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Segue: gli effetti dei contratti aleatori come criterio fondante la categoria

Un primo insieme di teorie è basato sul c.d. criterio funzionale che utilizza come parametro per la individuazione del genus contratti aleatori il rapporto che scaturirà tra benefici e perdite in un singolo accordo. In pratica, si fonda la categoria sull’effetto finale che una parte ottiene.256

All’interno di questa teoria è possibile distinguere differenti impostazioni: sono certamente da ricondurre a essa la posizione c.d. filologica, quella storica e

255 A. Gambino, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, cit., 23 256 F. Santoro Passarelli, Dottrine generali di diritto civile, Napoli, 1983, 224.

quella della commutatio dei rischi, che sviluppa la definizione del Pothier e che quindi si avvicina molto a quella storica.

La posizione filologica della categoria dei contratti aleatori pone l’accento sul significato del termine “alea” e quindi inquadra questo tipo di accordi come contratti esposti a rischi; tali rischi causano forti incertezze per uno o entrambi i contraenti.

È chiaro però che il concetto di “contratti rischiosi” non può essere da solo sufficiente a delimitare la categoria in parola, poiché si ricomprendono nel genus contratti aleatori tutta una serie di accordi esposti a rischi per ragioni diverse, sia temporali (esecuzione differita o durata periodica o continuata),257 sia riconducibili ad avvenimenti imprevisti nel contratto (c.d. sopravvenienze).

Proprio questo ultimo aspetto rileva particolarmente: si è infatti notato che la posizione filologica tende a unificare tipi di accordi per cui sono previsti rimedi opposti. Il pensiero va alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (un tipo di sopravvenienza) che è istituto escluso per i contratti aleatori e, al contrario, applicato quale correttivo per evenienze occorse (rischi le cui conseguenze negative si sono materializzate) a contratti non aleatori.

Ne deriva che sostenere che i contratti aleatori sono contratti che espongono a un rischio farebbe rientrare nella categoria anche le sopravvenienze, così permettendo intollerabili aperture ad accordi che, quantomeno dal punto di vista dei rimedi, si collocano su opposti fronti.258 La teoria filologica non pare quindi condivisibile.

La posizione c.d. storica ruota intorno alla descrizione data dal codice previgente (art. 1102 codice del 1865) e assume a punto di partenza l’ultima definizione dei contratti aleatori nel nostro ordinamento. In sostanza, i passaggi attraverso cui la concezione di contratto aleatorio sarebbe rimasta pressoché immutata sono: i) la enucleazione da parte del Pothier; ii) la trasfusione della

257 Sul punto sono fondamentali le pagine di T. Ascarelli, Aleatorietà e contratti di borsa, in Banca, borsa e titoli di credito, 1958, I, 440 ss.

definizione nell’art. 1104 code civil; iii) l’accoglimento della medesima nozione nel codice civile italiano del 1865; iv) la scelta di omettere una definizione, dandola come scontata, nel sistema designato del codice del ’42.259

Anche questa teoria non pare accettabile. Anzitutto perché, basandosi sull’art. 1102 c.c. 1865 che definiva un accordo aleatorio “quando per ambedue i

contraenti o per uno di essi il vantaggio dipende da un avvenimento incerto”, si espone al medesimo rilievo appena svolto per il criterio filologico: si traccia una categoria troppa incerta nel confini e si pone l’attenzione solo sulla oscillazione dei valori economici della/e prestazione/i.

Sempre all’interno della teoria funzionale si può poi individuare un’altra posizione: quella della commutatio periculi. Nell’ottica di questo studio, tale posizione merita particolare attenzione: spesso infatti i derivati e gli swap sono descritti come contratti (o strumenti) con i quali viene commercializzato un rischio (quello di credito negli swap creditizi, quello derivante dalla fluttuazione di interessi negli irs, quello di cambio nei dcs e così via). La teoria che vede i contratti aleatori come scambio di un rischio per un prezzo ha molti punti in comune con la teoria storica e infatti entrambe hanno uno stretto legame con la definizione offerta dal Pothier.

Nell’ottica degli studiosi che portano avanti l’idea di una “commercializzazione” del rischio “il dare non rappresenta […] il mezzo giuridico mediante il quale si opera ed attua lo scambio, ma il risultato dello scambio stesso attuato mediante l’assunzione del rischio”.260 Questo significa che nella struttura dell’accordo si pone, alternativamente, il rischio come oggetto del contratto: “la voce “pericolo” è usata in materia di contratti d’assicurazione e di prestito a cambio marittimo […], ove il rischio costituisce l’oggetto del contratto”;261 oppure come aspetto qualificante la causa: “[L]a causa del

259 Di Giandomenico-Riccio, I contratti aleatori, cit., 61. 260 Boselli, voce Alea, cit., 472.

261 Gorla, op. cit., 19. È chiaro che il riferimento era al codice previgente. Comunque il richiamo è rilevante, sia per l’autorevolezza dell’Autore, sia perché l’impostazione verrà

contratto aleatorio risiede nella assunzione del rischio che oblitera e fa scomparire, o assorbe, il gioco delle prestazioni”.262

A ben vedere, questa teoria appare fortemente influenzata dalla visione dei canonisti, cui abbiamo accennato poco sopra: giustificare la sperequazione dello scambio dei contratti aleatori con una assunzione del rischio contro il pagamento di una controprestazione permette infatti di comparare senza troppe difficoltà il contratto aleatorio a quello commutativo, giustificando l’esistenza della sperequazione.263 Il concetto di rischio, oltre che valore oggettivo, diventa una “specifica forma del danno”, potenziale minaccia su un patrimonio, facilmente misurabile e lo scambio è quindi una equivalenza del rischio tra le parti.264

L’ostacolo principale che incontrano i fautori di questa teoria è rappresentato dal fatto che l’adempimento della prestazione monetaria non è attuazione dello scambio, ma semplice risultato dello scambio stesso, con il risultato di uno snaturamento del concetto di adempimento.265 In altre parole, il pagamento non è teso alla estinzione della obbligazione, ma rappresenta una monetarizzazione della posizione assunta dalla parte che si accolla il rischio che in quest’ottica diventa un blocco reale e monolitico, pur se allo stato potenziale.

In modo suggestivo si è anzitutto notato come il rischio non è né un bene, né una entità “percepibile nella realtà, bensì il risultato di un giudizio per effetto del quale, sulla base di ciò che effettivamente esiste, si deduce la possibilità o la probabilità che un dato evento abbia a verificarsi”.266

sviluppata dalla dottrina successiva dell’immediato dopoguerra. Sul punto cfr. anche E. Gabrielli, voce Alea, cit., 4 ss.

262 R. Provinciali, La compravendita di cosa futura come contratto aleatorio, in Riv. dir. comm., 1959, II, 189 ss., 192.

263 Balestra, op. cit., 64.

264 Santoro Passarelli, op. cit., 221; Provinciali, op. cit., 189. 265 Balestra, op. cit., 62.

Inoltre, se il rischio è l’oggetto del contratto e l’adempimento della obbligazione (pecuniaria) il mero risultato di tale scambio, si finisce per confondere il risultato pratico con il meccanismo giuridico.267

La teoria della commutatio periculi non può essere accettata nemmeno se si considera l’assunzione del rischio non come oggetto ma come funzione del contratto aleatorio. Infatti, in questo modo ci si troverebbe ad anestetizzare le diverse sfumature causali dei negozi aleatori (assicurazione, gioco e scommessa,

emptio spei) appiattendo la loro funzione economico sociale a una generica accettazione del rischio verso corrispettivo e trovandosi così a raggruppare una intera categoria sulla base di una causa omogenea, mentre è noto che la causa serve a definire i differenti tipi.268

Malgrado si ritenga questa impostazione utile a una descrizione del profilo finanziario dell’“equilibrio” dei contratti aleatori (è di immediata percezione l’idea di uno scambio rischio-prezzo), la teoria della commutatio periculi non è da sola idonea a fondare la categoria dei contratti aleatori, tanto che è stata in passato definita come una “metafora”269 o una “perifrasi”270 utili esclusivamente a ribadire la incertezza sul chi dovrà effettuare o sul quanto dell’ammontare della prestazione.

In una visione più generale, la teoria funzionale e tutte le ricostruzioni a essa riconducibili, non possono essere accolte stante la impossibilità di offrire contorni definiti. La ragione di tale indeterminatezza è data dall’eccessiva attenzione agli effetti incerti del contratto aleatorio. Come fondatamente osservato: “[S]ino a che si faccia riposare il concetto di aleatorietà esclusivamente su valutazioni di carattere economico, alle quali in definitiva il termine nel suo significato filologico si richiama (vantaggio o danno economico), è difficile pensare di poter giungere ad una precisazione della

267 Balestra, op. cit., 62. 268 Balestra, op. cit., 63 s.

269 G. Osti, voce Contratto, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1960, 462 ss., 496.

270 L. Buttaro, Del giuoco e della scommessa, art. 1933-1935, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, Bologna Roma, 1959, 95.

nozione giuridica dei contratti aleatori, tale da distinguere nettamente il fenomeno considerato dal legislatore rispetto al generico rischio economico contrattuale”.271

Non può quindi considerarsi sufficiente “[…] definire il contratto aleatorio in base all’incertezza per le parti del risultato economico, positivo o negativo, di vantaggio o di svantaggio (incertezza risolta dal verificarsi, o meno, dell’evento aleatorio)”,272 anche perché impiegare il concetto di incertezza significherebbe utilizzare un elemento prettamente metagiuridico, per fondare una categoria giuridica.273

È chiaro che se invece si ritenesse fondata la teoria funzionale, oppure la posizione a essa riconducibile come quella dei contratti aleatori come scambio di rischi, scambio che porta come effetto diretto la incertezza delle prestazioni, si sarebbe già in grado di rispondere con certezza alla domanda se i derivati, e in particolare gli swap, siano contratti aleatori. Le due concezioni di contratti aleatori nella teoria funzionale e categoria dei contratti derivati – categoria valida esclusivamente su un piano economico –, difatti, quasi coincidono: gli swap, come le opzioni e i futures traslano, verso corrispettivo, i vari tipi di rischi da una parte all’altra, permettendo la nascita di contratti nei quali non si conoscono le conseguenze dei rischi assunti da una o da entrambe le parti. Abbiamo però detto che questa teoria, pur se accettabile dal punto di vista economico, si espone a troppe, fondate, critiche. Inoltre, anche per richiamare un aspetto di quelli analizzati poco sopra, si ricorda che il ricostruzione scambio del rischio per

271 A. Gambino, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, cit., 23.

272 G. Scalfi, Corrispettività e alea nei contratti, Milano-Varese, 1960, 143, precisamente, la critica alla posizione sopra assunta si sviluppa da 112 ss.

273 “Il risultato economico e la incertezza sul medesimo non sono nozioni giuridiche” e “non sono neppure costanti nei contratti tradizionalmente ritenuti aleatori”, così A. Pino, Contratto aleatorio, contratto commutativo e alea, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1960, 1221 ss., 1233 s. Si noti che perfino la giuridicità dell’alea è messa in dubbio da alcuni autori, per i quali questo concetto non costituisce nemmeno un elemento giuridico, ma metagiuridico; per questa dottrina il rischio descriverebbe “un aspetto economico di taluni contratti ritenuti tradizionalmente aleatori, e neppure tutti”; Pino, 1250. Nello stesso senso, G. Benedetti, Introduzione al libro di G. Capaldo, Contratto aleatorio e alea, Milano, 2004, VII, che osserva come “dall’ordine giuridico non è dato desumere un preciso statuto che sorregga e legittimi un concetto di alea”.

denaro, come causa nei contratti aleatori non permetterebbe di distinguere un

future da uno swap, dato che entrambi trasferiscono il rischio di svalutazione di merci sulla controparte.

È allora indispensabile continuare nella analisi dei contratti aleatori al fine di riuscire a individuare i giusti parametri che consentano una esatta definizione e permettano così di rispondere alla domanda se gli swap e gli altri contratti derivati possano essere considerati contratti aleatori.

10. Segue: l’alea come elemento modificativo della causa nei contratti

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