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L’Edutainment e i bambin

5.1 Il laboratorio “Pelle a Colori”

Muovendo dall’idea che i musei contemporanei debbano prestare attenzione a nuove categorie di pubblico e sperimentare molteplici modalità di interazione (Cerquetti, 2016), le istituzioni museali odierne dovrebbero ripensare i propri servizi, proponendo percorsi educativi innovativi e implementando, ove possibile, l’utilizzo delle nuove tecnologie (Bebi et al., 2013; Tallon & Walker, 2008).

La ricerca svolta presso il Poltrona Frau Museum trae spunto da queste riflessioni, individuando nell’esperienza laboratoriale un catalizzatore necessario per rinegoziare il significato della collezione museale e innescare il coautoraggio con fasce di utenti inusuali (Bollo, Da Milano, Gariboldi & Torch, 2017; Simon, 2010). I laboratori, rivolti ai bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, sono stati progettati come attività ludico-espressive con l’obiettivo di trasmettere l’importanza del patrimonio artigianale, l’identità produttiva del genius loci e riaffermare il ruolo del museo d’impresa quale spazio del tempo libero alternativo. L’attività, incentivata dalla stretta collaborazione instaurata con gli istituti scolastici provinciali, è il risultato dell’azione congiunta tra scuola, museo e azienda. La connessione di tali attori è da considerarsi come un fattore strategico nel processo di dialogo territoriale, poiché le differenti realtà, agendo su piani paralleli, possono alimentare una

cittadinanza attiva e sensibile ai temi della tutela e della valorizzazione patrimoniale a partire dall’età infantile (Bortolotti, Calidoni, Mascheroni & Mattozzi, 2008; Nardi, 2004; Sani & Trombini, 2003).

Al termine dei laboratori programmati, come prima prova per testare l’efficacia del format, l’azienda, diretta gestrice del museo, ha deciso di estendere l’offerta culturale del laboratorio facendolo divenire un servizio permanente inserito all’interno del programma di

Educational , rintracciando nell’esperienza offerta al visitor-consumer la creazione di un 71

importante valore. Un value che ricade di riflesso anche sulla positività di percezione del brand stesso, assunto ben allineato con le moderne teorie del marketing esperienziale (Ferraresi & Schmitt, 2018; Pine & Gilmore, 2013; 1999; Resciniti, 2005). L’attività laboratoriale è stata concepita come la commistione di differenti campi - educazione, intrattenimento, esperienza estetica, evasione - con lo scopo di agevolare nel visitatore la partecipazione, l’immersione e l’assorbimento conoscitivo (Pine & Gilmore, 2013; 1999). La missione del laboratorio, definito con il titolo di Pelle a Colori , è stata quella di far 72

conoscere ai bambini partecipanti un nuovo materiale, l’importanza dell’intelligenza creativa, la nobiltà del lavoro artigianale e la consapevolezza del patrimonio industriale locale, basando l’apprendimento su modalità ludiche. Il titolo del laboratorio è stato ispirato all’uso della materia prima, ossia la pelle colorata recuperata dagli scarti produttivi dell’azienda, ma porta con sé un’aurea di inclusività nei confronti di ogni partecipante di qualsiasi provenienza, etnia, religione o cultura. Il gioco stesso è un espediente democratico che il bambino riesce ad attivare con grande consapevolezza in ogni contesto e con altri partecipanti, al fine di indagare la realtà circostante, sperimentare nuove abilità, intrecciare relazioni e persino svelare l’ignoto (Zoletto, 2013; Beale, 2011; Ceccherelli, 2008). Altresì, per adempiere agli obiettivi del laboratorio, i partecipanti hanno assunto il ruolo di partner attivo, inteso come vero co-creatore del valore culturale museale (Lang, Reeve & Woolard, 2006; Zerbini, 2006) che collabora all’interno della grande Contact Zone del museo, dove si incontrano molteplici epoche, culture, saperi, interessi, linguaggi ed età (Clifford 1997).

Il programma di Educazione museale attualmente proposto dal PFM è visionabile al sito: https://www.poltronafrau.com/it/

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museum.

Lo studio proposto analizza il primo ciclo di laboratori tenuti presso il Poltrona Frau Museum di Tolentino da Gennaio a

L’analisi è stata condotta secondo la metodologia qualitativa dell’osservazione partecipante (Semi, 2010), al fine di indagare i campi relativi alla soddisfazione della visita e dell’esperienza tattile, all’interesse nei contenuti narrati, alla formazione di un giudizio critico relativo al museo e ai suggerimenti da proporre. In dettaglio, partendo da alcuni tra i principali riferimenti in letteratura sulla programmazione delle attività educative (Bebi et al., 2013; Celi, Cioppi, Falchetti, Miglietta & Guardaldi Vinassa De Regny, 2013; Bonacini, 2012; Beale, 2011; Simon, 2010; Bortolotti, Calidoni, Mascheroni & Mattozzi, 2008; Ceccherelli, 2008; Nuzzacci, 2008; Zerbini, 2006; Nardi, 2004; Okan, 2003; Sani & Trombini, 2003), il laboratorio si è articolato in tre stadi di ricerca (Figura 9) - esplorativo, attuativo, riflessivo - corrispondenti a tre indicatori ripresi dagli studi di Sumil (2016) - hearts

on, hands on, minds on - e correlandoli a specifiche dimensioni di analisi: la reattività

all’esperienza, l’interazione con la pelle, la risposta creativa (Fotografie 8-14).

Figura 9: Fasi e dimensioni di analisi del laboratorio

Fonte: D’Ambrosi & Gobbi, 2018.

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Reattività all’esperienza

VS

Interazione con la

materia Risposta creativa

L’esplorazione iniziale attiene all’area della reattività esperienziale intesa come engagement dei visitatori all’interno di un rapporto dialogico e “conversazionale” (Kolb, Baker & Jensen, 2002), concepito come simmetrico, rispettoso e interattivo tra tutti gli attori presenti. In questa dimensione è importante il rintracciamento di strumenti che agevolino interazioni positive tra il percettore, la collezione e il mediatore, ricercando un approccio hearts-on, ossia emozionale prima che cognitivo (Sumil, 2016; Munro, 2014; Wagensberg, 2000). L’utilizzo di “buone domande” in modalità aperta che non mettano in difficoltà il partecipante, affiancate dall’adozione da parte dell’operatore di un linguaggio descrittivo ricco di aneddoti e parole chiave (Brunelli, 2014), sembrano essere accorgimenti necessari per garantire un imprinting positivo, per mantenere alta l’attenzione, alimentare costantemente la curiosità e favorire l’apprendimento valorizzando il bagaglio personale del visitor (Falk & Dierking, 2000).

Passando ad un momento più attuativo della visita, si fa riferimento all’interazione diretta con la pelle, ossia al processo hands-on (Sumil, 2016; Zheng, Adam & Woodcock, 2005), mediante la manualità e la sperimentazione diretta sull’oggetto con tempi di velocità e gradi di investigazione variabili da soggetto a soggetto (Xanthoudaki, 2013). Tale interazione con gli exhibit esposti garantisce il superamento di fattori limitativi, non soltanto fisici, ma anche sensoriali, emotivi, ambientali, fornendo un’opportunità di conoscenza aumentata, nonché multisensoriale (Levent & Pascual-Leon, 2014; Morgan, 2012; Angelaccio, Giorgi & Sarti, 74 2007).

Il toccare e il manipolare la materia sono, infatti, operazioni istintuali e indispensabili per indagare il reale, nonché strumenti adatti alla moltitudine delle intelligenze poiché, prevalentemente nell’ambito della educazione, il fare produce risultati più efficaci e durevoli rispetto al semplice ascoltare (Grassini, 2016; Cardone, 2014).

Nell’ultimo step del laboratorio ci si concentra maggiormente sulla sfera riflessiva, intesa come risposta creativa agli stimoli dell’intera esperienza. Questo processo che agisce sulla sfera cognitiva del partecipante, minds-on appunto (Sumil, 2016), è senza dubbio necessario se si vuole svolgere un’attività di tipo laboratoriale prestando attenzione a non limitare il processo ludico-espressivo. Durante l’elaborazione gli adulti presenti sono tenuti a fornire un

supporto meramente tecnico, senza possibilità di intervento sul processo creativo (Munari, 2014). In questa fase l’azione del gioco assume la forma della riflessione collettiva e la cooperazione sembra divenire un fattore determinante per l’apprendimento e la costruzione di sensi (Rodari, 2005).

Il gioco è, dunque, progettato come un’azione congiunta di tre momenti volti alla realizzazione di un’esperienza complessiva di tipo costruttivista, partecipativa e interattiva. Durante il role-playing i bambini difatti prendono decisioni, osservano le regole, entrano in competizione, liberano la fantasia, esprimono le competenze individuali, costruiscono la propria capacità critica e impersonano un ruolo specifico: essere i creativi di Poltrona Frau per un giorno (Zoletto, 2013; Cataldo, 2011).