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III. 3.5.4 !Budetljanskij (1914)

III.3.5.9 Pis’mo dvum japoncam (1916)

Pis’mo dvum japoncam è uno scritto composto nel settembre 1916 e pubblicato nel

novembre dello stesso anno sulla miscellanea Vremennik I. Come è evidente dal titolo, il testo consiste in una ‘lettera aperta’ dai toni entusastici, indirizzata a due studenti giapponesi. Il motivo che portò Chlebnikov a «porgere metaforicamente la mano ai rappresentanti della gioventù giapponese» (Imposti: 2015a, 87), va individuato nella distensione dei rapporti tra Impero russo e Impero giapponese che avvenne proprio nel 1916, in conseguenza di un trattato diplomatico che ne regolava gli interessi territoriali nell’Asia nord-orientale. Come nota Ikuo Kamėjama (1986, 14-15), nel settembre 1916 e in onore di quello stesso trattato, il giornale giapponese “Kokumin Shimbun” bandì un concorso finalizzato alla selezione dei migliori scritti dalla gioventù giapponese a quella russa («письмо японской молодежи к русской молодежи»). Le due proposte migliori vennero poi tradotte e pubblicate sul giornale “Russkoe Slovo” del 21 ottobre 1916. Nelle due lettere si ricordava il recente conflitto russo-giapponese, lodando il patriottismo dei giovani russi, e veniva messa inoltre in risalto «la somiglianza tra i due popoli nel senso della loro alterità rispetto alla parte del mondo cui appartengono» (Imposti: 2015a, 86- 87); l’elemento però più importante è da riscontrarsi nell’auspicio di una soluzione pacifica al primo conflitto mondiale, di cui sarebbero state artefici le gioventù dei due paesi (cfr. Kamėjama: 1986, 28).184

184 Non ci soffermiamo in questa sede sui contenuti delle lettere dei due studenti giapponesi; per ulteriori

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Gabriella Imposti ha segnalato che l’atteggiamento favorevole riservato da Chlebnikov a queste lettere affonda le proprie radici in un «fortissimo interesse estetico» (Imposti: 2015a, 85) per il Giappone, manifestato sin dal 1904 e che sarà motivo ricorrente in alcune opere composte in seguito, nonostante il ‘trauma’ della disfatta di Tsushima.185

Essendo il Pis’mo dvum japoncam un testo evidentemente dichiarativo e dal valore letterario riconosciuto, tanto che Kamėjama lo ha definito, un po’ precipitosamente, ‘primo manifesto di Chlebnikov’,186 non ne approfondiremo i contenuti se non

riepilogando molto brevemente che qui il poeta «ribadisce la propria concezione dell’Asia» (Imposti: 2015a, 87). Riteniamo opportuno volgere la nostra attenzione agli aspetti stilistico-formali, e verificare la presenza di elementi che consentano di riconoscere punti di convergenza o di continuità con altri testi.187

L’opera può essere divisa in due sezioni principali. Una prima, puramente discorsiva e ‘peroratoria’, che si apre rivolgendosi direttamente ai destinatari e si conclude con la firma dell’autore, e una seconda, quasi programmatica, collocata in coda alla prima come se avesse funzione di allegato o di poscritto, che consiste in un elenco di tredici punti numerati.

La prima parte del testo si apre con un obraščenie-vosklicanie («Наши далекие друзья!») rivolto ai due studenti giapponesi autori delle lettere pubblicate su “Russkoe Slovo”, ma con il procedere del testo acquisisce una funzione universale, che per sineddoche coinvolge non solo la gioventù giapponese, ma la gioventù delle popolazioni asiatiche nel loro insieme. Segue l’esordio vero e proprio, in cui Chlebnikov espone le vicende che lo hanno portato a comporre il Pis’mo:

Наши далекие друзья! Случилось так, что мне пришлось прочесть ваши письма в “Кокумине-Симбун”, и я задумался, буду ли я навязчив, отвечая вам. Но я решил, что нет, и, поймав мяч, бросаю его вам, чтобы

185 La battaglia di Tsushima (1905) è da considerarsi come l’evento ‘fatale’ che portò Chlebnikov a

intraprendere la sua ricerca delle zakony vremeni. In merito al topos del conflitto russo-giapponese, alla cultura giapponese e al ruolo che occupa nella produzione dell’autore, con particolare attenzione alla fase filoslava, cfr. Cooke: 1987, 114-115; Starkina: 2007, 229.

186 «Ho Хлебников не мог найти удовлетворения только в изображении своего влечении к Азии. Он

хотел возвысить это влечение к принципу своего конкретного действия. И его первым манифестом явилось “письмо двум японцам”», Kamėjama: 1986, 14, corsivo mio.

187 Si rimanda pertanto agli studi che più hanno approfondito i contenuti di quest’opera: Lanne, Lanne:

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участвовать в нашей игре в мяч младших возрастов. Итак, ваша рука протянута к нам, итак, ее встретила рукопожатием наша рука, и теперь обе руки юношей двух стран висят над всей Азией, как дуга Северного Сияния. Самые хорошие пожеланья рукопожатию! (SS, VI.1, 252)

Come vediamo in questo passaggio, Chlebnikov manifesta tutta la sua benevolenza e introduce la successiva argomentazione, in un ampio passaggio che potremmo definire una captatio benevolentiae, servendosi di due metafore: quella della palla, per giustificare il suo intervento scritto («поймав мяч, бросаю его вам»), e quella di un gioco con la palla, a cui partecipano le giovani generazioni («участвовать в нашей игре в мяч младших возрастов»). Non è improbabile che, con il particolare accento che il possessivo našej conferisce a mladšie vozrasty, Chlebnikov alludesse alla continuità con quanto già aveva esposto in testi precedenti, come ad esempio My obvinjaem staršie

pokolenija… e Truba Marsian (cfr. qui, supra, IV.1.2 e IV.1.8), in cui il tema del conflitto

generazionale è dominante.

Il poeta procede in un’exergasia, e rafforza l’idea dell’opportunità del dialogo tra gli esponenti delle gioventù di paesi diversi servendosi della metafora della ‘mano tesa’: «Итак, ваша рука протянута к нам, […] и теперь обе руки юношей двух стран висят над всей Азией…». Si noti anche la combinazione fonica e la disposizione dei termini di questo passaggio: l’anafora di Itak / itak anticipa una sorta di chiasmo (vaša ruka

protjanuta k nam […] ee vstretila rukopožatiem naša ruka), che per irregolarità sintattico-

prosodica (eccesso) pone in risalto il termine rukopožatie, che viene infatti ripreso nell’esclamazione che conclude il passaggio, come per sottolineare la centralità del contatto amichevole tra russi e giapponesi. È interessante notare come Chlebnikov sia passato definitivamente dal pronome di prima persona singolare, su cui si strutturava inizialmente l’esordio, a un pronome di prima persona plurale, che verosimilmente ha valore metonimico. Dietro tale metonimia autoriale, però, potrebbe celarsi comunque un riferimento o generazionale, il cui significato va probabilmente legato alle posizioni già espresse in Truba marsian e individuato nell’esperienza in caserma che viveva in quegli anni, o, meno ampiamente, estetico, con riferimento quindi ai motivi ricorrenti e nella poetica dell’autore e, di conseguenza, dei budetljane.

Chlebnikov prosegue con un artificio retorico di transizione, una metabasi: «Я думаю, что вы о нас не знаете, но случилось так, что кажется, что вы пишете нам и о нас»

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(SS, VI.1, 252), che si articola questa volta in un parallelismo sintattico (čto vy / čto vy) che produce un chiasmo semantico («вы о нас не знаете […] вы пишете нам и о нас»): la transizione serve a introdurre l’argomento vero e proprio del discorso («мысли об Азии»): Те же мысли об Азии, какие осенили вас умно и внезапно, приходили и нам в голову. Ведь это случается, что на расстоянии начинают звенеть струны, хотя никакой игрок не касался их, но их вызвал таинственный звук, общий им. Вы даже прямо говорите к юношам нашей земли и от имени юношей вашей. Это очень отвечает нашей мысли о мировых союзах юношей и о войне между возрастами (SS, VI.1, 252).

Si noti come l’affermazione di «Вы даже прямо говорите к юношам нашей земли» non fornisca in realtà soluzione all’indeterminatezza del referente che si cela dietro all’impiego del noi, e come successivamente Chlebnikov reiteri alcune delle posizioni espresse nell’esordio, che riecheggiano i contenuti di altri testi («о мировых союзах юношей и о войне между возрастами», cfr. Truba marsian: «Право мировых союзов по возрасту», SS, VI.1, 249). Ci sembra inoltre rilevante segnalare che la metafora ‘fisica’ della risonanza («на расстоянии начинают звенеть струны, хотя никакой игрок не касался их») ritorna in forma alterata in due prose del periodo tardo: Nikto ne

budet otricat’…, del 1918, «множество имен, множество богов мелькнуло в

сознании, едва волнуя, задевая одни струны, оставляя в покое другие […]» (SS, V, 177) e Malinovaja šaška, del 1921, «молодые лавочники таинственно проникали в глубину вашей души в поисках за созвучными струнами и иногда, подсовывая товар, шептали [...]» (SS, V, 206), due prose chudožestvennye in cui le vicende drammatiche della guerra civile occupano una posizione centrale.

Tornando al Pis’mo, Chlebnikov insiste sull’opposizione tra generazioni: prima, con una celebre affermazione iperbolica, «Я скорее пойму молодого японца, говорящего на старояпонском языке, чем некоторых моих соотечественников на современном русском» (SS, VI.1, 252), che mette in luce anche il senso di incomprensione provato dal

149 poeta stesso, probabilmente acuito dalle esperienze vissute durante il servizio di leva.188

Nei passaggi successivi l’autore ritorna a servirsi della metafora della stretta di mano, riprendendo con una perifrasi («пожали друг другу руки») il termine rukopožatie che aveva messo in evidenza prima, quasi a voler sottolineare l’opportunità della soluzione che egli stesso propone nel testo:

Может быть, многое зависит от того, что юноши Азии ни разу не пожали друг другу руки и не сошлись для обмена мнениями и для суждения об общих делах. Ведь если есть понятие отечества, то есть понятие и сынечества, будем хранить их обоих. Как кажется, дело заключается не в том, чтобы вмешиваться в жизнь старших, но в том, чтобы строить свою рядом с ними (SS, VI.1, 252).

Una delle proposte di Chlebnikov è l’introduzione del concetto di synečestvo (‘terra dei figli’), neologismo che nasce sul modello di otečestvo (terra patria, terra dei padri) e che idealmente riprende la distinzione tra izobretateli e priobretateli che aveva esposto in

Truba marsian (cfr. il primo punto del poscritto, «Союзная помощь изобретателям в

их войне с приобретателями. Изобретатели нам близки и понятны», SS, VI.1, 255).189 Se ne distingue, tuttavia, poiché questa volta il tono con cui l’autore propugna la

separazione delle due terre (dei due mondi in Truba marsian) è molto più mite: mancano esclamazioni iperboliche come «Пусть те, кто ближе к смерти, чем к рождению, сдадутся!» (SS, VI.1, 249). I contenuti fondamentali rimangono comunque invariati: si confronti l’espressione della necessità di costruire la propria vita «рядом с ними» con quanto veniva sancito in Truba marsian: «Пусть возрасты разделятся и живут отдельно! […] Развод возрастов, право отдельного бытия и делания» (SS, VI.1, 249). Nel passaggio successivo Chlebnikov espone la propria concezione dell’Asia, che «non è solo “una terra settentrionale abitata da numerosi popoli, ma un brano di caratteri su cui

188 L’idea di essere condannato all’incomprensione è un motivo ricorrente nella poetica chlebnikoviana,

che, come ha evidenziato Duganov (1988) nel caso specifico della prosa, è intrisa di riferimenti autobiografici.

189 Non è del tutto chiaro se qui Chlebnikov definisca gli Izobretateli come entità altera (nam blizki i

ponjatni) solo in funzione di captatio benevolentiae o se in effetti, in questo testo, egli rappresenti la sua

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deve comparire la parola Io” […]» (Imposti: 2015a, 87). Chlebnikov ribadisce il suo pensiero in una metafora:

Итак, вырвем в лесу сосну, обмакнем в чернильницу моря и наnишем знак-знамя "Я - Ази<я>". У Азии своя воля. Если сосна сломится, возьмем Гауризанкар (SS, VI.1, 255).

In questo estratto, si segnalano due cose in particolare: la prima, data dalla grafia russa della parola ‘Asia’ (Azija), in cui Chlebnikov istituisce un’equazione tra ja, che in russo moderno significa ‘io’, e az, parola antico-slava dallo stesso significato, in cui Imposti ha individuato «un’etimologia mitopoietica che mira a superare la contrapposizione dualistica tra il sé e l’altro», oltre alla traduzione poetica dell’idea «di un’unione tra la cultura dell’Estremo Oriente e quella della Russia, che in tal modo ritrova la propria identità» (Imposti: 2015a, 88). La seconda è la menzione della cima del Gauri Sankar («возьмем Гауризанкар»), una tra le più alte della catena dell’Himalaya. Il riferimento è di particolare interesse perché il nome della stessa cima viene riportato ben quattro volte (come Gorisankar) nel marinettiano Uccidiamo il chiaro di luna (1909). E poco oltre, il quinto punto della parte programmatica consiste nella proposta di «думать о круго- Гималайской железной дороге [...]» (SS, VI.1, 255). È possibile che si tratti solamente di una coincidenza, ma persiste l’interrogativo sul perché Chlebnikov avrebbe recuperato un riferimento marinettiano e sviluppato in chiave utopica ciò che nel manifesto futurista italiano compariva in forma esortativa «[…] stendiamo il gran Binario militare sui fianchi del Gorisankar, vetta del mondo!» (Manifesti, 17). Probabilmente, in questo caso è avventato parlare di una qualche influenza marinettiana su Chlebnikov, ed è più ragionevole interpretare la proposta di una linea ferroviaria che cinga l’Himalaya nello stesso spirito della concessione di ‘diritto di voto consultivo’ nell’assemblea dei marziani che il poeta fece a Marinetti in Truba marsian.

Chlebnikov continua la sua argomentazione sottolineando la necessità dell’azione solidale dei giovani dei due paesi, che acquisisce poi portata più ampia, coinvolgendo individui di altre nazioni del continente asiatico («возьмемся за руки, возьмем двух- трех индусов, даяков», SS, VI.1, 255) e insistendo sull’idea di una fratellanza generazionale capace di valicare gli ostacoli spaziali, fino a proporre proprio Tokyo come

151 luogo designato per la prima riunione delle gioventù asiatiche («Мы могли бы собраться в Токио», SS, VI.1, 255).

La prima parte del Pis’mo si conclude con una ripresa della metafora del gioco della palla, con la precisazione di quale gioco si tratta: un gioco popolare russo, la lapta:

Но это прекрасно, что вы бросили мяч лапты в наши сердца. Это потому хорошо, что дает нам право сделать второй шаг, необходимый для обеих сторон и невозможный без вашего любезного начала, так как в возврате мяча заключается игра в мяч.

Весь Ваш, японские друзья, В.Хлебников (SS, VI.1, 255).

Con il recupero di questa metafora Chlebnikov ribadisce il valore simbolico, estremamente positivo, del gesto dei due studenti giapponesi («вашего любезного начала») senza il quale non sarebbe stata possibile la sua risposta, giustificata con la spiegazione della natura stessa della lapta come gioco di squadra («в возврате мяча заключается игра в мяч»). Si registra in questo momento un uso dell’anastrofe («Это потому хорошо, что дает нам…») finalizzato ad attirare l’attenzione del lettore non tanto sulla ‘bontà’ del gesto giapponese, quanto sul motivo che Chlebnikov ha per ritenerlo tale («дает нам право сделать второй шаг»). L’autore firma poi il manifesto con una forma di cortesia tipica della lettera scritta («Весь Ваш») e reiterando i termini che costituiscono l’obraščenie-vosklicanie iniziale (japonskie druz’ja).

Alla prima parte, come già anticipato, ne segue una seconda, costituita essenzialmente da tredici punti numerati, presentati da una breve introduzione in cui Chlebnikov li definisce come questioni che potrebbero essere discusse durante la prima seduta del congresso delle gioventù dell’Asia. Questo breve passaggio introduttivo conferisce ai punti seguenti una funzione certamente programmatica, ma dall’effetto decisamente più blando di quello che invece aveva, per esempio, nei manifesti programmatici ‘collettivi’: come vediamo, quasi tutti gli enunciati si presentano in forma ellittica (es., «1) Союзная помощь изобретателям в их войне с приобретателями»); nominalizzata, dove sovente il sostantivo chiave è di derivazione verbale (es., «2) Основание первого Высшего Учебна будетлян»); o retta da un verbo all’infinito (es. «4) Основать Азийский Ежедневник песен и изобретений»; «6) Думать не о греческом, но о Азийском

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классицизме»). Va inoltre precisato che il gruppo di punti programmatici non è retto da un verbo che conferirebbe ad ognuno di essi un’intonazione ingiuntivo-intimidatoria, come invece accadeva, ad esempio, nel caso del my prikazyvaem in Poščečina

obščestvennomu vkusu, del my vydvinuli del Predislovie a Sadok sudej II o del my vyplevyvaem di Idite k čertu. Per quanto riguarda lo stile, non vi è nulla di particolarmente

significativo da segnalare nella prosa di questi enunciati: la sua linearità si innesta su uno stile molto simile a quello che abbiamo visto nei casi di Bulla o vetrovoj vojne e dei

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