METODI E SCOPI DELLA COMPARAZIONE
ESPERIENZE A CONFRONTO: CIVIL LAW-COMMON LAW, UNA DICOTOMIA UTILE?
4.1 La Francia e lo stile delle sentenze
In questo capitolo si darà conto di come diversi ordinamenti si comportano nell’uso del diritto comparato. A tal proposito, quella fra
civil law e common law può rivelarsi una dicotomia utile per analizzare
il differente uso dell’argomento comparatistico anche in ordinamenti dello stesso ceppo. Partendo dalla vicina Francia, è possibile fare considerazioni su quello che sembra essere un sistema chiuso e quasi esclusivamente autoreferenziale. Lasciando a margine la riforma costituzionale che ha trasformato l’attività del Conseil constitutionnel da una forma di controllo preventivo e astratto ad una forma di controllo anche incidentale, ciò che emerge dalle analisi condotte su questa esperienza è la scarsità dei riferimenti al diritto straniero e comparato. Di fronte ad un dato così insoddisfacente, si è tentato di trovare delle spiegazioni. Tra le possibili ragioni di questa reticenza della Corte costituzionale francese, devono essere disgiunte le ragioni generali da quelle afferenti alla struttura del giudizio di costituzionalità e dal particolare stile delle sentenze. Generalmente, quello che costituisce una remora allo sviluppo di sentenze motivate con riferimenti espliciti allo jus alieni loci è la paura che l’argomento comparatistico possa allontanare dalla costituzione nazionale. In secondo luogo, con riferimento alle difficoltà che nell’ordinamento francese si presentano in relazione all’uso di riferimenti stranieri, si colloca la struttura della giustizia costituzionale francese, che resta un
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unicum nel panorama mondiale. Data la particolare natura del
controllo: preventivo e astratto, attivato da organi politici quali ad esempio il Presidente della Repubblica e il Presidente del Governo71;
riveste uno spazio non marginale, dinanzi al Conseil constitutionnel, la decisione su asseriti vizi di natura formale e procedurale delle leggi. Questo tipo di decisioni, però, rende difficile che si possano emettere delle sentenze in cui i riferimenti al diritto straniero e comparato emergano con chiarezza poiché il giudizio verte su valutazioni relative al procedimento legislativo interno. Sono rare, infatti, le circostanze in cui un determinato vizio di forma o di procedura possa essere efficacemente confrontato con quello riscontrato altrove. Un ulteriore freno all’utilizzo di riferimenti comparatistici è rappresentato dallo stile particolare delle sentenze. Le giurisdizioni francesi, prima della riforma costituzionale del 2016, articolavano le loro decisioni sullo schema del cd. vis-con-dis, per cui la decisione si divideva in tre parti diverse: i visas (enunciazione dei testi a cui si fa riferimento), i
considérants (cioè i paragrafi in cui si suddivide la motivazione) e
infine il dispositif (che contiene la dichiarazione di incostituzionalità o di conformità alla Costituzione). La particolare forma di queste decisioni non consentiva un agevole inserimento di riferimenti al diritto comparato. In primo luogo perché, diversamente, nei visas si sarebbe prodotta una elevazione dello ius alieni loci da argomento a parametro della decisione. Allo stesso modo, nei considérants non vi era uno spazio adeguato al riferimento perché la motivazione, sintatticamente complessa, non lasciava spazio ad una ricostruzione della ratio decidendi72.
Fatte queste doverose considerazioni, non si può negare che negli ultimi anni le decisioni del Conseil constitutionnel abbiano conosciuto
71 L. Pegoraro e A. Rinella, Sistemi costituzionali comparati, Giappichelli Editore,
2017, p. 304 ss.
72 P. Passaglia, L’influenza del diritto comparato sul Conseil constitutionnel francese,
in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 99 ss.
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una forte dilatazione in favore di motivazioni che lasciano trapelare le ragioni di una certa scelta. In conclusione, le modalità di redazione delle sentenze sembrano spiegare la reticenza dei giudici d’oltralpe nell’uso di riferimenti stranieri, tuttavia, sembrano anche lasciare un margine significativo per una futura evoluzione73. Ad ogni buon conto,
dal 2000 i richiami sono diventati meno sporadici. Ad esempio, nei ricorsi dei parlamentari ricorrenti, i riferimenti vanno all’esperienza statunitense74, mentre nelle observations del Governo si privilegiano
riferimenti al diritto europeo, specialmente tedesco, anche se sono rintracciabili dei richiami (più o meno generici) all’Italia75 . Ed è
proprio in riferimento a quest’ultima che si rende utile richiamare l’attenzione sulle observations du gouvernment nella décision n. 99- 424 DC, del 29 dicembre 1999. Nell’apertura delle osservazioni è possibile leggere come in riferimento alla legge finanziaria per il 2000, adottata il 21 dicembre 1999, c’era stato un ricorso al Conseil
constitutionnel da parte di 60 deputati e 60 senatori, i quali avevano
mosso alla legge una serie di critiche. Il Governo, quindi, ha dovuto fare delle osservazioni nel merito.
Per quello che interessa in questa sede, l’art. 20 della legge finanziaria del 2000 aveva alzato, nell’ambito dei gruppi di società, la percentuale di costi e oneri dal 2,5% al 5%, ma non come detrazione dai prodotti di compartecipazione agli utili dalla società madre bensì nell'ambito del regime "madre-figlia".
Dunque, il Governo sottolineava come tale quota fosse calcolata sull'ammontare totale dei dividendi, incluso il credito d'imposta (da
73 Sono le conclusioni che P. Passaglia trae dopo aver passato al vaglio un serie di
sentenze e decisioni delle corti francesi, sul punto L’influenza del diritto comparato
sul Conseil constitutionnel francese, in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 103.
74 Sul punto P. Passaglia, op. cit., p. 103.
75 Riferimento alle observations du gouvernment (https://www.conseil-
constitutionnel.fr/les-decisions/decision-n-99-424-dc-du-29-decembre-1999- observations-du-gouvernement) nella décision n. 99-424 DC, del 29 dicembre 1999 (https://www.conseil-constitutionnel.fr/decision/1999/99424DC.htm), consultati il 28 febbraio 2020.
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considerare come un utile distribuito) e fosse, quindi, conforme alla direttiva 90/435 / CE, del 23 luglio 1990, relativa al regime delle società madri e controllate che stabilisce che "la somma forfettaria non
può superare il 5% degli utili distribuiti dalla società controllata".
L'appello dei senatori ha mosso una critica veemente a questo articolo per l'introduzione di discriminazioni tra le società interessate, a seconda che beneficiassero o meno del credito d'imposta. L’observation du gouvernment si conclude poi con:
“In effetti, tutte le società madri che percepiscono un dividendo con un credito d'imposta, che provenga da una consociata francese o da una consociata estera residente in un paese collegato alla Francia da un accordo che prevede il trasferimento delle tasse (questo è il caso dell'Italia), saranno trattate allo stesso modo. È errato affermare, come fanno i ricorrenti, che si crea una differenza di trattamento "su una base di parità", perché non è così76.”
Agli stessi fini è opportuno richiamare un ulteriore caso, la saisine
senatoriale da cui è scaturita la décision n. 2000-426 DC del 30 marzo 200077 sulla legge relativa al cumulo dei mandati elettorali e delle
76Le osservazioni tradotte sopra riportano parzialmente questo estratto: “(…) Sur
l'article 20: A) L'article 20 de la loi de finances pour 2000 porte de 2,5 % à 5 % la quote-part de frais et charges qui n'est pas admise en déduction des produits de participation du bénéfice de la société mère, dans le cadre du régime " mère-fille ". Cette quote-part est calculée sur le montant total des dividendes, crédit d'impôt compris. Cette règle est conforme à la directive 90/435/CE du 23 juillet 1990 concernant le régime des sociétés mères et filiales qui prévoit que " le montant forfaitaire ne peut excéder 5 % des bénéfices distribués par la société filiale " (art. 4, point 2), le crédit d'impôt devant être considéré comme un bénéfice distribué. Le recours des sénateurs fait grief à cet article d'introduire une discrimination entre les sociétés concernées, suivant qu'elles bénéficient ou non de l'avoir fiscal. B) Ce moyen manque en fait. En effet, toutes les sociétés mères recevant un dividende assorti d'un avoir fiscal, qu'il provienne d'une filiale française ou d'une filiale étrangère résidente d'un pays lié avec la France par une convention prévoyant le transfert de l'avoir fiscal (c'est le cas de l'Italie), seront traitées de la même manière. Il est erroné de prétendre, comme le font les requérants, qu'une différence de traitement est créée " à produit égal ", car tel n'est pas le cas.” (https://www.conseil- constitutionnel.fr/les-decisions/decision-n-99-424-dc-du-29-decembre-1999- observations-du-gouvernement), consultato il 28 febbraio 2020.
77 Riferimento alla saisine senatoriale (https://www.conseil-constitutionnel.fr/les-
decisions/decision-n-2000-426-dc-du-30-mars-2000-saisine-par-60-senateurs) da cui è originata la décision 2000-426 DC del 30 marzo 2000 (https://www.conseil- constitutionnel.fr/decision/2000/2000426DC.htm), consultati il 28 febbraio 2020.
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condizioni per il loro esercizio. In questa circostanza il richiamo al nostro paese è incluso nel punto quindicesimo di cui alla lettera B, dove si legge: “Incoerenze inaccettabili dal punto di vista
dell'uguaglianza appaiono dal momento che un deputato italiano eletto in Francia78 potrebbe essere il sindaco del suo comune in Italia, mentre il suo compagno di corsa francese non potrebbe esserlo (decisione del Consiglio costituzionale del 29- 30 dicembre 1976, Assemblea europea).”
A dire dei senatori, questa era un’incompatibilità non giustificata dal fatto che fosse riferita ai soli mandati relativi alla cittadinanza francese e, soprattutto, non giustificata da alcuna considerazione di interesse generale che richiedesse disposizioni specifiche. Per questa ragione, gli stessi sostenevano che in tal modo si formassero delle disuguaglianze rispetto alle altre categorie di funzionari eletti. Un’incompatibilità, dunque, generatrice di discriminazione nei confronti di deputati e senatori nazionali in relazione allo status di deputati al Parlamento europeo di un altro Stato e perciò assolutamente inaccettabile. Sulla base di questi motivi si può comprendere la pretesa conclusiva del punto B della saisine: “I sottoscritti senatori chiedono
al Consiglio costituzionale che le disposizioni degli articoli da 7 a 23 della legge sui deputati europei siano dichiarate contrarie alla Costituzione79.”
78 Il riferimento al deputato italiano eletto in Francia investe la circostanza delle
elezioni al Parlamento europeo. Tuttavia, è anche un termine di paragone utile per confrontare la diversa disciplina vigente da noi al riguardo.
79 Le parti virgolettate riportano la traduzione di un estratto della saisine
(https://www.conseil-constitutionnel.fr/les-decisions/decision-n-2000-426-dc-du- 30-mars-2000-saisine-par-60-senateurs) di cui alla lett. B: “Les incompatibilités
concernant les députés européens
13o Les dispositions concernant les députés européens qui leur interdisent d'être maire, président de conseil général ou de conseil régional constituent un abus de restriction qui porte atteinte à la liberté des citoyens et à la liberté de l'élu. 14o Cette incompatibilité ne résulte pas d'une disposition constitutionnelle qui en l'espèce aurait dû s'imposer puisque toutes les autres catégories d'élus peuvent être élus à la tête d'un exécutif local. Or, les députés européens comme les autres élus émanent du suffrage universel et sont comme les autres élus des représentants du peuple souverain (décision du Conseil constitutionnel du 30 décembre 1976). 15o Des incohérences inadmissibles du point de vue de l'égalité apparaissent
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