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La funzione economica perseguita dagli swap e dagli altri contratti derivati.

Gli economisti spiegano le funzioni perseguite dagli swap e dagli altri strumenti finanziari derivati riconducendole a tre diverse finalità:

i) hedging (o copertura): la volontà di proteggersi da un rischio. Una operazione di protezione da un pericolo di perdita “si realizza mediante l’acquisto o la vendita di uno più contratti derivati […] il cui valore dipenda dalla medesima fonte di rischio che influenza il valore della posizione da coprire”157 o un fattore a esso legato.158

Ipotizziamo che un investitore abbia ottenuto un mutuo dalla banca per centomila euro e che egli debba restituire la somma a rate oltre agli interessi calcolati su un tasso variabile. Per cautelarsi contro l’aumento dei tassi variabili, egli potrà stipulare un contratto di interest rate swap con la stessa banca mutuante o con un altro soggetto, in forza del quale il mutuatario si impegna a pagare su una somma di centomila euro (nozionale) un interesse fisso del 3% mentre la sua controparte corrisponderà, tenendo come base la medesima somma, una rata equivalente al tasso variabile. Al termine dell’intera operazione economica, il mutuatario ha cambiato il tasso variabile del suo mutuo in un tasso fisso, così mettendosi al sicuro dalle oscillazioni cui prima era esposto;

ii) speculazione (o trading) che è la volontà di porre in essere “strategie finalizzate a realizzare un profitto basato sull’evoluzione attesa del prezzo dell’attività sottostante”;159 qui l’esempio può essere il medesimo di cui al punto i), ma l’attenzione deve essere volta alla controparte del mutuatario. Può essere che questa non abbia un patrimonio da proteggere ma, confidando nella Tribunale Bologna 14/12/2009 sulla qualificazione dell’up front e l’interpretazione della dichiarazione di operatore qualificato, in www.ilcaso.it.

157 www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=Hedging.

158 Sul punto cfr. Geretto, op. cit., 12 ss. In particolare, sull’utilizzo dei contratti future come copertura, 13, nota 24.

159www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=StrumentiFinanzia riDerivati; cfr. anche Geretto, op. cit., 14 s.

diminuzione dei tassi sotto ad una certa soglia - nell’esempio il 3% - miri a lucrare sulla differenza tra tasso variabile (inferiore al 3%) e tasso fisso. Se infatti la sua previsione si avvera e il tasso variabile scende al 2%, egli riceverà un 1% di guadagno al termine dell’intero scambio;

iii) arbitraggio: come il trading ha un fine speculativo, ma qui l’investitore “sfrutta un momentaneo disallineamento tra l’andamento del prezzo del derivato e quello sottostante […], vendendo lo strumento sopravvalutato e acquistando quello sottovalutato”;160 ovviamente questo è un concetto che non ha nulla a che vedere con il concetto di arbitraggio previsto nel nostro codice civile (art. 1349), atteso che allude a una complessa operazione economica composta da più acquisizioni e vendite.

Si riporta un esempio: una opzione è quotata 150 dollari nel mercato di Chicago e 100 sterline nel mercato di Londra. Se anche il cambio è favorevole (quindi in un rapporto inferiore di 1£:1,5$), è possibile acquistare l’opzione a Chicago e rivenderla a Londra. La differenza con la speculazione è che il guadagno non è basato sullo scorrere del tempo, ma su differenze createsi nello stesso momento in diversi luoghi (ad esempio mercati diversi).

L’“arbitraggio” più che riguardare lo studio dei derivati dal punto di vista giuridico, è inerente alla compravendita in luoghi diversi di strumenti finanziari e quindi è richiamato in questo studio più per propositi di completezza che di aderenza alle problematiche inerenti i contratti swap.

In generale, non sempre le funzioni di copertura, speculazione e/o arbitraggio sono facili da individuare singolarmente. Esse solitamente riguardano le ragioni per cui le parti pongono in essere il contratto (o negoziano lo strumento finanziario), per cui può benissimo accadere, e spesso accade, che in un contratto di swap non si sappia affatto la ragione per cui è stato posto in essere. Oppure

160www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=StrumentiFinanzia riDerivati. Sulle tre finalità, cfr. anche Oldani, op. cit., 18 ss.

che le finalità perseguite risultino talmente intrecciate che nel merito risulti impossibile definirle o isolarle.

In queste prime note introduttive allo studio degli swap, rimane un ulteriore profilo da richiamare. Si tratta di un principio economico la cui conoscenza è imprescindibile per una analisi dei derivati: la leva finanziaria e il suo effetto.

Uno dei vantaggi dell’utilizzo dei derivati, e in particolare degli swap, è costituito dal fatto che si può ottenere il medesimo risultato che si conseguirebbe con il reale investimento del capitale, senza bisogno di eseguire tale investimento. Richiamando l’esempio di poco sopra, l’investitore che vuole ottenere interessi su centomila euro non deve investire tale cifra ma è sufficiente che la richiami nel contratto di swap come valore nozionale.

Questa non necessaria corrispondenza tra capitale investito e ammontare di un investimento è alla base del concetto di leva finanziaria, che è la “possibilità di effettuare un investimento che riguarda un elevato ammontare di risorse finanziarie con un basso tasso di capitale effettivamente impiegato”.161 Così l’impiego di derivati permette all’investitore di “acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto” beneficiando in questo modo “di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel prodotto sottostante”.162 Tale beneficio è l’effetto leva.

Rispetto agli investimenti non caratterizzati dalla leva, si ha una discrasia tra il valore del capitale investito e quello delle posizioni realmente assunte nel mercato, rendendo possibili forti guadagni pur a fronte di piccoli capitali investiti.

161www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=EffettoLeva. Fondamentale anche la spiegazione seguente: “La leva finanziaria è espressa dal rapporto tra il valore delle posizioni aperte ed il capitale investito. Gli strumenti finanziari derivati consentono all’investitore di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto e di beneficiare, grazie all’effetto leva, di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante”. Sul punto cfr. Oldani, op. cit., 20. s.

Deve essere chiaro che la leva funziona in tutti e due i sensi, per cui vi possono essere forti guadagni, ma anche ingenti perdite, logicamente ben maggiori del capitale investito. In altri termini, anche a fronte dell’impiego di una somma limitata, l’investitore può trovarsi non solo a dovere fronteggiare la perdita di essa, ma anche a una forte esposizione del proprio patrimonio.

Il concetto non è di facile comprensione per un soggetto inesperto e spesso gli investitori possono non comprendere immediatamente i rischi che la leva implica, anche a fronte di esigui capitali impiegati. Proprio per questo il regolamento sugli intermediari emanato dalla Consob con la delibera n. 16190 del 2007 (d’ora in avanti, semplicemente, reg. Consob 16190/2007) si cura all’art. 31, comma secondo, lettera a) di imporre agli intermediari, tra gli obblighi informativi, anche quello di spiegazione dei rischi connessi all’effetto leva e della sua incidenza, all’art. 38, lettera c), impone la segnalazione nel contratto di gestione del portafoglio della possibilità che il patrimonio dell’investitore sia soggetto all’effetto leva e, in tal caso, impone all’intermediario obblighi di rendiconto più frequenti (mensili, ex art. 54, comma terzo, lettera c).163

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