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La funzione di garanzia del giudice

Nel documento Processo penale e dichiarazioni del minore (pagine 114-117)

CAPITOLO V L'escussione dibattimentale del teste minorenne

5.2. La funzione di garanzia del giudice

Nel nostro ordinamento, il giudice è considerato dominus assoluto dell’ascolto del giovane dichiarante, chiamato in quanto tale a garantire l’affermazione del diritto al contraddittorio e ad evitare che il minore subisca condizionamenti o suggestioni, tali da inficiare la genuinità della prova222.Tuttavia, si pongono una serie di dubbi significativi in merito all’opportunità che sia comunque il giudice, nonostante la possibilità contemplata dalla norma di avvalersi dell’ausilio di un esperto o di quello di un familiare, a procedere a sentire il minore in prima persona ovvero che deleghi l’audizione diretta al proprio ausiliario.

Si è notato, infatti, come un’interpretazione strettamente esegetica della previsione in esame, non sembrerebbe consentire la conduzione dell’esame del giovane dichiarante direttamente da parte dell’esperto in assenza del giudice.

Ma tale possibilità non può essere scansata a priori, potendo darsi il caso in cui questa sia l’unica via percorribile per garantire tutela e protezione ad un soggetto minore, magari in tenerissima età, da forti pregiudizi di carattere psicologico223. Contrariamente si è espressa altra parte della dottrina, nell’ottica che il giudice, in quanto organo monocratico ovvero in qualità di uno dei componenti del collegio, dovrebbe comunque partecipare in prima persona all’esame dibattimentale, in quanto determinate situazioni che vedono ad esempio il testimone minore chiudersi nell’assoluto mutismo, suggerirebbero che sia solo la presenza dello specialista e la

221 Si tratta di un’eloquente espressione tratta da G. Frigo, sub art. 498 c.p.p., in Commento al codice di procedura penale, coord. Da M. Chiavario, Torino, V, 1990, 250.

222 La suprema Corte ha definito il giudice un “filtro diretto a facilitare l’assunzione dell’esame nel

rispetto delle regole”. Si veda, in tal senso, Cass., Sez. III, 15.11.2003, n.1048, in CED Cass., 223227.

223 Come osserva L. Scomparin, La tutela del testimone nel processo penale, Padova, 2000, 315 “a

tale soluzione non dovrebbe ostare neppure il tenore del nuovo art. 111, comma 3, Cost., che, nel consacrare per <<la persona accusata (…) la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico>>, non sembra far riferimento ad un diritto di procedere direttamente all’esame, né ad una presenza del giudice in senso fisico nel luogo ove si trova il dichiarante”.

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sua esclusiva direzione in grado di favorire l’empatia con il giovane dichiarante ponendolo, allo stesso tempo, in una posizione di maggiore serenità e fiducia rispetto al suo intervistatore.

Soluzione questa che non risulta pacificamente accoglibile, in quanto “pur ritenuta ottimale in ambito diagnostico-terapeutico, non sembra praticabile in ambito giudiziario, ove le prioritarie esigenze processuali impongono al giudice, senza deleghe in bianco a terzi, il compito di raccogliere la prova e di essere garante della sua assunzione in conformità alle esigenze di genuinità e di rispetto del diritto di difesa”224.

Considerazioni di opportunità e di tipo pratico, rimarcano e sottolineano come la presenza della figura giudicante serva a evidenziare il significato processuale delle dichiarazioni rilasciare e la sacralità della funzione svolta.

Da tutto ciò consegue che la scelta per l’una o l’altra figura di intervistatore dovrà seguire ad un’attenta valutazione del caso considerato, non senza contemplare soluzioni intermedie in cui il giudicante abbia un ruolo nella prima fase di approccio con il minore unitamente all’esperto, per poi lasciare costui libero di svolgere l’audizione del testimone, fermo restando che anche l’eventuale ausilio dell’esperto non farà venire meno la “signoria” del giudice sul contenuto delle domande da rivolgere al testimone225.

In ogni caso, risulta fondamentale “il ruolo di garanzia ricoperto dal giudice, tanto che, quand’anche l’escussione diretta del minorenne dovesse essere materialmente condotta da un soggetto diverso, costui dovrebbe comunque garantire il pieno rispetto dei principi fondamentali in tema di testimonianza”226.

Si ricordi, infatti, che il presidente ha già ordinariamente il compito di disciplinare l’udienza e dirigere il dibattimento ex art. 470, comma 1, c.p.p., nonché è garante della lealtà e correttezza dell’esame nell’interesse della giustizia e della personalità del teste, così come stabilito dall’art. 499 c.p.p.

224 In questi termini si veda L. Barone, La testimonianza della vittima vulnerabile, in www.csm.it. 225 In questi termini, Cass., Sez. III, 27.04.2012, n. 20886, in CED Cass., 252770.

226 F. Tribisonna, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato nel procedimento penale: il difficile bilanciamento tra esigenze di acquisizione della prova e garanzie di tutela della giovane età., Padova, Cedam, 2017, pag. 341.

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Nel caso di ascolto del minore, il giudice assume una funzione di garanzia che arriva a ricoprire, contestualmente, anche il ruolo di principale interlocutore del giovane teste.

Ciò inevitabilmente esalta la responsabilità dell’autorità giudicante nel delicato momento di formazione della prova, con la conseguenza che, laddove ad esempio il giudice, ravvisi un qualunque vizio nello svolgimento dell’esame da parte di altro soggetto, ben dovrà intervenire, assumendo anche in prima persona la conduzione dello stesso, o qualora ciò non sia possibile, dovrà limitarsi a sospendere l’audizione ed impartire all’ausiliario le indicazioni necessario per una corretta formazione della prova.

Per quanto riguarda le modalità specifiche che il giudice dovrà porre in essere nello svolgimento dell’esame del teste minore, necessaria risulta la predisposizione di modalità ad hoc per ciascuna esperienza, scartandosi la possibilità di ipotizzare dei modelli standard, validi universalmente.

Con riferimento ai testimoni minori, infatti, si ritiene che le modalità di escussione che dovranno essere seguite possano necessitare di un più elastico adattamento alla poliedricità della situazione in concreto prospettatasi.

Da ciò discende che il giudice, avrà il fondamentale compito di valutare una serie di variabili, prima ancora di decidere in merito alle modalità esecutive da attuare nel caso considerato, dando voce -se del caso- anche all’opinione delle parti sul punto.

Ben potrebbe accadere, peraltro, che il giudice metta in pratica delle scelte operative che si rivelino inadeguate in fase esecutiva, a causa del verificarsi di fattori imprevisti, quali, a titolo esemplificativo, l’incapacità del giudice stesso o dell’esperto di entrare in sintonia con il minore, o ancora l’inadeguatezza dei luoghi. In tali casi, al giudice è richiesta un’adeguata elasticità nell’intervenire prontamente per modificare eventualmente, in itinere, le modalità esecutive prescelte.

In ogni caso, non si potrà prescindere dal rispetto di quei canoni di svolgimento dell’esame stesso che sono volti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni rese.

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5.3. L’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia

Nel documento Processo penale e dichiarazioni del minore (pagine 114-117)