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MLBO ILLECITO

1.6.3 La tesi formalistica

L’opinione dottrinale cd. formalistica, viceversa, sosteneva che l’operazione di LBO non violasse né direttamente né indirettamente il disposto dell’art. 2358 c.c. e, di conseguenza, fosse pienamente lecita ed ammissibile.

Varie sono le argomentazioni addotte da questo filone dottrinale a sostegno della liceità del LBO. La prima, consiste nella semplice constatazione che il caso più semplice di

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La contrapposizione ricalca quella esistente in dottrina fra concezione oggettiva e concezione soggettiva del negozio in frode alla legge. Mentre alcuni intendono la “frode alla legge” come oggettivo perseguimento di un fine vietato attraverso l’indiretta violazione di una disposizione, senza che sia rilevante il motivo soggettivo, per altri vi è la “frode alla legge” solo in presenza dell’intenzione del soggetto di sfuggire all’applicazione di una disposizione imperativa. Per una soluzione intermedia, F. Carresi, Il contratto, 1987, secondo il quale l’art. 1344 c.c. è diretto ad ampliare la nozione di contrarietà alla legge, ricomprendendo anche i contratti che giungono ad un risultato analogo a quello vietato dalla legge. E’ evidente che, accogliendo la teoria soggettiva, diventa più difficile dimostrare l’illiceità delle operazioni di MLBO, posto che occorrerebbe dimostrare la sussistenza dell’intento elusivo sia in capo alla newco sia in capo alla target.

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LBO non è certamente contemplato dalla formulazione letterale dell’art. 2358 c.c.: l’operazione di LBO, infatti, non comporta un acquisto di azioni proprie da parte della target, né questa accorda alcun prestito o fornisce garanzie per favorire l’acquisto della azioni proprie. Inoltre, nella prima fase del LBO, quando la newco si indebita per finanziare l’acquisizione della target, abbiamo che:

 la target è totalmente estranea sia al rapporto tra newco ed i suoi azionisti, sia al rapporto tra newco e gli enti finanziatori (la target infatti potrebbe essere anche ignara dell’operazione e, comunque, non assumere alcuna deliberazione);

 la target non fornisce alcun prestito e/o garanzia, né prima né contemporaneamente all’acquisto delle proprie azioni. Le garanzie, infatti, sono concesse dalla newco;

 è vero che i finanziatori concedono il prestito alla newco in previsione della fusione e del fatto che questo prestito sarà in futuro garantito da beni della target, ma si tratta di una garanzia generica ed ipotetica (all’atto del finanziamento i beni della target non sono ancora della newco ed i finanziatori rischiano che l’operazione non si realizzi) e non già una garanzia specifica, come quella richiesta dall’art. 2358 c.c. per l’integrazione del comportamento (vietato) di assistenza finanziaria30.

Sempre la dottrina a favore della tesi formalistica rileva, inoltre, che neppure nella seconda fase del LBO (ossia nel momento dell’acquisizione) la target delibera alcunché a favore dei finanziatori; l’assunzione del debito della newco da parte della società risultante dalla fusione è, infatti, soltanto uno degli effetti riconnessi alle operazioni di fusione. Quanto al presunto aggiramento dello scopo dell’art. 2358 c.c., questo non sussiste. Infatti, dato che l’operazione di MLBO non è sul capitale della target, il quale non viene intaccato, inoltre non c’è cambio di maggioranze nel capitale sociale della target, bensì cambio di proprietà, infine non c’è intervento degli amministratori della target nell’operazione31.

Dunque, non c’è alcun negozio che possa qualificarsi come fraudolento poiché non esiste un accordo che abbia come partecipanti sia la newco, che la target ed i

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“il divieto di assistenza finanziaria posto dall’art. 2358 c.c. è riferibile solo alle garanzie in senso tecnico concesse dalla società. Non è per contro applicabile alle operazioni nelle quali il patrimonio della società viene solo di fatto utilizzato per garantire un finanziamento per l’aquisto delle azioni della stessa.”

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A. Morano, Liceità o illiceità del leveraged buy out?, in Le Società, 1992, evidenzia come nella prassi normalmente al momento dell’acquisto si verificano le dimissioni dell’intero organo amministrativo, rappresentativo dell’organo cedente.

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finanziatori, ed, inoltre, prefiguri il risultato finale dell’operazione. Di conseguenza il MLBO classico, si compone di singoli negozi perfettamente leciti e non configura né una violazione diretta né una violazione indiretta dell’art. 2358 c.c..

L’unica attività compiuta dalla target nell’ambito dell’intero procedimento è la fusione per incorporazione della newco (mentre, si ribadisce, prima della fusione non c’è alcun atto negoziale della target); ma, secondo la dottrina formalistica, i motivi della fusione restano irrilevanti e insindacabili, con la conseguenza che la fusione non può essere considerata un negozio in frode alla legge, in quanto non configura la costituzione di una garanzia da parte della target a favore della newco. Inoltre, l’imputazione del debito della società incorporante nel patrimonio della società incorporata, che viene a scomparire come elemento autonomo, è una mera conseguenza naturale ed imprescindibile della fusione32.

Infine, la stessa cronologia dell’operazione di LBO la renderebbe difficilmente riconducibile allo schema previsto dal divieto, che presuppone un atto della target che preceda o sia almeno contestuale all’operazione di prestito. Infatti, se pure la fusione costituisse un’indiretta concessione di garanzia, tale garanzia opererebbe dopo che le azioni della target sono state acquistate, e sarebbe, dunque, per questo dato temporale, fuori dalla fattispecie dell’art. 2358 c.c.33. Quanto ai soci di minoranza ed ai creditori, essi non necessitano della tutela dell’art. 2358 c.c., sono tutelati dalla disciplina sulla congruità del rapporto di cambio in materia di fusioni., e qualora i soci di minoranza fossero pregiudicati da un rapporto di cambio incongruo, approvato dalla maggioranza con l’unico scopo di danneggiare la minoranza della target, sarebbero legittimati ad esperire l’azione di annullamento della delibera di fusione per abuso della maggioranza34. I creditori, invece, al fine di evitare possibili pregiudizi derivanti dalla fusione, possono proporre opposizione alla fusione medesima. Il conflitto di interessi tra

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Leveraged buy out: non è fuori legge, in Corriere giur., 1992; A. Gambino, Intervento, in AA.VV., Il leveraged buy

out in Italia, in Dir. Fall., 1990, I, per il quale il risultato della fusione non è l’assistenza finanziaria della società

incorporata, bensì “quello diverso della compenetrazione di due patrimoni e quindi, semmai, in senso atecnico,

quello dell’acquisto del patrimonio della società bersaglio da parte della società incorporante”.

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Al riguardo, si nota che mentre parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che possa rientrare nel divieto normativo solo l’assistenza finanziaria effettuata prima dell’acquisto delle azioni proprie, altra parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che il criterio temporale non sia decisivo, nel senso che rientra nell’ambito del divieto anche l’assistenza finanziaria che si manifesta dopo l’acquisto delle azioni, qualora venga accertato che l’operazione era stata programmata preventivamente in funzione dell’acquisto stesso.

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Dal punto di vista operativo, grave ostacolo all’onere probatorio del socio attore sarà dato da un corretto utilizzo da parte della società degli strumenti di garanzia imposti dal legislatore, soprattutto in relazione alle ragioni giuridica ed economiche sottostanti alla fusione stessa, ed alla motivazione dei criteri adottati per fissare il rapporto di cambio. Si segnala inoltre che, sebbene la figura dell’abuso di potere sia stata più volte richiamata dalla giurisprudenza, assai limitati sono stati i casi in cui in concreto l’abuso di potere sia stato riconosciuto come causa di annullamento della delibera assembleare.

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soci e società in relazione alla delibera di fusione diretta non è configurabile, neanche nell’ipotesi di LBO in cui il socio di maggioranza (newco) abbia nel proprio patrimonio, oltre alla partecipazione nella target, anche il debito contratto per procedere all’acquisizione e sia quindi portatore di un interesse proprio alla fusione, in possibile contrasto con l’interessi degli altri soci di minoranza della target. In tal caso, infatti, non vi è tanto un conflitto fra l’interesse della newco e l’interesse della target, bensì tra l’interesse del socio di maggioranza e quello dei soci di minoranza della target. Tuttavia, tale fattispecie non rientra nella disciplina del conflitto di interessi di cui all’art. 2373 c.c. che presuppone, piuttosto, un contrasto tra l’interesse facente capo personalmente ai soci che abbiamo espresso in assemblea un voto determinante, e l’interesse facente capo alla società35

. Inoltre, se vi fosse un conflitto di interessi, qualsiasi deliberazione del nuovo socio di controllo della target sarebbe impedita e la maggioranza ne risulterebbe paralizzata. Per quanto concerne, infine, il presunto accollo del debito contratto per l’acquisizione, questo si ritiene insussistente perché la target si estingue quando avviene l’accollo. Dunque non c’è prestazione di garanzia, in quanto la garanzia non è specifica sui beni aziendali della target bensì è genericamente costituita dal patrimonio della target medesima.