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La foto(video)-elicitazione

4.7 L’interazione e l’immersione esperienziale

Per la seconda area tematica del focus group, ossia quella propriamente dedicata all’audience

experience (Falk & Dierking 2013; 1992; Radbourne, Glow & Johanson, 2013), gli indicatori

sono stati ripresi dallo studio sull’Edutainment di cui si tratterà nel prossimo Capitolo.

Ad ogni modo, basti sapere che le dimensioni analizzate approfondiscono tre momenti essenziali della visita museale: quello emozionale (hearts-on), quello attuativo (hands-on) e quello cognitivo (minds-on) (D’Ambrosi & Gobbi, 2018).


Partendo dall’emozionalità, è importante evidenziare che quasi tutti i soggetti hanno rintracciato dei momenti di forte emozione durante l’esperienza, in particolar modo nella parte introduttiva del percorso. Il fattore emozionale determina per primo l’imprinting positivo con il museo, le sue poetiche e raffigurazioni, si dovrà quindi tenere presente il fattore emotivo in fase progettuale al fine di agevolare l’immersione e incuriosire il visitor motivandolo alla scoperta (Munro, 2014; Kirchberg & Tröndle, 2012; Cataldo & Paraventi, 2007). Pensiero allineato al già citato Method of emotional interactivy nel quale l’aspetto emotivo, cognitivo e manuale sono posti sullo stesso piano sinergico per formulare un’esperienza soddisfacente, interattiva e formativa (Wagensberg, 2000).

L’analisi qualitativa del focus group, a tal proposito, sembra la più corretta per esplicitare la funzione valutativa di questa dimensione, poiché i partecipanti, riuniti in gruppi omogenei, possono sentirsi in una situazione protetta, quasi “familiare”, adatta ad esternare senza filtri le proprie emozioni e sensazioni (Albanesi, 2014).

Dagli outcome raccolti dall’analisi presso il PFM emergono due concetti chiave rintracciati nei commenti dei partecipanti e finalizzati all’attivazione dell’interazione emotiva con il museo. Il primo fattore è l’importanza di comunicare ed esporre in maniera inaspettata gli

exhibit industriali per conferire loro un’aurea artistica e museale, mentre il secondo fattore è

la stimolazione della curiosità nel visitatore che deve essere alimentata sviluppando degli accorgimenti museografici innovativi e delle riletture insolite dei prodotti di matrice utilitaristica.

sistema di significati e “qualità-ponte” del tutto imprevedibile e soggettivo (Mauro & Zanato, 2014; Cataldo & Paraventi, 2007; Ansbacher, 2002).

A questo punto della conduzione il moderatore ha domandato ai gruppi di proporre dei suggerimenti volti ad accrescere la componente emozionale nell’allestimento. Dalle risposte raccolte si evincono degli spunti interessanti, particolarmente allineati con la necessità di una salda commistione tra arte e design che deve avvenire all’interno del museo d’impresa . 60 Ogni gruppo ha esternato diverse proposte, alcune di semplice realizzazione e altre più complesse, ma ciascuna delle quali prevede l’innalzamento del grado di immersività ed interazione con gli oggetti esposti. Il gruppo P, ad esempio, ha avanzato l’ipotesi di realizzare un’intervento per la Divisione Contract, proponendo di lasciare ai visitatori la possibilità di sedersi sulle poltroncine esposte e di far ascoltare, in filodiffusione o con delle cuffie individuali, le arie delle più celebri opere liriche italiane ed internazionali, accordandole in base al teatro di riferimento. Gli interventi del gruppo S, invece, perseguono l’idea di una rilettura artistica che dovrebbe essere estesa per tutto l’allestimento museale. Gli studenti hanno difatti avanzato delle idee pregnanti e affini al tema del restyling museale mediante l’utilizzo di nuove tecnologie, tra le quali le videoproiezioni. Anche il gruppo A risulta allineato alla necessità di sviluppare un setting più artistico e, traendo spunto dai musei d’impresa internazionali, arriva persino a proporre delle nuove modalità interpretative scendendo nel dettaglio con la descrizione della progettazione e degli accorgimenti tecnici utili per rivoluzionare l’impianto scenografico del PFM.

A4: E’ il contesto che rende difficile emozionarsi. (…) Prendo ad esempio la sala degli anni ‘30 perché mi è piaciuta parecchio. Pensate di trovarci dentro delle video-proiezioni unite ai suoni di una caffetteria, o addirittura al rumore di una nave che salpa, tanto per riallacciarmi alla storia del transoceanico che salpa per l’America. Insomma, raccontare la storia coinvolgendo tutti i sensi, anche l’olfatto! Si potrebbero ad esempio utilizzare dei tappeti olfattivi al sentore di caffè che rievochino delle sensazioni emozionanti e che diano l’illusione di un vero e proprio caffè letterario torinese di inizio Novecento.

La connessione tra sfera dell’arte/cultura e quella del design/prodotto è stata trattata nel Capitolo I in quanto riconosciuta

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come una delle quattro definizione necessarie per descrivere il museo d’impresa (Lehman & Byrom, 2007; Stigliani & Ravasi, 2007; Nissley & Casey, 2002; Danilov, 1992).

Per quanto riguarda la dimensione tattile, ossia quella definita come hands-on (Sumil, 2016; D’Ambrosi & Gobbi, 2018), si è analizzato principalmente l’accesso manuale agli exhibit esposti, con lo scopo di comprendere se questo fattore possa realmente influenzare la componente immersiva ed interattiva dell’esperienza.

L’accessibilità tattile, come anticipato, agevola l’esplorazione e la creazione di una raffigurazione mentale e visiva del tutto personale dell’oggetto, poiché questo senso è il più esteso nel nostro corpo, nonché di grande supporto all’indagine visiva (Grassini, 2016; Munari, 2014). Dal colloquio con i soggetti emerge che questo tipo di lettura ha contribuito ampiamente a formare un imprinting positivo e a far percepire il museo come uno spazio inclusivo e attento alle necessità dei visitatori, anche di quelli con particolari esigenze.

Tutti i soggetti sembrano convinti dell’importanza dell’indagine tattile per approfondire la conoscenza del materiale, degli oggetti esposti e per apprezzare appieno la produzione artigianale di Poltrona Frau. Molti partecipanti hanno in aggiunta sottolineato l’importanza dell’aspetto creativo per valutare l’esperienza come appagante, aspetto sotteso nella stessa indagine tattile degli oggetti. Come si evince dagli estratti qui di seguito riportati, l’aspetto tattile è da considerarsi come un fattore di primaria importanza se si vuole attivare un’interazione emozionale con i pubblici fruitori (Munro, 2014). Strutturando una lettura plurisensoriale del percorso, infatti, la sfera percettiva verrà ampliata stimolando nuove aree sensoriali con le quali è possibile misurare delle informazioni ulteriori (Grassini, 2016; Levent & Pascual-Leon, 2014; Morgan, 2012).

P2: Io mi sono emozionata quando ho iniziato ad accarezzare la parete con la pelle colorata posizionata all’ingresso perché non mi è mai capitato di poter toccare qualcosa dentro un museo.

S3: (…) mi piacerebbe vedere un artigiano che realizza dal vivo un prodotto, poter toccare i suoi attrezzi e realizzare una lavorazione insieme, basterebbe anche una semplice cucitura sulla pelle per farmi felice.

A1: Sicuramente l’aspetto più positivo è la possibilità tattile, è qualcosa di inaspettato che sorprende il visitatore e che dà un senso museale all’esperienza.

Ansbacher, 2002; Wagensberg, 2000). L’esperienza culturale in questo caso può essere resa immersiva ed emozionale anche grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici al servizio dei visitatori, capaci di migliorare e agevolare l’interazione con il contesto museale in maniera individuale e personalizzabile (Mandarano, 2009; Antinucci, 2007).

La riflessione intorno alle nuove tecnologie da impiegare in ambito culturale è molto complessa, ma alcuni autori affermano la centrale importanza dell’introduzione di dispositivi innovativi per promuovere la partecipazione attiva del fruitore durante l’esperienza museale (Ippoliti & Meschini, 2011; Ciolfi, Cooke, Hall, Bannon & Oliva, 2005). Dalle parole dei soggetti analizzati si deduce la necessità di proporre nuovi linguaggi contemporanei che valorizzino il patrimonio artistico-artigianale dell’azienda. Le ipotesi dei soggetti dei focus

group sono in questo ambito parallele a quelle rintracciate nella survey quantitativa, dove

l’interattività è risultata essere il suggerimento maggiormente avanzato per migliorare la qualità dell’esperienza, con circa il 41% di risposte riferite al medesimo cluster tematico. A tal punto dell’indagine si è avvertita l’esigenza di mettere a fuoco e chiarire il concetto di come le nuove tecnologie possano essere applicate in ambito museale, perciò è stato reputato necessario l’inserimento di stimoli visivi ulteriori rispetto a quelli già previsti nella scaletta di conduzione (Bauer & Gaskell, 2000). Alcuni soggetti dei tre gruppi, infatti, in questa fase dell’indagine hanno frainteso o inquadrato nel contesto sbagliato il quesito, divagando sul tema delle nuove tecnologie in ambiti disparati, perciò si è creato un rimando mediante la visione di nuovo materiale visivo, finalizzato a disambiguare l’argomento (Frisina, 2016). Il supporto video che è stato mostrato in questo momento della conduzione è stato un trailer di presentazione realizzato dal Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum di New York, 61

un museo del design che propone la conoscenza della collezione esposta mediante l’utilizzo di una particolare tecnologia chiamata the pen, ossia un dispositivo con una memoria autonoma che funge da archivio sul quale l’utente può salvare gli oggetti che maggiormente lo incuriosiscono durante il percorso di visita. La tecnologia proposta permette di realizzare una collezione virtuale e del tutto soggettiva dei prodotti esposti che restano in memoria anche dopo la visita, e ai quali è possibile accedere online registrandosi con il biglietto d’ingresso. Inoltre, in varie aree all’interno del percorso fisico del museo, i prodotti possono

Il museo in questione è stato meta della mobilità svolta durante il III anno di Dottorato, precisamente nel mese di Agosto

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essere virtualmente scomposti e rielaborati dai visitatori stessi che, così facendo, possono dare vita a nuovi progetti creativi reinterpretando l’esistente.

Il materiale video visionato ha avuto un forte impatto sui partecipanti di tutti e tre i gruppi, in particolar modo nel gruppo d’utenza più giovane, ossia gli studenti, i quali hanno commentato in modo entusiastico la possibilità d’inserimento di un dispositivo tanto avanzato all’interno di un contesto museale.

S6: Wow! Io non avrei mai immaginato una tecnologia del genere realizzata per un museo. E’ davvero molto innovativa e coinvolgente!

S1: Sembra quasi un videogame e questo mi invoglia a partecipare.

A1: A questa tecnologia non avevo proprio pensato e non ho mai visto qualcosa del genere in nessun altro museo. Penso che l’investimento sia esoso, ma che il risultato a livello di gradimento sia di conseguenza altissimo.

La visione del video sulla “pen” del Cooper Hewitt Museum ha riacceso la discussione in merito alle nuove tecnologie in ambito museale e, da questo momento in avanti, sono scaturite delle proposte interessanti e finalizzate ad accrescere l’immersività del Poltrona Frau Museum. Alcune delle idee rintracciate hanno riguardato la realizzazioni di video- mapping, video-giochi, giochi di ruolo, video-proiezioni, da intrecciare con le tecniche dello

storytelling e del museum theater (Viola & Idone Cassone, 2017; Cataldo 2011; Bridal,

2004), come dimostrato dagli estratti riportati a seguire.

S6: Lo so che sembra futuristico quando se ne parla, ma pensate alla possibilità di mettersi alla guida di una Ferrari con gli interni in pelle Frau mentre si visualizza con la realtà aumentata la pista di un circuito della Formula 1.

A2: (…) Ad esempio, basterebbero dei tablet con App per personalizzare virtualmente le sagome della Vanity o il tessuto della Dezza. Insomma, mettere virtualmente le mani sui capolavori dei grandi maestri del design per creare un proprio progetto. Credo che un’offerta del genere attirerebbe tutti gli studenti di architettura e di industrial design

dell’Unicam , e non solo! 62

P3: (…) mi viene una riflessione… alla mostra sulla stampa a San Severino era presente un’attrice che fingeva di essere la moglie di Guttenberg e che raccontava la storia della

tipografia Bellabarba , allora mi è venuto in mente di proporre a Frau di realizzare un 63

video d’introduzione con una figura che sappia spiegare la collezione. Potrebbe essere la moglie di Frau o Renzo Frau in persona, o ancora un vecchio artigiano di Torino che dà il benvenuto ai visitatori e li accoglie facendoli immergere fin da subito nel contesto.

A fianco a tecnologie più o meno sofisticate e innovative, inoltre, vengono citate anche le semplici audioguide, indicate anche nel questionario come uno degli strumenti di prima necessità da inserire nel percorso museale e utili per svolgere una visita in completa autonomia, seguendo i propri ritmi, il proprio grado di interesse e la volontà di approfondimento (Mandarano, 2009).

Per concludere l’analisi dell’area tematica relativa all’interazione e all’immersione dell’esperienza svolta, si è indagata in ultimo la dimensione cognitiva, minds-on (D’Ambrosi & Gobbi, 2018), considerandola come la fase in cui, dopo l’emozionalità iniziale e l’accessibilità tattile, i concetti e le nozioni relative al museo e alla sua collezione vengono rielaborati dal percettore. Sembra importante ribadire che in questo particolare processo la figura dell’operatore museale è altamente determinante (Mauro & Visser Travagli, 2013; Pontecorvo, 2007), per tale motivo si è scelto di strutturare dei tour guidati durante i quali sono stati adottati tutti gli accorgimenti necessari per poter rendere l’esperienza quanto più partecipativa (Simon, 2010), utilizzando un linguaggio descrittivo ricco di aneddoti, parole chiave e un atteggiamento di apertura al dialogo nei confronti dei soggetti (Brunelli, 2014). Dalle parole dei partecipanti è emerso che la guida fisica al museo è indispensabile per accedere a pieno alla comprensione della storia narrata, e che, al contrario, l’apparato scritto non è stato valutato affatto sufficiente per compiere una visita soddisfacente in modalità autonoma. Tutti e tre i gruppi, in modo completamente spontaneo, hanno aggiunto a tal proposito dei consigli migliorativi riguardanti l’apparato grafico e comunicativo presente al museo, sentendosi a questo punto del focus group ormai pienamente coinvolti nella discussione e ben calati nel ruolo di consiglieri critici. Alcuni soggetti del gruppo P, ad esempio, non del tutto soddisfatti dell’apparato scritto presente nel percorso, hanno proposto di aggiungere delle aree di studio e di lettura per fornire ai visitatori più curiosi la possibilità di approfondire dei temi fondamentali qualora si dovesse svolgere una visita senza il supporto

Ci si riferisce alla mostra MOSE, ospitata all’interno della storica Tipografia Bellabarba di San Severino Marche e

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inaugurata nel Settembre del 2012. Durante la permanenza dell’esposizione la Curatrice, la Prof.ssa Lucia Cataldo, ha proposto un espediente di museum theater all’interno del percorso di visita.

dell’operatrice museale. Anche i soggetti del gruppo S e del gruppo A propongono dei suggerimenti affini.

Il primo è quello di segnalare le eccellenze e gli unicum presenti in collezione con delle grafiche apposite, dei colori ben distinguibili e dei testi più estesi. Il secondo consiglio è quello di integrare l’apparato grafico nell’architettura, pensando di progettare scritte parietali che possano fungere da introduzione a delle aree tematiche riportando delle citazioni o aneddoti interessanti sulla storia di Frau (Da Milano & Sciacchitano, 2015). O ancora, i soggetti di tutti i gruppi hanno segnalato l’impossibilità a compiere una visita completamente soddisfacente senza la presenza della guida durante tutto lo svolgimento dell’esperienza. Il valore della liveness, concetto ripreso dal mondo teatrale (Gemini, 2016), entra quindi in gioco anche durante la conduzione di un’esperienza museale, poiché si instaura uno scambio reciproco tra operatore e visitatore che difficilmente può avere come surrogato un mero testo scritto o ì altre tipologie di raffigurazione narrativa (Brunelli, 2014).

P3: La guida è stata eccellente, ma se fossi venuto da solo con mia moglie non avrei compreso il novanta percento della storia perché le scritte sono praticamente inesistenti.

S6: Faccio un esempio, quando ci hai parlato della storia di Oceano e hai paragonato il prodotto all’universo femminile e persino alla Venere di Milo a cassetti di Salvador Dalí mi sono incuriosita e sono stata subito ad ascoltare molto attentamente. Ho notato però che in nessun punto questa bellissima storia era riportata, quindi da sola non avrei potuto conoscerla. E questo è un vero peccato! A3: Le nozioni delle didascalie le trovo insufficienti. Proporrei di aggiungere almeno delle schede all’inizio di ogni periodo storico. Comprendo bene lo stile minimale e purista del luogo, ma questo gusto se va a discapito delle informazioni da trasmettere ai visitatori è assolutamente da rivedere.

Altri soggetti evidenziano anche la necessità di segnalare con nuove grafiche i prodotti di maggior rilievo, come ad esempio quelli progettati dai Castiglioni e da Gio Ponti, mentre altri

reputare troppo scarno l’apparato comunicativo e, viceversa, la bravura delle operatrici museali risulta indubbiamente un fattore caratterizzante per l’intera esperienza, dato che conferma i rilevamenti quantitativi in cui si è dimostrato che il gradimento esperienziale è fortemente influenzato dal personale museale.