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Le forme dichiarative nell’opera di V Chlebnikov: tratti generali

III. FORME DICHIARATIVE

III.1 Considerazioni preliminari

III.1.2 Le forme dichiarative nell’opera di V Chlebnikov: tratti generali

Nel caso di Chlebnikov, il numero dei testi riconducibili a questo genere ‘dichiarativo’, stando alla categorizzazione adottata nell’edizione critica di più recente pubblicazione,

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ammonta a più di trentacinque. Come abbiamo già anticipato, le opere sono divise nelle categorie di individual’nye e kollektivnye.53 A tale proposito, è necessario precisare che

nel novero del secondo gruppo rientra gran parte dei testi più noti, già oggetto dell’analisi degli chlebnikovedy negli ultimi decenni, proprio perché si tratta di manifesti programmatici concepiti in seno alla corrente cubo-futurista: si consideri il caso di Slovo

kak takovoe e Bukva kak takovaja (1913), che portano sia la firma di Kručenych, sia quella

di Chlebnikov.

Tuttavia, è opportuno ricordare che Chlebnikov cominciò a cimentarsi nella composizione di testi simili ben prima dell’esperienza cubo-futurista, con il Vozzvanie

učaščichsja slavjan,54 pubblicato in forma anonima nell’ottobre del 1908. La datazione è

importante poiché permette di affermare che Chlebnikov aveva già dimestichezza con questo genere di testi, ben prima che il marinettiano Le Futurisme (1909) assurgesse a modello universale per la composizione dei manifesti d’ambito artistico-letterario, e in largo anticipo rispetto alla diffusione in Russia dei manifesti del futurismo italiano. Dal 1908 in poi, la composizione di forme testuali di questo tipo si distribuisce per tutto l’arco della sua carriera di autore. La maggior parte dei testi che sono stati catalogati come

Vozzvanija dai curatori di SS non venne in realtà pubblicata quando Chlebnikov era

ancora in vita: ad esclusione dei manifesti ‘collettivi’ e di un numero relativamente esiguo di opere individuali,55 una buona parte dei restanti scritti rimase inedita fino alla

pubblicazione della prima edizione critica SP, mentre altri ancora sono stati individuati in tempi più recenti.

Va inoltre menzionato il carattere sfuggente di alcune delle opere in prosa

nechudožestvennaja, che ha condizionato inevitabilmente le scelte di categorizzazione

per genere letterario presenti in SS. A questo proposito sono esemplari i casi di My i doma

53 Cfr. SS, I, p. 435 e SS, VI.1, pp. 444-446. Si tenga conto che in SS nella categoria dei kollektivnye non

rientrano esclusivamente manifesti o vozzvanija, ma anche opere di diverso genere, come saggi d’argomento scientifico o articoli, la cui composizione, oltre che a Chlebnikov, è stata attribuita anche ad altri autori.

54 Opera nota anche con il titolo di Vozzvanie k slavjanam.

55 In ordine cronologico di pubblicazione, citiamo le opere riportate nella sezione dei testi dichiarativi di

SS: I) Manifesti collettivi – Poščečina obščestvennomu vkusu (1912); Slovo kak takovoe (1913); Bukva kak takovaja (1913); Idite k čertu (1914); II) Opere individuali – Vozzvanie učaščichsja slavjan (1908); Vmesto predislovija (1914); Rjav o železnych dorogach (1914); Predloženija (1915); Truba marsian (1916); Pis’mo dvum japoncam (1916); Ljalja na tigre (1918); My, predsedateli zemnogo šara (1918); Ljud i lad (1922); Prikaz predzemšarov (1922); Predskazanija (1922).

45 (<1915>/1930) e Chudožniki mira! (<1919>/1928): trattandosi di testi scritti in una forma ibrida tra il saggio e il manifesto, il primo è stato incluso nella categoria dei Vozzvanija verosimilmente per la definizione di kričal’ che Chlebnikov stesso ne diede nel sottotitolo,56 nonostante sia un testo molto corposo per dimensione e presenti

un’esposizione in una prosa più affine alla produzione saggistica; il secondo, che approfondiremo nel capitolo successivo, è stato invece ricondotto alla diversa categoria di ‘Stat’i’, pur contenendo elementi stilistici e retorici che permetterebbero di congetturare una sua eventuale vicinanza al genere dichiarativo.

In riferimento alla frequenza che questo tipo di testi ha nel corpus chlebnikoviano, si può parlare di una presenza continuativa, anche se irregolare: la composizione di manifesti collettivi (in cui l’apporto di Chlebnikov è comunque da valutare), concepiti in occasione delle collettanee dei gruppi futuristi, si interruppe nel dicembre 1913 con la pubblicazione di Idite k čertu,57 posto in apertura all’almanacco Rykajuščij Parnas. Tra il gennaio e il

febbraio 1914 Marinetti tenne alcune conferenze in Russia, e la calorosa accoglienza riservata da alcuni degli esponenti dei gruppi futuristi russi al fondatore del movimento italiano suscitò sdegno in Chlebnikov, «che rimase adamantino nel suo antioccidentalismo» (Markov: 1973, 149-150). Per questo motivo, con la lettera aperta

Bezdarnyj boltun! (2 febbraio 1914) indirizzata a Marinetti, il poeta ruppe con i sodali di

Gileja,58 e successivamente non fu più co-autore di manifesti ‘collettivi’, ad esclusione di

alcuni sporadici casi, in cui si ritrovano menzioni di G. Petnikov e di altre figure di spicco dell’epoca.59 Diverso è invece il discorso relativo ai testi ‘individuali’, che impegneranno

Chlebnikov dal 1908 fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1922.

56 Si vedano, a questo proposito, Percova: 1995, 188, e in particolare Grigor’ev: 1986, 236, il quale suppone

che il significato del neologismo kričal’ sia simile a quello di manifest. Grigor’ev affianca tuttavia alla sua proposta di interpretazione un punto interrogativo (manifest?): tale elemento permette di supporre che lo studioso non fosse completamente sicuro della propria proposta. Cercheremo di dimostrare, nell’analisi del testo, che il neologismo kričal’ può essere avvicinato anche al termine skrižal’: in primis per un’evidente affinità fonica; in secundis per l’uso che ne fecero gli ego-futuristi, cfr. ‘programma Akademii ègo-poėzija’, in Markov: 1967, 26-33.

57 Cfr. Majakovskij PSS, XIII, 247. Si veda inoltre il černovik del medesimo manifesto con le correzioni di

Chlebnikov in SS, VI.1, 343.

58 “С членами «Гилеи» я отныне не имею ничего общего”, SS, VI.1, 223.

59 È il caso particolare di Truba marsian (1916) e del Vozzvanie Predsedatelej Zemnogo Šara (1917), in

coda ai quali sono presenti altre firme, oltre a quella di Chlebnikov: in Truba marsian uno dei firmatari risulta essere il poeta Božidar, morto nel 1914, due anni prima della stesura del manifesto. Chlebnikov assumerà la paternità esclusiva di questi due manifesti in una avtobiografičeskaja zametka del 1920: “В 1916 году напечатана написанная мной ‘Труба марсиан’ и в 1917 ‘Воззвание Председателей земного шара’, написанное тоже мной [...]”, SS, VI.2, 245.

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Segnaliamo inoltre che in SS, molto spesso, i termini impiegati per definire questo genere di testi, che dovrebbero avere valore distintivo, sono usati con una certa arbitrarietà ed elasticità: a titolo d’esempio, riportiamo il caso di Truba marsian, che viene identificato con vozzvanie («Личное авторство воззвания […]», SS, VI.1, 425) e deklaracija («В декларации 1916 г. “Труба Марсиан” […]», SS, VI.2, 283; «“Труба Марсиан” - декларация, выпущенная издательством “Лирень” в виде свитка», SS, VI.2, 326) e quello del Vozzvanie učaščichsja slavjan che, pur definito dall’autore con lo specifico termine di vozzvanie, viene chiamato anche deklaracija nella parte di commento ai testi («см. примеч. к декларации <Воззвание к славянам>», SS, VI.2, 300).

L’analisi delle forme dichiarative della prosa di V. Chlebnikov è particolarmente interessante, dal momento che non esiste, ad oggi, uno studio che esamini dettagliatamente le particolarità teoriche e stilistiche di questo ambito della produzione in prosa nechudožestvennaja del poeta.60 Nella letteratura critica che si è occupata di questi

testi è prevalso finora l’interesse per i contenuti e il loro carattere programmatico, mentre sono rimasti in ombra gli aspetti prettamente stilistici e letterari. Negli studi specialistici si ritrovano infatti numerosi riferimenti a questa parte del corpus chlebnikoviano, sostanzialmente volti a definire e contestualizzare la poetica e l’estetica sia della corrente cubo-futurista, sia, in particolare, della produzione chlebnikoviana. Questo fenomeno può essere motivato in primo luogo da un punto di vista storico. L’instaurazione di una forma di governo di matrice socialista, che derivava la propria legittimità dal Manifesto del

Partito Comunista di Marx ed Engels (1848), il manifesto per antonomasia, vero e proprio

punto di riferimento retorico e contenutistico per tutti i manifesti delle avanguardie che lo seguirono, portò ad una crisi del dibattito futurista. La rivoluzione della forma non poté ignorare la rivoluzione politica e sociale che venne attuata dopo l’ottobre del 1917, e da tale situazione scaturì una sorta di competizione tra manifesti politici e artistici: se da un lato gli esponenti delle correnti futuriste ambivano ad ottenere lo status di ‘arte di stato’ ostentando le proprie credenziali rivoluzionarie, dall’altro lato i contenuti dei manifesti artistici attraversarono un processo graduale che li portò progressivamente a coincidere con i manifesti e la propaganda del nuovo Stato (cfr. Puchner: 2006, 104-105). La distanza tra l’avanguardia politica e quella artistica si fece tuttavia gradualmente più marcata nel

60 Ad eccezione di un’unica monografia del 2013, interamente dedicata al manifesto utopico Truba marsian,

47 corso degli anni Venti (cfr. De Michelis: 2009, 46), fino al momento di rottura definitiva oggettivato da L. Trockij in Literatura i revoljucija (1923). Oltre a riferirsi alla rivoluzione futurista con l’uso delle virgolette,61 e a insistere più volte sul carattere

contraddittorio del futurismo nel suo complesso, il rivoluzionario mise inoltre in evidenza l’ascendenza sostanzialmente ‘borghese’ della corrente.62 Trockij così respinse

irrevocabilmente le interpretazioni che avvicinavano futurismo e rivoluzione:

В ненапечатанной еще работе Т. Горлова, где дается неправильный, на мой взгляд, интернациональный генезис футуризма и где еще более неправильно, с нарушением исторических перспектив, футуризм отождествляется с пролетарской поэзией [...]. Но на сей раз пролетарская революция подхватила футуризм на известной стадий его самоопределения и толкнула дальше. Футуристы стали коммунистами. […] Футуристы-поэты не владеют элементами коммунистического миросозерцания и мировосприятия достаточно органически, чтобы давать им органическое же выражение в слове: не вошло в кровь, что ли. [...] В своих наиболее революционнообязующих произведениях футуризм становится уже стилизацией (Trockij: 1991, 116-117).

Al contempo, relegò il ruolo dell’arte a una posizione di retroguardia:

В 18-м и 19-м гг. на фронтах не редкость было встретить воинскую часть, движение которой открывалось конной разведкой и замыкалось телегами с артистами, артистками, декорациями и всяческим реквизитом. Место искусства вообще – в обозе исторического движения (Trockij: 1991, 183).

La scarsa rilevanza attribuita dalla critica a questa categoria di testi potrebbe essere inoltre giustificata da una motivazione di natura differente, ma non meno importante, che riguarda la funzione del manifesto nel contesto del futurismo russo. Se in Italia il manifesto andava acquisendo lo status di genere letterario indipendente, forte dell’attenzione dedicata da Marinetti alla realizzazione di un canone ad hoc per questa

61 «Не преувеличивая размеров произведенной ими “революции” в языке, нельзя не признать, что футуризм вытолкнул из поэзии многие опустошенные слова и выражения [...]», Trockij: 1991, 114. 62 «Нельзя же серьезно думать, что история просто консервирует футуристские труды и преподнесет их массе через многие годы, когда та созреет. Ведь это было бы чистейшим... пассеизмом», Trockij: 1991, 127; e ancora: «Довоенный футуризм знаменовал попытку на индивидуалистическом пути вырвать себя из прострации символизма и найти личный стержень в безличных завоеваниях материальной культуры», Trockij: 1991, 180.

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tipologia testuale,63 secondo il parere di Martin Puchner (2006, 101-102) in Russia assolse

una funzione prevalentemente secondaria, e perlopiù legata agli almanacchi dei vari gruppi futuristi, che esordivano nel panorama letterario con raccolte di opere introdotte da manifesti programmatici: si pensi al caso di Poščečina obščestvennomu vkusu (1912) che, come la maggior parte dei manifesti russi, apparve come testo introduttivo di un’antologia dallo stesso titolo. Secondo Puchner, tale scelta troverebbe origine nel bisogno di autolegittimazione di questi gruppi d’avanguardia:

One reason for the manifesto’s servitude to poetry was the need for Russian avant-writers to legitimize themselves as artists and therefore to prove themselves in the genre that stood highest in the hierarchy of the arts […]. Russian manifesto writers therefore did not want to or could not go quite as far as Marinetti in betting their reputation on the ambiguously positioned genre of the manifesto. So strong was the dependence of the manifesto on poetry that many Russian manifestos quote from the poems composed in the spirit of the theories laid out. In a fifteen-page booklet entitled The Word as Such, Kruchenykh and Khlebnikov alternate between the condensed but quite comprehensible demands typical of the manifesto and fragments of rather poetry that are identified as «examples» (Puchner: 2006, 102-103).

Se si considera l’origine storica della forma testuale del manifesto, si può affermare che anche in epoca novecentesca, e in ambito artistico-letterario, esso abbia mantenuto nella sostanza i connotati che ne hanno caratterizzato la natura da un punto di vista storico, vale a dire l’essenziale appartenenza alla sfera politica. La produzione di Chlebnikov può essere analizzata anche da questo punto di vista, ma si rende necessario operare una distinzione preliminare che prende le mosse dalla categorizzazione adottata in SS: è opportuno distinguere tra lavori ‘individuali’ e ‘collettivi’ verificando, in quest’ultimo caso, il grado di partecipazione di Chlebnikov alla composizione del testo. Questo sottogruppo di prosa chlebnikoviana contiene tanto testi che possono essere ricondotti a un genere in cui si riconosce la presenza di una certa tensione ‘politica’, quanto altri scritti che rientrano invece nel filone del manifesto programmatico ‘artistico-letterario’.

63 «The Futurist Manifesto marks the transformation of what had traditionally been a vehicle for political statement into a literary, one might say, a quasi-poetic construct», Perloff: 1986, 80-81.

49 III.1.3 Alcuni cenni sulla teoria del manifesto come genere letterario

La questione intorno alla definizione del genere manifesto è annosa e complessa. Proprio per questo motivo abbiamo scelto di cominciare l’esposizione delle problematiche teoriche analizzando uno studio di Claude Abastado (1980). L’autore istituisce un paragone tra questa forma testuale e la figura mitologica di Proteo con l’obiettivo di analizzare il manifesto in qualità di ‘oggetto semiotico’. Abastado afferma che la ricerca di una definizione universalmente valida per questa tipologia di testi si rivela deludente, e che il tentativo di identificarne l’essenza risulta altresì illusorio.64 A motivare

un’affermazione così radicale è la constatazione del fatto che la difficoltà nell’identificare forme di discorso specifiche nell’analisi dei manifesti è ulteriormente complicata dall’esperienza della parole, la quale permette di riconoscere intuitivamente dei testi che hanno una ‘funzione di manifesti’ (cfr. Abastado: 1980, 4) ma che potrebbero appartenere a un campo semiotico diverso.65 In questa prospettiva, lo studioso francese esamina i tratti

salienti del ‘manifesto’, e ne definisce le caratteristiche in opposizione ad altre forme. Il termine ‘manifesto’

s'applique, stricto sensu, à des textes, souvent brefs, publiés soit en brochure, soit dans un journal ou une revue, au nom d'un mouvement politique, philosophique, littéraire, artistique […]. Le “manifeste” se définit par opposition à l'“appel”, à la “déclaration”, à la “pétition”, à la “préface”: l'appel invite à l'action sans proposer de programme […]; la déclaration affirme des positions sans demander aux destinataires d'y adhérer […]; la pétition est une revendication ponctuelle signée de tous ceux qui la font; la préface accompagne un texte qu'elle introduit, commente et justifie […]. Par extension, on nomme “manifeste” tout texte qui prend violemment position et institue, entre un émetteur et ses allocutaires, une relation injonctive flagrante. Les distinctions entre manifeste, proclamation, appel, adresse, préface, déclaration sont fragiles; les circonstances historiques et la réception des textes, la manière

64 Nonostante l’articolo preso in esame sia stato pubblicato ormai quasi quarant’anni fa, resta comunque

attuale. I più recenti studi specialistici non hanno compiuto avanzamenti così sostanziali nello stato dell’arte da permettere una definizione puntuale del genere letterario ‘manifesto’. Per questa ragione, sono state ritenute comunque valide alcune delle posizioni esplicitate dallo studioso francese, per quanto oggetto di critiche successive: per ulteriore approfondimento si rimanda alle obiezioni mosse da Luca Somigli nel saggio del 2003 Legitimizing the Artist… Somigli tuttavia conviene nel rendere atto ad Abastado di essere stato tra i primi a riconoscere la difficoltà del tracciare i confini precisi del genere-manifesto, dal momento che la stessa definizione si fonda essenzialmente su criteri pragmatici (cfr. Somigli: 2003, 24-26).

65 Ancora in merito alla vaghezza terminologica di ‘manifesto’: «the term’s vagueness extends even to the

group of texts explicitly bearing the title ‘manifesto’, which by itself does not distinguish among uses of the form that are utopian, political, or artistic», Lyon: 1999, 12.

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dont ils sont entendus, lus, interprétés, entraînent des glissements de qualifications [...] (Abastado: 1980, 3-4).

Dall’analisi di Abastado emergono alcuni elementi, importanti per comprendere la realtà proteiforme del manifesto. In primo luogo, la situazione del manifesto è per natura precaria, poiché la produzione del testo e la sua ricezione sono indissolubilmente legate in un atto di parole (1980, 6): l’esito positivo trasforma la marginalità in norma, quello negativo confina quanto promulgato dal manifesto nel dimenticatoio della storia. Secondariamente, per quanto un manifesto prenda le distanze dall’ideologia e dai valori dominanti, non rompe mai completamente con il proprio ambiente culturale: Abastado definisce tale aspetto come ‘uno scarto che implica una norma’ (Cfr. 1980, 8). Con il manifesto, infatti, non solo viene data forma al pensiero latente di un pubblico virtuale, ma tale pensiero viene posto dinanzi a un sistema riconosciuto di valori, che per esso svolge la funzione di ‘risonatore’.66 Un ulteriore punto importante in questa prospettiva è

il discorso meta-manifestario,67 condotto dallo studioso mediante l’analisi strutturale dei

manifesti, che permette di riconoscerne le strategie e di comprenderne gli effetti. Considerando la diversità dei testi che compongono l’eterogeneo corpus manifestario, non è possibile condurre un’analisi in termini assoluti, ma si possono individuare delle costanti, come l’uso reiterato di certe unità linguistiche o il trattamento specifico dell’enunciazione (cfr. Abastado: 1980, 9). Anzitutto, il fine ultimo del manifesto è far coincidere dire e fare, parola e azione, e da qui prende le mosse una retorica della persuasione, caratteristica primaria e comune a tutti i manifesti.68 Retorica che viene

estrinsecata con l’uso più o meno ricorrente di elementi dominanti e tendenze, categorie

66 Il manifesto «oscille entre une conformité qui rend possible la communication et des effets de surprise

ou de scandale. L'étude en synchronie de l'horizon d'attente permet une évaluation diachronique des changements idéologiques», Abastado: 1980, 8-9. Inoltre, «the form must be understood therefore as more than “plain talk”: the manifesto is a complex, convention-laden, ideologically inflected genre», Lyon: 1999, 10. Sulla base di queste considerazioni diventa cruciale l’interpretazione di ‘tono’ o ‘voce’ del manifesto per come lo definisce M. Puchner: «the manifesto’s tone or voice is not only a formal feature but one that describes a fundamental gesture or attitude orienting the manifesto toward the world it seeks to undo and redo. Analyzing this attitude, which shapes both form and content, must be the ultimate purpose of a poetics of the manifesto, an analysis of its makings and doings», Puchner: 2006, 22.

67 Abbiamo ritenuto opportuno adottare la terminologia di Abastado introducendo l’aggettivo

‘manifestario’ in luogo del francese manifestaire.

68 Anche J. Lyon concorda con questa posizione, e suppone che in questa caratteristica consista l’unico

elemento formale comune a tutti i manifesti: «It may also be the case that the only uniform convention among manifestoes is a particular hortatory rhetorical style», Lyon: 1999, 13. I. Krasik giunge a una conclusione non dissimile: la studiosa individua «типологические признаки манифестных сочинений» e afferma che il manifesto è «”чистая” форма или “чистая” функция», Krasik: 2000, 132.

51 della forma con cui viene scritto il manifesto. Abastado riconduce a queste categorie «la frequenza di enunciati ingiuntivi»,69 che motiva la predilezione per «gli ausiliari modali

[…], modi verbali dell’ordine e desiderio (imperativo e congiuntivo), il tempo dell’utopia, delle profezie e delle certezze a venire (indicativo futuro), gli avverbi assertivi» (1980, 9- 10. Tr. it. mia). E ancora: esortazione e invettiva, polemica, citazione ed enumerazione:

L'exhortation et l'invective, fréquentes dans les manifestes, impliquent un vocabulaire exclamatif. La polémique et l'exposé d'un programme appellent des unités phraséologiques comme la citation, avec tous les abus qu'inspire la controverse, ou la définition, puisque s'affirment de nouvelles vérités (Abastado: 1980, 10).

La posizione di Abastado sul ruolo della citazione all’interno della forma manifesto è particolarmente rilevante, poiché se la scrittura manifestaria rappresenta un momento di rottura con il modello a lei contemporaneo, come è già stato detto la rottura con il sistema culturale o di valori tuttavia non è mai completa. Uno studio intertestuale permette di individuare delle citazioni mascherate o alterate, delle imitazioni parodiche, una polemica che comporta la significazione del linguaggio e mira, più alla base, al sistema linguistico e alle categorie del pensiero (cfr. Abastado: 1980, 10). A giocare un ruolo decisivo all’interno della poetica del manifesto è anche l’elemento teatrale, che Abastado definisce ‘teatralizzazione delle idee’ (1980, 10) e che avviene per mezzo di un trattamento speciale dell’apparato di enunciazione.70 La struttura elementare della comunicazione linguistica

si basa sui deittici personali, i pronomi: generalmente viene instaurata una relazione tra la prima persona singolare ‘io’, il locutore, la seconda persona singolare ‘tu’, l’allocutore, e una terza persona che si riferisce all’oggetto del discorso. Il sistema, applicato senza trasformazione ai manifesti, definirebbe un emittente, un destinatario e un programma. Tuttavia, come ha evidenziato Abastado, grazie a degli scambi tra i pronomi, si organizza, al posto di una relazione binaria, un sistema attanziale complesso (cfr. 1980: 11): sovente

69 In merito agli enunciati ingiuntivi, «il est totalement normal, puisque le désir de se voir obéi n'est jamais

clairement exprimé par le mode impératif, que le discours d'accompagnement fasse comprendre à celui qui écoute les raisons qu'il a de se plier à la volonté de l'autre. L'impératif, en pragmatique, est en effet un signe qui ‘indique’ mais ne ‘représente’ pas une certaine intention du locuteur dans l'acte de discours; on l'appelle de ce fait performatif primaire», Filliolet: 1980, 25.

70 Sulla questione della teatralità del manifesto insiste anche M. Puchner (2006, 25-26), come si vedrà

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si assiste a degli slittamenti da singolare a plurale, tra ‘io’ e ‘noi’, che suddividono l’emittente in un locutore, il firmatario del testo, e in un destinatario, il gruppo a nome del quale egli parla, senza distinguerli chiaramente. Per ciò che concerne l’allocutore, è invece frequente trovare, accanto ai pronomi di seconda persona che si oppongono a quelli di prima persona e all’oggetto del discorso, una forma impersonale che può riferirsi a un ‘loro’, a un ‘voi’ o a un ‘noi’ (cfr. 1980: 11). Con questo tipo di sistema di slittamento tra singolare e plurale, il manifesto interpella di volta in volta coloro che esso combatte, coloro che vuole persuadere, e l’emittente stesso: il destinatario può dunque essere allo stesso tempo oppositore, aiutante e destinatario. Particolarmente significativo in questa