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L’influenza dell’argomento comparatistico nella sentenza n 8 del 2019 della Corte d’Assise di Milano

COSTITUZIONALE DEL CASO CAPPATO

6.3 L’influenza dell’argomento comparatistico nella sentenza n 8 del 2019 della Corte d’Assise di Milano

La svolta storica sulla questione fine-vita arriva con la sentenza della Corte costituzionale 242/2019233 , la quale di fronte all’inerzia del

Parlamento ha ritenuto di non potersi esimere dal pronunciarsi sull’argomento. La sentenza, direttamente applicabile, individua le modalità affinché un malato che riverberi in condizioni particolari abbia il diritto di porre fine alle sue sofferenze e, dunque, il diritto di morire234. Con riferimento all’articolo 580 del Codice penale la Corte

ha confermato l’esistenza del reato di aiuto al suicidio per tutelare “le

231 D. De Lungo, op. cit., p. 12 cfr. K. Hein, Die Unvereinbarerklärung,

verfassungswidrger Gesetze durch das Bundesverfassungsgericht, Nomos

Gesellschaft, Baden-Baden, 1988, p. 92.

232 Si veda la nota 227.

233 Il testo è consultabile alla pagina:

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2019&numero =242, consultato il 10 aprile 2020.

234 Diritto Penale Contemporaneo – archivi-, Caso Cappato: La Corte

costituzionale dichiara la non punibilità dell’aiuto al suicidio in presenza di determinate condizioni, 26 settembre 2019,

https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/6804-caso-cappato-la-corte- costituzionale-dichiara-la-non-punibilita-dellaiuto-al-suicidio-in-presenza-d, consultato il 9 aprile 2020.

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persone più deboli e vulnerabili da interferenze esterne in una scelta estrema e irreparabile” ma, allo stesso tempo, ha disegnato “un’area circoscritta” nella quale l’incriminazione non è “conforme a Costituzione”.

Ciò significa che non sarà penalmente perseguibile l’aiuto al suicidio se prestato a una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno

vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, che resti tuttavia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Come accennato nel par. 6.1, a concludere definitivamente la delicata vicenda giudiziaria che ha coinvolto Marco Cappato, è intervenuta la sentenza 8/2019 della Corte d’Assise di Milano, resa il 23 dicembre 2019.

Fino ad ora abbiamo esaminato il ricorso al diritto straniero e comparato da parte della Corte costituzionale nel provvedimento del 23 ottobre 2018 e le conclusioni tratte con la sentenza 242/2019. A questo punto è necessario fare un passo in avanti e chiedersi se le parole e le argomentazioni del giudice delle leggi siano state tenute in considerazione da parte della Corte d’Assise.

A prima vista, si direbbe assente il ricorso diretto all’argomento comparatistico, tuttavia è possibile leggere dei passaggi in cui la Corte d’Assise di Milano ha espressamente tenuto in conto le parole dell’ordinanza n. 207 del 2018 e della sentenza n. 242 del 2019, in più punti richiamandosi ad esse235.

Per concludere, si potrebbe considerare ciò un segno tangibile della portata delle argomentazioni emerse in seno alla Corte costituzionale, simbolo della vis espansiva del ricorso al diritto comparato, capace, se correttamente evocato, di evolvere l’intero ordinamento giuridico e di restituire al giudice delle leggi un ruolo chiave in questo contesto, non

235 È opportuno ricordare che il testo è consultabile alla pagina:

https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2020/01/sentenza-M.- Cappato.pdf, consultato il 10 aprile 2020.

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troppo diversamente da quanto accade nell’area di common law. La vicenda, fin qui esaminata, mostra un’evoluzione della normativa italiana, evoluzione che probabilmente non sarebbe stata raggiunta con la stessa enfasi se non si fosse fatto ricorso a questa tecnica.

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Conclusioni

È giunto il momento di tirare le fila del discorso e concludere questo lavoro. Se quanto detto fino ad ora ha messo in luce un vasto panorama del diritto per molto tempo rimasto nell’ombra, sarà ora possibile dare delle spiegazioni alle domande lasciate in sospeso.

Cominciando dalla situazione italiana, anzi riprendendo la discussione dal paragrafo 1.3, sulla convenzionale suddivisione periodica della storia dell’uso del diritto straniero in Italia, è possibile provare a rispondere alla domanda con cui si apre il paragrafo 5.2. Tuttavia, la complessità della materia e la difficoltà nel trovare dei riferimenti al diritto straniero e/o comparato sono inequivocabili, per cui dare risposte certe su un effettivo cambio di trend non è facile come potrebbe apparire.

Si era detto di come il diritto straniero in Italia avesse vissuto delle fasi alterne dall’Ottocento fino agli anni Novanta del Novecento, trovando una precaria stabilità solo alla fine di quegli anni236. A tal proposito,

alla convenzionale suddivisione si era provato ad aggiungere un nuovo periodo, una “sesta fase” - il XXI secolo -, anch’essa caratterizzata, come il periodo immediatamente precedente, del resto, da un incontestabile eurocentrismo.

Se da un lato i richiami vengono, alla fine (non senza difficoltà), rinvenuti, dall’altro ci si accorge che, rispetto ad altri sistemi, essi sono relativamente pochi.

In particolare, utilizzando una delle classiche suddivisioni fra famiglie giuridiche, si è constatato che finanche all’interno della stessa area le diversità non sono poche, ragione per cui la classica dicotomia civil

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law-common law non riesce a incasellare in classi rigide le tendenze

dei vari paesi che ad essa si riconducono.

In particolare, rispetto all’area di common law, il saldo, decisamente negativo, potrebbe trovare una spiegazione nel ruolo svolto dai giudici di quelle Corti, particolarmente propensi a fare della comparazione con ordinamenti appartenenti alla stessa area, ma che non disdegnano riferimenti all’area di civil law, lasciando comunque emergere approcci distanti fra loro, ad esempio fra Stati Uniti e Regno Unito237.

Inoltre, ciò che traspare dalle ricerche condotte nel corso degli anni è il diverso approccio registrato anche nelle alte Corti civilian.

Tutto questo rende complesso se non addirittura impossibile delineare dei trend per macro-aree e complica molto l’opera del comparatista, obbligato a studiare e indagare ogni singolo ordinamento come un’entità a sé stante. Sembrerebbe che le diverse tradizioni storico- giuridiche, insieme allo stile delle elaborazioni giurisprudenziali e alla formazione accademica dei giudici, abbiano giocato un ruolo decisivo nel determinare un uso per niente simile del diritto comparato. Dal lato delle famiglie di civil law, in effetti, si registrano forti discrepanze nell’utilizzo di materiale straniero. Solo per fare un esempio, si potrebbe ricordare la differenza tra Francia e Spagna o tra Italia e Germania238 , Paesi appartenenti alla stessa area, ma in cui l’uso

dell’argomento comparatistico presenta non soltanto un’attenzione diversa ma anche e soprattutto una diversa frequenza di ricorso. Se si volesse trovare una spiegazione banale, questa potrebbe individuarsi nella distanza linguistica tra molti di questi Stati, se ci si spingesse

237 In tal senso, A. Torre, La Corte Suprema del Regno Unito: la nuova forma di una

vecchia idea (articolo già pubblicato sul Giornale di storia costituzionale, 2006, fascicolo n. 11), http://www.giurcost.org/studi/torre.html (consultato il 10 marzo 2020); A. Torre, Regno Unito: giustizia costituzionale e comparazione in un paese

“senza costituzione”, in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 169 ss.

Cfr. G. F. Ferrari, La comparazione giuridica nella giurisprudenza della Corte

suprema degli Stati Uniti d’America, in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 310 ss.

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oltre, invece, la si potrebbe individuare anche nel diverso approccio sociologico alla tematica. Così come negli Stati Uniti è nato un filone dottrinale, politico e filosofico di nationalist jurisprudence, caldeggiato da noti giudici e famosi politici239, non si può escludere

che un atteggiamento simile (sicuramente meno dirompente e dilagante) abbia influenzato anche altri Paesi, sebbene in modo meno esplicito e senza mai uscire allo scoperto. Abbiamo detto che in Francia lo stile particolare delle sentenze non ha lasciato lo spazio necessario per delle argomentazioni comparatistiche e, sebbene alcuni studi240 abbiano posto in evidenza un nuovo approccio anche in

Francia, è innegabile un atteggiamento di orgogliosa reticenza e autoreferenzialità. Come molti hanno sottolineato, la globalizzazione, probabilmente, ha giocato un ruolo importante nell’avvicinamento dei vari sistemi e ciò ha indirettamente favorito uno stile più vicino a quello del Sudafrica, che ammette nella sua stessa Costituzione la possibilità di ricorrere al diritto straniero in caso di lacune.

Tornando all’Italia, tutto ciò si traduce nella constatazione che i riferimenti (pochi, pochissimi in alcuni casi) sono diretti soprattutto alle esperienze europee e, in modo particolare, alle esperienze di cui i giudici riescono a maneggiare meglio le informazioni, quelli nei quali le barriere linguistiche non influiscono troppo e in cui una tavola valoriale condivisa consente di attingere (in particolar modo in materia costituzionale) ad un ventaglio maggiore di soluzioni241.

Tuttavia, a parte il dato qualitativo delle citazioni, quello che emergeva dalle ricerche fatte sull’Italia del nuovo millennio era la possibilità di giustificare una nuova fase della giurisprudenza.

239 G. F. Ferrari, La comparazione giuridica nella giurisprudenza della Corte

suprema degli Stati Uniti d’America, in op. cit., p. 310 ss.

240 Sul punto, P. Passaglia, L’influenza del diritto comparato sul Conseil

constitutionnel francese, in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 100.

241 L. Pegoraro, L’argomento comparatistico nella giurisprudenza della Corte

costituzionale italiana, in G. F. Ferrari e A. Gambaro, Corti Nazionali e Comparazione Giuridica, Napoli, ESI, 2006, p. 497 ss.

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Si ricorderà che il XXI secolo è risultato essere il secolo in cui si sono confermate le tendenze classiche della giurisprudenza italiana (dalle materie evocate, agli ordinamenti richiamati), lasciando tuttavia intravedere dei segnali di crescita nel numero delle situazioni in cui i giudici ricorrono al diritto comparato e, con esse, la speranza di confermare un tale trend negli anni a venire242. In effetti, la vicinanza

fra la Corte costituzionale italiana ed il diritto comparato è una tematica inesaurita, su cui la scienza comparatistica continua ad interrogarsi, dando il via ad un filone dottrinale molto produttivo, che ha visto crescere l’attenzione intorno alla materia nei primi anni del 2000 e registrare una altrettanto repentina inversione di rotta a causa di un interesse scemato negli ultimi tempi243. Ebbene, il 2014, l’anno

d’oro della comparazione presso la Corte costituzionale244, potrebbe

segnare una nuova ed ulteriore fase, in cui giudici più consapevoli e sensibili alla tematica non disdegnano di utilizzare uno strumento forse per troppo tempo trascurato: l’argomento comparatistico. In chiusura del paragrafo 5.2 si era sottolineata l’incertezza di tali affermazioni, considerato che solo il tempo potrà confermare un effettivo cambio di passo, tuttavia segnali positivi continuano ad arrivare e l’ord. n. 207/2018 ne è una viva testimonianza. Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., il giudice delle leggi italiano, ricorrendo alla giurisprudenza di altre corti, pronunciatesi su casi simili, ha dato dimostrazione di come il ricorso all’argomento comparatistico possa spingersi ben oltre la menzione erudita, ben oltre il semplice supporto ad una scelta già fatta. Qui la Corte ha impresso, attraverso il ricorso all’argomento comparatistico (sia pure sull’ondata

242 Il riferimento è dedicato in generale a P. Passaglia, Corte costituzionale e

comparazione giuridica: una analisi (molto) sineddotica, una conclusione (quasi) sinestesica, (in corso di pubblicazione nel volume degli atti del 12° Convegno

nazionale della Società Italiana degli Studiosi del Diritto Civile (SISDiC), dedicato a «I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte costituzionale nel decennio 2006-2016», Napoli, 11-13 maggio 2017)

243 P. Passaglia, op. cit., pp. 2, 3.

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emotiva di un tema tanto delicato quanto dibattuto), una direzione al legislatore. Dunque, ha segnato inequivocabilmente un’evoluzione dell’ordinamento italiano sulla questione fine-vita. Tutto questo dimostra che se in futuro si dovesse riscontrare un trend consolidato in senso positivo, il giudice delle leggi si vedrebbe restituito un ruolo quanto mai attivo nella vita della società, senza tuttavia mai invadere la sfera di competenza del legislatore e giocando una parte importante della partita da dietro le quinte, certo, ma con uno strumentario quanto mai completo.

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