Eccezion fatta per il comma 2 bis, lettera d), dell’art. 1 tuf che si riferisce a “titoli”, tutti gli altri riferimenti agli strumenti finanziari derivati nel dato positivo o impiegano esplicitamente il termine “contratti” oppure lo postulano – si pensi alla locuzione strumenti che “trasferiscono” il rischio.
Ciò significa che gli strumenti finanziari derivati sono contratti.
Autorevole dottrina osserva (pur se riferendosi alla previgente legislazione) come “è significativo che nell’elenco dei tipi di strumenti finanziari legalmente riconosciuti, le voci corrispondenti ai “derivati” parlino senz’altro di “contratti” […] ovvero: quei particolari beni, suscettibili di essere comprati e venduti, che sono gli strumenti finanziari possono essere… contratti. Siamo oltre il contratto come mezzo per trasferire beni preesistenti; siamo anche oltre il contratto come mezzo per creare indirettamente nuovi beni: il contratto si configura esso stesso, direttamente, come bene”.98
Quest’ultima osservazione porta al cuore del problema: la conclusione del contratto derivato tra intermediario e investitore implica la nascita di uno strumento finanziario. Così “l’accordo […] per effetto della stipulazione diviene di per sé uno strumento finanziario”.99
Osservando il medesimo fenomeno dal lato opposto, la negoziazione di uno strumento finanziario derivato implica anche l’assunzione di obblighi contrattuali.
Questa netta distinzione è presente anche a livello di normativa secondaria: si pensi all’art. 16 della delibera Consob n. 16191 del 29/10/2007 che stabilisce che
98 Roppo, Il contratto, cit., 56. 99 Girino, I contratti derivati, cit., 7.
“[n]el caso di strumenti finanziari derivati, le regole assicurano che le
caratteristiche del contratto derivato siano compatibili con un processo ordinato di formazione del suo prezzo, nonché con l’esistenza di condizioni efficaci di regolamento”.
Nello sforzo di definire con precisione cosa sia uno strumento finanziario derivato si è anche affermato che esso è “la combinazione di uno strumento finanziario e di una serie di accordi (clausole) contrattuali”.100
Tale definizione non è condivisibile poiché scinde in maniera non precisa l’unicum contratto-strumento finanziario derivato, a tacere della omessa chiarificazione di cosa siano delle clausole contrattuali senza un contratto.
Tendenzialmente il fatto che i contratti derivati siano strumenti finanziari comporta, a sommesso avviso di chi scrive, tre differenziazioni: vi sono dei particolari obblighi di condotta (per gli intermediari) nella negoziazione, sono richiesti dei requisiti di forma e il contratto/strumento può circolare come bene.
In relazione a questo ultimo punto, non si può parlare di strumento finanziario senza richiamare anche la nozione di prodotto finanziario. Questa è contenuta nell’art. 1, lettera u), tuf, in base alla quale sono “prodotti finanziari”
gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari”.
100 Così M. Lembo, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle problematiche civilistiche e fallimentari, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2005, 354 ss. Per alcuni, il “derivato è piuttosto lo strumento finanziario “che deriva” dal contratto” e le ragioni per cui si utilizza il termine contratti derivati sarebbero di “mera comodità espositiva” considerato “il sottile confine fra la componente negoziale (genesi) e il suo risultato (strumento finanziario)”, così Girino, I contratti derivati, cit., 7; nello stesso senso Grazia, op. cit., 1329.
È tale la fusione tra accordo e strumento da non permettere nemmeno di individuare un confine, pur se sottolineando “sottile” tra fase genetica e risultato successivo: il contratto derivato stipulato nei mercati finanziari è uno strumento finanziario, sarebbe un contratto cui applicare regole diverse se fosse stipulato in un altro contesto o se non ricadesse in quella categoria di strumenti indicati nel tuf. Più condivisibile Cossu per la quale gli swap dal punto di vista della prassi mercantile sono prodotti finanziari e strictu sensu sono strumenti finanziari che hanno forma di contratto, Cossu, op. cit., nota 18 e pg. 176; nello stesso senso Squillace, op. cit., 92.
In generale, “[p]er l’ordinamento italiano, il “prodotto finanziario” è (anche) un titolo di credito (o di debito), non di rado atipico, dematerializzato. Esso, da un punto di vista giuridico è una “cosa” equiparata a un bene mobile ovvero un bene mobile vero e proprio, il quale, ai sensi dell’art. 810 c.c., è suscettibile di essere oggetto di diritti”.101
Nell’ottica di questo lavoro i termini strumenti finanziari derivati e prodotti finanziari derivati possono essere utilizzati pressoché come sinonimi, pur tenendo presente che il concetto di prodotto è più ampio di quello di strumento.102 Ne consegue che tutte le considerazioni che saranno effettuate sugli strumenti finanziari derivati saranno applicabili anche al concetto di prodotto finanziario derivato.
Come suggestivamente osservato, in quest’ultimo si manifesta in maniera preponderante la creazione “di nuovi valori, se si vuole beni”,103 attraverso l’inserimento nel rapporto “tra denaro e denaro” di un “riferimento ad un dato della realtà che qualunque ne sia la natura oggettiva (beni, titoli, danaro assunto come nominale) e qualunque ne sia la disciplina giuridica tradizionale, privatistica, ha una sua particolare rilevanza perché svolge nel rapporto una funzione diversa da quella riconosciuta e tutelata negli istituti giuridici tradizionali (i diritti soggettivi)”.104
In sintesi, uno strumento finanziario derivato è un contratto ed è un bene. Da tale contratto nascono prestazioni; l’essere un bene oggetto di valutazione invece dà la possibilità di farlo circolare.
Se questa è la regola generale, va subito richiamato un altro aspetto fondamentale nello studio dei derivati OTC e in particolare degli swap: spesso questi strumenti finanziari, pur potendo, non circolano affatto.
101 F. Reali, I contratti di intermediazione finanziaria, in Diritto privato del mercato, a cura di A. Palazzo - A. Sassi, Perugia 2007, 525.
102 Sul punto, G. Capaldo, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Milano, 1999, 201 ss.
103 P. Ferro Luzzi, Attività e “ prodotti” finanziari, in Riv. dir. civ., 2010, 133 ss., 139. 104 P. Ferro Luzzi, Attività e “ prodotti” finanziari, cit., 138.
Il riferimento è ai prodotti finanziari illiquidi. Abbiamo poc’anzi osservato come nei mercati regolamentati si negoziano prodotti finanziari standardizzati, controllati nel numero e sempre contrattabili con una camera di compensazione.
I derivati OTC invece, sono contratti/strumenti attagliati allo specifico cliente. Per questo essi sono difficilmente trasferibili ad altri soggetti.105 Così, la illiquidità del prodotto derivato rende possibile un avvicinamento tra la gestione del prodotto e un “ordinario” rapporto contrattuale duraturo, poiché, di fatto, viene meno la possibilità di cedere il prodotto finanziario derivato acquistato.106
Questo problema è stato avvertito anche dalla Consob, tanto che, con delibera n. 9019104 del 2 marzo 2009, intitolata “Il dovere dell’intermediario di
comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi”, l’autorità di vigilanza ha individuato una serie di obblighi comportamentali che gli intermediari devono porre in essere nella collocazione di questo tipo di strumenti.
Tali obblighi saranno trattati nel terzo capitolo, qui basti segnalare la sentita esigenza di specificare, pur sottoforma di raccomandazione, un particolare livello di condotta da parte di chi vende il prodotto al risparmiatore, il quale pur avendo uno strumento teoricamente alienabile, si trova in sostanza nella impossibilità di rivenderlo e quindi di “liberarsene” nel caso il contratto in esso contenuto preveda prestazioni onerose oltre le aspettative.
7. Sulla opportunità di una categoria giuridica di contratti derivati e