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2. LA CODIFICA SINTATTICA

2.2 Gli attributi della frase semplice: function e type

2.2.5 I tipi di frase subordinata

2.2.5.2 La frase relativa

2.2.5.2.3 Le costruzioni pseudo-relative

Le pseudo-relative differiscono dalle relative normali in base ad alcune caratteristiche generali inerenti ad antecedenti e introduttori, caratteristiche descritte, in vari luoghi, dalla nostra grammatica di riferimento: le frasi pseudo-relative hanno come unico nesso subordinante il pronome relativo che; il che può avere solo funzione di soggetto129; tali frasi possono presentare una variante all’infinito introdotto da a; il costrutto pseudo-relativo retto dai verbi di percezione permette la cliticizzazione della testa nominale, dell’antecedente130.

Con la Grande grammatica italiana di consultazione, abbiamo attribuito l’etichetta di pseudo-relative (“rel pseudo”) alle frasi infinitive dipendenti da un sostantivo o aggettivo che indichi la posizione in una certa serie (primo, ultimo) o l’esclusività (unico, solo)131:

Essi sarebbero i primi ad adattarsi ai tempi, secondo il saggio consiglio di Seneca:... (3-5-46, AF)

129

La pseudo-relativa esplicita, introdotta da che, non è stata rintracciata nel nostro corpus.

130

Da una frase come Ho visto Luca che correva possiamo avere L’ho visto che correva, ma da una frase come Ho visto la ragazza che ha vinto la corsa, non possiamo avere *L’ho vista che ha vinto la

corsa. Per le frasi pseudo relative, si v. CINQUE [2001, 515-517].

131

«Anche in frasi [...] contenenti un quantificatore numerale ordinale nell’antecedente, bisogna distinguere un uso relativo vero e proprio, che ammette, ad es., anche Il primo di noi a cui vi

rivolgerete, potrà dirvelo, da un uso non relativo che ammette una variante all’infinito introdotta dalla

...con un ritmo sempre crescente sino ad aggiudicarsi la sua prima vittoria in slalom, undici anni dopo la Magoni, ultima italiana a vincere in questa specialità,... (30-12- 96, SP)

Il suo connazionale Sastre invece ha la faccia di uno che sta seduto sulle spine, va subito fuori giri e alla fine cade anche dal terzo gradino del podio, lasciando spazio al tedesco Kloden, l’unico assieme a Honcar ad andare più veloce dell’americano. (23-7-06, SP)

Proprietà in parte simili ha la frase seguente, codificata come pseudo-relativa; in essa «abbiamo relativizzazione del soggetto (che non è possibile nelle normali relative all’infinito) e l’infinito è introdotto da a» [SKYTTE – SALVI – MANZINI 2001, 549]. Tale relativa è impiegata in un’espressione fissa:

...in vista degli impegni che le attendono nei mesi a venire:... (21-1-76, PE)

Più difficile si è rivelata la descrizione di quei costrutti percettivi in cui «il verbo regge un complemento oggetto e una proposizione infinitiva senza introduttore preposizionale il cui soggetto non espresso è controllato dal complemento oggetto» [SKYTTE – SALVI – MANZINI 2001, 509-510]. Poiché negli studi di grammatica generativa si tende a far corrispondere la pseudo-relativa all’infinitiva retta da verbi di percezione e, in più luoghi, la nostra grammatica stabilisce un parallelo fra le due costruzioni, abbiamo deciso di attribuire anche a questo tipo frastico l’etichetta di “rel pseudo”132. Tali infinitive possono essere considerate dei complementi predicativi dell’oggetto; in queste frasi l’oggetto della percezione non è tanto il

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Trattando i costrutti percettivi rintracciabili in frasi come Maria ha sentito Piero suonare il

pianoforte, la Grande grammatica italiana di consultazione rileva che «questa costruzione ha dei

paralleli nella costruzioni pseudo relativa [...]: Maria ha sentito Piero che suonava il pianoforte e nella costruzione con a [...] Maria ha trovato Piero a suonare il pianoforte» [SKYTTE – SALVI –

MANZINI 2001, 510]; si veda anche CINQUE [2001, 515].

L’accostamento tra pseudo-relative e infinitive rette da verbi di percezione è piuttosto consueto: in BATTAGLIA – PERNICONE [1980, 530-531] si osserva che alcuni verbi di percezione possono essere costruiti in tre modi (con l’infinito, con la congiunzione che e con il relativo) e si segnala la maggiore affinità tra forma relativa e forma con l’infinito. Serianni nel far notare che alcuni verbi di percezione (osservare, sentire, udire e vedere) sono costruibili con i modi finiti o con l’infinito e ammettono nel costrutto implicito un soggetto diverso da quello della reggente (sento qualcuno bussare/sento che

qualcuno bussa), scrive che «può aversi anche un’altra soluzione: il soggetto della completiva diventa

oggetto del verbo reggente, introducendo una proposizione relativa: sento qualcuno che (= il quale) bussa» [SERIANNI 1989, 553].

complemento oggetto, quanto il processo in cui il complemento oggetto è coinvolto133. In un articolo di cronaca sportiva del 2006, abbiamo rinvenuto alcune pseudo-relative disposte in serie, precedute da un costrutto peculiare della sintassi marcata, la dislocazione a destra dell’oggetto:

Bisognava vederlo, Cannavaro, recuperare in scivolata sui giganti buoni, Buffon ancora imbattuto dagli avversari (ma non da Zaccardo) vigilare sul capocannoniere dei Mondiali, l’ossigenato Klose, e salvare dopo 111 minuti su Podolski, Del Piero entrare pieno di voglia, Camoranesi agitare il codone da tanguero sulla fascia destra, ... (5-7-06, SP)

Le varie realizzazioni della sintassi marcata sono, com’è ben noto, uno dei più visibili segni del fatto che la scrittura giornalistica si sta aprendo all’oralità. Accanto alla componente espressiva, «sia nell’ambito del cosiddetto ‘stile brillante’, sia nel segno di un generale scadimento, soprattutto sintattico, verso la lingua parlata» [BONOMI 2002, 212], non bisogna dimenticare la funzione informativa di tali frasi, funzione fondamentale in questo tipo di testi. Alcuni costrutti della sintassi marcata

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La nostra codifica sintattica rimane fedele, per quanto possibile, alle categorie individuate dalla

Grande grammatica italiana di consultazione. Ci pare, tuttavia, doveroso rilevare che la questione è

molto controversa e che non tutti gli studiosi concordano sulla reale natura di pseudo-relative di queste frasi: «l’unica differenza fra le grammatiche tradizionali e quelle di stampo generativista nel trattare le costruzioni che abbiamo sinora chiamate pseudo-relative, sta nel fatto che mentre le prime non danno in pratica rilievo particolare a simili costruzioni, le seconde ne provano la falsa “relatività” soprattutto in base a prove sintattiche [...] Le pseudo relative dopo i verbi percettivi non permettono di individuare un oggetto del mondo reale o mentale, come le relative restrittive, né integrano quanto espresso precedentemente con un’ulteriore informazione, come le non-restrittive, ma costruiscono linguisticamente e denotano dal punto di vista della comunicazione l’oggetto complesso di una percezione [...] La percezione coglie la modificazione operata sull’oggetto da un’azione o dal risultato di essa, in una frazione di tempo [...] Noi sosteniamo [...] che la cosiddetta pseudo-relativa sia in realtà una relativa, la cui specificità primaria non è tanto sintattica quanto semantica» [SCARANO 2002, 87- 109]. Se si esclude tale costruzione dalle relative, perché non può essere introdotta da nessi diversi da

che, allora, sottolinea Scarano, si devono includere ‘con riserva’ anche le relative restrittive, dal

momento che anch’esse non possono essere introdotte da tutti i nessi relativi; se si escludono perché significano ‘altro’ rispetto alle ‘vere’ relative, bisogna spiegare che cosa accomuna sul piano semantico relative restrittive e relative appositive.

La stessa studiosa sostiene, inoltre, che, mentre il costrutto ‘a+infinito’ ha un significato vicino a quello delle pseudo-relative, le infinitive, invece, non possono essere considerate corrispondenti alle pseudo-relative: «la differenza tra i due costrutti infinitivo e pseudo-relativo è da mettere in relazione sicuramente con fatti che riguardano l’aspetto verbale ed è paragonabile a quella che può esserci fra un filmato, in cui ad esempio si vede “Marco ridere”, e una foto, in cui si vede “Marco che ride”» [idem, 100]. Scarano ricorda inoltre che, anche se vi sono somiglianze semantiche, come fra il costrutto ‘a+infinito’ e le pseudo-relative, non bisogna confondere i due livelli di analisi, la funzione semantica con la struttura sintattica.

sono inseriti dalla nostra grammatica di riferimento nella trattazione dedicata alla frasi definite ‘pseudo-relative’; in fase di codifica, abbiamo deciso di operare una distinzione ulteriore, fra il che delle frasi scisse ed il che delle frasi pseudo-scisse.

È stata perciò utilizzata l’etichetta “rel scissa” per distinguere il che della frase scissa134, il più frequente fra i costrutti marcati presenti nella scrittura giornalistica, sia nella forma esplicita, sia in quella implicita:

Rimarrebbero, invece, insoddisfatti i monarchici, ma non è dai monarchici, appartenenti, in maggioranza, all’aristocrazia e alla borghesia che ci sarebbero da temere scioperi e gravi agitazioni di piazza. (3-5-46, AF)

È per questo che il Cremlino ha quasi voluto accentuare il mantenimento di Malenkov, considerato il «capo dell’opposizione interna» a Kruscev, alle sue funzioni nell'esecutivo e... (17-3-56, PE)

Non si ravvisava [...] una vera superiorità di ritmo e di gioco fra le due squadre, pur se, in prevalenza, era la Spal a cercare l’offensiva senza riserve mentali,… (28-12- 66, SP)

...«è la schiena che non va»... (18-2-86, IN)

- «...Non dimentichiamo che fu lui a restituire l’indipendenza alla magistratura» - E a imporre l’amnistia ai fascisti nonostante «qualche» dissenso interno. (24-4-96, IN)

Notiamo, nell’ultimo esempio, la seconda frase scissa con ellissi della frase sovraordinata (“rel scissa ell”).

Con l’etichetta “rel pseudo scissa” abbiamo, invece, indicato il che delle frasi pseudo-scisse135, le quali, in comune con le frasi scisse, hanno «la funzione comunicativa: dato che il costituente che segue il verbo essere (l’elemento specificatore) è focalizzato, le frasi pseudo scisse sono una delle costruzioni che si possono utilizzare per focalizzare uno dei costituenti di una frase» [SALVI 2001b, 177]. Esse, costituite da ‘SN (contenente la frase relativa) + essere + SN o F’, hanno

134

«La sua tipologia si presenta molto articolata [...] se precede il tema, viene messo in maggior rilievo nella seconda parte della frase l’elemento nuovo, il che è particolarmente opportuno nel messaggio giornalistico. Notiamo infatti come la successione T-R sia molto frequente [...] Normalmente frequenti sono i costrutti R-T» [BONOMI 2002, 215]. Per la frase scissa, si v. FRISON

[2001, 208-239].

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un carattere marcatamente colloquiale. Ricorrono in tutti i tipi di articolo, ma, in maggior numero, sono state rinvenute nelle interviste, improntate ad uno stile più disinvolto:

Nel Governo tripartito ciò che è la maggiore debolezza è che non solo non vi è concordia di azione ma non vi è neanche concordia di intenti. (10-11-46, IN)

Nei primi chilometri chi si è scatenato è stata la coppia olandese, i «mostri del ritmo», secondo la definizione di Anquetil. (5-11-66, SP)

«La lezione che ci è venuta da questi mondiali è stata chiara: quel che conta è la preparazione atletica» (2-8-66, IN)

Nelle società democratiche dell’Occidente, ciò che viene prima di tutto è la lotta per l’accertamento dei fatti e la loro pubblicizzazione, sino al crudo realismo e, a volte, sino alla dissacrazione. (1-5-86, AF)

Nel corso della trattazione dedicata alle subordinate relative, abbiamo avuto più volte modo di osservare «la larga polimorfia di impieghi del che ad unire una frase principale ad una subordinata. Questi usi del che come connettivo, o complementatore generico, costituiscono un continuum che va dall’italiano standard

ancien régime [...] all’italiano popolare regionale basso [...]. È difficile quindi discernere bene a quali varietà siano da riportare, o limitare, i vari tipi di usi del che polivalente» [BERRUTO 1987, 69]. È sicuramente da ricondurre ad una varietà di lingua substandard il che del prossimo esempio, l’unico codificato come relativa polivalente (“rel poliv”) nel nostro corpus, per distinguerlo dagli altri usi sin qui illustrati:

No, non si tratta di metterci d’accordo con il PCI, ma con il paese, che è una roba che non ci dobbiamo dimenticare! (4-12-76, IN)

2.2.5.3 La subordinazione circostanziale

Tra le subordinate avverbiali, ovvero tra i costituenti macrosintattici facoltativi in quanto non richiesti dal verbo, abbiamo distinto frasi causali, finali, concessive, consecutive, temporali, ipotetiche, comparative e modali, strumentali e di maniera, avversative, limitative, eccettuative ed esclusive.

2.2.5.3.1 La frase causale

Questo tipo di subordinata instaura un rapporto causale (“caus”) con l’evento della frase reggente che ne contiene dunque l’effetto136. Possiamo distinguere tra causali tematiche e causali rematiche. Le prime, introdotte da poiché, giacché,

siccome, visto che, dato che, ecc., instaurano «un rapporto di causa-effetto in cui la

causa è nota e l’effetto è nuovo» [GIUSTI 2001, 740]:

Ma siccome il mio ufficio si è mosso nell’ambito della legalità, queste proteste mi lasciano tranquillo. (13-12-76, IN)

Nelle causali rematiche, introdotte da perché, in quanto, ecc., «il nuovo può consistere o nell’intera frase complessa o nella causale. In questo modo piuttosto che il rapporto causa - effetto viene riferito un evento, del quale è data successivamente la causa» [ibidem]:

Stavolta Moser è affondato in maniera clamorosa, perché pareva che il percorso della Sinalunga-Siena fosse stato disegnato tenendo conto proprio delle caratteristiche del trentino:... (24-5-86, SP)

Prima di proporre altri esempi, osserviamo, nella tabella sottostante, gli introduttori causali, propri o derivati137, rinvenuti nel nostro corpus, con le occorrenze distinte per anno138:

136

Per le causali si v. GIUSTI [2001, 738-751].

137

Siccome è di derivazione comparativa; giacché e poiché sono di derivazione temporale, ma sono ormai lessicalizzati come causali.

138

La nostra codifica non prevede una marcatura specifica per i diversi introduttori dei tipi frastici e, quindi, non ci consente una trattazione completa delle loro frequenze; per gli introduttori causali, considerata l’alta frequenza di perché rispetto alle altre congiunzioni, fatto subito evidente in sede di analisi sintattica, abbiamo deciso di eseguire un conteggio manuale.

1946 1956 1966 1976 1986 1996 2006 perché 8 13 15 16 9 7 6 poiché 1 3 1 1 1 in quanto 3 1 1 siccome 1 1 2 giacché 1 1

tanto più che 1 1

visto che 1 1

dato che 1

totale 14 19 18 20 12 8 6

TAB. 1 - Occorrenze dei nessi introduttori delle causali esplicite.

Ad una prima analisi dei dati, trova conferma la nota tendenza alla semplificazione dei nessi introduttori: mentre negli articoli del 1946 sono utilizzati, seppure con diversa frequenza, perché, poiché, in quanto, siccome, dato che, in quelli del 2006 troviamo soltanto perché, il quale risulta essere, inoltre, il più utilizzato, tra gli introduttori causali, sin dagli anni quaranta e cinquanta. A tale proposito, potremmo osservare come il nostro corpus non sembri avvalorare quanto rilevato da Ilaria Bonomi sull’uso di poiché, che, nei primi anni, ricorrerebbe «in pari misura a perché», e sull’uso di in quanto, che sarebbe «frequente» [BONOMI 2002, 252]; negli articoli esaminati, infatti, il loro impiego è decisamente raro rispetto a

perché.

La congiunzione poiché, che in origine aveva valore temporale, appartiene ad uno stile alto ed è più diffusa nell’uso scritto. Dagli anni quaranta agli anni ottanta, compare, benché molto raramente, in ogni tipo di articolo, sia esso di cronaca politica o sportiva, intervista o editoriale. Seguono due esempi:

...a un certo momento l’arbitro fermava il gioco [...]. Sì, poiché molti spettatori, verso il decimo minuto di gioco, erano entrati in campo superando la rete di protezione per non essere schiacciati contro la stessa dall’urto della folla ondeggiante sugli spalti popolari gremiti all’inverosimile. (1-3-56, SP)

Alla fine, poiché la nube radioattiva non ha preso la direzione della Siberia (così da rimanere un fatto interno) ma è arrivata nei cieli della Scandinavia, viene emesso, dopo giorni dall’accaduto, un comunicato di poche righe. (1-5-86, AF)

La congiunzione siccome, in espansione nell’uso vivo, ma non rintracciata negli articoli più recenti139, è utilizzata in due pezzi di cronaca sportiva, per il 1946 ed il 1956, e in due interviste, per il 1976: essa è dunque impiegata in articoli da sempre più ricettivi nei confronti della lingua orale140. Vediamo un esempio tratto da un articolo di sport:

Ma siccome è questo, notoriamente, il reparto più solido dell’Inter, quello che anche ieri ha avuto i momenti più felici, il predominio dei liguri è rimasto sterile. (25,26-2- 46, SP)

La stessa osservazione può essere fatta per la locuzione participiale dato che, diffusa nel parlato; essa compare solo nel 1946, in un brano di discorso riportato.

«...noi rimaniamo fedeli al principio del Governo di coalizione a tre e non siamo i soli a tener fede a questo principio dato che anche i comunisti ammettono che questa sarebbe la soluzione migliore...» (22-1-46, PE)

Giacché, congiunzione propria del piano diamesico scritto, ma scarsamente

impiegata nei quotidiani, ha due occorrenze, in un articolo di politica estera del 1956 e in un articolo di fondo del 1986; quest’ultima è particolarmente interessante, perché introduce una frase causale separata dalla principale mediante un punto fermo141:

Nel «socialismo realizzato», invece, un solo vero protagonista: lo Stato paternalistico e totalitario, preoccupato di mantenere, agli occhi dei sudditi, l’immagine falsamente rosea della vita che esso ha imposto loro, uno scenario propagandistico e un paradiso di cartapesta che non tollerano, ormai, più nulla della realtà effettiva: non le miserie della vita sovietica di tutti i giorni e neppure gli eventi

139

A tal proposito, riportiamo le osservazioni di Dardano: «nella scelta delle subordinate sono evitati in genere gli usi tipici del parlato: per esempio nell’espressione della causa non compaiono proposizioni introdotte da siccome e anteposte alla principale» [DARDANO 1994a, 414].

140

«Per la causali che precedono la proposizione principale, parlando si dà netta prevalenza a siccome e dato che, rispetto a poiché o giacché» [SABATINI 1985, 170].

141

imponderabili come un terremoto. Giacché, paradossalmente, anche i colpi della sorte vengono avvertiti dal potere come una sfida all’infallibilità del partito e all’onnipotenza dei suoi dirigenti. (1-5-86, AF)

Trascriviamo, inoltre, un esempio con tanto più che, che introduce «una causa che potenzia il contenuto della sovraordinata» [SERIANNI 1989, 578], e uno con la locuzione participiale visto che:

Questo problema deve essere posto e studiato, tanto più che sembra sia stata avanzata la proposta di profittare della costituzione del Ministero della Partecipazione per creare presso di esso una «holding» delle banche d'interesse nazionale,... (14-1-56, AF)

In tutto i due hanno perso circa 40''. Non sono determinanti, è chiaro visto che all’arrivo avevano quasi quattro minuti di ritardo sui belgi vincitori,... (5-11-66, SP)

Infine, un esempio con in quanto:

Lo stesso si dica per la riforma agraria o, meglio, per le «riforme» agrarie in quanto, oggi più che mai, è vero quel che Jacini già diceva più di sessant’anni fa:... (12-7-46, AF)

Un valore causale è stato rintracciato, in qualche caso, anche nella frase introdotta da se, frase non riconducibile al periodo ipotetico vero e proprio, perché l’interpretazione di se è «data come reale, è tematica e corrisponde a siccome,

considerato che, ecc.» [GIUSTI 2001, 746]142. Abbiamo applicato l’etichetta “ipo caus” per distinguere questo tipo frastico, mantenendo l’indicazione che si tratta di un costrutto ipotetico:

Qual è quell’uomo che può pretendere di capire un altro, se riesce difficile trovare la verità in se stessi? (18-2-86, IN)

Lui mi disse: se questa comodità ce la offre il Signore, perché rifiutarla? (18-2-86, IN)

142

Per i costrutti condizionali con valore causale, si v. anche MAZZOLENI [2001, 755-756] e § 2.2.5.3.6.

Come possiamo evincere dagli esempi proposti, il modo verbale usato nelle causali esplicite è normalmente l’indicativo. Il congiuntivo, di cui i nostri articoli offrono un solo caso, esprime una causa fittizia143

, possibile ma non ancora realizzata, o irreale; nel brano che segue lo troviamo impiegato in una causale separata dalla principale144:

Ma la fortuna vuole – per Prodi – che io non creda molto ai programmi. Non perché siano necessariamente disonesti. Però sono sempre gonfiati;... (23-3-06, AF)

Raro anche l’uso del condizionale:

«Sono stati troppo deboli i giudici perché avrebbero dovuto fare svolgere senz’altro la corsa...» (17-3-56, SP)

Nella forma implicita le subordinate causali sono costituite da frasi participiali, gerundive, o infinitive introdotte da per145:

Intanto ad Usmate s’era ritirato Dancelli, anche lui attanagliato dal freddo. (5-11-66, SP)

Finora il controllo sul credito, esercitato dalla Banca d’Italia, è stato soltanto quantitativo e sulla necessità di una azione siffatta è difficile non essere d’accordo, avendo l’esperienza dimostrato che spesso la concorrenza fra le banche tende a spingere il volume complessivo del credito oltre i limiti che debbono essere osservati per evitare un’inflazione. (14-1-56, AF)

È Ruggeri a controllare Lineker, mentre la tradizionale zona inglese non fa eccezione neppure per Maradona, affidato comunque preferibilmente alla guardia arcigna di Fenwick, che dopo 8' si prende un’ammonizione per aver brutalmente atterrato il piccolo fuoriclasse argentino. (23-6-86, SP)

Segnaliamo, infine, che, anche per le dipendenti causali, sono stati rintracciati casi di ellissi della sovraordinata (“caus ell”):

143

«Per esprimere la causa fittizia perché deve essere immediatamente preceduto da un elemento di polarità come o, non, non tanto, non già, ecc» [GIUSTI 2001, 741].

144

Si v. § 2.2.7.

145

Le causali introdotte da per sono all’infinito composto; l’infinito semplice ha generalmente interpretazione finale.

– E queste cose perché non le ha dette al commissario tecnico Feola prima di Liverpool?

– «In primo luogo perché io non sono un tecnico...» (2-8-66, IN)

2.2.5.3.2 La frase finale

La frase finale (“fin”) è una subordinata che «si caratterizza semanticamente come espressione del fine, dello scopo o dell’intenzione che motivano l’azione espressa nella frase principale» [BERTUCCELLI PAPI 2001, 818]. Dal punto di vista sintattico possiamo distinguere due ordini di frasi finali, quelle «circostanziali, che modificano il contenuto proposizionale della frase principale», e quelle «avverbiali di