ci appaiono, in tutta evidenza, come esterne alla volontà; esse non sono opera nostra e, di conseguenza, conformandosi a loro, obbediamo a una legge che non abbiamo fatto. Subiamo una costrizione che, pur essendo morale, non è per questo meno effettiva”165

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Se dunque, da un lato, la moralità sociale è costrittiva, dall’altro, ha però in sè una forza di attrazione, data dal bene che essa comporta sia per i singoli sia per la società intera. Da qui la necessità di un’opera educativa che faccia incontrare costantemente i bambini con i valori, i principi, gli ideali che hanno comunque una rispondenza nella loro vita quotidiana.

78 Sostiene in merito Durkheim: “Possiamo certo costringere il fanciullo materialmente, dal di fuori, a compiere certi atti, ma la molla della sua vita interna ci sfuggirà. Avremo allora un ammaestramento, non un’educazione”166

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In questo modo il sociologo dimostra di aver ben individuato non soltanto i principi costitutivi della moralità, ma di aver strettamente correlato la morale alla società e all’educazione e questo rimanda alla necessità, in campo educativo, di non ricorrere agli strumenti delle punizioni e delle ricompense, quanto piuttosto a situazioni concrete in cui i bambini abbiano modo, molto presto, di sperimentare l’importanza dell’ubbidienza alle regole perché sentite come necessarie, utili al bene comune.