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I contratti derivati all’interno di operazioni finanziarie

Abbiamo analizzato come i contratti derivati siano da considerare una categoria che ha più rilievo economico che giuridico. Abbiamo anche osservato che i derivati sono stipulati perseguendo fini di copertura, speculativi o di arbitraggio (che sempre speculativi sono).

163 Il previgente regolamento sugli intermediari contenuto nella delibera Consob n. 11522 del 1998, conteneva all’art. 41, comma secondo, una definizione di leva finanziaria: “[a]i fini della definizione delle caratteristiche della gestione, per leva finanziaria si intende il rapporto fra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari e il controvalore del patrimonio affidato in gestione calcolato […]”.

Spesso si spiegano i derivati come accordi che sono stipulati all’interno di più complesse operazioni economiche, tanto che è stato recentemente osservato: “non si capisce il contratto derivato se lo si prende da solo”.164

Ci si deve quindi chiedere quale sia il rapporto tra singolo derivato e situazione in cui esso matura. Intendendo con quest’ultima dizione o una complessa operazione finanziaria, oppure il singolo negozio su cui insiste il derivato.

Con operazione “finanziaria” ci si riferisce a “quella che tra le parti (che non devono essere necessariamente due) è programmata in modo da iniziare e terminare con il “danaro””.165

Trattai di un rapporto giuridico che può essere costituito da più di due soggetti ed è sicuramente costituito da più negozi giuridici e quindi complesso sia dal punto di vista soggettivo sia oggettivo; ne è un esempio il rapporto tra intermediario e investitore: il primo può porre in contatto, il secondo con un altro contraente, o può fungere egli stesso da controparte.

Nel rapporto poi solitamente sono stipulati più negozi che mirano a far guadagnare del denaro, per cui si può parlare di operazioni complesse sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.

Con “sottostante” si intende generalmente il negozio a cui il derivato può fare riferimento; nell’esempio poco sopra richiamato, dell’interest rate swap stipulato per cambiare un tasso fisso di un mutuo in variabile, l’operazione è costituita dal contratto di mutuo più l’irs. Comunque lo si intenda, il rapporto tra derivato e sottostante ha il significato di una relazione tra il singolo accordo e altri negozi giuridici maturati nel medesimo contesto.

Questo stretta correlazione tra derivato e rapporto giuridico più ampio emerge spesso nella spiegazione dei derivati: in molti casi, ad esempio nei currency

swap o sulle opzioni sui cambi, le definizioni sono date richiamando i problemi operativi che hanno ditte di import/export che si trovano esposte al rischio

164 De Nova, op. cit., 106.

cambio nel loro commercio con l’estero, così esaltando il collegamento tra derivato di copertura sul cambio e attività commerciale transfrontaliera.166

La dottrina ha correttamente rilevato che, in relazione agli swap, il collocamento in un ambito di più ampio afflato del singolo contratto derivato permette di spiegare accordi nei quali le parti si scambiano somme di denaro, senza l’acquisto di altra ricchezza.167

Quale è il legame giuridico tra il singolo derivato e l’operazione finanziaria? Lasciando per un attimo da parte il problema della possibilità di fare emergere la intenzione speculativa o di copertura nell’atto e così espressamente contestualizzandolo all’interno di operazioni più ampie, riteniamo - e con ciò condividendo la posizione assunta dalla dottrina maggioritaria - che questo legame abbia esclusivamente natura economica e non giuridica.168

Tale esclusione del collegamento negoziale è spesso determinata dalle stesse parti che manifestano la volontà di non porre in essere alcun rapporto con altri contratti tra di esse intercorrenti. In questo caso, nulla quaestio: è lo stesso contratto a separare il singolo derivato dalla complessità del rapporto che consta di più negozi.

Ma anche qualora i contraenti del singolo derivato nulla dicano sul collegamento con una più ampia operazione economica, comunque sembra preferibile porre l’accento sulla singolarità del derivato, onde evitare di far “torto alla naturale attitudine del contratto di swap” – ma l’osservazione vale per tutti i derivati – “ad astrarsi ed astrarre dai negozi sottostanti”, tenuto altresì conto che “l’applicazione allo stesso della tesi del collegamento negoziale contrasta con la ragione economica del contratto”.169

166 Inzitari, op. cit., 953 ss.

167 In questo senso, Capaldo, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, cit., 146.

168 In questo senso, De Nova, op. cit., 107; Capaldo, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, cit., 130 ss.; Gilotta, op. cit., 138.

Non pare vi sia quindi alcuna ragione giuridica per dover necessariamente esaminare i derivati in rapporto con altri contratti, considerato che la struttura dei primi può - e deve - essere analizzata isolatamente rispetto al contesto operazionale in cui si collocano.

Cap. II. I contratti swap: schemi di regolazione e profili funzionali.

1. Lo swap. Premessa.

Nel primo capitolo abbiamo osservato che il tuf, utilizzando una tecnica nota nella legislazione finanziaria, richiama gli swap ma si astiene dal fornire una definizione di quali siano gli schemi contrattuali di riferimento.

È compito dell’interprete ricostruire la disciplina di questi contratti.

Preliminarmente, occorre chiedersi che valore abbiano i richiami che la legge opera agli swap, prendendo così posizione su di un problema sollevato da una parte minoritaria della dottrina, che, si è chiesta se i riferimenti ad alcuni aspetti degli swap nel dato positivo riescano a far guadagnare loro il “rango” di contratto tipico.

Chi risponde in modo affermativo, osserva come i diversi interventi legislativi, principalmente contenuti nel tuf, permettano una riconduzione “a sistema ed a configurare una disciplina legalmente tipica dello swap, sì che non si possa più continuare a collocarlo nell’ambito della tipicità sociale”.170

Questa ipotesi non è condivisibile: non solo la normativa primaria non si cura di descrivere quali siano le prestazioni nascenti dai diversi tipi di swap, ma comunque, i profili disciplinati sono settoriali e inerenti a un ambito ben preciso (il mercato finanziario) e a un particolare atteggiarsi dei contratti swap (essere anche strumenti finanziari derivati).171

Lo swap, quindi, non può definirsi un contratto tipico.172 Se mai è condivisibile quella dottrina che pur definendo il contratto di swap come atipico rileva che si tratta comunque di un contratto “nominato”.173

170 de Iuliis, op. cit., 399.

171 Nello stesso senso Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., 100. 172 Ex multis Irrera, voce Swaps, cit., 318.

173 G. Gioia, Il contratto di swap, in Giur. it., 1999, II, 2209 ss. 2210; in realtà, la distinzione tra nominato e tipico non è pacifica. È stato, ad esempio, osservato come “[q]uando si parla di contratto tipico s’intende quindi contratto tipico legale o, con espressione equivalente, contratto

Come sopra accennato, si può affermare che nel silenzio della legge, il tuf si può riferire a tre schemi particolari:

i) swap come scambio di somme di denaro calcolate sul medesimo nozionale ma con parametri diversi;

ii) swap come corresponsione per una sola delle parti (indeterminabile ex

ante) di una somma di denaro data dalla differenza tra il valore di due prestazioni astrattamente previste;

iii) swap come scambio di posizioni giuridiche rispetto a un evento futuro. Occorre soffermarsi sul concetto che è postulato dalla elencazione appena riportata: la presenza di più contratti che recano il medesimo nome.

Se la dottrina dall’inizio degli anni novanta del secolo scorso assumeva gli

swap come un tipo unitario, la giurisprudenza, chiamata di volta in volta a risolvere il caso concreto dedotto in contenzioso, si impegnava alla ricostruzione dei singoli contratti creando un corpus di giudicati su ogni singola tipologia di

swap.174

Con il passare del tempo gli autori che si sono confrontati sulla materia hanno cominciato a riflettere su diverse tipologie, complice sia la giurisprudenza sia la presa di coscienza che la prassi finanziaria continuava a inventare nuove fattispecie non più riconducibili a un unico schema.

nominato”, C.M. Bianca, op.cit., 446. Se questo rilievo può avere portata generale, ai fini dello swap è corretto riferirsi a tali accordi come contratti nominati dalla legge ma certamente non tipizzati.

174 Il riferimento è agli swap domestici e agli interest rate swap. La giurisprudenza cui ci stiamo riferendo è citata nei prossimi paragrafi. Si è osservato che: “[n]ella ricostruzione del tipo contrattuale descritto dalla norma in esame, si può tentare di individuare una figura unitaria a cui ricondurre i vari “prodotti” oppure sulla base dei vari tratti distintivi individuare autonome figure negoziali”, così E. Pagnoni, Contratti di swap, in I contratti del mercato finanziario, in Trattato dei contratti, diretto da E. Gabrielli e R. Lener, Torino, 2004, 1077 ss., 1078. Alcuni autori parlano di swap come contratto singolo: de Iuliis, op. cit., 392; Rossi, op. cit., 602; Agostinelli, Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante, cit., 120, parla di una matrice unitaria ma di diverse precisazioni. Sono per una pluralità di modelli: Caputo Nassetti, I contratti derivati finanziari, cit., passim, Cavallo Borgia, Le operazioni su rischio di cambio, cit., 2403; M. Ferrario, Domestic currency swap fini speculativi e scommessa, in Contratti, 2000, 255 ss., 258 che afferma che si può parlare di più tipi ma non di una categoria indipendente.

A ben vedere, in questa fase dello studio non si dispone ancora di tutti gli elementi per fornire una risposta dettagliata alla domanda se sia possibile individuare ancora una matrice unitaria anche a fronte del moltiplicarsi di fattispecie. Si deve allora procedere alla analisi dei diversi tipi per poi cercare di capire se sia possibile una reductio ad unum dei modelli circolanti.

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