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5. Varietà tipologiche degli schemi contrattuali derivati

5.3. Segue: gli swap nel tuf

L’analisi dei diversi contratti nella prassi chiamati swap sarà eseguita più approfonditamente nel secondo capitolo. Qui, per obbligo di completezza, appare opportuno richiamare i vari luoghi normativi del tuf in cui viene fatto riferimento a questa tipologia di contratti, al fine di presentare al lettore un quadro più esauriente della disciplina degli strumenti finanziari derivati.

79 Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., 263. 80 Ruggeri, op. cit., 80 s.

Se si “isolano” i diversi richiami agli swap nel tuf si ottiene, seguendo la scansione dell’art. 1, comma secondo:

- lettera d): swap “connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o

rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti”;

- lettera e): swap “connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il

pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto”;

- lettera f): swap “connessi a merci il cui regolamento può avvenire

attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione”;

- lettera g): swap “connessi a merci il cui regolamento può avvenire

attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri

strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini”;

- lettera h): “strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito”;

- lettera j): swap “connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote

di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto”.

Nell’elencazione abbiamo ricompreso la lettera h): anche se non vi è un richiamo esplicito agli swap, comunque è pacifico che all’interno dei derivati per il trasferimento del credito vi rientrino anche i credit default swap (cds).

L’osservazione iniziale è comune a quella operata per le opzioni e per i

forward: il tuf indica un coacervo di contratti con il solo scopo di riunirli sotto l’insieme degli strumenti finanziari derivati e si astiene dal dettarne una compiuta disciplina, né tantomeno si premura di descrivere quali siano le prestazioni nascenti da questi accordi.

Occorre allora verificare cosa intendesse il legislatore con il termine swap. Qui segnaliamo un aspetto che è fondamentale nello studio di questi accordi, più volte rilevato in dottrina: nella prassi ci si riferisce allo swap indicando con tale termine “strutture giuridiche totalmente difformi”.82

In via astratta si possono individuare tre schemi contrattuali:

i) lo swap come scambio di somme calcolate sul medesimo nozionale ma con parametri diversi; ne è un esempio l’interest rate swap (d’ora in avanti, anche semplicemente irs);

ii) lo swap come corresponsione di una somma da una parte all’altra. Tale somma è calcolata sulla differenza tra il valore di due prestazioni astrattamente previste, come nel caso dei domestic currency swap (dcs);

iii) lo swap come scambio di posizioni giuridiche rispetto a un credito futuro. Si tratta degli swap facenti parte dei c.d. derivati creditizi, in forza dei quali le parti prevedono che uno dei pagamenti sia corrisposto “al verificarsi di certe variazioni di un parametro di riferimento” (è il caso dei credit default swap).83

Tornando al testo del tuf, possiamo osservare come le ipotesi in cui vi sia una esecuzione del contratto attraverso la “consegna fisica del sottostante” siano riferite ai future o ai forward e alle opzioni e non siano invece riferibili agli

swap.

82 Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., 28.

83 Sul punto Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., 585 s. La frase virgolettata è a pg. 586; nello stesso senso, A.A. Dolmetta – U. Minneci, voce Contratti di borsa (ovvero dei mercati mobiliari regolamentati), in Enc. Giur. del Sole 24 ore, 2007, 130; gli AA. parlano di nomina in riferimento ai diversi contratti, soffermandosi poi sugli swap e sottolineando il nome funge da riferimento a diverse strutture.

La novità di questi ultimi è infatti costituita dal fatto che in forza di essi le parti si scambiano esclusivamente somme (nella pratica chiamate “flussi di cassa”) e mai altri beni o diritti. Per questo non si può prevedere swap che siano eseguiti con la consegna materiale del sottostante.

Altrimenti avremmo di fronte un contratto di diversa natura: se l’oggetto dello scambio in un irs, ad esempio, non fosse costituito unicamente da somme e si avesse, ad esempio, un passaggio di proprietà di beni per denaro, potremmo configurare una compravendita (anche a termine). Se invece lo scambio fosse bene contro bene, si potrebbe ipotizzare uno schema assimilabile alla permuta.84

Sempre muovendosi su un piano generale e quindi astenendosi dal calarsi nelle singole fattispecie, abbiamo anticipato che in inglese, “swap” significa scambio; ed è proprio questo concetto che si pone come base di tutti questi contratti.

L’osservazione è generica e necessita una specificazione immediata. Se si impiegasse la terminologia di lingua italiana, traducendo i contratti swap come “contratti di scambio” si creerebbe una inaccettabile confusione con molti contratti conosciuti dal nostro sistema e in particolare con tutti i contratti a prestazioni corrispettive.85

Dal punto di vista terminologico pare quindi corretta la scelta di mantenere il termine inglese anziché tradurre il vocabolo secondo l’omologo termine della lingua italiana.

Nella lingua inglese il termine swap non è certo ascrivibile alle sole operazioni finanziarie, ma per quanto riguarda il sistema italiano, non si può negare che la scelta di astenersi da una traduzione sia idonea a delimitare in maniera più agevole una categoria contrattuale.

A prescindere poi dalla scelta di non tradurre il termine swap, il legislatore del tuf non sembra particolarmente interessato a dettare una disciplina specifica e

84 Ferrarini, op. cit., 33 ss. 85 de Iuliis, op. cit., 401.

traspare la volontà di ricomprendere la maggior parte delle fattispecie note nella prassi dei mercati finanziari.

Questo intento omnicomprensivo pare emergere sotto due particolari aspetti. Il primo è il riferimento agli swap come “connessi a” un determinato “sottostante”. Si tratta di una terminologia inusuale dal punto di vista civilistico il cui impiego permette al legislatore di muoversi con disinvoltura su concetti invece carichi di significato. Senza una idonea preparazione sugli swap, ad esempio, risulta impossibile comprendere cosa significhi un contratto “connesso a” diversi elementi. Dopo aver studiato la materia e aver compreso che si tratta di accordi il valore delle cui prestazioni deriva da un elemento esterno detto sottostante, diventa più chiaro il riferimento: la connessione si riferisce alla correlazione di una o di entrambe le prestazioni alle oscillazioni di valore di merci, azioni, indici ecc.

Il secondo aspetto è dato dalla previsione di più modalità di esecuzione: il tuf ne prevede solo una – regolamentazione del contratto attraverso le differenze – lasciando però intendere che tale modalità non sia l’unica possibile.

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