• Non ci sono risultati.

III. 3.5.4 !Budetljanskij (1914)

III.3.5.14 Prikaz predzemšarov (1922)

208 A prescindere dall’assodata rilevanza della formazione naturalistico-ornitologica del giovane

Chlebnikov, siamo inclini a ritenere che, nella produzione del periodo ‘tardo’, le immagini degli uccelli acquisiscano una connotazione non dissimile da quanto era in uso presso i popoli antichi. Sarebbe interessante, a questo proposito, un confronto con la prima ploskost’ di Zangezi e con il ptičij jazyk nello specifico.

168

all’interrogativo iniziale «Они думали […] стихи?». Nel secondo estratto assistiamo invece alla prima manifestazione delle posizioni antimilitariste dell’autore:

Бедные! Главным украшением своей законоречи они считали дуло ружья. Свои своды-законы они душили боевым порохом и думали, что в этом состоит хороший вкус и изящные движения, вся соль в искусстве “пения законов” (SS, VI.1, 282).

Chlebnikov procede ribadendo la propria repulsione per il passato. Nel seguente passaggio è evidente come per il poeta antipassatismo e antimilitarismo rappresentino i due membri di un’equazione:

Красноречие своих законов они смешивали с красноречием выстрелов - какая грязь! Какие порочные обычаи прошлого! Какое рабское поклонение перед прошлым. Они нас обвиняют, что мы ступаем сто первым копытом по дороге законодателей. Какая черная клевета! (SS, VI.1, 282).

In questo estratto, che nel suo complesso si costituisce in un’accusa («Красноречие своих законов […]») e una apodioxis conclusiva («черная клевета!»), si assiste a un crescendo retorico provocato da un climax, dato dalle tre anafore kakaja – kakie – kakoe, in cui il disgusto dell’autore viene rafforzato dall’accostamento di grjaz’ – poročnye

obyčai – rabskoe poklonenie. L’autore prosegue con un’affermazione («Они нас

обвиняют…») che si ricollega all’accusa (krasnorečie svoich…), e chiude con l’apodioxis, strutturata riprendendo anaforicamente il pronome kakaja.

Riprendendo questo passaggio dal punto di vista concettuale, Chlebnikov procede con un interrogativo retorico in cui viene implicitamente ribadito il primato dei budetljane di cui l’autore è portavoce («Разве до нас строились…», corsivo mio):

Разве до нас строились законы, которых нельзя нарушать? Только мы, стоя на глыбе будущего, даем такие законы, какие можно не слушать, но нельзя ослушаться. Они нерушимы (SS, VI.1, 282).

169 In questo estratto ritorna l’espressione metaforica di «Только мы, стоя на глыбе…» impiegata per la prima volta in Poščečina obščestvennomu vkusu. Questo fatto non rende plausibile tanto la paternità della metafora che Kručenych attribuiva a Chlebnikov (cfr. qui, supra III.3.1 Poščečina obščestvennomu vkusu (1912)), quanto il fatto che essa sia effettivamente diventata, col tempo, una sorta di topos, una forma ricorrente e associata alla corrente del budetljanstvo, di cui questo appello è rappresentativo. Chlebnikov riconosce l’esclusività della promulgazione delle nuove leggi, salde e incrollabili (nerušimy) ai budetljane: in un artificio paronomasico, leggi che «можно не слушать, но нельзя ослушаться».

Il poeta procede alternando sentenze e obraščenija-vosklicanija in cui domina l’asindeto:

Сумейте нарушить их!

И мы признаем себя побежденными! Кто сможет нарушить наши законы?

Они сделаны не из камня желаний и страстей, а из камня времени. Люди! Говорите все вместе: “Никто”! (SS, VI.1, 282-283).

Qui Chlebnikov sancisce l’inviolabilità delle leggi del tempo, in una costruzione molto articolata dal punto di vista retorico. La struttura sintattica dell’asindeto crea un effetto di accelerazione che raggiunge il momento culminante con l’interrogativo «Кто сможет…», a sua volta seguito da una definizione, che interrompe il concitato incedere degli enunciati e crea l’effetto di una pausa ritmica, con lo scopo di attirare l’attenzione sulla connotazione delle nuove leggi. Effetto che viene intensificato dall’uso dell’ossimoro per creare suggestione («не из камня желаний […], а из камня времени»). L’esclamazione che conclude l’asindeto ha invece duplice funzione: una prima, per cui costituisce una brusca ripresa ritmica, la cui resa è accresciuta in contrasto alla dilatazione dell’enunciato precedente; e una seconda, con cui Chlebnikov ‘universalizza’ in un certo senso la portata della propria scoperta delle leggi del tempo: l’autore coinvolge il destinatario dell’appello e ‘impone’ retoricamente la risposta all’interrogativo precedente, come se si trattasse di vox populi.

170

L’appello si conclude con un’ultima definizione degli zakony vremeni, in cui traspare lo spirito antimilitarista che muoveva Chlebnikov, espresso nella metafora che avvicina cannuccia di palude e guerra (trostnik vojny):

Прямые, строгие в своих очертаниях, они не нуждаются в опоре острого тростника войны, который ранит того, кто на него опирается (SS, VI.1, 283).

In questa definizione l’autore istituisce un gioco semantico e contrappone le leggi del tempo, dritte e austere nella loro ‘figura’, alla flessibilità della canna (trostnik) e agli orpelli che caratterizzano le leggi umane, con particolare riferimento ai passaggi: «Главным украшением своей законоречи они считали дуло ружья» e «Красноречие своих законов они смешивали с красноречием выстрелов». In quest’ultimo estratto si registra anche una grande attenzione dedicata alle combinazioni foniche, ritmiche e prosodiche. Chlebnikov in particolare si serve di allitterazioni, assonanze e consonanze:

Прямые, строгие в своих очертаниях, они не нуждаются в опоре острого тростника войны, который ранит того, кто на него опирается.

In conclusione, dal momento che Vsem! Vsem! Vsem! è un testo appartenente al gruppo individuale, nell’uso ricorrente del pronome di prima persona plurale si può riconoscere una funzione metonimica, che cela il solo Chlebnikov. La posizione autorevole viene garantita al locutore nell’esordio dell’appello, quando si fa riferimento alla scoperta delle leggi del tempo. Tale garanzia di autorità è infatti ciò che permette a Chlebnikov di strutturare i propri obraščenija-vosklicanija al destinatario dell’opera e, soprattutto, conferisce a sua volta veridicità quasi dogmatica alle definizioni che l’autore dà delle proprie scoperte.

171 III.3.5.14 Prikaz predzemšarov (1922)

Con l’approfondimento di Prikaz predzemšarov si chiude la sezione dedicata all’analisi dei testi dichiarativi. Pubblicato per la prima volta nel febbraio 1922 sul primo numero del Vestnik Velimira Chlebnikova, venne successivamente inserito anche nella prima edizione critica (SP, V, 165).

Si tratta di un’opera che, nonostante la sua brevità (una pagina e mezza di dimensione in

SS), si rivela determinante nella nostra analisi per la sua impostazione formale molto

singolare, unica nel contesto delle forme dichiarative chlebnikoviane: il Prikaz

predzemšarov è infatti composto, in egual misura, da trattazione verbale e da espressioni

matematiche.

Il testo può essere diviso in tre sezioni principali, marcate graficamente dai numeri romani; tutte e tre le sezioni si aprono con una breve introduzione che ha lo scopo di illustrare le formule matematiche che le seguono. Le prime due si articolano sulla struttura della proposizione finale esplicita (čtoby / Prikaz, čtoby); mentre la terza e ultima consiste in un complemento di argomento (o prichode), dove i pianeti vengono chiamati Tovarišči

solnca con un’analogia. In questo caso, la scelta di alcune apposizioni potrebbe aver

risentito dell’influenza della Rivoluzione:

I. Чтобы старшие солнечные миры (соперники Солнца) с ниспадающим весом- Юпитер, Сатурн, Уран обращались по закону А [a cui nel testo corrisponde un’equazione]: дабы их годичные времена переходили одно в другое по уравнению, построенному на основе тройки, как энного корня из числа дней. Три - телега смерти, упадка; у старших миров нога уравнения - три. [...] II. Приказ, чтобы уравнение перехода времен младших звезд (растущего веса) строилось на основании два (стояло на ноге два) [...] III. Приказ о приходе Товарищей Солнца […] (SS, VI.1, 284).

Le prime due frasi introduttive svolgono la funzione di definire verbalmente quelle che sono le equazioni che le seguono. La serie di formule ed equazioni matematiche è in manifesta continuità con i contenuti trattati nelle Doski sud’by, con un riferimento particolare al terzo frammento, in cui

172

Chlebnikov attempts to illustrate his principal notion that not only events on earth, but all things in the universe are related. […] [Chlebnikov] sets out to prove that these relationships can be expressed in formulas based on exponential expressions of 2 and 3 (Hacker: 2008, 267).

Nella parte più propriamente dichiarativa del testo, dove la sequela di numeri e formule cede il passo a una chiusura espressa in parole, si registra l’uso dell’antonomasia in riferimento ad alcuni pianeti del sistema solare: torgaš in luogo di Mercurio, krasotka di Venere, žena della Terra. Le antonomasie sono costruite sullo spostamento di significato che si ha tra i tratti peculiari delle divinità della mitologia che danno il nome ai pianeti; la stessa cosa accade per la Terra, con il riferimento che Chlebnikov mutua dal termine greco di Gea/Gaia, nome della madre degli dèi e personificazione della Terra.

Come già anticipato, la parte finale è quella più propriamente dichiarativa: essa è infatti costituita da sei frasi, in tre delle quali l’emittente del testo viene esplicitato attraverso l’impiego del pronome di prima persona plurale, con probabile funzione metonimica:

Мы приказываем не людям, а солнцамl (солнцам). Приказоновшество, приказатворчество - (сдвиг прицела приказов). И спрашиваем мы - Председатели Земного Шара, кому лучше приказывать - людям или солнцам? И мы с удивлением видим, что солнца без несогласий и крика выполняют наши приказания. Мы, Предземшары, предпочли бы мятеж и восстание, товарищ Солнце! Скучно на свете (SS, VI.1, 285).

Il ricorrere del riferimento ai soli, i centri delle orbite dei pianeti (my prikazyvaem […]

solncam) e al conseguente ‘abbassamento’ simbolico del sole (per sineddoche), può

essere rintracciato anche in altri testi, come Vremja – mera mira. Esamineremo più nel dettaglio questo saggio del 1916 nel capitolo successivo; tuttavia, bisogna considerare che lì erano già stati esposti alcuni dei principî sugli zakony vremeni che sarebbero poi stati ripresi da Chlebnikov nella produzione successiva (il ruolo centrale del numero 317,

173 ad esempio, o alcune delle equazioni per calcolare eventi della storia umana e dell’universo).

Nel caso particolare di questo saggio, che si mostra in aperta continuità con le Doski

sud’by, con il Prikaz predzemšarov e in cui vengono enucleate, più o meno direttamente,

alcune tematiche di centrale importanza nella poetica chlebnikoviana del periodo ‘tardo’, può essere plausibile supporre che, oltre ad una ricorrenza tematica ‘generale’, in Chlebnikov si assista anche a una ricorrenza ‘specifica’ e, in questo caso, di tipo stilistico. Si consideri in particolare l’interrogativo retorico «И спрашиваем мы […] людям или солнцам?», e lo si confronti con l’affermazione apodittica che compare in Vremja – mera

mira: «Никто лучше не исполняет приказаний, чем солнце, если ему приказать

взойти на следующий день» (SS, VI.1, 106), nella quale la critica ha riconosciuto una citazione biblica.209

Chlebnikov procede nella sua vessazione retorica del sole dando risposta all’interrogativo, con un enunciato in cui si registra una litote («И мы с удивлением видим, что солнца без несогласий и крика выполняют наши приказания», corsivo mio). La condizione simbolicamente subordinata del sole viene ulteriormente rafforzata dall’antitesi successiva, in cui Chlebnikov sostiene che i predzemšary avrebbero preferito la rivolta e l’insurrezione, e non la cieca obbedienza; è probabile che l’apposizione di

tovarišč al sole possa essere motivata quindi da un paragone tra il presente, identificato,

tramite l’uso di questo termine nella sua connotazione politica, e il passato, che si estrinseca invece con la citazione biblica, in cui emerge il carattere subalterno della figura del sole.

Il testo si conclude con l’espressione lapidaria «Скучно на свете», che potrebbe essere interpretata, nel contesto di quest’opera, non tanto come un tentativo di ribadire l’opportunità delle ricerche sulle leggi del tempo, quanto di riconoscerne la validità da un punto di vista (pseudo)scientifico210 e, tramite la forma testuale adottata, esortare il

209 I curatori indicano che il riferimento può essere individuato in Giobbe, 38:12, cfr. SS, VI.1, 392. 210 Questa linea interpretativa acquisisce maggiore solidità se si considera che con la sua produzione

‘utopica e pseudoscientifica’ (cfr. Kuz’menko: 2000, 732), Chlebnikov ambiva concretamente a inserire le proprie ricerche nello stesso filone delle grandi scoperte scientifiche di inizio Novecento. Si rimanda alla sezione dedicata ai saggi di argomento scientifico, qui, infra.

174

destinatario allo stesso fine: se gli eventi della storia umana sono prevedibili, allora lo diventa anche la vita stessa.211

Tuttavia, l’elemento che suscita maggiore curiosità di cui si riscontra la presenza nel testo è la firma («Верно: Велимир Первый», SS, VI.1, 285). In modo abbastanza inusuale, infatti, Chlebnikov appone un ‘Verno:’ prima di Velimir Pervyj. Se Velimir Pervyj si mostra in continuità con la carica di korol’ vremeni che il poeta aveva già reso ufficiale in Truba marsian, l’elemento ‘verno’ è invece di ambigua interpretazione. Se propendessimo a ricondurlo a una sorta di formula atta a siglare il contenuto del documento, emergerebbe tuttavia la necessità di verificare se, in un primo caso, l’autorità del titolo di Velimir Pervyj, che viene data verosimilmente per scontata, ha la funzione di conferire legittimità al contenuto del testo; altrimenti, se è proprio la validità del contenuto, argomentata nel testo, a rendere ‘legittimo’ il titolo di Velimir Pervyj, anche se viene a mancare una specifica esplicitazione dei termini (come potrebbe essere, ad esempio, in *Verno: ja Velimir Pervyj).

In ogni caso, è nostra opinione che entrambe le interpretazioni possano essere ritenute verosimili in egual misura: se la prima delle due è giustificabile tenendo conto delle vicende biografiche dell’autore, la seconda lo è invece per due motivi. Primariamente, poiché, seguendo un ragionamento che inevitabilmente si avvicina alla prima delle due interpretazioni sopra esposte, il fine ultimo della forma manifesto prevede che la posizione di legittimità dell’emittente sia almeno presunta, e in questo senso Chlebnikov potrebbe essersi firmato come Velimir Pervyj a fronte di precise scelte retorico- pragmatiche; secondariamente, per via della struttura del testo che, alternando equazioni a definizioni, richiama un certo tipo di esposizione scientifica e il relativo statuto epistemologico.

In conclusione, riteniamo che il Prikaz predzemšarov non possa essere definito ‘manifesto’ in senso stretto, dal momento che, oltre a non contenere alcun tipo di programma, non vi si riconosce né una parte critica, né una parte positiva. Sebbene la struttura pronominale delle proposizioni si articoli sempre sulla prima persona plurale, il

211 Si confronti quanto si afferma in una recensione a On segodnja (articolo poi diventato la prima parte di

Vremja – mera mira): «Знание законов времени вывернет привычное представление о мире - и не

175 tono del testo non è tanto esortativo, quanto presentativo-descrittivo. Per questa ragione, non crediamo sia un azzardo definire il testo come una forma ibrida tra una ‘dichiarazione’ vera e propria, data la preponderanza di sentenze ed espressioni apodittiche, e uno scritto d’argomento scientifico, non tanto per la presenza di elementi formalmente ‘matematici’, quanto per la struttura generale dell’esposizione (cfr. le tre sezioni marcate dai numeri romani).

176