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Riconosciuta l'alienazione come malattia, medici e riformatori costruivano per la follia un nuovo spazio di terapia e insieme di reclusione. Nel suo Traité médico-philosophique sur

l'aliénation mentale ou la manie (1801) Pinel stabilì definitivamente i principi organizzatori

del manicomio. Essi erano basati sull'articolazione di tre dimensioni apparentemente eterogenee: classificazione dello spazio istituzionale, organizzazione nosografica delle varie

58 Cfr. Ivi, p. 18

59 Con questa legge si viene a istituire un nuovo tipo di tutela per cui il potere di internamento del folle viene tolto ai giudici e ripartito tra il prefetto o i suoi rappresentanti ed il medico; è soltanto quest'ultimo che può, su richiesta del prefetto, eseguire una perizia attraverso la quale viene giudicata la salute mentale di un soggetto. Il giudice deve soltanto sorvegliare sulla correttezza delle procedure. Naturalmente ciò provocò molte critiche da parte degli oppositori che vedevano in queste nuove modalità di internamento un ritorno alla procedura poliziesco-amministrativa e la negazione di tutti i progressi fatti dalla Rivoluzione in poi riguardo alla difesa dei diritti individuali. A queste critiche i sostenitori rispondevano affermando che l'ancien régime era ormai da considerarsi passato e non si dovevano dunque avere dubbi sull'affidabilità dell'amministrazione; inoltre, tali misure erano necessarie a risolvere una situazione di fatto per cui molti erano gli internati privi di un' interdizione legale a causa della lentezza della giustizia. A quel punto era meglio garantire la reclusione con un certificato medico il quale, se non altro, era a sua volta garantito da un certo livello di scientificità. Per la prima volta dunque venne introdotta nel codice civile una nuovo stato dei cittadini che rimandava ad una condizione di incapacità o semi-incapacità assimilabile a quella conferita ai bambini abbandonati per cui si ricorreva ad un tipo di tutela molto simile. A tal proposito cfr. R. Castel, L'ordine psichiatrico. L'epoca d'oro dell'alienismo, cit., pp. 158-167.

forme di alienazione e imposizione di un rapporto specifico di potere fra il medico e il malato concretizzato nel trattamento morale. Innanzitutto, il manicomio doveva essere un' istituzione esclusivamente dedicata alla cura degli alienati evitando quella confusione che fino a quel momento aveva regnato negli Ospedali generali dove erano ammassati individui con diverse patologie o semplicemente vecchi ed indigenti. Lo spazio interno, inoltre, era necessario suddividerlo in tanti reparti quante erano le malattie mentali così come descritte dalla nosografia stilata dallo stesso Pinel durante il suo servizio prima a Bicêtre e poi alla Salpêtrière e seguendo il metodo delle scienze naturali secondo il modello di Linneo; essa prevedeva cinque specie di alienazione: la malinconia, la mania senza delirio, la mania con delirio, la demenza e l'idiotismo. Questa suddivisione rigida serviva non solo ad arricchire di informazioni le conoscenze già acquisite su ogni singola tipologia ma anche a studiarne i decorsi naturali e le potenziali complicazioni. Infatti, l'osservazione dei sintomi, come abbiamo già accennato, era uno degli elementi fondamentali attraverso cui l'alienista stabiliva la terapia. Perché questo lavoro di raccolta dati potesse essere il più completo possibile il medico si serviva dell'aiuto degli inservienti:

Non ci si deve stupire dell'estrema importanza che io attribuisco al mantenimento della calma e dell'ordine in uno ospizio di alienati e alle qualità fisiche e morali che esige una sorveglianza di questo tipo, poiché è questa una delle basi fondamentali del trattamento della mania, e poiché senza di essa non si possono ottenere né osservazioni esatte, né una guarigione permanente [...] Sagacia, zelo ardente, attenzione continua e infaticabile sono le qualità necessarie per spiare minuziosamente i comportamenti di ciascun alienato, per cogliere il bizzarro andamento delle sue idee e il carattere particolare del suo delirio... In certi casi molto difficili, parecchi mesi dedicati allo studio di questi fattori sono appena sufficienti per decidersi, e per stabilire con precisione quale tentativo di cura debba essere adottato.60

Ma perché il sintomo era così importante? Come abbiamo visto il rifiuto della lesione cerebrale come causa comune della follia aveva spostato l'attenzione sulle passioni. Ora, secondo la teoria dei primi alienisti i sintomi erano uguali a queste affezioni morali; si veniva così a creare una sorta di cortocircuito tra l'origine e la manifestazione della malattia per cui riconoscendo e agendo direttamente sui fenomeni patologici si aveva un'influenza diretta anche sulle cause61. D'altronde non c'era soluzione di continuità neanche tra lo stato “normale” delle passioni e la loro configurazione alterata. A tal proposito Esquirol afferma: 60 F. Fonte Basso, S. Moravia (a cura di), Ph. Pinel, La mania..., cit., pp. 73-74

61 Cfr. M. Galzigna, La malattia morale. Alle origini della psichiatria moderna, Marsilio, Venezia, 1988, pp. 138-139

“Un sintomo che accompagna tutte le alienazioni, che non è sfuggito al professor Pinel, che ne indica un vasto numero, è l'alterazione delle affezioni morali in difetto o in eccesso.”62 Lo stato patologico sembra quindi dipendere più da una “quantità” delle passioni che da una loro modificazione ontologica. Questa teoria, se da una parte metteva in difficoltà gli psichiatri quando si doveva definire il limite tra una passione esagerata e l'alienazione, dall'altra legittimava il trattamento morale in quanto il soggetto diveniva completamente “trasparente” all'occhio dell'osservatore e si poteva manipolarlo nella sua totalità. Il fatto che l'organizzazione del manicomio fosse strettamente legata alle strategie di classificazione e terapia spiega anche il perché l'alienismo, come ho già ricordato, fosse controcorrente rispetto alla medicina scientifica contemporanea; l'approccio sintomatologico permetteva infatti l'unità dello spazio ospedaliero in cui i vari reparti corrispondevano ai diversi sintomi (e quindi alle diverse specie) di un'unica malattia. Se, invece, si fossero riconosciute le cause organiche della follia, si sarebbe spezzata l'unità del trattamento; ciò sarebbe avvenuto perché, così come succedeva in una qualsiasi altra clinica, i principi alla base delle terapie sarebbero dovuti essere diversificati in base all'origine della patologia. Una situazione che avrebbe fatto perdere all'alienista la sua centralità come unico gestore del manicomio.

La presa sull'internato era garantita dalla sua stessa capacità di ragionamento la quale, per quanto smarrita potesse essere, non era mai completamente assente. Ciò consentiva il dialogo e quindi la possibilità di agire sulla sua sfera passionale. Ma come fa quest'ultima ad interferire con la parte razionale dell'uomo? Da un punto di vista strettamente fisiologico accade che, avendo le passioni origine nella zona epigastrica, il loro stato è in grado di modificare le funzioni vitali degli organi lì situati; dunque, quando si verificano delle alterazioni, esse vengono trasmesse per “simpatia” all'organo cerebrale alterando a sua volta le funzioni intellettuali. Secondo Pinel era l'immaginazione il punto di interscambio tra la ragione e le affezioni morali:

L'immaginazione sembra essere, fra tutte le facoltà dell'intelletto quella più soggetta a delle lesioni profonde, e nulla, nella mania, è più frequente di queste trasformazioni ideali o delle illusioni fantastiche relative al nostro stato fisico [...] alcune professioni predispongono più delle altre alla mania, e sono soprattutto quelle in cui un'immaginazione viva e in continuo stato di effervescenza, non viene controbilanciata da un esercizio delle funzioni dell'intelletto, oppure è affaticata da studi aridi.63

62 M. Galzigna (a cura di), J.E.D. Esquirol, Delle passioni considerate come cause, sintomi e mezzi curativi dell'alienazione mentale, Marsilio, Venezia 1982, p. 82

Esquirol approfondisce la questione dimostrando come gli effetti dell'influenza nociva delle passioni sull'intelletto avesse, nonostante le apparenze, una propria logica interna:

Più o meno, ragionano tutti; ci appaiono deliranti solo per la nostra difficoltà a conoscere l'idea prima alla quale si riallacciano tutti i loro pensieri, tutti i loro ragionamenti. Se fosse facile mettersi in armonia con questa idea-madre, non ho dubbio che si potrebbe guarire un più gran numero di alienati.64

Il trattamento morale doveva svolgersi quindi sia sul piano logico sia su quello emotivo: una volta compreso il modo di ragionare di un alienato si potevano sfruttare i suoi falsi ragionamenti per portarli ad una soluzione positiva. Un esempio ci viene riportato da Pinel: egli racconta di un sarto ricoverato nell'ospizio di Bicêtre che, dopo essersi lasciato sfuggire alcune riflessioni sulla condanna di Luigi XVI ed avendo ricevuto per questo alcune minacce, finisce col credersi condannato alla ghigliottina. Nonostante i numerosi tentativi per fargli comprendere la falsità della sua convinzione, egli rimaneva fermo nel suo delirio. A quel punto si decise di inscenare un processo: tre giovani medici furono travestiti da commissari e si fece comparire davanti a loro il malinconico affinché venisse interrogato; alla fine dell'interrogatorio l'imputato fu dichiarato non colpevole. La sentenza venne creduta vera e scomparve qualsiasi traccia dell'idea delirante; essa ricomparve solo quando gli fu imprudentemente riferito che la sua assoluzione in nome dell'Assemblea nazionale era stata una finzione65. Ma se questa teatralità poteva essere utile per spezzare “la concatenazione viziosa delle idee”, nella maggior parte dei casi era necessaria una forte scossa morale capace di inibire o contrastare la passione all'origine dell'alienazione. Una giovane spesso ripeteva ad Esquirol: “io capisco molto bene ciò che mi dite; seguo bene i vostri ragionamenti. Se io vi potessi comprendere, e se potessi convincermi, non sarei più folle, voi mi avreste guarito”66. E in effetti:

Se qualcuno ha considerato vano e illusorio il trattamento morale, è perché non ci si era per niente capiti. Esso non si limita a consolare gli alienati, a far risaltare il loro coraggio, a reprimere il loro furore, a ragionare con loro, a combattere gli scarti della loro immaginazione: non si è mai preteso di guarirli discutendo con loro [...] le passioni cedono forse ai ragionamenti?[...] curarle con delle formule dialettiche e con dei sillogismi, vorrebbe dire misconoscere l'andamento delle passioni e la storia clinica dell'alienazione mentale [...] si 64 M. Galzigna (a cura di), J.E.D. Esquirol, Delle passioni...,cit., p. 141

65 Cfr. F. Fonte Basso, S. Moravia (a cura di), Ph. Pinel, La mania..., cit., pp. 144-146 66 M. Galzigna (a cura di), J.E.D. Esquirol, Delle passioni...,cit., p. 146

può guarire solo provocando una scossa morale, mettendo l'alienato in uno stato opposto e contrario a quello nel quale egli era prima di ricorrere a questo mezzo [...] [gli alienati] fanno uno sforzo per credere, ma non possono concepire l'idea determinante che si cerca di far concepire loro.67

Come si è visto in precedenza, riconoscere il proprio stato patologico era il primo passo verso la guarigione; ma perché questa fosse raggiunta pienamente, l'alienato doveva convincersi della falsità dei suoi deliri e ciò si poteva ottenere soltanto scatenando in lui una lotta interiore. A tal proposito ancora Pinel ci fornisce un buon esempio: un giovane, costernato per l'abbattimento del culto cattolico in Francia e dominato da pregiudizi religiosi, divenne maniaco. Perseguitato dal pensiero dei tormenti dell'altra vita, pensa di sottrarvisi imitando gli antichi anacoreti. Comincia dunque a rifiutare ostinatamente ogni forma di nutrimento nonostante i ripetuti inviti degli inservienti. Si decise allora di utilizzare un espediente: Pussin68 si presentò una sera alla porta della sua cella insieme ad un gruppo di sorveglianti che, armati di catene, le agitavano facendo il maggior rumore possibile; a quel punto gli mise un brodo vicino e gli ordinò di berlo durante la notte se non voleva subire i più duri maltrattamenti. Per molte ore l'alienato rimase combattuto tra i tormenti dell'aldilà e le torture a cui sapeva di andare incontro se non avesse obbedito. Decise infine di mangiare e, recuperate gradualmente il sonno e le forze, la sua ragione fu completamente ristabilita.69 Si può notare come in questo caso la paura abbia funzionato più di qualsiasi ragionamento nello “scuotere” l'emotività del soggetto contrapponendo ad un suo primo tormento una minaccia più forte ed immediata.

Pur non mettendo in discussione una tale impostazione, per cui le passioni si configurano sia come causa che come cura dell'alienazione, sotto l'influsso del filosofo Laromiguière e già a partire dall'articolo “Folie”(1816) pubblicato nel Dictionaire des sciences médicales, Esquirol cominciò a considerare la follia principalmente come un malfunzionamento dell'attenzione e non più dell'immaginazione così come era stato per Pinel70. Questo nuovo approccio portò ad una rilettura delle categorie nosografiche; così, se il maniaco era caratterizzato da un generale disordine delle idee, da discorsi incoerenti e contraddittori ciò accadeva perché non era più in grado di concentrare la propria attenzione su uno o più oggetti; il malinconico invece soffriva del problema opposto, ovvero, essendo tormentato da una idea fissa, tutto il suo pensiero era 67 Ivi, pp. 145-146

68 Pussin fu sorvegliante dell'ospizio di Bicêtre nel periodo in cui Pinel lavorò lì come medico. Nel Traitè viene spesso ricordato per la sua capacità di dirigere gli alienati e riportare osservazioni utili a stabilire le terapie. Nel mito del “gesto liberatore” egli appare in primo piano tra i promotori della filantropia.

69 Cfr. F. Fonte Basso, S. Moravia (a cura di), Ph. Pinel, La mania..., cit., pp. 55-56 70 Cfr. J. Goldstein, Console and classify, cit., pp. 246-248

concentrato su di essa senza avere la possibilità di distogliersene. Per quanto riguarda poi i dementi, la debolezza dei propri sensi e l'incapacità di creare collegamenti tra idee sfuggenti e superficiali, faceva sì che le sensazioni non fossero abbastanza forti da sostenere l'attenzione e quindi permettere il ragionamento. Infine le considerazioni sull'idiotismo rimanevano identiche in quanto, derivando da una malformazione organica, esso consisteva in un'obliterazione totale delle funzioni intellettuali. Le possibilità di cura di tutte queste forme di alienazione erano direttamente proporzionali alla capacità di ragionare dell'individuo; da questo punto di vista gli idioti erano ritenuti incurabili mentre i dementi si potevano curare solo se il loro stato evolveva in una crisi maniacale, infatti tale passaggio indicava il recupero della facoltà di creare collegamenti tra le idee anche se falsi71.

Detto ciò, bisogna ora capire quale fosse la giustificazione medico-scientifica data all'internamento; perché separare un alienato dalla società nel momento in cui si dimostrasse non pericoloso? Esquirol fornisce questa spiegazione:

L'isolament n'est pas moins utile pour combattre le désordre des affections morales des aliénés. Le trouble survenu dans le système nerveux change la nature des sensations et les rend souvent douloureuses; les rapports naturels avec le monde extérieur ne sont plus les mêmes; au-dehors, tout semble bouleversé. Le malade qui ne croit pas que la cause de ces phénomènes soit en lui, est en désaccord avec tout ce qu'il voit et tout ce qu'il entend, ce qui exalte se idées et le met en contradiction avec les autres et avec lui-même. Il se persuade qu'on veut le contrarier, puisq'on désapprouve ses excès et ses écarts. Ne comprenant pas ce qu'on lui dit, il s'impatiente, le plus souvent il interprète mal les paroles qu'on lui adresse; les témoignages de l'affection la plus tendre sont pris pour des injures, ou pour des énigmes qu'il ne peut deviner; les soins les plus empressés sont des vexations; son coeur ne se nourrit bientôt plus que de défiance.72

A questa percezione distorta del mondo esteriore bisogna aggiungere che spesso era lo stesso ambiente familiare ad avere al suo interno le cause della follia; era dunque necessario allontanare il soggetto da quelle impressioni nocive e porlo in un luogo a lui completamente sconosciuto. Questo “sradicamento” poneva l'alienato di fronte ad oggetti e sensazioni nuove distraendolo dalle sue preoccupazioni principali e provocando una remissione della malattia estremamente preziosa per il medico: sfruttando infatti il disorientamento del paziente, egli poteva conquistare la sua fiducia e porsi di fronte a lui come un'autorità da ascoltare ed

71 Cfr. M. Galzigna, La malattia morale. Alle origini della psichiatria moderna, cit., pp. 110-112; Cfr F. Fonte Basso, S. Moravia (a cura di), Ph. Pinel, La mania..., cit., pp. xx-xxi

assecondare73. Apparire affidabili agli occhi degli alienati sembra essere stata uno dei cardini fondamentali della tecnica manicomiale e tutta la gentilezza raccomandata nei confronti degli internati da parte degli inservienti, oltre ad avere un valore filantropico e politico in quanto si contrapponeva alla violenza e alla brutalità generalizzata sotto l' ancien régime, era destinata ad avere proprio questo effetto. Così, quando Pinel descrive nel suo Traité come condurre in un modo non violento “l'energica repressione” di un maniaco furioso, raccomanda di allontanare l'impiegato preposto a controllarlo in modo da renderlo estraneo a quegli atti di costrizione. Tra l'internato e il suo controllore doveva infatti stabilirsi un rapporto amicale funzionale sia all'applicazione del trattamento morale sia all'osservazione del comportamento. Lo stesso atteggiamento doveva essere tenuto nel momento in cui si infliggevano delle punizioni74. Il manicomio, inoltre, imponeva un regime di vita regolare e disciplinato, un elemento indispensabile per recuperare la ragione visto che molti divenivano folli a causa dei vizi e delle sregolatezze. Per ogni paziente veniva stabilito tutto il necessario per la guarigione a partire dal tipo di nutrizione fino alle attività consentite. A tal proposito, in una nota al ministero dell'interno del 1818, Esquirol affermò che l'istituzione manicomiale poteva essere considerata già di per sé uno strumento di cura75. L'importanza della disciplina traspariva anche dalla considerazione del lavoro come istanza regolatrice e, in quanto tale, una delle terapie più efficaci:

Un movimento ricreativo o un lavoro faticoso arrestano le divagazioni insensate degli alienati, prevengono le congestioni verso la testa, rendono la circolazione più uniforme e favoriscono un sonno tranquillo... Una calma e una tranquillità veramente notevoli regnavano nell'ospizio di Bicêtre quando i mercanti di Parigi fornivano alla maggior parte degli alienati un lavoro manuale che fissava la loro attenzione e a cui si dedicavano attratti da un piccolo compenso.76

Il tema del disciplinamento collega il manicomio ad una costellazione di dispositivi nati a partire dalla seconda metà del XVIII secolo e votati alla normalizzazione di un determinato tipo di soggetto. Nel caso specifico, la norma a cui il pazzo doveva tendere può essere individuata, per contrasto, attraverso un'analisi di quelle che erano considerate le cause morali dell'alienazione:

La considération sur les professions et la manière de vivre nous ramène à l'étude des moeurs, 73 Cfr Ivi, pp.119-125

74 Cfr. F. Fonte Basso, S. Moravia (a cura di), Ph. Pinel, La mania..., cit., pp. 55-78 75 Cfr. J. Goldstein, Console and classify, cit., pp. 129-132

relativement à l'aliénation mentale, qui, de toutes les maladies, est celle dont la dépendance des moeurs publiques et privées, est la plus manifeste... en Angleterre où se trouvent réunis tous les travers, tous les excès de la civilisation, la folie est plus fréquente que partout ailleurs. Les mariages mal assortis ou contractés entre parens...les hasards des spéculations lontaines, l'oisivité des riches, l'habitude des boissons alcooliques, sont les causes qui multiplient la folie en Angleterre. “Tout dégénère entre les mains de l'homme,” a dit J. J. Rousseau. Sans doute la civilisation occasionne des maladies.77

L'esplicita citazione e la follia pensata come “malattia della civilizzazione” riconduce chiaramente ad una impostazione rousseauiana. Anche l'analisi della sfera passionale risentì dello stesso tipo di influenza. A tal proposito Esquirol individuò tre livelli distinti: il primo corrisponde ai bisogni della conservazione e della riproduzione; essi provocano le determinazioni dell'istinto e sono soddisfatti sotto la spinta di un impulso interno. Il secondo è costituito da bisogni secondari collegati ai primi e sono quelli che generano le passioni eccitando desideri tanto più forti quanto più è accresciuto il rapporto con gli oggetti capaci di soddisfarli. Infine ci sono i bisogni senza nessun rapporto con la conservazione dell'uomo; essi si fondano unicamente sui rapporti sociali e derivano dallo sviluppo delle facoltà intellettuali; da loro nascono le passioni fittizie (ad esempio l'ambizione, l'avarizia, l'amore