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G LI AMMINISTRATORI INDIPENDENTI NEL COMITATO DI CONTROLLO INTERNO

L A P ATOLOGIA DELL ’ ORGANO AMMINISTRATIVO : IL RUOLO DEL CONTROLLO INTERNO

4.3 I L CONTROLLO INTERNO

4.3.1 G LI AMMINISTRATORI INDIPENDENTI NEL COMITATO DI CONTROLLO INTERNO

4.3.1 GLI AMMINISTRATORI INDIPENDENTI NEL COMITATO DI CONTROLLO INTERNO

È a proposito della composizione del comitato di controllo interno, che emerge la figura dell’amministratore indipendente nel suo ruolo di auditor. In Italia, il Rapporto Preda e il Codice di Autodisciplina delle Società Quotate raccomandano l’istituzione di un comitato per il controllo interno composto da un numero adeguato di amministratori non esecutivi176.

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Sia il Rapporto Preda che il Codice di Autodisciplina, differiscono dalle altre fonti citate per due aspetti: in primo luogo non parlano esplicitamente di amministratori indipendenti ma solo di non esecutivi; in secondo luogo non raccomandano che il comitato per il controllo interno sia composto esclusivamente da amministratori non esecutivi o indipendenti, ma parlano solo di una loro presenza in “numero adeguato”.

Nel nostro Paese oggi, anche il codice civile, novellato dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, prevede all’articolo 2409-octiesdecies che, nelle società che adottano il modello monistico, debba essere costituito un comitato per il controllo sulla gestione. Salvo diversa disposizione statutaria, è il consiglio di amministrazione, secondo il codice civile, a dover determinare il numero dei componenti il comitato di controllo e a provvedere alla loro nomina. Il codice civile tuttavia, stabilisce tre regole alle quali il consiglio di amministrazione deve attenersi nel determinare il numero e nominare i membri del comitato. In primo luogo (articolo 2409-octiesdecies, comma 1), nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il numero dei componenti il comitato non può essere inferiore a tre. In secondo luogo (articolo 2409-octiesdecies, comma 2), i componenti il comitato devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza stabiliti all’articolo 2409-septiesdecies, non devono essere membri del comitato esecutivo, non devono avere deleghe o cariche particolari e non devono, infine, svolgere (anche di mero fatto) alcuna funzione relativa alla gestione della società o di società che la controllano o ne sono controllate177. In terzo luogo (articolo 2409-octiesdecies, comma 3), almeno uno dei componenti il comitato deve essere iscritto al registro dei revisori contabili.

In caso di morte, rinuncia, revoca o decadenza di un componente del comitato per il controllo interno, è il consiglio di amministrazione che deve provvedere a sostituirlo, scegliendo un sostituto tra gli altri amministratori che siano in possesso dei requisiti previsti dai primi tre commi dell’articolo 2409-octiesdecies. Qualora nessuno degli altri amministratori sia in possesso dei suddetti requisiti, il consiglio di amministrazione provvederà, a norma dell’articolo 2386, a scegliere una persona che ne sia in possesso. Il potere di revoca dei membri del comitato spetta al consiglio di amministrazione, revoca che comporta la cessazione dalla carica di membro del comitato, ma non la cessazione dalla carica di amministratore178.

177 A questo comma si stabilisce in sostanza che i membri del comitato devono essere tutti amministratori

indipendenti, ma a differenza di quanto questi ultimi possono normalmente essere, i membri del comitato per il controllo sulla gestione non possono essere anche membri del comitato esecutivo.

178 Riguardo alla revoca si ritiene che “In mancanza di alcuna diversa specificazione, la revoca avviene nei

modi disciplinati dal terzo comma dell’art. 2383. Gli amministratori che fossero componenti del comitato di controllo sono dunque revocabili in qualunque tempo anche se la revoca avvenga senza giusta causa, salvo il diritto al risarcimento del danno” in F.GHEZZI, Commento agli artt. 2409 sexiesdecies, 2049 septiesdecies, 2409 octiesdecies, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano 2004.

Al comma 5, l’articolo 2409-octiesdecies, elenca in tre punti le funzioni che il comitato per il controllo sulla gestione è chiamato a svolgere. In primo luogo (punto a), è stabilito che il comitato “elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il Presidente”. In secondo luogo (punto b), il comitato “vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione”. Infine (punto c), il comitato “svolge gli ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione con particolare riguardo ai rapporti con i soggetti incaricati del controllo contabile”. La funzione principale che il comitato per il controllo sulla gestione è chiamato a svolgere, è ovviamente quella descritta al punto b), che a ben vedere altro non è che una possibile definizione di internal auditing.

Infine, al comma 6 dell’articolo 2409-octiesdecies si stabilisce, per rinvio ad altri articoli179, che il comitato deve riunirsi almeno ogni novanta giorni e che la riunione può svolgersi anche con mezzi telematici (se lo statuto lo consente). Il comitato è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei suoi membri e delibera a maggioranza assoluta dei presenti, delle riunioni deve essere trascritto il verbale ed è inoltre prevista la possibilità per il membro dissenziente di fare iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso. I membri del comitato per il controllo sulla gestione devono assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione, dell’assemblea e del comitato esecutivo. Si applica inoltre al comitato per il controllo sulla gestione l’articolo 2408 c.c. riguardante le denuncie di fatti censurabili che i soci possono fare all’organo di controllo. Tali denuncie impongono a quest’ultimo il dovere indagare sui fatti denunziati, e presentare le conclusioni dell’indagine all’assemblea (qualora la denuncia venga da tanti soci che rappresentino almeno un ventesimo del capitale, un cinquantesimo nelle società quotate o la percentuale minore eventualmente prevista dallo statuto).

Quanto alla qualificazione giuridica del comitato per il controllo sulla gestione nel nostro ordinamento, si pongono degli interrogativi in relazione a se la natura del comitato sia quella di essere una semplice articolazione operativa del consiglio di

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Al comma 6 dell’articolo 2409-octiesdecies si legge: “Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano altresì, in quanto compatibili, gli articoli 2404, primo, terzo e quarto comma, 2405, primo comma, 2408”.

amministrazione o se sia invece riconducibile allo schema di organo delegato. Infatti, un autorevole studioso affermava in suo scritto del 2002 (prima quindi che intervenisse la riforma del diritto societario, e quindi solo sulla base di ciò che era contenuto nel codice di autodisciplina della Borsa Italiana e della legge delega del 2001) che “l’audit committee è una mera articolazione operativa con funzioni ispettive, istruttorie e consultive del consiglio di amministrazione. Parrebbe allora doversi escludere la qualificazione del comitato come organo delegato”180. A seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, lo stesso autore continua ad interrogarsi scrivendo: “il comitato interno è un organo equivalente al consiglio di sorveglianza, un organo cioè che riecheggia uno dei modelli previsti nella proposta di V Direttiva, e precisamente il sistema unitario, ma bipartito tra amministratori dirigenti e non dirigenti oppure è, invece, una mera articolazione operativa degli amministratori non delegati? Interrogativi non marginali a cui il legislatore delegato non ha fornito una chiara soluzione”181.

Il comitato per il controllo sulla gestione, e di conseguenza gli amministratori indipendenti (poiché lo compongono) non sono istituti che possono trovare applicazione esclusivamente nel sistema monistico. Infatti, come già accennato, da tempo nel dibattito italiano sulla corporate governance e sulle prospettive di riforma del nostro diritto societario, si auspicava che sia gli amministratori indipendenti che il comitato per il controllo interno, venissero accolti dalla prassi statutaria delle imprese italiane e divenissero così, parte integrante della realtà societaria del nostro Paese182. Il contributo forse più rilevante in tal senso è stato rappresentato dal Rapporto Preda e dal

180 P.M

ONTALENTI , Corporate governance, consiglio di amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti per una riflessione, in “Le Società”, Milano 2002, p. 803.

25 Si consulti P. MONTALENTI Op. cit. Tali interrogativi vengono riproposti anche da altri autori, in particolare, in un recente scritto si legge: “(…) Di qui, anche, la necessaria cautela nell’inquadramento del comitato di controllo sulla gestione, che pare in effetti un ibrido, avendo: (a) tratti dell’organo indipendente (si pensi ai poteri di indagine di cui all’art. 2408, ma soprattutto a quelli di denuncia degli altri membri del consiglio ai sensi dell’art. 2409); (b) tratti dell’organo delegato (la determinazione del numero, la nomina e la revoca dall’incarico di componente del comitato spettano al plenum consigliare; le funzioni di monitoraggio esercitate dall’organo costituiscono estrinsecazione del dovere di diligenza di ogni membro del consiglio), ove peraltro il contenuto minimo della delega è obbligatorio; (c) tratti infine della mera articolazione interna, avendo il comitato funzioni non esecutive, bensì consultive e di supporto del consiglio di amministrazione”, F.GHEZZI, Op. cit.

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Cosa che non è difficile da realizzare anche perché, come è stato sostenuto, “probabilmente il modello monistico è quello che più si attaglia alla tradizione del nostro ordinamento” in V. ALLEGRI, Gli amministratori delle società per azioni in una prospettiva di riforma, Milano, in Rivista delle Società, 1999, p. 387.

successivo Codice di Autodisciplina delle società quotate promosso dalla Borsa italiana. Soprattutto quest’ultimo infatti, pur essendo una fonte regolamentare priva di efficacia vincolante (una fonte di autodisciplina appunto, orientata alla moral suasion e non all’imperatività), è stata la prima “normativa” che ha introdotto e disciplinato accuratamente in Italia i due istituti in questione e ne ha raccomandato alle imprese l’adozione. Tale recepimento da parte del Codice di Autodisciplina della figura dell’amministratore indipendente e del comitato di controllo interno183, è avvenuto inserendo entrambi gli istituti all’interno del sistema di amministrazione e controllo tipico della società per azioni italiana, fondato sull’esistenza di due organi, il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, in cui l’inserimento degli amministratori indipendenti e dei comitati rappresentava un accrescimento nella funzione di controllo interno e nella circolazione delle informazioni. Un inserimento cioè che andava ad aggiungersi, e non a sostituirsi, al ruolo e alle funzioni svolte dal collegio sindacale (organo di cui da tempo si invocava una profonda modifica) e che sarebbe potuto rimanere con una funzione di supervisione sui sistemi di controllo184. È proprio alla luce di quanto appena detto che si capiscono le perplessità che parte della dottrina ha manifestato di fronte all’introduzione nel diritto societario italiano del terzo modello, quello “monistico”, del tutto alternativo a quello tradizionale, quando sarebbe bastato modificare quest’ultimo istituzionalizzando la presenza degli amministratori indipendenti e dei comitati (tra cui principalmente quello incaricato del controllo

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Con riferimento a quest’ultimo punto sarebbe più appropriato parlare al plurale dei comitati, poiché sia il Rapporto Preda (ai paragrafi 5.4.1. e 5.4.2.) che il Codice di Autodisciplina (agli articoli 7 e 8) prevedono anche l’istituzione di un comitato per le proposte di nomina (nomination committee) e di un comitato per la remunerazione (remuneration committee).

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ARCHETTI in proposito scrive: “il futuro del collegio sindacale sta probabilmente in questa funzione di sovrintendenza sui sistemi di controllo. Una volta assegnata esclusivamente ai revisori la funzione del controllo contabile ed una volta instaurata la funzione interna di controllo di gestione, si profila la “riconversione” dell’ibrida attuale figura del collegio sindacale e dei suoi compiti nella vigilanza, appunto, sui sistemi di controllo. Il problema del mantenimento dell’autonomia organica del nuovo collegio sindacale pare di rilevanza secondaria rispetto a quella, assorbente, della individuazione del suo ruolo. Può il collegio sindacale scomparire come organo autonomo e la nuova funzione essere assolta da membri indipendenti del consiglio di amministrazione. Ma potrebbe pure il nuovo “collegio” continuare come organo a struttura autonoma rispetto al consiglio. Ciò che conta nell’una come nell’altra alternativa è comunque la indipendenza dei componenti, una professionalità adeguata (non necessariamente tecnico contabile), una “missione” ben definita consistente nella organizzazione, guida, vigilanza dei sistemi interni di controllo gestionale, non filtrata e non mediata dal management” in P.MARCHETTI,Corporate governance e disciplina societaria vigente, Milano, in “Le Società”, 1996, p. 418.

interno) senza sopprimere il collegio sindacale, come suggerito dal Codice di Autodisciplina.