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In questo secondo momento analitico i risultati emersi dall’indagine quantitativa, relativi allo stato dell’arte del Poltrona Frau Museum , sono stati verificati ed approfonditi mediante la 56 realizzazione di interviste focalizzate di gruppo.

Le tematiche maggiormente significative sono state quindi analizzate adottando il modello qualitativo del focus group, tipico della ricerca in ambito sociale, nonché reputato lo strumento d’indagine maggiormente idoneo per questa specifica fase della ricerca (Bailey, 1995). Lo strumento dei focus group sembra particolarmente in linea con la finalità di approfondimento dialogico prefissato, poiché questo modello è in grado di attivare processi partecipativi e “conversazionali” (Kolb, Baker & Jensen, 2002), una modalità di scambio

Rilevazioni avvenute nel 2017, durante il I anno di Dottorato di Ricerca.

ottimale per indagare la dimensione museale e quella della conoscenza dei visitor (Solima & Riolo, 1999). Tali processi sono efficaci per valutare l’impatto del percorso, dell’allestimento, dei servizi e delle attività offerte dal museo su un gruppo delimitato di campioni, ma anche per lasciar emergere spontaneamente le esigenze, le necessità, le aspettative e i desideri degli stessi partecipanti (Acocella, 2015; 2012; Solima & Riolo, 1999; Screven, 1993; Rubenstein, 1988).

Nel case study analizzato, la metodologia qualitativa è stata funzionale per confermare l’ipotesi iniziale della ricerca, formulata sulla base di un’accurata rassegna della letteratura, come pure per approfondire, con una descrizione maggiormente articolata, i dati numerici raccolti con il metodo quantitativo del questionario (Barbour & Kitzinger, 1999).

La metodologia qualitativa è, quindi, pensata come un passaggio indispensabile per vagliare i risultati analitici raccolti, con l’obiettivo di «approfondire argomenti trattati più

superficialmente con altri metodi» (Zammuner, 2003, p. 52), come appunto nel caso delle

rilevazioni quantitative precedentemente tratte, utilizzate per “fotografare” la situazione generica del PFM in una primissima fase d’analisi.

Sulla base delle teorie di Corrao (2013), Zammuner (2003) e Greenbraum (1998), il focus

group progettato per la ricerca svolta presso il Poltrona Frau Museum può essere definito 57

come un mini-group, ossia un momento d’analisi che vede coinvolti un massimo di sei partecipanti per gruppo, i quali si impegnano in una conversazione collettiva per esprimere le proprie opinioni ed andare in profondità, seguendo la traccia della ricerca incentrata su un dato problema o concetto.

In dettaglio, per l’indagine sono stati selezionati tre gruppi composti da sei soggetti, ciascuno costituito da classi di utenti con delle tipologie d’impiego specifiche che sono state rintracciate in precedenza dai risultati della survey. Tali figure coinvolte risultano essere significative per ricreare l’eterogeneità della popolazione dei visitatori gravitanti presso il PFM. La suddivisione in gruppi è dunque avvenuta considerando come variabile principale quella relativa all’occupazione dei partecipanti, definendo tre categorie d’impegno: gli studenti, gli architetti-designer e i pensionati (Figura 5). Una classificazione che può essere valida anche per costruire una distinzione secondaria tra i partecipanti, computata sulla base

Figura 5: Composizione dei gruppi d’analisi

Dopo la conduzione di un focus group di prova, realizzato per testare la correttezza dello strumento, della modalità di analisi e il livello di comprensione dei quesiti inseriti nella scaletta, i soggetti scelti per l’indagine sono stati reclutati in maniera diretta, specificando fin da subito che i partecipanti avrebbero dovuto seguire un tour guidato di circa un’ora all’interno del percorso museale e successivamente prendere parte alla discussione di gruppo di durata massima di quarantacinque minuti. Tutti i partecipanti sono stati contattati telefonicamente o tramite degli annunci sui social, mentre il gruppo P, ossia quello dei pensionati, è stato reclutato grazie al supporto dell’Associazione Uteam di San Severino Marche, l’Università della Terza Età dell’Alto Maceratese.

Il focus group è stato registrato mediante l’utilizzo di un dispositivo di registrazione audio ed è stato condotto in un’area dedicata all’interno sala lettura del PFM, mantenendo una configurazione di sedute sempre circolare e identica in ogni misurazione, poiché anche il

setting può essere definito come un fattore influente sull’andamento della conversazione

stessa (Kreuger, 1998). Il comfort dei partecipanti è, infatti, una variabile determinante per la riuscita del focus group, per tale motivo, a seguito della visita alla collezione, per non accrescere lo stress psico-fisico dei partecipanti si è offerto loro un piccolo break per rifocillare le energie prima di avviare la discussione in un ambiente confortevole e rilassante (Morgan, Krueger, & King, 1998).

L’idea di circoscrivere dei gruppi di campioni omogenei deriva dal fatto che, secondo alcuni studi, il possedere caratteristiche comuni stimola nei partecipanti la conversazione e permette

!143 Gruppo A architetti-designer Gruppo S studenti Gruppo P pensionati

di creare un ambiente amichevole e adatto alla riflessione spontanea e al confronto privo di filtri (Wilkinson, 1998; Morgan, 1997). Il dialogo risulta quindi agevolato se i partecipanti presentano alcune caratteristiche affini o esperienze similmente condivise (Greenbaum, 1999), poiché le rappresentazioni che emergono nascono da un contesto che accumuna tutti i soggetti senza che nessuno si possa sentire in condizione di vantaggio o svantaggio rispetto agli altri partecipanti (Albanesi, 2014).

Altro aspetto determinante per la riuscita dell’indagine è stata la corretta conduzione dell’esperienza da parte del mediatore. La conduzione del dialogo, difatti, deve essere guidata secondo precise regole, stando attenti a non far trapelare giudizi critici e a non viziare le risposte dei partecipanti.

Alcuni autori riportano delle fasi funzionali per la buona gestione del dibattito (Acocella, 2012; Oprandi, 2001) che possono essere riassunte in quattro punti principali:

- il riscaldamento: ossia l’incipit iniziale del procedimento d’analisi che può determinare l’intero esito dell’esperimento e che va condotto con un approccio amichevole e non finalizzato alla mera rilevazione dei dati;

- il background: ossia l’indagine del clima generale, cercando di dare la parola a tutti i partecipanti al fine di individuare tensioni positive e negative nel gruppo, evitando però di riferirsi ad ognuno dei partecipanti, ma lasciando libera la parola senza fretta di dover riempire i silenzi;

- il consolidamento: tenendo presente la scaletta si rintracciano degli item più significanti rispetto alla questione e si rinforzano tali tematiche con dei rimandi, mantenendo un clima disteso ed interessante, evitando soprattutto i conflitti;

- il distacco: ossia l’ultima fase in cui si conclude il focus group in maniera graduale, cercando di fare un recap veloce dei temi emersi durante tutta la discussione (Guglielmini, 1999; Krueger, 1998; Morgan, 1997).

Tenute presenti le indicazioni rintracciate in letteratura per un corretto comportamento del moderatore, va specificata l’importanza del pianificare l’analisi a priori per raccogliere dati

Nel caso specifico del focus group realizzato per il PFM, sono state prese a riferimento delle linee guida comuni a vari autori, tra le principali quelle redatte per l’IBC, l’Istituto dei Beni

Culturali, precedentemente citate anche per le rilevazioni di tipo quantitativo (Bollo, 2004).

In questo documento viene analizzato il rapporto che all’interno museo si instaura tra i visitatori, gli esperti museali e lo staff. Il focus group calato in questo contesto è certamente un’operazione partecipativa dove tutti gli attori - soggetti del gruppo, moderatore e ricercatore - danno vita ad una discussione faccia a faccia e in divenire. Il compito principale del moderatore è stato proprio quello di catturare le risposte dei partecipanti nello spazio e nel tempo, sulla base di una specie di intervista informale ed amichevole (Corrao 2013; Zammuner, 2003; Greenbaum, 1999).

Solitamente lo scopo di tale metodologia applicata nei musei è quella di fungere da test per conoscere la percezione e il sentiment rispetto ad una determinata esperienza, o per comprendere il gradimento riguardo precise attività, innescando dinamiche di gruppo e interazioni che permettono una maggiore spontaneità e livello di confronto (Solima & Riolo, 1999). Si tratta, dunque, di una tecnica molto utile soprattutto quando l’argomento concerne riflessioni in ambito culturale e attività fruite dai visitatori in un contesto museale, nonché sociale, in linea con la metodologia della ricerca scientifica applicata in ambito artistico (Leavy, 2018; 2017; Bollo, 2004).

A tal proposito sono state formulate delle domande con caratteristiche precise, comuni a vari autori, come: la chiarezza, la dichiarazione degli intenti e degli scopi del mediatore, la creazione di quesiti brevi, l’adozione di una terminologia consueta e non troppo elaborata. Queste osservazioni sono state raccolte nella formulazione del topic guide, ossia una vera e propria “scaletta” con argomenti articolati secondo il questioning route (Corrao, 2013), cioè la traccia di domande da seguire durante la conduzione (Kreuger, 1998).

Le domande, circoscritte in determinanti argomenti funzionali all’obiettivo di ricerca, sono state scelte ed ordinate secondo degli accorgimenti rintracciati in letteratura da Acocella (2015; 2012) e da Zammuner (2003). L’ordine delle domande, di seguito riportato, è stato preso come guida per la progettazione della scaletta:

- domanda di apertura: che ha lo scopo di mettere a proprio agio il gruppo; - domanda introduttiva: che introduce alla ricerca vera e propria;

- domanda di transizione: che precede le domande sostanziali;

- domanda sostanziale: che permette di raccogliere i dati necessari alla ricerca; - domanda finale: che chiude la discussione.

Altresì, va specificato che la scaletta non è stata intesa come uno strumento rigido e inflessibile, ma è stata adattata durante la conduzione dell’esperienza in base alle situazioni contingenti emerse nel procedimento (Acocella, 2015; 2012; Zammuner, 2003; Barbour & Kitzinger, 1999). Assodata l’importanza di tale consapevolezza nell’utilizzo dello strumento, si è deciso di progettare una questioning route suddivisa secondo tre principali macro aree tematiche (Figura 6), strutturate in modo logico e consequenziale, quali:

- Allestimento e percorso: set di 6 domande relative allo spazio architettonico, al percorso museale e all’allestimento. Il momento della rilevazione è stato corredato dalla visione in loop di un video riguardante il Poltrona Frau Museum. Il video aveva lo scopo di rafforzare la memoria della visita e approfondire nello specifico alcuni aspetti del percorso. Alla quarta domanda è stata prevista la visione di uno slideshow di fotografie dell’Ikea

Museum di Älmhult, best practice presa a riferimento per la rilettura del PFM. La visione 58

di immagine riguardanti un altro museo del design ha avuto lo scopo di comparare due realtà museali dello stesso settore merceologico e alimentare il giudizio critico riguardo all’esperienza vissuta, nonché di innescare il dibattito.

- Interazione e immersione: set di 7 domande ideate sulla base delle fasi individuate per i laboratori museali (Cap. V) al fine di di approfondire la partecipazione e il coinvolgimento dei fruitori sotto diverse modalità di interazione: emozionale (hearts on) - esperienziale (hands on) - cognitiva (minds on) (D’Ambrosi & Gobbi, 2018; Sumil, 2016; Wagensberg, 2000).

- Coordinamento grafico e visivo: set di 13 domande individuate muovendo dalla griglia progettata per l’analisi della comunicazione social e Web dei musei d’impresa italiani (Cap.

III). Questa fase della scaletta è stata riservata all’approfondimento dell’analisi dell’apparato comunicativo e, durante la discussione, è stato mostrato ai partecipanti sia il sito Web attuale del PFM che alcuni riferimenti social rintracciati dalla navigazione degli utenti stessi, quali le fotografie dei visitatori associate a folksonomie riguardanti il PFM.

Figura 6: Aree tematiche della scaletta di conduzione

La scaletta, concepita come base di partenza per la discussione, ha permesso una conduzione sistematica, tuttavia il criterio della flessibilità, intrinseco nello strumento, è stato funzionale durante lo svolgimento dei focus group per compiere delle variazione di alcuni quesiti risultati di difficile comprensione o facilmente fraintendibili per i soggetti. Il valore di tale strumento metodologico è proprio quello di poter approfondire degli argomenti grazie all’utilizzo di domande aperte e al rapporto amichevole instaurato tra mediatore e

partecipanti, unitamente alla possibilità di tastare costantemente l’umore del gruppo attraverso l’osservazione dei comportamenti non verbali e riuscendo a ridefinire atteggiamenti e tempistiche durante la conduzione stessa (Stewart, Shamdasani & Rook, 2007; Denzin & Lincoln, 2005; Oprandi, 2001).

Al fine di favorire la discussione, sono stati utilizzati degli espedienti rintracciati in letteratura e in alcuni esempi di ricerche empiriche già condotte in ambito museale che hanno utilizzato il medesimo strumento (Solima & Riolo, 1999; Screven, 1993). Uno dei consigli ripetuto maggiormente è quello di far riflettere i partecipanti sugli aspetti positivi e negativi dell’esperienza, questioni antitetiche che sembrano servire per avviare il dibattito di gruppo in merito all’esperienza condivisa. Sempre con l’obiettivo di alimentare il dialogo, sono stati utilizzati dei rimandi e delle rimesse a fuoco per limitare le divagazioni (Zammuner, 2003). Altresì, si è deciso di accompagnare la scaletta con delle immagini e dei video per supportare con stimoli audio-visivi il quesito rivolto ai partecipanti (Frisina, 2016). Come si evince dalla struttura della scaletta, all’interno di essa erano stati previsti già da principio anche dei momenti per la visione di materiale audio-visivo finalizzati ad agevolare la conduzione e stimolare la discussione di gruppo (Bauer & Gaskell, 2000).

Tuttavia, durante tutte e tre le rilevazioni, è emersa l’esigenza di aggiungere un ulteriore riferimento quando si è trattata la tematica relativa alle nuove tecnologie tanto che, per rimettere a fuoco la discussione e riportarla in ambito museale, è stato necessario mostrare ai gruppi un video che ha permesso di chiarificare in che modo i dispositivi tecnologici possano essere declinati favorevolmente all’interno del contesto culturale di un museo d’impresa o del design.