Il Museo aziendale nell’attualità
3.1 Lo stato dell’arte in Italia
La prima fase della ricerca, seguendo lo schema metodologico (Figura 3), è strettamente connessa alla rassegna sistematica della letteratura. Lo stato dell’arte descritto da autori di vari ambiti è dunque funzionale per prendere coscienza del fenomeno relativamente recente dei musei aziendali in Italia e, soprattutto, del gap riguardante la definizione univoca di tale tipologia museale e la condivisione di norme e parametri per una crescita sistematica.
Questa fase, di carattere tendenzialmente esplorativo, è stata incentrata sull’analisi del panorama attuale dei musei d’impresa italiani, prestando particolare attenzione alle dinamiche comunicative in Rete.
Muovendo dal concetto di un museo contemporaneo partecipativo e attivo sul territorio di appartenenza (Simon, 2010), si è ragionato sull’operatività del museo d’impresa, intendendolo come un luogo d’interesse per il consumo del tempo libero e possibile meta turistica (Quintanilla, 1998). Basti pensare a realtà di rilievo internazionale come il Vitra
Design Museum di Basilea, il Coca-Cola Museum di Atlanta o il Museo Ferrari di Maranello
per comprendere la portata ricettiva di alcuni musei aziendali, definiti tourist bait da Buchanan (2000) o magneti turistici da Angeloni (2013), e talvolta persino più attrattivi rispetto a musei storico-artistici maggiormente consolidati. Nello scenario italiano, dopo la comparsa negli anni Ottanta e Novanta del museo aziendale quale strumento di diffusione, è nata parallelamente l’esigenza di creare un’associazione che potesse coordinare le istituzioni d’impresa a livello nazionale e che agevolasse i processi che avevano portato nel resto del mondo a dar vita ad unicum museali di altissima risonanza. Da questa domanda, rispondendo ad una necessità diffusa, nel 2001 è nata Museimpresa, l’Associazione Italiana di Archivi e Musei d’impresa promossa da Assolombarda e Confindustria. Museimpresa è una delle poche associazioni dedicate al corporate heritage a livello europeo poiché, per via dell’eterogeneità del panorama e per la mancanza di un museo del design o delle arti applicate nazionale, in Italia si è sentita l’esigenza di mettere in rete differenti realtà nate per la volontà dei singoli privati. L’obiettivo primario dell’Associazione è quello di individuare i soggetti d’impresa che stanno promuovendo il patrimonio storico e culturale aziendale e connetterli assieme,
culturale dell’impresa (Rossato, 2013). Obiettivi che sono stati sottoscritti con precisione nel Manifesto di Intenti firmato il 15 Settembre 2001 e ancora oggi perseguiti e allineati alla
Mission dell’Associazione che si definisce secondo cinque principali cardini:
«Promuovere la politica culturale dell’impresa attraverso la valorizzazione degli archivi e musei d’impresa e la diffusione di standard qualitativi. Dare visibilità, in un’ottica di sistema, al variegato fenomeno dei musei e archivi d’impresa, espressione della storia produttiva e imprenditoriale italiana. Favorire lo scambio di conoscenze e di esperienze tra la comunità museale, le imprese, le istituzioni culturali e il grande pubblico. Svolgere attività di ricerca, formazione, sviluppo e approfondimento nel campo della museologia e dell’archivistica d’impresa. Incrementare la relazione e l’interazione tra imprese e archivi operanti sul territorio nazionale e internazionale in vista di progetti di valorizzazione comuni. Stimolare i diversi attori istituzionali (pubbliche amministrazioni, associazioni, università) ad investire nella cultura d’impresa per impedire la dispersione ciclica di importanti patrimoni imprenditoriali» . 21
Compresa la ragion d’essere dell’Associazione, si può asserire che Museimpresa opera per preservare il patrimonio industriale ed economico italiano conferendogli dignità culturale e artistica e facendo compiere a realtà, originate molto spesso spontaneamente e senza una progettazione programmatica e consapevole, quel salto qualitativo necessario per accrescere la percezione della tipologia dei musei aziendali.
In tempi abbastanza recenti, alcune indagini empiriche hanno censito e monitorato la crescita del fenomeno sul suolo italiano (Martino, 2013; Bulegato, 2008; Manzato, Prandi & Tullio, 2008), contribuendo a delineare il fenomeno italiano come un unicum a livello internazionale. Sulla base di tali studi, si è progettata una tabella funzionale a raccogliere i dati principali di tutte le istituzioni associate a Museimpresa che potesse descrivere lo stato attuale del panorama italiano (Tabella 1).
La tabella dei musei aziendali italiani è stata definita tenendo conto di alcuni parametri che permettono un confronto tra i vari casi elencati, enfatizzando degli indicatori la cui conoscenza risulta essenziale per una prima rassegna sul tema.
https://www.museimpresa.com/museimpresa/#mission (Accesso libero). [27.06.2019].
Dalla stima aggiornata al mese di Maggio del 2019, in occasione dell’Assemblea annuale di
Museimpresa, tra Musei, Archivi e Fondazioni generati da realtà industriali, l’Associazione
sembra contare ben 84 associati, 60 dei quali collocati al Nord Italia, 19 al Centro e 5 al Sud, distribuzione che ricalca in modo speculare l’evoluzione storica ed economica della penisola stessa. Sebbene, va evidenziato che molte realtà d’impresa significative e di elevato valore storico ad oggi non risultano associate a Museimpresa, pur rappresentando dei catalizzatori turistici rilevanti nel contesto italiano. Alcuni esempi celebri possono essere il Museo Ferrari di Maranello, il Gucci Garden di Firenze, la Casa Perugina di Perugia e il Centro di
Documentazione Storico Alfa Romeo di Arese, assieme a molte altre realtà di minore
dimensione che testimoniano quanto il tema della cultura d’impresa sia diffuso e si stia diffondendo sul territorio nazionale, rendendo difficile e impreciso il procedimento di mappatura.
Ad ogni modo, l’Associazione coordina i musei ad essa associati e lo fa secondo delle strategie comunitarie che coinvolgono due differenti aspetti della gestione museale, ossia la comunicazione e l’esperienza legata alle attività proposte.
E’ bene ribadire questa duplice azione poiché Museimpresa molto incide su entrambe le dimensioni, essendo l’Associazione stessa talvolta promotrice di operazioni condivise da tutti gli associati. Basti citare la Settimana della Cultura d’Impresa, ormai volta alla diciannovesima edizione, per comprendere il grande lavoro di promozione e valorizzazione culturale che l’Associazione compie su scala nazionale, perseguendo l’obiettivo di formare una rete tra i musei associati che sia uniforme, strategica e collaborativa.
Ed è proprio per il costante operato sul suolo italiano che il 1 Dicembre 2017 il Direttore generale dei Musei del MiBACT, Antonio Lampis e l’allora Presidente di Museimpresa, Alberto Meomartini, in occasione della XVI Settimana della Cultura d’Impresa hanno siglato un accordo che consolida i rapporti di collaborazione tra il MiBACT e Museimpresa, con l’intento di integrare la rete dei Musei d’impresa nel Sistema museale nazionale (Cherchi, 2017) . Questo accordo è uno snodo rimarchevole poiché, per la prima volta, le realtà 22 culturali aziendali vengono intese quali parte integrante del patrimonio culturale nazionale, riconoscendo la sterminata complessità e stratificazione della cultura italiana, frutto anche dell’intervento di privati lungimiranti che nel tempo hanno agito con l’obiettivo di custodire,
sarebbero andate perdute nel tempo e rimpiazzate da prodotti, tecnologie e macchinari sempre più avanzati.
La realtà di Museimpresa lascia sperare che ogni associato prenda coscienza del necessario adeguamento delle proprie strategie comunicative e dell’importanza della programmazione di attività di coinvolgimento partecipativo, finalizzate ad eguagliare le pratiche avviate da alcuni musei storico-artistici che stanno investendo risorse ingenti per evolvere in musei inclusivi e in luoghi deputati al loisir contemporaneo (Morcellini, Consolo, D’Ambrosi, Lai & Martino, 2011). Eppure, ancora oggi non si riesce a colmare completamente il divario di alcuni associati che restano molto distanti dall’idea di comunicazione museale strutturata e strategica o di programmazione di attività e servizi continuativi rivolti ai pubblici. Tali fattori, per nulla trascurabili, sono particolarmente visibili nel mancato utilizzo di piattaforme partecipative quali i social network, canali indispensabili per il raggiungimento di determinati campioni di audience (Henning 2006), ma che, per motivi gestionali, vengono inglobati con alcune resistenze nelle strategie comunicative offsite dei musei corporate italiani.
La governance in primis è il maggiore gap che riguarda i musei aziendali italiani, poiché, proprio per la sua natura intimamente legata all’azienda, spesso il museo d’impresa non presenta autonomia nell’amministrazione e nella programmazione e, di riflesso, manca di strumenti, figure e risorse necessarie per avviare qualsiasi tipo di interazione con l’utenza, sia sul piano digitale che su quello analogico (D’Ambrosi & Gobbi, 2017; Fiocca, Battaglia & Santagostino, 2006).
Al fine di accrescere il turismo industriale e di attrarre nuovi visitatori, la progettazione di una gestione adeguata risulta oltremodo necessaria per i musei corporate. Le istituzioni industriali dovrebbero pertanto comprendere l’importanza di intrecciare rapporti e collaborazioni con realtà culturali, ricettive, enogastronomiche, artigianali ed artistiche locali, avviando in tal senso un’attività di scambio e di rete turistica allargata. Secondo questa prospettiva collaborativa, i musei corporate sarebbero in grado di autopromuoversi e agevolare la valorizzare della rete formatasi dalla cooperazione con le eccellenze territoriali, beneficiandone in percezione e accrescendo il proprio valore site specific (Liggeri, 2015). Uno scambio attivo e possibile soltanto attraverso le nuove frontiere delle tecnologie che possono adempiere al ruolo di mediatore culturale anche con le fasce d’utenza di difficile raggiungimento, come ad esempio i cosiddetti Millennials (Howe & Strauss, 2000).
Quando si parla di musei aziendali non bisognerebbe mai tralasciare il fatto che essi sono il crocevia, il punto d’incontro tra la cultura e l’impresa e che, proprio per il grande lavoro di armonizzazioni compiuto, sono da reputare delle istituzioni museali al pari di tipologie maggiormente note. Essi sono importanti testimoni della storia industriale, dell’evoluzione della società, del costume, del gusto di un dato territorio e, tassello dopo tassello, hanno contribuito a ricreare il quadro generale della storia italiana e della cultura più popolare. Il panorama presentato fa, dunque, da fondale alla nascita e allo sviluppo del Poltrona Frau Museum che, come vedremo, sta a poco a poco evolvendo in un museo contemporaneo centrale alle logiche sociali e culturali del territorio grazie alla programmazione di moderne strategie partecipative che fanno leva sulla comunicazione promozionale e sulla riprogrammazione del design esperienziale. Tuttavia, va specificato che il PFM, come molti altri musei italiani, risente fortemente dalle scelte gestionali interne all’azienda, una
governance che caratterizza ogni aspetto della vita museale, influenzando, e talvolta persino
rallentando, lo sviluppo di determinate dimensioni, come ad esempio quella comunicativa della quale si tratterà nel paragrafo successivo.