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2. LA CODIFICA SINTATTICA

2.2 Gli attributi della frase semplice: function e type

2.2.2 I tipi di frase principale (type)

2.2.2.1 La frase dichiarativa

La frase dichiarativa (“dich”) «non è associata a nessun tipo particolare di atto linguistico» [FAVA – SALVI 2001, 49]. Essa può infatti esprimere atti linguistici che appartengono a diversi tipi di categorie base: verdittivi, esercitivi, commissivi, comportativi ed espositivi.

Le dichiarative possono avere il modo indicativo o condizionale. Notiamo, nel secondo esempio, l’uso transitivo del verbo scherzare, uso frequente nella cronaca sportiva44:

Abbiamo lasciato ieri la discussione ancora in alto mare dopo il drammatico intervento di Molotov e il rifiuto dei delegati olandese, neozelandese e brasiliano di ritirare il loro emendamento. (4-8-46, PE)

Intanto Ringhio scherza Ballack, Pirlo gioca uno splendido supplementare,... (5-7- 06, SP)

Il governo centrale s’acquisterebbe grandi meriti, se invece di teorizzare l'opportunità e la bontà dell'ordinamento regionale, facesse rispettare le leggi e punisse gravemente i trasgressori. (7-8-66, AF)

«Ho ancora voglia di litigare, quindi direi che va bene.» (18-2-86, IN)

Il condizionale, oltre ad essere utilizzato nell’apodosi del periodo ipotetico (...s’acquisterebbe...) e per fare affermazioni non categoriche45 (...direi...), può segnalare, nella scrittura giornalistica, «specificatamente modalità quotativa, ovvero quanto si riporta come detto da altri, formalmente senza prendere posizione» [BERRETTA 1993, 218]: con esso chi scrive indica che la conoscenza di un certo stato di cose non è di prima mano, diminuendo in tal modo il suo impegno riguardo alla verità di ciò che riferisce46. Vediamo un esempio tratto da un articolo di politica

44

A proposito dei verbi intransitivi usati come transitivi, Dardano sostiene che talvolta, come nel caso di scherzare, si tratta di un uso popolare, talaltra di usi letterari indotti dal latino; per alcuni verbi (approcciare, emozionare) non è da escludere, inoltre, l’influsso dell’inglese (to approach, to emote); si v. DARDANO [1994a, 416].

45

Mediante l’uso del condizionale possiamo, altresì, esprimere un desiderio o un ordine in forma cortese (vorrei..., la pregherei...) oppure esprimere giudizi su situazioni non reali (sarebbe bello

che...). 46

Elisabetta Fava e Giampaolo Salvi parlano di «condizionale riportivo» [FAVA – SALVI 2001, 52], mentre Serianni di «condizionale di dissociazione» [SERIANNI 1989, 516]. «Questo impiego particolare del condizionale narrativo, di recente introduzione nella lingua italiana, è nato come una

estera del 1956, in cui il cronista riferisce in merito alle rivelazioni sul terrore staliniano fatte da Kruscev al congresso del partito comunista russo. L’uso del condizionale pervade, inevitabilmente, l’intero pezzo:

Dopo l’esecuzione di Tucacevski, il dittatore avrebbe fatto uccidere 5000 fra i migliori ufficiali – [...] Gli stessi dirigenti attuali avrebbero rischiato di rimaner vittime della «fobia del tradimento» – [...] Nel suo rapporto diplomatico al Dipartimento di Stato Bohlen avrebbe indicato i vari elementi con cui è stato possibile ricostruire l’episodio del discorso segreto di Kruscev:... (17-3-56, PE)

La frase dichiarativa può utilizzare, inoltre, l’infinito, che «serve a descrivere situazioni, caratterizzare persone, ecc.» [FAVA – SALVI 2001, 55]. Nel nostro corpus tale dichiarativa è pressoché assente; vediamone un esempio, non molto convincente sul piano della correttezza formale, inserito in un contesto ove appare chiara la tendenza della scrittura giornalistica a frammentare il discorso47 e a riprodurre un andamento tipico del piano diamesico orale:

Mi pare però che un decreto come quello Bersani segni una nuova fase culturale, almeno nelle intenzioni: la concorrenza e il merito come motori, come occasioni, a cominciare dai giovani. Scrollarsi di dosso l’inerzia dei monopoli e delle corporazioni. Monopoli piccoli, medi e giganteschi. (17-8-06, IN)

Prima di passare alla descrizione delle altre principali, osserviamo alcune frasi dichiarative utilizzate nelle interviste, frasi che non hanno tanto lo scopo di constatare un fatto o di asserire qualcosa, quanto piuttosto quello di ottenere un’informazione; si tratta cioè di atti di domanda indiretti48. Vediamo qualche esempio:

caratteristica specifica del linguaggio giornalistico» [BONOMI 2002, 100]. Dardano ne sottolinea la derivazione dal sottocodice burocratico ed il suo essere funzionale al discorso reticente: si v. DARDANO [1986, 195].

47

Si v. § 2.2.7.

48

Per gli atti linguistici diretti e indiretti si v. anche FAVA [2001c, 685-687]. Giorgio Graffi osserva

che il termine «funzione», utilizzato nella classificazione tradizionale per distinguere i tipi frastici, non è particolarmente appropriato. Ad esempio, come non è sempre vero che le frasi dichiarative servano ad esprimere un’asserzione, così «non è sempre vero che le frasi interrogative abbiano la funzione di chiedere un’informazione, in quanto, in vari casi, esprimono piuttosto una preghiera o un comando» [GRAFFI 1994, 100]. A tal proposito, Serianni parla di interrogative «diffratte»: «con questo

«Ottimi voti al governatore della Banca d'Italia, al ministro del Tesoro ed al ministro delle Finanze, anche se non mi piace che Visentini abbia concesso 1500 miliardi a titolo di recupero di fiscal drag fuori dal quadro di un accordo generale sulla politica dei redditi.»

– Mancano i voti negativi, presidente.

– «Beh, lasciamo perdere. Non mi faccia rispondere.» (15-2-86, IN) –Una cosa da affrontare subito.

– «La questione delle reti, lo dicevo, è su quello che si gioca il futuro del Paese.» (17-8-06, IN)

Per le dichiarative prive di verbo, si rimanda al paragrafo sulle frasi nominali.

2.2.2.2 La frase interrogativa

L’interrogativa (“int”) è una frase associata a un atto di richiesta d’informazione49.

In relazione al tipo di domanda, possiamo distinguere due classi di interrogative: le interrogative dirette di tipo x (“int x”) e le interrogative dirette alternative (“int altern”). Le prime sono introdotte da pronomi, aggettivi o avverbi della serie interrogativa (chi, che cosa, cosa, che, come, dove, perché, quale, quando,

quanto): «il parlante cerca di sapere per che cosa sta x, dove x è una funzione che

contiene infinite variabili», contraddistinta dalla proprietà semantica dell’indeterminatezza. Le seconde (yes or no questions) «presentano una scelta fra due possibilità in modo che ci si aspetta come risposta o sì o no» [FAVA 2001b, 70]. Esse si distinguono dalle corrispondenti dichiarative esclusivamente per la

attributo, preso a prestito dall’ottica (e che altri ha già utilizzato nella critica testuale), intendiamo qualificare quelle interrogative totali che, come il raggio luminoso in determinate condizioni fisiche, “deviano” il loro corso e dissimulano il contenuto reale della richiesta per ragioni di cortesia» [SERIANNI 1989, 519]. Infatti, se diciamo mi passi il sale?, poniamo formalmente una domanda che però equivale a un ordine. Con l’interrogativa si ha, quindi, «un effetto di attenuazione dell’imperatività, si tratta cioè di una strategia per ottenere un effetto di “cortesia”» [SALVI –

BORGATO 2001, 154].

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particolare intonazione interrogativa di tipo ascendente50 e per l’ordine delle parole, ovvero la consueta posposizione del soggetto al verbo. Qualora le alternative siano elencate esplicitamente, abbiamo individuato un sottotipo delle domande alternative, le interrogative disgiuntive (“int disg”).

Segue un esempio di interrogativa diretta di tipo x:

– Quali sono, secondo lei, le necessità essenziali dell’Italia per la sua resurrezione? (10-11-46, IN)

Vediamo un caso di interrogativa diretta alternativa:

– Lei crede che una terza forza europea sia possibile e desiderabile? (23-5-56, IN)

Infine, un esempio di interrogativa disgiuntiva:

– È una promessa o una minaccia per l’industria della pornografia? (13-12-76, IN)

Accanto all’atto di domanda canonico o non marcato, esistono atti non canonici o marcati, la cui ragion d’essere illocutoria non è quella di ricevere una risposta. Essa, infatti, è implicita nella domanda: chi la pone o conosce già la risposta, oppure non vuole che altri gliela dica. Le funzioni di questo tipo interrogativo sono molteplici: la domanda retorica può fungere da asserzione, comunicando un’informazione con maggiore efficacia rispetto alla semplice constatazione che si otterrebbe con la frase dichiarativa, può avere un valore espressivo, sottolineando perplessità o indecisione, oppure veicolare un’esortazione, come negli esempi seguenti, estrapolati da due articoli di politica estera, nei quali le capacità suasorie degli attori dell’evento vengono messe in luce dal giornalista che, nel riportare parte del loro discorso, fa un largo uso di interrogative retoriche, sia di tipo x (“int x ret”), sia alternative (“int altern ret”), poste anche in sequenza anaforica:

Perché, diceva, dovremmo abbandonare le decisioni preparate tre settimane fa, in questa stessa sala, dal Consiglio dei «quattro»? Perché non dovrebbero più essere buone? (4-8-46, PE)

50

L’intonazione indica l’atteggiamento dell’emittente nei confronti di ciò che dice: si tratta della «funzione modale» dell’intonazione [SIMONE 1990, 402].

«Si rende conto il Primo ministro – ha chiesto – che l’Egitto è disposto a cessare il fuoco se gli altri contendenti faranno altrettanto? Si rende conto che Israele considera terminate le sue operazioni nella penisola del Sinai? Si rende conto che il Canale di Suez è ormai bloccato, sicché l’intervento anglo-francese, lungi dal garantire il libero passaggio delle navi, ha avuto l’effetto opposto?» (4-11-56, PE)

Nella scrittura giornalistica la domanda retorica può contribuire a creare effetti di ‘animazione’:

A prima vista verrebbe voglia di dirgli: «Ma ragazzo cosa fai tu in mezzo a questi veri atleti?». E invece l’ometto esile e sparuto, tutto naso e orecchi, ha piegato gli atleti dai muscoli possenti. (20-3-46, SP)

Se avesse avuto in prima linea un uomo di maggiore esperienza (vogliamo ricordarci di Chinaglia?), ieri la Lazio avrebbe stritolato la Juve. (4-10-76, SP)51

Rileviamo inoltre che, negli articoli di fondo, cui «spettano più particolarmente la formazione delle opinioni pubbliche e il consolidamento degli ideali politici e dei criteri di comportamento sociale» [DARDANO 1986, 274], il giornalista può avvalersi di tali interrogative per convincere il lettore e orientarne l’opinione, come accade nel prossimo esempio tratto da un articolo del 1946, nel quale è chiara la volontà di persuadere i lettori a votare per la repubblica:

Il più pericoloso e il più insidioso di questi elementi è la paura: si ha da alcuni una grande paura della repubblica e da altri si alimenta ad arte questa paura.

Paura di che?52 Anzitutto del nuovo, del nuovo in sé e per sé, che fa paura agli spiriti retrivi, ai timidi, ai dubbiosi, agli apolitici, a tutti coloro che si propongono di voler occuparsi solamente dei propri affari, senza capire che questo proposito è proprio per loro il peggior affare. […] La repubblica, ci si dice, significa immediati disordini e da ultimo dittatura. Ma perché dovremmo avere questi disordini? Le masse, ove

51

Per questo esempio, si v. anche § 2.2.6.

52

La stessa interrogativa compare come titolo di un articolo di fondo (1 giugno 1946); il giornalista «invita a votare Repubblica con la frase “Paura di che?”, che contesta in modo persuasivo uno degli argomenti più sfruttati dai monarchici, il salto nel buio» e la sua azione è «molto efficace perché il “Corriere” è pur sempre l’organo della borghesia e tra i suoi lettori, a differenza di quelli dei quotidiani delle sinistre, sono molti gli indecisi» [MURIALDI 2003, 56].

l’esito del «referendum» fosse per la repubblica, saranno soddisfatte e non si capisce perché dovrebbero creare disordini. (3-5-46, AF)

Per quel che concerne i modi verbali, mentre le interrogative canoniche ammettono l’indicativo e il condizionale, le interrogative marcate possono avere anche il congiuntivo, l’imperativo e l’infinito. Il nostro corpus offre alcuni esempi con l’infinito:

Come facciamo a far passare in Parlamento una limitazione della scala mobile o una riduzione dei consumi senza l’aiuto di quei partiti con i quali «loro» vogliono scontrarsi? Me lo dicano! L’astensione a Roma è come un voto determinante. Non gli piace? Ma allora sarebbe più logico, dal loro punto di vista, chiedere subito le dimissioni del governo, e della giunta regionale lombarda, e di tante altre giunte, e andare avanti. Ma andare avanti con che cosa? Sono dei superficiali. (4-12-76, IN) La Tv palestinese, a Gaza, ha trasmesso spot di candidati arafattiani anche durante il voto. E che dire della presidentessa di seggio Kawtar Amr che, a Qurtuba, ha consegnato schede già compilate? (21-1-96, PE)

Per le interrogative senza verbo, si rimanda al paragrafo dedicato alle frasi nominali.

2.2.2.3 La frase iussiva

La frase iussiva (“iuss”) può esprimere un ordine, un’esortazione, un consiglio, un’istruzione, una preghiera o un permesso; in ogni caso, si tratta di un atto illocutorio di richiesta d’azione. Nel caso in cui la richiesta sia rivolta «direttamente alla persona o alle persone da cui ci si aspetta la realizzazione dell’azione» [SALVI –

BORGATO 2001, 152], parliamo di iussiva diretta (“iuss dir”). Sintatticamente essa viene realizzata con il modo imperativo per la II persona singolare e plurale e per la I

persona plurale, con il modo congiuntivo per la III persona singolare e plurale53, e con l’infinito per una richiesta rivolta ad un esecutore indefinito generico.

Vediamo alcuni esempi:

Perciò salutiamo ancora una volta questo grande campione che ha dato così fulgidi allori allo sport italiano, ma convinciamoci che, ormai, non è lui il più forte. (17-3- 56, SP)

– ...C’è da invertire una marcia, ma con chi possiamo farlo?

– Risponda lei, ministro. Lo schieramento moderato democristiano sostiene... (4-12- 76, IN)

«Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza», diceva Kant. (1-5-86, AF) Se per voi, nel calcio, conta solo il risultato, non attardatevi a leggere queste settanta righe. (5-2-96, SP)

Nel caso in cui la richiesta venga formulata senza la menzione diretta dell’esecutore, parliamo, invece, di iussiva indiretta (“iuss indir”); essa può realizzarsi tramite una frase passiva o impersonale, oppure mediante una proposizione «che descriva lo stato che deve essere raggiunto con l’esecuzione dell’azione richiesta» [idem, 153]:

Si leggano i verbali del Consiglio espressamente convocati dal re per esaminare la questione. (3-5-46, AF)

Non si dimentichi che presupposto fondamentale del successo di una politica sociale è l’aumento del reddito nazionale. (14-1-56, AF)

Nei prossimi esempi le frasi iussive inserite all’interno di un discorso diretto, che rappresenta, spesso, il luogo ove sono riprodotte modalità tipiche del parlato, sembrano voler dare al lettore l’impressione di trovarsi direttamente in medias res,

53

Si tratta del cosiddetto ‘congiuntivo esortativo’, che «supplisce per le persone diverse dalla 2ª e dalla 5ª all’imperativo [...]. In area centromeridionale (da Roma in giù) il congiuntivo esortativo – come in genere qualsiasi congiuntivo, specie indipendente – tende ad essere rappresentato dal congiuntivo imperfetto. Si veda il commento ironico di un cronista del Corriere della Sera (12.12.1986,2) alle seguenti dichiarazioni di un deputato romano: “Questo Visentini è il ministro della bella vita o, come si dice a Roma, dei quartieri alti. Pensasse (come si dice sempre a Roma, ndr) a quello che fa alle Finanze» [SERIANNI 1989, 524-525].

quasi partecipasse all’evento insieme al giornalista e alla folla urlante; l’avvenimento sportivo risulta, in questo modo, ‘drammatizzato’:

Oggi ne abbiamo sentito dire di tutti i colori contro i campioni della discesa. «Hanno paura di un po’ di nebbia. Si vergognino!». «Sono delle signorine, ecco quello che sono». «Sono stati troppo deboli i giudici perché avrebbero dovuto fare svolgere senz’altro la corsa e chi aveva paura restasse a casa.»54 (17-3-56, SP)

«C’è una curva a destra! Vai Floyd, attento, ora c’è un saliscendi! Stai pedalando con un ritmo perfetto! Vai così, sei sulla strada della maglia gialla!» (23-7-06, SP)

Concludiamo con alcune formule stereotipe in cui l’«idea di volizione è fortemente attenuata, quasi non percepibile» [SERIANNI 1989, 525]:

Basti pensare che la coabitazione dei tre partiti, che noi abbiamo imitato dalla Francia, è venuta dopo una coabitazione di sei partiti. (10-11-46, IN)

«Mi permetta di riferirmi – rispose – a quanto dissi più sopra:...» (8-2-56, IN) A questo si aggiunga Moriero che, a destra, infliggeva continui patimenti a Maldini, lanciandosi in una sorta di andirivieni laterale arricchito dai «tagli» in velocità. (5-2- 96, SP)

Tali formule, sovente, sono impiegate per segnalare il passaggio ad un argomento successivo:

Torniamo al finale drammatico: il Padova cercava disperatamente il pareggio ma non riusciva a piazzare un solo tiro. (1-3-56, SP)

– Parliamo ancora di emozioni: quest’anno sono state poche per la Ferrari, non è stato un anno fortunato. (18-12-86, IN)

La nostra codifica ha ravvisato, inoltre, qualche esempio di iussiva senza verbo, per il quale si rimanda al paragrafo sulle frasi nominali.

54

2.2.2.4 La frase ottativa

La frase ottativa (“ott”) «esprime un desiderio senza che compaia un verbo illocutivo del tipo di desiderare, volere, esprimere il desiderio, e simili»55 [BORGATO

– RENZI 2001, 159]. Essa presenta sempre il congiuntivo imperfetto o

piuccheperfetto56 e si realizza in due tipi sintattici fondamentali: quello senza introduttore e quello con introduttore (magari, almeno, se). Nel nostro corpus abbiamo rilevato un unico esempio di ottativa, con introduttore (“ott intr”), in un recente articolo di cronaca sportiva:

E magari fosse come ieri, con gli azzurri a giocare alla tedesca, impeto e assalto, ...(5-7-06, SP)

2.2.2.5 La frase esclamativa

L’esclamativa (“esclam”) è un tipo di clausola57 che connota come inatteso il suo contenuto, o parte di esso; può dunque vertere sull’intera frase o su un costituente58. Alcune esclamative utilizzano introduttori che appartengono alla stessa classe dei pronomi e degli aggettivi interrogativi; altre, senza introduttore, sono riconoscibili, nella lingua parlata, da tratti paralinguistici e sovrasegmentali (in particolare la curva prosodica) e, in quella scritta, da segni d’interpunzione specifici59.

55

L’atto linguistico desiderativo può, infatti, essere espresso lessicalmente, con una formula illocutiva costituita da un verbo come volere, desiderare, richiedere ecc., alla I persona del presente indicativo o del condizionale.

56

L’imperfetto si usa per esprimere un desiderio relativo al presente o al futuro, realizzabile o meno, a seconda delle diverse condizioni extralinguistiche; il congiuntivo piuccheperfetto esprime un desiderio relativo al passato, dato come non realizzato.

57

«La tradizione di studi di lingua inglese riconosce inoltre un’unità sintattica, intermedia tra sintagma e frase, a cui dà il nome inglese di clause, equivalente (con un calco poco perspicuo, per la verità) a CLAUSOLA [...] la definizione corrente di ‘clausola’ è molto mescidata, in quanto comprende un fattore strettamente sintattico (l’appartenenza ad una frase più estesa) e uno logico-grammaticale (il fatto di presentare un soggetto e un predicato) [...] al pari di ‘frase’ anche ‘clausola’ è una nozione di comodo, che conferma la debolezza di alcune delle nozioni di base della linguistica [...] Noi stessi adopereremo sia l’una che l’altra...» [SIMONE 1990, 227-228].

58

Per il tipo esclamativo si v. BENINCÀ 2001.

59

Abbiamo codificato come esclamative anche alcune frasi prive di punto esclamativo, nelle quali però il contesto suggerisse chiaramente questa interpretazione: «la distinzione tra enunciazione ed esclamazione, com’è intuibile, è assai fluttuante; da ciò deriva, nell’uso scritto, una sostanziale

Nei testi scritti, in generale, le frasi esclamative non sono molto frequenti e sono ristrette a precise tipologie testuali, o molto colloquiali o molto retoriche. Anche nel nostro corpus non hanno una frequenza alta e, come possiamo osservare negli esempi proposti, sono state rinvenute per lo più all’interno del discorso diretto, sia esso realizzato come citazione o come intervista:

«...Questa è un’immensa tragedia!» (4-11-56, PE)

«Dove andremo a finire di questo passo? È veramente uno scandalo» (17-3-56, SP) «No. Non c’è nessun giro!» (4-12-76, IN)

«...Ci avrebbero comunque detto che eravamo i soliti comunisti camuffati. Berlusconi lo dice adesso!...» (24-4-96, IN)

Una forma di esclamativa, che riguarda non l’intera frase ma un suo costituente, si realizza «collocando in posizione iniziale il sintagma focalizzato con gli eventuali aggettivi e facendolo seguire dal complementatore che e dal resto della frase. Questo tipo è proprio del parlato spontaneo e in genere interessa sintagmi nominali senza preposizione» [BENINCÀ 2001, 134]:

Il modo come McNeil comincia lascia sbalorditi tutti. Parla vibrato, a voce alta, con foga addirittura enfatica in certi punti. E quel che dice!60 (4-8-46, PE)

Una frase esclamativa «può essere introdotta da forme del verbo figurarsi, o della variante immaginarsi seguiti da una frase che è formalmente una interrogativa diretta, forse da considerarsi una esclamativa dipendente» [idem, 151]61:

Ma si figuri che cosa accade se diamo una copertura politica a queste cose! (4-12-76, IN)

intercambiabilità di segni interpuntivi, in particolare in frasi nominali [...] e con interiezioni, primarie o secondarie» [SERIANNI 1989, 523].

60

La congiunzione e, utilizzata in alcune strutture esclamative, introduce «una frase che esprime le aspettative in contrasto (direttamente o indirettamente, tramite inferenze) con eventi espressi nel contesto linguistico» [BENINCÀ 2001, 149].

61

Paola Benincà e Nicola Munaro, sul sito Grammatica dell’italiano antico, curato da Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi e visitabile all’indirizzo http://www.geocities.com/gpsalvi/konyv/, scrivono (nel cap. 29, parte VI) che le esclamative con introduttore, «in particolare se subordinate, […] sono suscettibili di essere interpretate come interrogative o come relative senza antecedente oltre che come esclamative. L’ambiguità tra interpretazione interrogativa/relativa e quella esclamativa è forse di natura pragmatica. È possibile quindi che si tratti di frasi sintatticamente interrogative o relative, che in base a criteri semantico-pragmatici possono ricevere una interpretazione esclamativa».

Per le esclamative prive di verbo si rimanda al paragrafo sulle frasi nominali.

2.2.3 Le strutture coordinate

La coordinazione tra frasi è «uno dei modi fondamentali di costruire strutture linguistiche complesse» [SCORRETTI 2001, 227]. Abbiamo distinto tre tipi principali di strutture coordinate: congiunzioni, disgiunzioni e coordinazioni avversative, cui corrispondono i tre operatori di coordinazione più comuni, e, o, ma.