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Géricault e la rappresentazione della monomania

L'alienismo e la rappresentazione delle passioni tra fisiognomica e patognomica

3.5 Géricault e la rappresentazione della monomania

Tra il 1819 e il 1824 furono commissionati al pittore Théodore Géricault dieci ritratti di alienati probabilmente dall'alienista Georget, uno dei primi allievi di Esquirol. Ce ne sono giunti solamente cinque e le circostanze e le motivazioni per cui furono prodotti sono tuttora ignote. Essi ritraggono tre uomini e due donne affetti da differenti forme di monomania e precisamente: Monomanie du commandement militaire (fig. 30), Monomanie du vol des

enfants (fig. 31), Monomanie du vol (fig. 32), Monomanie du jeu (fig. 33) e Monomanie de l'envie (fig. 34). Per quanto riguarda il loro scopo sono state fatte diverse ipotesi: alcuni

credono che avrebbero dovuto servire ad illustrare una nuova edizione dell'opera De la folie di Georget; altri, invece, pensano che furono utilizzati come materiale didattico318: si era soliti, infatti, mostrare degli internati a titolo esemplificativo durante le lezioni tenute all'interno dei manicomi ed è probabile che si utilizzassero delle illustrazioni nel momento in cui non fosse stato possibile avere a disposizione un vero paziente. Come l'alienista ed il pittore si 318 Cfr. J. M. MacGregor, The Discovery of the Art of the Insane, cit., pp. 42-43

incontrarono non è ancora del tutto chiaro; è certo che in quel periodo Géricault si stesse interessando a soggetti emarginati dalla società e a situazioni estreme in cui emergesse tutta la precarietà della condizione umana. Tra il 1818 e il 1819 egli divenne molto conosciuto nei circoli medici di Parigi poiché, nella fase di preparazione del celebre dipinto Il naufragio

della Medusa, non solo iniziò a frequentare l'ospedale di Beaujon per studiare i malati

terminali e per cogliere i tratti fondamentali di soggetti proprio sul punto di morire ma prelevò anche parti di cadaveri che lasciò decomporre nel suo studio per esaminare ogni fase del processo di decomposizione. Grazie a questi suoi interessi probabilmente conobbe Georget e si impegnò anche nell'impresa di rappresentare l'alienazione mentale.

Ad un primo sguardo, i cinque dipinti sembrano completamente diversi da quelle illustrazioni che abbiamo appena analizzato e che furono commissionate da Esquirol: innanzitutto non c'è alcuna traccia dell'ambiente manicomiale anche se i ritratti furono quasi sicuramente eseguiti all'interno del manicomio. Al di là dell'assenza di uno sfondo, colpisce che i soggetti indossino abiti di tutti i giorni come se vivessero al di fuori dell'istituzione asilare. Inoltre, le tecniche di rappresentazione delle passioni alterate così come le abbiamo conosciute nelle incisioni di Gabriel e Tardieu, sembra che siano state quasi del tutto abbandonate. D'altronde lo stesso Georget si era dimostrato molto scettico riguardo ad una corrispondenza precisa tra espressione ed alienazione:

Il est difficile de décrire la physionomie des aliénés […]. Les physionomies sont presqu'aussi différentes que les individus; elles varient suivant les passions, les idées diverses qui les occupent ou les agitent, le caractère du délire, l'epoque de la maldie, etc. En général, la figure des idiots est niaise et insignifiante; celle des maniaques, aussi agitée que leur esprit, est quelquefois crispée, convulsée; che les stupides, les traits sont abattus et n'ont aucune expression; le facies des mélancoliques, contracté, porte l'empreinte de la douleur ou d'une préoccupation extrême; le monomaniaque roi, a l'air fier et haut; le dévot, humble, prie en fixant le ciel ou la terre; le craintif fuit en regardant de côté, etc. Je m'en tiens à ce simple énoncé, la vue seule pouvant donner une idée du reste.319

Nonostante si potessero individuare delle caratteristiche generali, ogni alienato portava nella sua fisionomia i tratti distintivi delle proprie ossessioni che erano strettamente personali e collegati alla propria vicenda biografica. Georget si dimostrava dunque contrario a quell'opera di tipizzazione dell'internato che aveva caratterizzato i suoi predecessori e questo potrebbe dare una chiave di lettura dei ritratti commissionati a Géricault: infatti, a differenza delle

illustrazioni pubblicate in Des maladies mentales e negli articoli del Dictionnaire des sciences

médicales, dove i pazienti erano ritratti senza colore e la loro immagine era tutta tesa a

riportare visivamente i sintomi di una specifica forma di alienazione, nei dipinti in questione, la presenza del colore e gli abiti personalizzati ridonano a ciascuno dei soggetti ritratti uno spessore esistenziale e una propria identità specifica. Essi quindi non si possono definire dei veri e propri tipi in quanto lo scopo dell'autore non era quello di rappresentare un'entità nosografica incarnata in un esempio vivente come poteva essere appunto un internato, ma voleva ritrarre degli alienati con un determinato disturbo mentale. Se la differenza tra questi due approcci sembra sottile, essa è fondamentale per comprendere lo spirito dal quale sono nate tali opere. Nel suo articolo The Features of Insanity, as Seen by Géricault and by

Büchner, Brendan Prendeville affermava: “what I am suggesting is not that Géricault, in

depicting subjects treated by contemporary medical scientists, took fundamental guidance from them, but rather that similar principles governed the respective ways in which artists and scientists approached these subjects”320. Gabriel e Tardieu erano stati degli “strumenti” nelle mani dell'alienista che aveva utilizzato la loro abilità per costruire visivamente un ponte tra l'esperienza e la nosologia; Géricault, invece, condivideva con Georget l'interesse per l'anomalo e per ciò che potesse recare inquietudine alla comunità; non a caso i soggetti dei cinque ritratti non rappresentano diverse forme di alienazione ma esclusivamente dei monomaniaci; questo fa pensare che probabilmente il pittore avesse accettato la commissione spinto anche dal dibattito scatenato dalla monomania che coinvolgeva l'intera opinione pubblica e che faceva di una categoria medica una categoria antropologica attraverso cui leggere l'intera società. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, Esquirol interpretava tutta la storia dell'umanità da questa angolazione ed assegnava ad ogni epoca un pensiero dominante che ne spiegava in un qualche modo l'essenza. Partendo da queste considerazioni, egli definiva la monomania d'ambizione la forma di alienazione più diffusa nel periodo a lui contemporaneo. Ho già ricordato che Jean Goldstein aveva attribuito la nascita e la diffusione di una tale entità nosografica alla stessa organizzazione sociale della prima età industrializzata: l'imporsi della divisione del lavoro e lo sgretolamento delle strutture dell'antico regime avevano aperto la via ad una feroce competizione e alla creazione di carriere il cui percorso era già prestabilito. Ci si trova dunque di fronte ad una specie di cortocircuito per cui la categoria critica attraverso cui gli alienisti interpretavano il mondo in cui vivevano era il frutto diretto dell'ambiente economico, sociale e culturale interpretato. Di

320 B. Prendeville, The features of Insanity, as Seen by Géricault and by Büchner, in Oxford Art Journal, 1995, vol. XVIII, No. 1, p. 98

qui la possibilità che il concetto di monomania diventasse di senso comune trovando terreno fertile nella sensibilità dell'opinione pubblica. La sua diffusione, inoltre, fu incentivata dalle ansie ed inquietudini ad esso legate: in nessun'altra forma di patologia, infatti, si veniva ad instaurare una prossimità tanto grande tra il normale e il patologico. Non a caso nei dipinti analizzati sono incluse anche due tipologie come la monomania del furto e quella del rapimento dei bambini che rimandano alla questione spinosa del rapporto tra giustizia e follia; al di là delle polemiche nate in ambito giudiziario riguardanti il riconoscimento di una forma di alienazione praticamente invisibile se non all'occhio dell'alienista, la sola idea di un individuo all'apparenza normale ma in realtà capace di compiere crimini inauditi, diveniva una questione di sicurezza generale e alimentava il timore verso il prossimo. Molto probabilmente Georget e Géricault si incontrarono proprio su questi temi portando ciascuno il proprio contributo.

Nel suo articolo Gericault's Paintings of the Insane, Margaret Miller, a proposito delle modalità attraverso cui il pittore aveva rappresentato l'alienazione mentale, affermava:

Géricault, in his paintings of Georget's patients, interprets insanity not in terms of behaviour, but has a state of mind, which, though disordered and clinically classifiable, emphasizes rather than obliterates individuality. The patients are painted as normal portraits, the genre most appropriate to the study of human personality. Géricault […] represents them […] in no particular action which might dramatize their disease and so isolate them from the experience of the average spectator.321

Se Géricault non rappresentava gli alienati in una posa stravagante che comunicasse immediatamente lo stato di alterazione era perché egli voleva esprimere quella apparente normalità insita nei monomaniaci; infatti, delirando esclusivamente su un solo oggetto o una serie di oggetti, essi avevano quasi tutte le facoltà intellettive ed affettive che funzionavano correttamente; di conseguenza soltanto alcuni tratti essenziali la cui conoscenza specifica era propria solo al medico alienista, dovevano veicolare i sintomi fondamentali della monomania. E in effetti, se fossero mancate altre informazioni relative ai dipinti, identificare precisamente il loro oggetto sarebbe stato praticamente impossibile. Margaret Miller credeva che l'assenza di qualsiasi riferimento all'ambiente manicomiale e lo sforzo di non isolare gli alienati dall'esperienza comune dell'uomo medio fosse stato un atto di rispetto da parte dell'autore nei loro confronti. Certamente la sensibilità di Géricault nell'accostarsi alla sofferenza 321 M. Miller, Géricault's Paintings of Insane, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, Aprile 1941-

dell'alienazione mentale non può essere messa in dubbio, ma molto probabilmente una tale modalità di raffigurazione può essere pensata anche come un favore fatto agli alienisti i quali rivendicavano l'esclusiva sulla capacità di cogliere i segni impercettibili della monomania. Da questo punto di vista, ad un'analisi più accurata dei ritratti, si scopre che la frattura con le tecniche utilizzate da Tardieu ma soprattutto da Gabriel non fu totale. Specialmente tenendo conto delle raffigurazioni delle demonomaniache presenti nel Dictionnaire des sciences

médicales si possono individuare alcune analogie e non bisogna escludere che Géricault le

conoscesse e ne avesse tratto ispirazione. D'altronde questo è l'unico confronto possibile perché, ai tempi in cui venivano illustrati gli articoli, la monomania non era ancora una categoria molto diffusa e sviluppata in tutti i sui aspetti; mettendo uno accanto all'altro l'alienata della fig. 22 e i cinque dipinti si può notare la somiglianza nell'espressione: a parte la monomaniaca invidiosa che presenta una fisionomia convulsa ed un sorriso sardonico, tutti gli altri hanno i tratti del volto tesi; lo sguardo fissa un punto lontano fuori dalla portata dell'osservatore e la bocca è leggermente piegata in basso alle sue estremità; solamente la monomaniaca del gioco sembra avere un'espressione inebetita che si può evincere dagli occhi spenti e dalla bocca atteggiata in una specie di sorriso. Tutte queste caratteristiche dunque tradiscono la condizione patologica di chi è ritratto ma il loro significato è decifrabile solo per chi ha esperienza nel campo dell'alienazione mentale. Nonostante ciò non è comprensibile il modo in cui si possano distinguere le varie forme di monomania a partire da queste fisionomie; l'unico identificabile con certezza, infatti, è il monomaniaco del comando militare perché il suo vestiario suggerisce una tale interpretazione. Se dunque Géricault si differenziava nella rappresentazione dell'alienazione mentale dai suoi predecessori si doveva innanzitutto al tipo di disturbo mentale raffigurato; nella rappresentazione della monomania, infatti, ciò che doveva essere messo in risalto era l'apparente normalità dell'alienato: non si poteva dunque utilizzare quella codificazione delle passioni elaborata dalla tradizione. L'unico vero scarto con Gabriel e Tardieu fu allora nella sua capacità di non tipizzare i soggetti ritratti ma di lasciare loro quell'essere poliedrico dell'uomo che abbiamo visto completamente eliminato dalla nosografia dei primi alienisti e dalla sua rappresentazione visiva.

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