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L’Edutainment e i bambin

5.2 L’esperienza tattile: divertirsi imparando

La sfera esplorativa, ossia quella relativa alla reattività dell’esperienza, è stata analizzata per prima. L’attivazione emotiva dei visitatore permette di costruire un imprinting positivo in grado di vincere le resistenze dei partecipanti (Munro, 2014; Montella, 2010; Wagensberg, 2000). E’ compito dell’operatore museale quello di enfatizzare la magia che il visitatore percepisce all’ingresso dell’allestimento museale, evitando accuratamente di sovraccaricare in maniera nozionistica ed enciclopedica fin da principio i visitatori (Xanthoudaki, 2003). La missione fondante del museo, infatti, non è quella di trasmettere informazioni e concetti in modalità scolastica, bensì quella di connettere il pubblico con opportunità che esulano dall’ordinario, la cui ricaduta è misurabile sul cambiamento dell’atteggiamento a lungo termine, piuttosto che sulle nozioni incamerate nell’immediato (Rodari, 2005). Il coinvolgimento diretto e non filtrato con l’oggetto ha indubbiamente agevolato la capacità dei bambini di collegare i nuovi stimoli percettivi ad altri pregressi, favorendo il riconoscimento e l’insight, ossia quella particolare intuizione del percettore che lo aiuta a connettere lo stimolo puntuale con un significato superiore e più amplio (Cataldo & Paraventi, 2007). Riflessione confermata anche dall’osservazione dei partecipanti, diversi dei quali, dopo aver analizzato autonomamente i prodotti esposti, associano l’exhibit museale ad

oggetti appartenenti alla propria sfera privata (Xanthoudaki, 2013; Kirchberg & Tröndle, 2012).

In questa poltrona sembrano esserci le vertebre di un dinosauro, di un tyrannosaurus rex, tipo quello di “Una notte al museo”, un film che ho visto con mio fratello più grande un sacco di volte. (Marco, 8 anni) . 75

Forse questo piattino qui è un portacenere. A me sembra quello di mio nonno quando fuma il sigaro davanti al camino. Ma lui non ce l’ha attaccato alla poltrona. Sono certa che gli piacerebbe di più questo della Frau. (Alessia, 7 anni).

La conoscenza dell’ignoto mediante la costruzione di paragoni con il noto è un processo cognitivo da tener presente quando si struttura la narrazione del percorso, cercando di combinarlo nella visita guidata con l’adozione di un linguaggio descrittivo ed evocativo che utilizzi similitudini, metafore, parole chiave, aneddoti, storie, notizie e un ben dosato umorismo, al fine di instaurare la massima connessione tra pubblico e mediatore (Brunelli, 2014).

La positiva reattività dei bambini all’esperienza ha introdotto la seconda area d’indagine del laboratorio, ossia quella attuativa o anche detta hands-on, propria del processo di interazione con la pelle e con la collezione. Particolarmente nel caso dei bambini, l’approccio tattile sembra agevolare l’esplorazione del reale e la creazione di una raffigurazione visiva, ma anche di un’immagine propriamente tattile (Evans, Mull & Poling, 2002). Il tatto, infatti, ha una funzione vicariante alla vista, poiché permette di percepire sensazioni differenti e di ricavare informazioni come la temperatura, il peso, la consistenza, che altrimenti resterebbero pressoché sconosciute se ci si limitasse alla mera osservazione (Grassini, 2016). Il laboratorio, specialmente in questa fase, si è ispirato alla produzione di tavole tattili 76 realizzate da Munari, al fine di agevolare una lettura multisensoriale globale che intenda il linguaggio tattile sia come forma di comunicazione e di conoscenza del bambino, sia come forma di piacere e gioco, essendo la percezione tattile molto più estesa nel nostro corpo rispetto quella visiva-auditiva (Munari, 2014; Rastelli, 2002).

Per tale motivo, la fase esplorativa e quella attuativa sono state caratterizzate da una forte attività tattile basata sul coinvolgimento sensoriale, essendo il Poltrona Frau Museum un museo interamente accessibile, dove con le mani si possono esplorare la collezione e le materie prime impiegate nelle lavorazioni, quale appunto il pellame. Come evidenziato dalle parole di alcuni bambini, qui di seguito riportate, la possibilità di indagare tattilmente la collezione è un input assolutamente positivo che arriva a stimolare direttamente la sfera creativa.

Ma davvero posso toccare tutto quello che c’è al museo? Di solito la maestra ci dice di tenere le mani in tasca per non rovinare niente! (Andrea, 8 anni)

Se accarezzo la pelle capisco meglio di cosa è fatta, come si può lavorare, come si usano gli strumenti e mi vengono in mente tante idee da realizzare… (Alice, 9 anni)

Altro aspetto interessante rintracciato nell’attività proposta è il senso di scoperta e il piacere ludico che si è ingenerato nei partecipanti. Il tipo di relazione ludico-educativa che si è instaurata tra operatori e partecipanti è stata interpretata come un vero e proprio gioco basato su una serie di input che hanno stimolato la fantasia e la creatività, tenendo però ferme alcune regole invalicabili ai fini di un corretto svolgimento (Caillois, 2000). L’aspetto ludico è stato, in aggiunta, funzionale per eliminare la parvenza di compito scolastico che potrebbe avere un’attività promossa dalle scuole e alleggerire il ruolo degli operatori museali, rendendo più libero e informale il processo creativo svolto con la pelle (Valentino & Delli Quadri, 2004). Apprezzata dalla totalità dei partecipanti, inoltre, sembra essere la combinazione tra storytelling ed esperienza tattile, la quale resta comunque il fulcro principale della dimensione attuativa, giudicata positivamente dai bambini coinvolti, poiché la curiosità iniziale e la meraviglia sono state supportate da uno stimolo multisensoriale costante (Levent & Pascual-Leon, 2014; Morgan, 2012; Jalla, 2007; Giordan, 2003; Xanthoudaki, 2003; Evans, Mull & Poling, 2002; Falk & Dierking, 2000). In questo contesto lo storytelling è stato concepito non soltanto come un semplice raccontare storie, ma come una strategia volta a facilitare la scoperta del partecipante, essendo una metodologia connaturata a schemi socio- comunicativi ai quali siamo sottoposti fin dalla scuola dell’infanzia (Ascione, Cusmani & Quagliata, 2012). Lo stesso spazio museale è risultato determinante ai fini della trasmissione dei value aziendali come l’artigianalità e la pregevolezza della materia, poiché il museo

d’impresa dovrebbe essere considerato proprio come un grande laboratorio aperto a continui incontri, divenendo un luogo privilegiato per la discussione, gli scambi, la creazione e l’invenzione (Negri, 2003). Nel caso specifico dei laboratori creativi, dunque, un input significativo è provenuto proprio dal contesto e dall’allestimento (Rastelli, 2002), tanto che, a partire dal primo incontro con l’area dedicata alla creatività, un numero elevato di bambini partecipanti ha intuito il tipo di attività che si sarebbe svolta senza dover attendere la spiegazione dell’operatore museale.

Mi sa che quei pezzetti di pelle sul tavolo servono per farci fare gli artigiani. Possiamo cominciare subito noi che abbiamo capito? Ho un’idea in testa da quando ho cominciato il giro. (Luigi, 9 anni)

Si può quindi asserire che il laboratorio tattile per i bambini è stato funzionale per avviare un primo modello di apprendimento ludico al PFM, nonché uno stimolo concreto per reinterpretare la collezione (Cardone, 2014). È bene, altresì, evidenziare che questo modo di interagire con la collezione è funzionale per soddisfare le esigenze che possono presentare differenti tipologie di pubblici, siano esse di natura culturale, generazionale, linguistica, ma anche, e soprattutto, per coloro che presentano disabilità fisiche e sensoriali (Grassini, 2016; Angelaccio, Giorgi & Sarti, 2007).